SPIGOLATURE 3

Premessa importante: per ogni attività che fallisce, c’è un cinese pronto a comprarla per due soldi. E l’imprenditore fallito DOVRÀ vendergliela, perché lui deve mangiare, e nessun altro, qui, è in grado di comprargliela, perché chi non è ancora fallito è messo poco meno peggio di lui. E quando si saranno comprati tutta l’Italia, ci terranno per la gola, o per le palle, che dir si voglia, e faranno di noi tutto ciò che vorranno.

Cominciamo con qualcosa di leggerino, come quegli stuzzichini che accompagnano l’aperitivo e precedono l’antipasto che precede il pasto vero e proprio, per esempio queste vignette sulle misure prese dal nostro lungimirante governo per garantire le distanze di sicurezza, sul regime di semilibertà graziosamente concesso da Sua Maestà
15+1
bartobus
e questa dotata di didascalia
posso uscire
dpcm fase 2.

Posso uscire?
-siiiiiii?
-a no?
-boh!

(Piera Rossi, qui)
sulla classificazione dei beni di prima necessità, in cui i cani vengono prima degli umani,
tosacani
congiuparr
e sulla bizzarra questione di congiunti e affetti stabili – ma amici esclusi – con cui credo che ci siamo coperti di ridicolo di fronte al mondo intero
amico
E poi questa versione attualizzata di un’antichissima gag.

Il presidente Conte, in visita ufficiale in Germania, viene invitato per un tè da Angela Merkel.
Durante l’incontro le chiede qual è la sua strategia di leadership, e lei risponde che consiste nel circondarsi di persone intelligenti.
A questo punto Conte le chiede come fa a giudicare se siano intelligenti.
‘Lo capisco facendogli la domanda giusta.’, risponde la Merkel.
‘Mi permetta di dimostrarglielo.’
La Merkel allora telefona al ministro delle finanze Schauble e dice:
‘Signor Ministro, la prego di rispondere alla seguente domanda: sua madre ha un bambino, e suo padre ha un bambino, e questo bambino non è né
suo fratello né sua sorella. Chi è?’.
Schauble risponde:
‘Ovviamente sono io!’ [io che amo la logica qui interverrei a gamba tesa, perché non viene detto che il bambino del padre e quello della madre siano la stessa persona e non i due figli di primo letto di ognuno di loro, nel qual caso non sarebbero fratelli bensì fratellastri, per cui risponderebbero perfettamente alle caratteristiche descritte nell’indovinello. Poi volendo ci sarebbero ortografia e grammatica che ho dovuto correggicchiare qua e là, ma insomma, non si può pretendere tutto dalla vita. Soprattutto in tempi di coronavirus]
‘Corretto! Grazie, e a risentirci.’, dice la Merkel.
La Merkel attacca la cornetta e dice:
‘Ha capito Herr Conte?’.
‘Sicuro. Grazie mille. Farò senz’altro anch’io cosi!’.
Al rientro a Roma decide di mettere alla prova uno dei suoi ministri.
Fa quindi venire a palazzo Chigi Di Maio, e gli dice:
‘Ascolta, Gigì, mi chiedevo se potessi rispondere a una domanda.’.
‘Certamente, signor Presidente, cosa vuole sapere?’.
‘Ehm, tua madre ha un bambino, e tuo padre ha un bambino, e questo bambino non è ne tuo fratello ne tua sorella. Chi è?’.
Di Maio ci pensa un po’, poi imbarazzato dice:
‘Posso pensarci meglio e rispondere poi correttamente?’.
Conte acconsente, e Di Maio se ne va.
Appena uscito da palazzo Chigi, Di Maio prova a chiedere a Zingaretti, poi organizza subito una riunione con altri colleghi di partito, i quali si lambiccano il cervello per diverse ore, ma nessuno riesce a trovare la risposta giusta.
A un certo punto Di Maio decide di chiamare Salvini, e gli spiega la situazione.
‘Adesso ascolta la domanda: tua madre ha un bambino, e tuo padre ha un bambino, e questo bambino non è ne tuo fratello ne tua sorella. Chi è?’.
Salvini risponde subito:
‘Ovviamente sono io! Razza di deficienti!!’.
Estremamente sollevato, Di Maio corre a Palazzo Chigi e dice a Conte:
‘Presidente, so la risposta alla sua domanda! So chi è il bambino! E’ Salvini!’.
E Conte risponde, disgustato:
‘Cretino, è Schauble!’

E torno alla gravissima questione dei congiunti e degli affetti stabili che Sua Maestà graziosamente ci concede di incontrare – a patto beninteso che ci comportiamo bene, altrimenti la graziosa concessione ci verrà tolta.

Sui “congiunti” l’ennesimo pasticcio del governo Conte-Casalino: caos e invasione della sfera personale

Quello dei “congiunti” è l’ennesimo pasticcio del governo nella gestione della crisi causata dal coronavirus. Sembrerebbe un’inezia ma un’inezia non è, perché rappresenta plasticamente l’incapacità comunicativa e politica dell’Esecutivo Conte, oltre che una certa tendenza autoritaria. In una settimana, infatti, Palazzo Chigi non è riuscito a fare chiarezza su chi siano i congiunti. Dalla conferenza stampa di domenica scorsa si sono susseguite voci, smentite e controsmentite, ma non si è ancora capito chi si potrà visitare. Sicuramente i parenti, probabilmente i partner e forse gli amici che però sabato sera fonti di Palazzo Chigi ritenevano “affetti non stabili”. A parte l’assurdità secondo la quale spetta al governo stabilire chi è un affetto stabile e chi non lo è, resta l’incertezza. Conte aveva sostenuto che dal 4 maggio non ci sarebbe stato un liberi tutti. Ma se i congiunti oltre ai parenti sono amici e fidanzati si assisterà proprio a quello che l’Esecutivo aveva provato a scongiurare.

Le vie percorribili da Conte, in vista della graduale riapertura, erano sostanzialmente due: impedire per altre due settimane le uscite extra-lavorative e legate ai beni di prima necessità, o ristabilire la libertà di movimento, a patto del mantenimento delle norme del distanziamento sociale e delle precauzioni igienico-sanitarie. La scelta dei congiunti rappresenta invece la solita via di mezzo tipica del contismo, che lascia più dubbi che certezze e che richiede la presenza dello stesso Conte per sbrogliare una matassa appositamente creata. Un circolo vizioso che innesca anche un pericoloso percorso che rovescia la gerarchia delle fonti: le FAQ che devono interpretare i Dpcm che a loro volta devono essere chiarificate dalle veline di Palazzo Chigi. Un processo che, come si vede, necessita del duo Conte-Casalino per essere portato a compimento.

Con questo intricato sistema, tra l’altro, il governo riesce facilmente a inserirsi nella vita degli italiani, stabilendo la natura delle loro relazioni personali. Una pesante violazione della sfera individuale che viene praticamente invasa da uno Stato che si ritiene in diritto di giudicarne l’intimità. Un modo di agire che, ancora una volta, non sorprende vista la propensione di Conte a “concedere” diritti e libertà. Come sottolineato chiaramente dal sindaco di Roma Virginia Raggi, che in una sfortunata clip ha definito la riapertura dei parchi come una “concessione” di Palazzo Chigi, che dovremmo addirittura dimostrare di “meritarci”. Anche in questo caso lo Stato educa i suoi sudditi come un padre che eroga premi e punizioni. Bastone e carota per i cittadini, che qualcuno crede debbano essere rieducati più che serviti.

 Martino Loiacono, 4 Mag 2020, qui.

Valentino Baldacci

Il chiarimento ministeriale in base al quale i fidanzati possono vedersi ma non toccarsi pone un problema ben più serio dell’apparente ridicolaggine. E’ l’espressione del tentativo di entrare nel merito dei rapporti privati tra le persone al di là di ogni necessità di carattere medico, significa un passo in direzione del controllo dei comportamenti morali dei cittadini. Non stupisce che questo tentativo venga dai M5s, la cui indifferenza verso i principi liberali è nota così come il loro falso moralismo. Ma è inammissibile che venga accettato dal PD e anche da Italia Viva. Purtroppo in Italia è debole – a sinistra come a destra – il principio liberale fondato sul vincolo libertà-responsabilità. A ciò si aggiunge il fatto che questa prescrizione è contenuta in una FAQ governativa che così viene elevata a fonte del diritto, altra cosa inammissibile.

I CONGIUNTI ED IL TOTALITARISMO STRISCIANTE

Ieri sera il leader maximo ha sentenziato: “si potranno andare a visitare i congiunti”.
Subito, in tutti, sorge l’angoscioso dilemma: CHI sono i congiunti?
Il vocabolario italiano della lingua Treccani così definisce la parola “congiunto”:
participio passato di congiungere.
Chi è legato ad altri da un vincolo di parentela.
Affine, consanguineo, familiare, parente.
Lasciamo perdere i participi. E’ “congiunto” il parente, quindi il grande Conte ci permette di visitare i parenti.
Nuova angosciosa domanda: e i fidanzati e le fidanzate?
Possibile che Tizio possa visitare un cognato ma non Tizia, sua amata fidanzata?
Nuove angosciose ricerche, nuovi studi di ermeneutica per interpretare il pensiero autentico di Winston Conte.
Interviene il ministro (la ministra per i politicamente corretti) De Micheli che twitta:
“i congiunti sono anche i fidanzati, e si possono incontrare ovviamente mantenendo le distanze…”.
Tutto risolto? NO. Chi lo dice che i fidanzati siano congiunti? Legalmente questo non è vero. La figura del “fidanzato” non ha valore legale. L’articolo 80 del codice civile definisce il così detto fidanzamento come un “ mero fatto sociale e non produttivo di alcun effetto giuridico diretto”.
Siamo di nuovo in alto mare. I fidanzati sono congiunti o no? Tra l’altro chi fa più ormai, in Italia ed in occidente, cerimonie ufficiali di fidanzamento? Su, siamo seri.
Qualcuno avanza l’ipotesi che i fidanzati, per essere considerati congiunti, devono avere un rapporto stabile. Ma, QUALE rapporto è stabile? Due che si vedono da solo un mese ma sono innamorati cotti hanno un rapporto poco stabile? Altri due che si vedono da anni solo per farsi una scopatina ogni tanto lo hanno più stabile? Misteri.
E gli amanti? Di certo loro non sono congiunti, come la mettiamo?
E gli omosessuali? Il loro è un rapporto fra “congiunti” o no? Attento signor Conte che rischia qualche accusa di “sessismo”!
Scherzi a parte, i casi sono due: o andare a trovare persone che conosciamo può provocare migliaia di morti, ed allora la cosa va vietata, congiunti o non congiunti. O non ha simili tragiche conseguenze ed allora distinguere fra congiunti e non congiunti è semplicemente ridicolo.
SOLO IO posso decidere chi mi va di vedere. Solo io posso stabilire se, PER ME, è più importante vedere un cognato o un caro amico.
Dietro alle direttive di Conte si nasconde, malamente, una mostruosa mentalità autoritaria: è lo stato a stabilire chi è importante PER TE. E’ il presidente del consiglio che decide chi tu hai diritto di incontrare e chi no, quali fra i sentimenti che tu provi nei confronti di altre persone sono degni di essere soddisfatti e quali no. Qui l’emergenza sanitaria non c’entra, c’entra una possibile emergenza totalitaria.
Non mi stupirei se dopo la commissione contro l’odio e la task force conte le fake news il grande Conte mettesse su una task force che controlli i nostri sentimenti, magari anche le nostre passioni e pulsioni.
Fuor di ironia e di sarcasmo: non se ne può più di questo incredibile personaggio!!!! (qui)

E chiudo con questo intenso intervento di Vittorio Robiati Bendaud (l’audio parte dal minuto 1)

barbara

QUANDO I POLITICI SI DANNO ALL’ITTICA 1

Inizio con due pezzi dell’imprescindibile Giovanni.

BANCHI DI SARDINE

Ogni sardina non fa che seguire l’altra, tutta la vita.
Per questo i banchi di sardine assumono spesso forma sferica, comunque tondeggiante. La sardina A segue la sardina B, questa segue la sardina C che a sua volta segue la A, e così via.
Le sardine non lottano per il predominio nel banco, non marcano il territorio: sono la negazione della individualità.
Quando sono attaccate dai predatori le sardine non mettono in atto alcuna strategia difensiva. Non si disperdono nemmeno, cosa che renderebbe assai più difficile la caccia. Il banco si divide e subito dopo si riunifica, alleggerito da un certo numero di individui che sono finiti in pancia a squali, tonni o uccelli marini. La cosa non preoccupa minimamente le sardine superstiti, non le rende più accorte. Le sardine non imparano dall’esperienza.
Per riassumere: l’intelligenza della sardina è prossima allo zero.

Esistono in Italia esseri umani che passano la gran parte del loro tempo a seguire un leader politico. Seguono in gruppo i suoi movimenti strillando slogan sempre uguali.
Queste persone si sono date il nome di “sardine”.
Mai nome fu tanto adeguato. (qui)

D’altra parte, ognuno si sceglie il modello che può: parafrasando il buon don Lisander, l’intelligenza, uno non se la può dare.

IL MANIFESTO DELLE SARDINE

Le “sardine” hanno un manifesto. E’ importante un manifesto. Si tratta di qualcosa che identifica un movimento, dice chiaro e tondo a tutti cosa quel movimento è, cosa vuole, che obbiettivi si pone, come intende realizzarli. Il manifesto delle “sardine” fa in qualche modo qualcosa di simile? Espone un programma, una concezione del mondo, enumera una serie di obiettivi, si rivolge a determinate forze sociali, dice quali interessi intende tutelare e quali no? C’è in questo “manifesto” una qualsiasi analisi della società ed una previsione qualsiasi del suo movimento?
La risposta è chiarissima: NO, in questo sedicente “manifesto” non c’è nulla, assolutamente nulla di tutto questo.
Chi sono le sardine? Perché nasce il loro movimento? Ecco come risponde il manifesto:
“ Cari populisti, lo avete capito. La festa è finita.
Per troppo tempo avete tirato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata”.
Il movimento nasce da un sentimento soggettivo: loro, le “sardine”, si sono stufate. Per troppo tempo hanno subito la politica dei cattivi “populisti” (aperta parentesi: lo sanno le “sardine” che il populismo è storicamente un movimento di sinistra? Chiusa parentesi) per troppo tempo dicevo loro, le “sardine, hanno subito le (presunte) prepotenze dei “populisti” ed ora si sono stufate. La corda si è spezzata. Nessuna analisi socio economica, nessun richiamo a nessuna filosofia politica. Alla base di tutto c’è l’esaurimento della loro pazienza. Se le “sardine” fossero state un po’ più pazienti il loro movimento sarebbe nato fra due o tre anni, se lo fossero state un po’ meno due o tre anni fa. Tutto dipende dalla loro capacità di sopportazione.
Quello che stupisce in tutto questo è come gli “intellettuali” del movimento delle “sardine” non si rendano conto che una simile motivazione potrebbe benissimo essere addotta da qualsiasi movimento politico. Con le stesse parole potrebbe nascere il movimento dei “tonni” di destra, o quello dei “calamari” di centro. “Per troppo tempo avete tirato la corda” potrebbe benissimo dirlo un seguace di Salvini a coloro che dipingono il loro leader come un mostro. Tutti possono essere stanchi di ascoltare idiozie, a tutti possono venire a noia le banalità da quattro soldi, i discorsi stereotipati, i linguaggi fatti apposta per parlare senza dire. Se le “sardine” sono stufe dei “populisti” questi possono essere stufi del mondialismo, del buonismo, dell’eurofanatismo, ed anche, dopo soli pochi giorni delle, “sardine”. Stufarsi è un diritto dell’uomo, ma non può essere la base di alcun movimento politico.
E’ istruttivo confrontare l’esordio del manifesto delle “sardine” con l’esordio di un altro manifesto, che ha avuto un certo peso nella storia. Parlo dell celeberrimo “manifesto del partito comunista” di Karl Marx e Fiedrich Engels, del 1848.
“Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo. (…)
E’ ormai tempo che i comunisti espongano apertamente a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro scopi, le loro tendenze, e che alle fiabe dello spettro del comunismo contrappongano un manifesto del partito.”
Qui non troviamo nessun sentimento, nessuna “corda che si spezza”, nessuna pazienza che si esaurisce. E’ letteralmente inimmaginabile un Marx che fa appello all’esaurirsi della sua pazienza per giustificare la nascita del movimento comunista.
I comunisti esistono e vogliono esporre il loro programma, così esordisce Marx. Detto questo il “manifesto” in effetti chiarisce la concezione comunista – marxista del mondo. Vengono esposte la concezione materialistica della storia, la teoria del valore e dello sfruttamento, si esaminano le differenze fra il comunismo marxiano ed altri tipi di comunismo, si fanno previsioni sul futuro della società capitalistica e si enumerano alcuni obiettivi immediati dei comunisti. Solo alla fine di tutto questo si lancia un avvertimento minaccioso alle “classi dominanti”: “tremino pure le classi dominanti davanti ad una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. Ed hanno un mondo da guadagnare”.
La minaccia deriva dall’analisi, è la conclusione di un discorso in cui gli obiettivi di un certo movimento vengono chiariti, i suoi valori dichiarati, i suoi referenti sociali evidenziati.
Personalmente non condivido affatto, in tutti i suoi punti essenziali, l’analisi marxiana, ma non ho alcuna difficoltà a riconoscerne l’importanza storica e filosofica. Soprattutto, il “manifesto” comunista è un vero manifesto, espone sul serio una filosofia politica, una visione del mondo. Si articola sul serio in un programma.
Si può dire altrettanto per il manifesto delle “sardine”? Il solo chiederselo è ridicolo.
Le sardine definiscono se stesse in positivo, va loro riconosciuto, ma… come lo fanno? Ecco come si definiscono:
“Siamo un popolo di persone normali, di tutte le età: amiamo le nostre case e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto”.
Chi ha scritto queste belle cose neppure immagina, probabilmente, che anche un “populista” può impegnarsi nel suo lavoro, amare lo sport, la casa, la famiglia, le cose divertenti, la bellezza, la non violenza, la creatività e l’ascolto. Anche un “populista” può insomma essere una “persona normale”. No, per le “sardine” un “populista” non è, per definizione, una “persona normale”, solo loro, le “sardine” lo sono. Gli altri sono “anormali”: esseri alieni, repellenti, mostri. Il “populista” è il non – uomo, esattamente come per Hitler era non – uomo l’ebreo ed erano non – uomini per Stalin i Kulaki da far morire di fame.
Alla luce di un simile settarismo manicheo i richiami alla “non violenza” ed all’”ascolto” si rivelano per quello che sono: miserabili, ipocriti espedienti per nascondere la natura violenta ed intollerante del proprio movimento.
Non violenza da parte di chi è, nella migliore delle ipotesi, amico dei centri sociali? Di coloro che strillano: “non sparate a salve ma a Salvini”?
Ascolto da parte di persone che sanno solo strillare slogan, e vogliono tappare la bocca a chi la pensa diversamente da loro?
C’è solo da ridere, o da piangere. O da vomitare.
Non a caso del resto il “manifesto” altro non è che una serie di insulti e di minacce, più o meno larvate.
“Per troppo tempo vi abbiamo lasciato fare. (…) Per troppo tempo avete spinto i vostri più fedeli seguaci a insultare e distruggere la vita delle persone sulla rete.
Per troppo tempo vi abbiamo lasciato campo libero, perché eravamo stupiti, storditi, inorriditi da quanto in basso poteste arrivare”:
Si può essere o meno d’accordo con questa o quella misura di contrasto della immigrazione clandestina, ma “inorridire” di fronte alla pretesa che i confini di un paese siano difesi, e che in quel paese entri solo chi ha diritto di entrare é, questa si, una cosa che fa “inorridire”.
E denunciare, anche usando la rete, che qualcuno ti vuole “appeso a testa in giù” sarebbe “distruggere la vita delle persone sulla rete”? Per le sardine è lecito incitare la gente ad uccidere un certo leader politico ma questi diventa un criminale se rende note tali lodevoli intenzioni. Siamo di nuovo di fronte ad un settarismo sconfinato.
E, cosa ovvia, le “sardine” non si limitano ad insultare, minacciano:
“Adesso ci avete risvegliato. E siete gli unici a dover avere paura. (…) siamo tanti, e molto più forti di voi.”
Minacce, come si vede, anche se espresse in tono allusivo, quasi in stile mafioso. Minacce che culminano in una affermazione di sorprendente, forse involontaria, sincerità:
“avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare”.
Parole che lasciano senza fiato cui val la pena di dedicare un breve commento.
Tutti, dai “populisti” alle “sardine”, hanno diritto di parola. E nessuno, dalle “sardine” ai “populisti”, ha diritto di essere ascoltato se con questo si intende il diritto di obbligare qualcuno ad ascoltarlo.
Ma tutti i cittadini hanno il diritto, il sacrosanto diritto costituzionale, di poter ascoltare chi vogliono, senza che nessuno cerchi loro di impedirlo, con la violenza fisica o le pressioni psicologiche.
Scendere in piazza per protestare contro il diritto di parola di un leader politico e quello di ascolto di un certo numero di liberi cittadini significa comportarsi da squadristi. Che questi squadristi facciano uso della violenza fisica o di quella psicologica è qualcosa che ha grande importanza sul piano giuridico, molto poca su quello etico e politico.
Quanto al resto… il nulla. Il manifesto non dedica una parola ai grandi temi della politica. Non parla di lavoro, occupazione, pressione fiscale, pace e guerra, immigrazione, Europa, terrorismo… solo silenzio su quelli che sono i temi che toccano la vita delle persone davvero normali.
Pazienza. Tacere è un diritto dell’uomo. Le “sardine” se ne avvalgono, buon pro gli faccia.
Solo, val la pena di dare una pacata risposta alle loro minacce.
Care “sardine”, non scambiate lo spirito pacifico, dialogante, tollerante di tanti liberi cittadini per paura. I democratici liberali detestano la violenza, sia fisica che verbale, amano il dibattito e la discussione, non cercano risse. Preferiscono la pace alla guerra, il confronto allo scontro. Sono disposti anche a fare dei passi indietro pur di non compromettere la pace civile.
Ma non sono disposti a tutto. Non accettano farsi mettere il piede sul collo dagli squadristi, comunque mascherati.
Se aggredite anche le persone più tolleranti e pacifiche del mondo sanno difendersi. (qui)

E, come ha osservato più di qualcuno, combattere contro il governo è lotta per i propri diritti, per la libertà; combattere contro l’opposizione è invece il tipico operato dei regimi: in una parola, del fascismo – di qualunque colore dipinga la propria maschera.
contro
E concludo questa prima parte con una piccola, sommessa, testimonianza.

Pubblicato su Italia Oggi del 23.11

E meglio non evocare le sardine. Quando la Russia e la Germania invasero la Polonia, il mio carissimo amico Richard, ebreo, si trovava a Varsavia ed aveva 14 anni. Decise di non aspettare gli eserciti nemici che si sarebbero spartiti la sua città e di scappare. Ma in quale direzione? Verso i tedeschi no, perché sapeva benissimo che sarebbe finito su per il camino ad Auschwitz. Male per male, s’incamminò verso la Russia. Lì i comunisti lo fecero istantaneamente prigioniero e lo caricarono su un vagone, che se fosse stato per il bestiame sarebbe stato di lusso, e lo avviarono, insieme a migliaia di suoi correligionari, verso la Siberia. Era inverno. I vagoni erano talmente pieni che per la gente non vi era modo di sedersi. Tutti in piedi, quindi, per una settimana a meno 40, o 50 gradi. I comunisti avevano dato a ciascuno di loro, per nutrirsi durante il viaggio, una sardina sotto sale. «Non mangiatela, vi prego», li supplicava Richard. Ma la fame era troppa e molti non seppero resistere. Così la mangiarono, e il sale fece venir a loro sete e, siccome non avevano nulla da bere, leccarono dalle pareti metalliche arrugginite l’umidità dei fiati dei passeggeri. Così le loro lingue rimasero appiccicate al metallo a causa del gelo e così morirono in molti. Sardine: manovrare con cura.

Piera. Graffer (qui)

barbara

ANCORA UN PAIO DI COSE SULLA COMMISSIONE ORWELLIANA PER GLI PSICOREATI 4

Riepilogando: la sinistra, usando una signora anziana, con un drammatico passato sulle spalle, molto ingenua e totalmente digiuna di politica, decide di istituire una sorta di psicopolizia per gli psicoreati, che consistono nel non essere d’accordo con la suddetta sinistra. Nonostante il nome della signora, cinicamente trasformata ormai in un santino, la decisione non raccoglie unanime consenso. A questo punto qualcuno si inventa che la signora – che non è presente in alcun tipo di social – riceverebbe 200 messaggi di insulti e minacce al giorno. Nonostante la signora dichiari di non saperne niente, si decide di “prendere sul serio” le minacce inventate, e le viene assegnata una scorta – con grande gioia dei criminali, che hanno un po’ di carabinieri in meno a dare loro la caccia – e a questo punto il gioco è completato: il fatto che la signora abbia bisogno della scorta è la prova evidente della necessità della psicopolizia che persegue gli psicoreati. Ma adesso ve lo faccio dire meglio da Nicola Porro, da 06:09 a 08:30:

Poi abbiamo un Emanuele Fiano in grande spolvero:

“La Meloni racconta panzane. Nel dispositivo di mozione non c’è scritto da nessuna parte che si voglia perseguire chi parla di nazionalismo e sovranismo.” (qui, grazie a Simone per la segnalazione)

Evidentemente un po’ distratto, il ragazzo, a cui è sfuggito questo passaggio:

“…più in generale l’intolleranza, ma anche i nazionalismi e gli etnocentrismi, gli abusi e le molestie, gli epiteti, i pregiudizi, gli stereotipi e le ingiurie che stigmatizzano e insultano…”

Ignorante, propenso a parlare a vanvera e sommamente maleducato: guardiamolo qui come interrompe Capezzone mentre sta parlando e come schizza su istericamente appena si nominano le aggressioni alla Brigata ebraica. Atteggiamento abbondantemente condiviso, del resto, se qualcuno ha ritenuto di dovergli dedicare una vignetta:
dubbio
Restando in casa comunista, cedo la parola al Manifesto

… con la guerra dei sei giorni e con l’ascesa al governo delle destre dopo il conflitto del Kippur [ma se il “problema” comincia con la guerra dei sei giorni, come la mettiamo con i due successivi governi di sinistra, il secondo dei quali durato per altri quattro anni dopo la guerra del kippur? E degli altri quattro governi di sinistra successivi alla guerra del kippur? Siamo sicuri di sapere di che cosa stiamo parlando?], Israele, con qualche interludio, ha cominciato a essere governato da destre ultra sioniste [sicuri di sapere che cosa significa “sionista”? Studiare e informarsi prima di sparare cazzate no, eh?] reazionarie alleate con il fanatismo religioso che lo ha progressivamente portato a diventare la nazione segregazionista, colonialista e razzista che è ora. Israele facendosi campione di violenza e rappresaglia ha trovato sempre più amici fra gli ex fascisti, i neo fascisti, i populisti della peggior specie.

A noi che siamo incorruttibilmente democratici [posso farmi una grassa risata? E comunque fareste bene a non dimenticare “l’Incorruttibile” per antonomasia] non resta che porci [senza offesa (per loro, beninteso), “porci” mi sembra effettivamente la parola giusta] una terribile domanda. Ma se gli ebrei del tempo di Hitler fossero stati come gli israeliani alla Nethanyahu, i nazisti avrebbero progettato la Endlösung? La mia risposta è: non credo. I nazisti odiavano l’ebreo ubiquo, apatrida, cosmopolita, dall’intelletto critico, attivatore di rivoluzioni, distruttore di idolatrie.

Io direi che la risposta non dipende da come erano gli ebrei dell’epoca e come è Netanyahu, bensì dall’esistenza o no di Israele: se Israele ci fosse stato, a mettere in atto la soluzione finale probabilmente avrebbe provato, ma non ci sarebbe riuscito perché Israele gli avrebbe fatto il culo, tutto qui. I nazisti odiavano “l’ebreo ubiquo, apatrida, cosmopolita, dall’intelletto critico, attivatore di rivoluzioni, distruttore di idolatrie”? I nazisti odiavano l’ebreo, punto, in gas ci sono finiti ebrei non solo talmente assimilati da ignorare quasi di essere ebrei, ma anche ebrei decorati della prima guerra mondiale. Come dice il pur non amato Sgarbi: CAPRE CAPRE CAPRE! E come commenta l’amico “Parsifal”:

I nazisti avranno odiato l’ebreo cosmopolita, i comunisti oggi odiano l’ebreo a casa sua.

La domanda, in ogni caso, non è “terribile”: è semplicemente idiota, formulata da una persona idiota, ignorante, e soprattutto antisemita fino alle budella.

Magnifico anche Riotta su Twitter:

Prima si chiamarono sovranisti.
Poi nazionalisti.
Infine apparve chiaro che erano razzisti antisemiti.
Si stupisce solo chi non conosce, o dimentica, la Storia.

Dove impariamo che Hitler e Mussolini hanno iniziato la loro carriera politica facendosi chiamare sovranisti e riciclandosi in seguito come sovranisti, e che presto Salvini farà costruire delle camere a gas. Vedi un po’ come ci si accultura a girare per la rete! (Manifesto e Riotta citati nei commenti qui)

L’articolo che segue mostra invece le dirette conseguenze del pesante clima che si sta sempre più diffondendo.

L’odio dei “buoni”

di Max Del Papa , 3 Novembre 2019

Se c’è una cosa che i regimi autoritari e totalitari ci hanno insegnato è che le parole risuonano. Hanno una eco, il più delle volte (di) sinistra. Prendiamo “commissione”, ad esempio: già evoca foschi scenari, controlli, guardie in divisa che ti bussano alla porta, ti portano via, verso un processo kafkiano. Se poi una commissione la si battezza col nome di chi queste esperienze ha vissuto davvero, la faccenda si fa oltremodo sgradevole: “Commissione Segre”, davvero non si può sentire, almeno per chi certi spettri li rispetta, non li inflaziona, non si tira per il lenzuolo. È troppo lugubre, è perfino offensiva – quella sì.

Per cui salviamoci con un pizzico di ironia, che non fa mai male, buttiamola in ridere, tanto per alleggerire, e chiamiamola “Kommissione Doubtfire”, dal personaggio del film che secondo qualcuno somiglia irresistibilmente alla senatrice a vita; per scherzo, non per odio, sia chiaro. Ebbene, la Kommissione Doubtfire appena inaugurata è sembrata sdoganare una sorta di furioso furore per chi non si è affrettato a votarla all’unanimità, scetticismo rimarcato dall’interessata con una frase inconsapevolmente agghiacciante: “Sono rimasta stupita, io facevo una operazione etica”. Ecco, già l’etica per via parlamentare è qualcosa di preoccupante, specie se ad incarnarla è uno solo.

Ma andiamo avanti. Chi non ha fatto la ola a Liliana subito in fama di nazista, inchiodato dai giornali dell’amore, messo all’indice (a senso di marcia invertito, si potrebbe parlare tranquillamente di odio, ma si sa che odiare un “fascista” non è reato, anzi è doveroso in quanto tutela democratica). Tra gli effetti collaterali: il vignettista Vauro, strenuo difensore delle frange palestinesi più esagitate contro Israele, che con gli occhi fuor dalle orbite ordina a un parlamentare leghista di alzarsi in piedi al nome della Segre; blocchi e censure sui social per quanti in odore di sovranismo o di critica alla Kommissione, come l’editore Francesco Giubilei, misteriosamente bloccato su Facebook, e la giornalista del Primato Nazionale Francesca Totolo, bersaglio di una virulenta campagna su Report, un cui sgradevole consulente si vanta su Twitter, tra un insulto e l’altro, di poter censurare chi vuole; sempre la Totolo subisce ambigue situazioni di boicottaggio telematico, con il profilo semioscurato e la perdita arbitraria di follower; stessa sorte per il sito satirico Arsenale K.

Quanto a Giubilei, contestualmente alla sua ospitata a LineaNotte fioriscono appelli a sfasciargli la testa con una mazza, memori del trattamento riservato a Sergio Ramelli quasi 45 anni fa (pessimo sangue non mente); su Repubblica, d’altro canto, l’altra vignettista organica, ElleKappa, raffigura l’elettore medio di Salvini come un porco, mentre Erri de Luca impartisce lezioni di economia globalista: “La rinuncia all’impiego di manodopera immigrata a basso costo è atto di autolesionismo” (esterrefatti i lettori, o a Erri gli è scappata o era su di giri); fino al parossismo dell’ebreo Franco Bechis, linciato in fama di ebreo dai difensori dell’ebrea Liliana Segre. A contorno, le solite effervescenze all’università di Trento se appena si azzardano a invitare il cronista del Giornale Fausto Biloslavo, le immancabili escandescenze dell’Anpi a 360 gradi, dove c’è casino ci sono gli arzilli nonnetti, tra i quali possiamo annoverare senz’altro Natalia Aspesi, la serena vegliarda di Repubblica che sogna di mitragliare con precisione, come nella canzone di Finardi: “Pian piano, ho maturato la fantasia di sparare a loro (…) Nessuno può più negarmi di imbracciare un kalashnikov. Sono vecchia. Sono sola. Sono gravemente turbata dalla condizione disperata degli italiani. Ho tutto il diritto di fare una strage”. Se non altro a parole, visto che dà della kapò alla Meloni, dei bugiardi patentati ai vari Porro, Capezzone, Belpietro, eccetera.

Il tutto nel giro di pochissime ore dal varo della Kommissione Doubtifre (“Capovaro, vadoooo? Vadi, senatrice, vadiii!”). Di materiale, ce ne sarebbe. Ma, dalla Kommissione, finora neanche un fiato. Forse Mrs Doubtfire non ha saputo niente, non l’hanno informata, del resto lei stessa confessa candidamente di avere appreso per conto terzi dei fatidici “200 insulti al giorno” che la bersagliano sui social: “Nemmeno io lo sapevo, l’ho appreso dai giornali, io non frequento i social”. Ma chi li frequenta, viceversa, si spolmona nel chiedere prova di questi 200 insulti a tassametro e non ottiene risposta. Qualcuno non volendo produce smentite boomerang, ne citiamo uno alla lettera: “Volevo dire a Liliana Segre e ai suoi cialtroni a rimorchio che gli unici che mi hanno attaccato con i bastoni chiamandomi ebreo di merda, mentre sfilavo con la Brigata Ebraica a Roma, sono stati quelli dei centri sociali e dell’Anpi. Quelli che lei difende: gli antifa-propal!”.

Dove facilmente si evince che, tuttalpiù, l’invettiva è non per la Segre, ma per i cialtroni a rimorchio. Ma forse è la sostanza a offendere, e su quella è dubbio che la Kommissione Doubfire interverrà, posto che è stata concepita per tutt’altri motivi: controllo delle idee, di pensieri e parole, messa all’indice di tutto quanto non si allinei al pensiero unico di stampo politicamente corretto progressista. Basta leggerlo, il documento che la insedia, questa insidia per la libertà. All’osso, il varo della Kommissione “sugli stati d’animo”, come la definisce Giancristiano Desiderio, pare avere impresso, come primo effetto, una accelerazione all’amore di chi vuole appendere gli odiatori a testa in giù, ovviamente dopo avergliela spaccata con una mazza. Ma, come si diceva nel ’68, “è solo l’inizio”: come potrà finire, lo scopriremo solo morendo. (qui)

Infine una saggia riflessione del saggio Giovanni.

Non voglio fare programmi, ma ho l’impressione che prima o poi toccherà continuare ancora perché il delirio, lungi dal placarsi con l’approvazione della folle mozione, sembra, nutrendosi di se stesso, montare senza fine. Mettendo in serio pericolo la democrazia e tutte le libertà per le quali le generazioni che ci hanno preceduto hanno combattuto.

barbara

SCAMBIO DI BATTUTE

Lui: Giornale comunista! Vuole il giornale comunista?
Io: Due miliardi di schiavi e cento milioni di morti: ancora non vi bastano? Quanto altro sangue vi serve ancora per essere soddisfatti?
Lui: Parliamone.

Ho proseguito per la mia strada, perché se avessi aperto la bocca ancora una volta gli avrei sputato addosso, e non volevo sporcare la mia saliva. Per dare un piccolo esempio del mondo che i nostri progressisti sognano, riprendo questo post di Giovanni Ciri di due anni fa.

I PASSERI DI MAO

Nel Maggio del 1958 Mao Tze Tung lancia il “gran balzo in avanti”. La Cina deve diventare in tempi brevissimi una grande potenza industriale e, soprattutto, militare. Nel giro di pochi anni paesi come la Gran Bretagna e gli USA devono essere “superati”. E’ un programma molto ambizioso, come raggiungere simili risultati? La risposta di Mao è di disarmante semplicità: i cinesi devono lavorare, lavorare ed ancora lavorare. Ma non basta: occorre importare dai paesi “fratelli”, URSS in primis, impianti industriali e tecnologia, soprattutto militare. E per pagare queste importazioni la Cina ha un solo mezzo: esportare derrate alimentari, prodotti agricoli.
I contadini devono quindi essere privati della quasi totalità raccolto. Mao non prevede nessun investimento per incrementare la produttività agricola: si limita a costringere i contadini a lavorare come muli e a privarli di tutto ciò che producono. Il suo è sostanzialmente un gigantesco programma di lavoro forzato o semplicemente schiavistico. Stalin lo aveva già fatto, Mao lo rifà su scala ancora più ampia. E mostruosa.
Non è il caso di esporre qui le vicende terrificanti di quella esperienza. Rimando chi fosse interessato al libro: “Mao la storia sconosciuta” (Longanesi) della scrittrice cinese Jung Chang (autrice del bellissimo romanzo “i cigni selvatici”) e del marito di lei Jon Halliday. Un ottimo libro, una eccezione importante nel desolante panorama editoriale dell’occidente politicamente corretto.
Vorrei invece concentrare l’attenzione su un singolo, piccolo episodio. Un episodio secondario in fondo, che ha avuto conseguenze enormemente meno tragiche di tanti altri, ma nel suo piccolo molto, molto significativo.
“Per salvaguardare i cereali” scrive la Chang “a Mao venne l’idea di sbarazzarsi dei passeri, divoratori dei chicchi. Li indicò come uno dei quattro flagelli da eliminare insieme con topi, zanzare e mosche e mobilitò l’intera popolazione perché agitasse bastoni e scope e facesse un gran baccano per spaventarli ed impedir loro di posarsi sulle culture, dopodiché, caduti a terra per la stanchezza, sarebbero stati catturati ed uccisi” (1).
Non sono affetto da misticismo ecologico ed animalista e so che, a differenza di quanto pensano i mistici, l’agricoltura sopprime un numero consistente di animali: qualcuno preferisce ignorarlo ma le diete vegetariane e vegane si basano sulla soppressione di animali almeno quanto quelle onnivore. Questo premesso, non si può non restare colpiti dall’incredibile disprezzo per la natura di una simile direttiva: in tutta la storia a nessuno, credo, è mai venuto in mente di distruggere una intera specie di uccelli per salvaguardare i raccolti.
Ma è sugli esseri umani, non sui passeri, che intendo concentrare l’attenzione. Proviamo a pensarci: per giorni e giorni centinaia di milioni di cinesi fecero, tutti, la stessa cosa: un gran baccano per impedire ai passeri di posarsi al suolo. Nessuno di noi, credo, conosce due sole persone che facciano per un giorno intero la stessa cosa. La vita quotidiana di ogni persona è diversa da quella di qualsiasi altra. Anche i soldati in una caserma o i detenuti in una prigione non fanno tutti le stesse cose per tutto il giorno. Anche in stati decisamente autoritari la vita degli esseri umani è in qualche modo personalizzata. Nella Cina di Mao no. Centinaia di milioni di cinesi, tutti insieme, per giorni e giorni fecero tutti un gran baccano per far morire di stanchezza i passeri: il più numeroso popolo del mondo si era trasformato in una immensa squadra di esagitati intenti a fare un chiasso d’inferno. Difficile, penso, immaginare qualcosa di più mostruoso.
Ma questa mostruosità ebbe almeno risultati positivi? Fu davvero utile all’agricoltura? NO, ovviamente.
Una cosa è impedire con vari mezzi ai passeri di posarsi sui raccolti, determinandone in questo modo indirettamente la morte di un certo numero, cosa del tutto diversa la distruzione della specie dei passeri, e con questa di una quantità enorme di altri uccelli. Gli uccelli non si cibano solo di chicchi di cereali ma anche di parassiti, insetti e piccoli animali dannosi alle culture. L’eliminazione dei passeri, e non solo, portò alla moltiplicazione esponenziale di insetti ed animali dannosi, con esiti catastrofici per l’agricoltura.
Ricordano la Chang ed Halliday: “All’ambasciata sovietica di Pechino arrivò una richiesta da parte del governo cinese (…). In nome dell’internazionalismo socialista, si leggeva: per favore, inviateci appena possibile 200.000 passeri dall’estremo oriente russo” (2)
Centinaia di milioni di cinesi erano stati mobilitati per far gran baccano, una quantità enorme di passeri ed altri uccelli era stata distrutta, poi, in gran segreto, i passeri vennero reintrodotti in Cina in nome dell’internazionalismo proletario e della fraterna amicizia fra Cina e URSS, amicizia che, sia detto per inciso, era destinata a durare ancora per poco.
Quello dei passeri è solo un episodio, un piccolo ma emblematico episodio. Dimostra molto semplicemente che sotto Mao i cinesi erano degli schiavi di fatto. E nient’altro.
Schiavi spesso destinati a morte certa.
Il gran balzo in avanti distrusse praticamente l’agricoltura cinese e non dotò affatto la Cina di una struttura industriale neppure lontanamente paragonabile a quella dei paesi capitalisti che Mao intendeva “superare”. Solo nel dopo Mao, grazie alla apertura, non certo priva di ombre, alla economia di mercato la Cina è diventata davvero una grande potenza industriale.
In compenso la politica delle requisizioni selvagge causò quella che può essere definita la più grande carestia di ogni tempo.
“La carestia a livello nazionale iniziò nel 1958 e terminò nel 1961, raggiungendo l’apice nel 1960. (…). Durante la carestia alcuni furono costretti al cannibalismo. Uno studio condotto dopo la morte di Mao (e subito soppresso) sulla contea di Fengyang, nella provincia di Ahnui, registrò sessantatre casi di cannibalismo soltanto nella primavera del 1960, compreso quello di una coppia che strangolò e mangiò il proprio figlioletto di otto anni. (…). Nei quattro anni del gran balzo in avanti e della carestia morirono di fame e di lavoro circa 38 milioni di persone”. (3)
38 MILIONI. E non si tratta di una cifra tarocca, quelle le diffondeva il regime di Mao. E’ ricavata dalle statistiche relative al numero dei decessi negli anni del gran balzo in avanti paragonati a quelli degli anni immediatamente precedenti e successivi. In quei maledetti quattro anni il numero delle morti crebbe paurosamente, secondo le statistiche ufficiali. Ed il gran balzo è solo un episodio di quella grande, immane follia sanguinaria che è stata il comunismo maoista.
Ma agli occidentali progressisti il maoismo piaceva, ad alcuni piace ancora.
Ricordo che, tanti anni fa, ero ancora un ragazzo, mi capitò di vedere un documentario sulla Cina. Mi pare fosse di Sergio Zavoli, ma posso sbagliare. Si parlava fra le altre cose dello sterminio dei passeri. Con voce dolce il giornalista raccontava delle centinaia di milioni di cinesi che, tutti insieme, fecero per giorni un gran chiasso ed uccisero passeri ed altri uccelli in quantità industriale. “Certo”, diceva più o meno il giornalista, “a noi una cosa simile appare lesiva della libertà personale, però… alla fine i passeri furono distrutti”. Dimenticava di aggiungere: “con gran danno per l’agricoltura”.
A NOI lo spettacolo di centinaia di milioni di esseri umani trasformati in cagnolini addestrati che obbediscono tutti insieme ad ogni ordine del capo appare leggermente mostruoso, ma una cosa simile va benissimo per i cinesi. Il fine giustifica i mezzi perbacco, specie se i mezzi riguardano esseri umani giallastri e con gli occhi a mandorla. Come al solito, gratta un po’ il democratico progressista, dolce e relativista, e vien fuori il razzista.
Ed oggi gli stessi che ieri esaltavano Mao sono esaltati dai media come i campioni di una Italia e di un occidente aperto, democratico. La signora Luciana Castellina, ex dirigente del gruppo del “Manifesto”, grande ammiratrice di Mao e della rivoluzione culturale, tuona in TV contro chi difende la legittima difesa. E in occasione della sua recente scomparsa, Dario Fo, a suo tempo entusiasta ammiratore di Mao Tze Tung e di Giuseppe Stalin, è stato presentato come un campione della libertà e della democrazia.
Dei contadini cinesi costretti al cannibalismo, e dei passeri, non parla nessuno.
E poi ci chiediamo perché l’occidente è in crisi.

NOTE

1) Jung Chang Jon Halliday: Mao la storia sconosciuta. Longanesi 2006 pag 506.
2) Ibidem pag. 507.
3) Ididem pag. 515 (qui)

Del paradiso comunista si è già parlato in questo blog qui, qui e qui.

barbara

ACCOGLIENZA! ACCOGLIENZA!

E creazione di una meravigliosa, armoniosa società arcobaleno in cui i valori si incontrano e si fondono, come in una sinfonia. Come in Svezia, per esempio

O in Belgio. Ma anche in tutto il resto d’Europa, dove le chiese vengono devastate, saccheggiate, abbattute, bruciate. Una riflessione lunga, ma che vale la pena di leggere, su tutto questo, la trovate qui.

barbara

STRAGE

“Uccisione violenta di un gran numero di persone” (Zingarelli)

Uccisione. Cioè prendere uno e ucciderlo, prenderne un altro e ucciderlo… Oppure prendere una bomba e tirarla in mezzo alla folla. Giusto per chiarire. Poi ho visto anche la parola genocidio, ma questo è chiaramente dovuto alla penuria di preservativi a disposizione di quella specifica categoria di mamme che tutti noi conosciamo fin troppo bene.

E ora vorrei commentare un articolo che dà notizia del fatto in questione, il primo che mi è capitato sottomano.

Migranti, 170 morti in 2 naufragi nel Mediterraneo. Sea Watch ne salva 47. Salvini: «Porti chiusi»

Sabato 19 Gennaio 2019

Centosettanta vittime in due naufragi. Centosettanta persone morte in mare dall’ inizio dell’anno, nelle acque di quel mar Mediterraneo che anche nel 2019 si conferma «cimitero dei migranti».
Centosettanta contati come? Controllando i biglietti di imbarco? Quanto al cimitero, tutti i mari lo sono, e tanto più quelli che si pretende di attraversare con bagnarole che faticherebbero ad attraversare il Po.
I barconi del sogno europeo non si fermano e continuano a partire dalla Libia, in fuga da «violenze e abusi», dalle torture dei centri di detenzione.
E perché ci vanno, se è un tale inferno?
Solo oggi altri tre gommoni sono stati avvistati al largo di Tripoli, due sono stati riportati in Libia, mentre un altro con a bordo 47 migranti è stato soccorso da Sea Watch che resta in attesa di indicazioni dalle autorità per un porto sicuro.
«Le ong si scordino di ricominciare la solita manfrina del porto in Italia o del Salvini cattivo. In Italia no», chiosa il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in una diretta pomeridiana su Facebook. «Ci sarà un secondo processo di Norimberga – lo attacca il sindaco disobbediente di Palermo, Leoluca Orlando – e lui non potrà dire che non lo sapeva». «I nostri nipoti – gli fa eco padre Alex Zanotelli – diranno di noi quello che noi diciamo dei nazisti».
Già, la Shoah, ultima spiaggia delle coscienze sporche.
L’ultima tragedia è avvenuta ieri mattina, quando le autorità libiche avvistano un gommone in difficoltà con 50 migranti a bordo a nord di Garabulli. La Guardia costiera di Tripoli, che aveva stimato in 50 il numero di persone a bordo, invia prima una motovedetta – poi costretta a tornare indietro per avaria – e poi allerta un mercantile battente bandiera liberiana per soccorrere il natante.
Nel frattempo, un paio d’ore dopo, il gommone viene avvistato anche dall’Aeronautica militare italiana che riferisce di 20 persone a bordo. L’equipaggio dell’aereo lancia due zattere di salvataggio, mentre poco più tardi un elicottero inviato dal cacciatorpediniere Caio Duilio recupera i tre superstiti del naufragio e li porta a Lampedusa. Saranno loro a rivelare che su quel gommone erano in 120, tra cui 10 donne e anche un bimbo di due mesi.
E qualcuno pretenderebbe che IO mi sentissi in colpa se qualcuno mette su un barcone, ad attraversare il Mediterraneo, UN BAMBINO DI DUE MESI?!
Su quanto accaduto indagano la procura militare di Roma e quella ordinaria di Agrigento. Gli inquirenti vogliono fare chiarezza su eventuali responsabilità alla ricerca anche degli scafisti.
“Anche”? Spettacolare!
Era stato il senatore e ufficiale della Marina, Gregorio De Falco, nel pomeriggio a invitare Marina e Guardia Costiera a «fornire ogni ragguaglio della situazione». «Ricordiamoci – aveva detto – che esistono obblighi di soccorso derivanti sia da norme di diritto internazionale che interno, oltre al buon senso. Il naufragio è una cosa e l’immigrazione un’altra».
Meno male che qualcuno ogni se ne ricorda. Sempre tenendo presente che chi si mette in mare su barconi, senza carburante, senza viveri, senza acqua, difficilmente può immaginare di arrivare dall’altra parte.
Un altro naufragio, invece, è avvenuto nei giorni scorsi ed è costato la vita a 53 migranti
bella anche qui questa cifra precisa, stabilita chissà come e da chissà chi
che tentavano di raggiungere l’Europa sulla rotta nel Mediterraneo occidentale, in direzione della Spagna. Un sopravvissuto, riferisce l’Unhcr, è stato soccorso da un peschereccio e sta ricevendo le cure mediche in Marocco. Ed oggi, proprio in Spagna – a Barcellona – sono scesi in strada attivisti e volontari dell’ong OpenArms, in corteo per le strade della città sulle note di «Bella Ciao».
Ah già, quelli furbi che espongono i cartelli sgraditi turisti benvenuti migranti, e per riconoscenza i “migranti” gli fanno una bella strage – quella sì strage vera – con 15 morti. Evidentemente non gli sono bastati e ne vogliono un altro po’.
Sulla tragedia di ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso «profondo dolore», mentre il premier Giuseppe Conte si è detto «scioccato». Immancabile, però, monta la polemica politica, con Salvini che torna all’attacco delle ong. «Loro tornano in mare – accusa -, gli scafisti ricominciano i loro sporchi traffici e le persone tornano a morire». Per l’ex presidente della Camera Laura Boldrini, quella attuale è «una politica migratoria criminale». «Noi siamo l’Italia – scrive Matteo Renzi -: se c’è gente in mare, prima la salviamo. Poi si discute». Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, lancia un appello all’Europa che, dice, «non può più restare a guardare». (qui)
Qualcuno si chiede se non mi senta neanche un po’ responsabile di queste morti? No, esattamente come non mi sento responsabile di quelli che muoiono mettendosi in viaggio con gomme lisce e freni consumati. E la soluzione è una sola, sempre quella: niente partenze, niente morti in mare.

E ora leggiamo invece una cosa seria.

NAUFRAGI E MIGRAZIONI

Proviamo, per fare un piccolo esperimento mentale, a confrontare questi quattro casi ipotetici.

1) Viaggio in auto. Mi imbatto in un incidente: vedo un’auto rovesciata ed il corpo insanguinato di un ferito. Mi fermo, telefono alla croce rossa, alla polizia. Cerco, se ne sono in grado, di prestare i primi soccorsi.

2) Sono nella situazione del caso UNO, ma non mi limito a fermarmi e a prestare soccorso. Accolgo in casa mia e mantengo a tempo indeterminato l’uomo ferito, sua moglie, i suoi tre figli, i suoi amici, parenti e conoscenti.

3) Mi dicono che un certo tratto di autostrada è frequentato da macchine vecchie e fuori norma, spesso causa di incidenti. Decido di pattugliare quel tratto di autostrada per soccorrere le eventuali vittime di eventuali incidenti. Quando presto effettivamente soccorso a qualcuno mi comporto come nel caso DUE.

4) Vengo a sapere che gli abitanti di un certo condominio possiedono auto vecchie e fuori norma e che si avventurano spesso con queste in un certo tratto di autostrada. Posteggio la mia auto nei pressi di quel condominio e appena vedo che qualcuno parte con un’auto vecchia ed insicura mi avvicino, lo prendo a bordo della mia auto e lo conduco dove è diretto. Anche in questa occasione, se la persona soccorsa lo vuole, mi comporto come nel caso DUE.

Domanda: quale dei quattro casi descrive una situazione in cui io sono giuridicamente e, soprattutto, MORALMENTE obbligato ad intervenire e a prestare il mio aiuto? Con tutta evidenza solo il caso UNO.
Fuor di metafora, c’è una differenza radicale fra salvataggi e pattugliamento del mare, pattugliamento del mare e servizio taxi per migranti e fra tutte queste cose e l’accoglienza ed il mantenimento di coloro che si sono salvati.
I “buoni” devono decidersi a parlare chiaro. Sono favorevoli al trasferimento in Europa, meglio ancora, in Italia, di un numero illimitato di africani? Il fatto che esistano naufragi ci deve spingere ad aprire le frontiere e ad accogliere praticamente tutti? Questo e solo questo è il vero quesito. Non ha senso alcuno ridurre il problema a questo o quel salvataggio, questo o quel “caso umano”. Affrontare il mare con delle carrette vuol dire rischiare, se il fatto che c’è gente che rischia implica che siamo obbligati ad accoglierla allora parlare di limiti e regole alla immigrazione è insensato. Dobbiamo accogliere quelli che partendo si espongono a dei rischi, siano questi diecimila, un milione, dieci milioni o cento milioni. Punto.
In questo modo si distrugge l’Europa, quindi la possibilità stessa di aiutare l’Africa ad imboccare la strada dello sviluppo.

PS.

Stamattina TG e stampa “progressista” sono letteralmente scatenati nel presentare la Libia di Fayez Al Serraj come una sorta di enorme lager in cui è impossibile vivere ed in cui, a maggior ragione, non si può accettare di essere rimpatriati. Ora, a parte il fatto che le vittime del naufragio di ieri venivano, a detta dei media, dall’Africa sub sahariana, quindi in Libia ci erano recate, a parte questo, val la pena di ricordare che il governo italiano di centro sinistra a suo tempo riconobbe il governo Al Serraj come legittimo rappresentante del popolo libico e con quel governo stipulò accordi proprio sulla gestione delle migrazioni non il cattivissimo Matteo Salvini ma il buonissimo Marco Minniti, campione del PD.
Inoltre, se davvero nella Libia di Al Serraj è in corso una emergenza umanitaria si intervenga militarmente per farla cessare! Non è possibile che esistano “emergenze umanitarie” che durano decenni ed obbligano paesi come l’Italia a subirne le conseguenze in termini di immigrazione fuori controllo. Se si è “buoni” lo si sia anche con chi resta, non solo con chi parte!
Elementare Watson.
Giovanni Ciri, qui.

Ma per quelli antropologicamente superiori è una cosa troppo complicata da capire, se solo ci provano gli grippa il cervello.

barbara

ANTIRAZZISMO

Minacciata per la pelle bianca. L’assurda storia di Portland

Nella fortezza del politicamente corretto, contestare un’auto parcheggiata male può farvi finire licenziati e odiati da mezza America. Questo naturalmente se avete la pelle del colore sbagliato, cioè bianco. Siamo a Portland, una delle città più progressiste d’America. Forse la più progressista d’America. Portland, per intenderci, è la città dove poche settimane fa i militanti di Antifa (gruppo antifascista e/o fanatici dell’ultra sinistra? Fate voi) hanno bloccato per ore alcune vie delle città senza che le autorità battessero ciglio. In questo video si vedono i malcapitati automobilisti insultati in quanto bianchi (“You’re a fucking whity, aren’t you?”) dai militanti di antifa (bianchi anche loro…).

Questa progressivissima città ci regala ora un’altra perla. Una donna nota un’auto che, malamente parcheggiata, blocca le strisce pedonali. Decide quindi di chiamare gli ausiliari del traffico (Parking authority). È il comportamento di una cittadina coscienziosa oppure eccesso di zelo? Fate voi. Non è questo il punto.
Il punto è che, da un vicino negozio, spuntano fuori i proprietari dell’auto. E loro sono due POC (Persons of color) mentre la donna invece è una bianca. I due sono una coppia: si chiamano Rashaan Muhammad e Mattie Khan. Miss Khan caccia subito fuori un cellulare e riprende lo scambio di battute. Il video comincia con la donna che indica la macchina e dice: “Non potete bloccare il passaggio”. La risposta di miss Khan è pronta e fulminea: “Ecco un’altra persona bianca chiamare la polizia contro una persona nera”.
Un esempio sublime di quello che si chiama play the race card: una questione di parcheggio e senso civico, trasformata in un altro “allarmante” caso di razzismo. Una chiamata alle armi a cui i media non riescono a resistere.
Il primo ad andarci a nozze è il Portland Mercury con un titolo che già implica colpevole e vittima: “Donna chiama polizia per un parcheggio. Lei è bianca, lui è nero”
“Signora bianca chiama la polizia perché non gradisce come ha parcheggiato un nero” scrive un’altra testata. Newsweek almeno è dubitativo: “Donna bianca accusata di aver chiamato la polizia contro coppia di colore”.
In tutti questi casi, ad essere intervistati sono sempre e solo Khan e Muhammad che si atteggiano, naturalmente, a vittime del pregiudizio. Anzi, fanno la figura degli eroi perché hanno reagito e sono passati al contrattacco. “Non possiamo permettere che casi come questo si ripetano nella nostra comunità”, proclama Muhammad.
Notare come i media parlano di chiamata “alla polizia” per aizzare ancora di più gli animi, mentre poi si accerterà che la telefonata era indirizzata alla locale parking authority, l’equivalente dei nostri ausiliari del traffico.
In tutto ciò, la “signora bianca” (soprannominata Crosswalk Cathy) si ritrova con la sua faccia esposta in tutta la nazione, senza il minimo rispetto per la sua privacy e con l’accusa infamante di razzismo, il tutto per aver segnalato un’auto parcheggiata sulle strisce.
Ma la gogna mediatica e sociale è solo agli inizi. Uno dei tanti attivisti del politically correct condivide il video su Twitter ed incita i propri follower: “Fate il vostro dovere e scovate questa donna”.
Interviene un’altra attivista dei diritti delle minoranze, Sha Ongelungel, che mette online i dati del luogo di lavoro della donna e si attiva per chiederne il licenziamento. Il caso della Ongelungel è particolarmente imbarazzante considerando questa intervista apparsa, poche settimane prima, sul Guardian. Nell’articolo la Ongelungel viene glorificata come un’eroina che si batte contro l’odio online. Proprio così… l’odio online. Poi però è la prima ad aizzare la folla di internet contro una sconosciuta, senza neanche curarsi di verificare i fatti (l’imbarazzo ovviamente è solo nostro. Non ci risulta che il Guardian abbia sconfessato l’articolo).
Poi voci più ragionevoli riflettono sul fatto che la “signora bianca” non poteva conoscere la provenienza etnica dei proprietari dell’auto quando ha fatto la telefonata. E quindi l’accusa di razzismo proprio non regge.  Chi poi si prendesse la briga di vedere il video senza paraocchi etno-ideologici, si renderebbe conto del tono aggressivo della coppia. Lui le grida contro: “Buffona, vattene a casa tua. Tornatene al tuo quartiere” (immaginate la reazione se la stessa, identica frase fosse stata pronunciata da un sostenitore di Trump a una persona di colore).
Lei risponde: “Io sono di qui”. E lui. “Non sei di qui. Basta cazzate. Sei un’idiota”. Ma è troppo tardi. La donna ha dovuto cancellare ogni sua presenza online, non ha perso il lavoro ma il suo nome è stato cancellato dal sito del datore di lavoro. Alcuni familiari, con lo stesso cognome, sono stati costretti a fare la stesso. È diventata, almeno temporaneamente, un paria sociale, marchiata dall’infamante (quanto ingiustificata) accusa di razzismo. Una moderna lettera scarlatta. Perché nella nuova militanza dell’antirazzismo, una cosa conta più di tutto: il colore delle pelle. È il compasso ultimo del bene e del male che definisce chi siete e perché lo fate.
Morale della storia: la prossima volta fatevi i fatti vostri o, almeno, accertatevi dell’etnicità dei proprietari dell’auto prima di sporgere denuncia.

Stefano Varanelli, 25 novembre 2018 – qui

Come già avevo segnalato qui, partiti dalla sacrosanta lotta contro la discriminazione dei negri considerati cittadini di serie B e privi di ogni diritto, non si è trovato di meglio, per combattere il razzismo, che capovolgere la situazione discriminando i bianchi e trasformando loro in cittadini di serie B, ontologicamente colpevoli – tutti, indistintamente – in ragione del loro (del nostro) essere bianchi. Esattamente come, per superare la drammatica situazione maschio padrone-femmina schiava, qualcuno ha ritenuto che la cosa migliore fosse la riduzione del maschio a soggetto potenzialmente colpevole, e quindi colpevole di fatto, talmente colpevole che nascere maschio è la stessa identica cosa che nascere figlio di boss mafioso, ipsa dixit. La cosa tragica è che non si rendono neppure conto di essere diventati la fotocopia del mostro che dicono di voler combattere.
PS: esilarante, nella sua tragicità, il dettaglio dell’attenuante, invocata dalle “voci più ragionevoli” che la donna non poteva conoscere l’etnia dell’automobilista. Vale a dire che se so che sei bianco sono autorizzata a segnalare le tue infrazioni, mentre se so che sei negro, puoi anche parcheggiare in mezzo alla strada e io devo starmene buona a cuccia.

barbara

STRUMENTALIZZAZIONE

È il mantra del momento: i “populisti” strumentalizzano le paure della gente. Qui una risposta lucida ed esauriente di Giovanni Bernardini.

Poi c’è la storiella delle percezioni e delle statistiche: la presenza degli immigrati, dicono quelli buoni, è enormemente inferiore a quella “percepita”. Ora, io non so gli altri, ma io non mi sono mai sognata di fare ipotesi sul numero degli immigrati presenti sul territorio (sempre, tra l’altro, con la solita confusione fra immigrati regolari e clandestini): semplicemente guardo quello che succede, e dico che non va, tutto qui. E su questo tema vi invito a leggere qui.

barbara

ULTIM’ORA: DENUNCIATO IL PIAVE PER GRAVI ESTERNAZIONI XENOFOBE

Enrico Richetti ha condiviso un post

violazione della legge Mancino da parte del fiume Piave… forse proprio per timore di essere denunciato, dopo averlo mormorato, tacque il Piave e si placaron l’onde

Giancarlo Lehner

Il Pd ha denunciato il Piave per aver mormorato: «Non passa lo straniero!!!».

La Procura locale ha immediatamente provveduto ad arrestare il fiume razzista.

Mi auguro che in concomitanza con l’arresto del Piave, anche Salvini venga indagato per istigazione all’odio razziale, e forse anche per circonvenzione di incapace – il suddetto signor Piave Fiume – a mio avviso troppo calmo e troppo placido per essere nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali.

POST SCRIPTUM: dopo avervi invitati a leggere qui, chiedo: il PM Patronaggio non andrebbe incriminato per attentato alle autorità dello stato?

barbara

SU AQUARIUS E DINTORNI 2

Oggi comincio con l’angolo della bontà: i buoni di professione, i moralmente superiori, quelli sempre dalla parte giusta, antifascisti, antirazzisti, antidiscriminatori, antifrontiere (magari anche antivax, che non stona mai e si porta bene su tutto): insomma, i sinistri. Di cui abbiamo tutti sentito un esemplare campione, che vi voglio riproporre:

C’è una sola cosa, fra quelle dette dal signor Albinati, che non credo neanche morta, e sono sicura di non avere bisogno di dire quale. Ho sempre sostenuto che alle due infinità di Einstein ne va aggiunta una terza: la perfidia dei buoni di professione, e ogni volta che incontro un rappresentante della categoria, la mia convinzione viene ulteriormente rafforzata: sono perfidi, cinici, maligni, malvagi, di una crudeltà sconfinata, anime nere marce putrefatte. Dante ha sbagliato a fermarsi alla quarta zona del nono cerchio: al di sotto di quella c’è una quinta zona, o un decimo cerchio, che li aspetta tutti. Poi magari andate a leggervi queste considerazioni, dal tono decisamente più pacato del mio, del solito mitico Giovanni. Del quale vi propongo anche quest’altro post di qualche giorno fa, pieno, come sempre, di ragionevoli riflessioni.

AQUARIUS

Non so come andrà a finire il braccio di ferro sulla “Aquarius”. Se Salvini fosse costretto cedere molti, fra un saltello di gioia e l’altro, direbbero: “visto? Una cosa sono le promesse elettorali, altra cosa affrontare concretamente i problemi”.

Prima lavorano per rendere in problemi insolubili, poi si fanno forti di questa presunta insolubilità. Per anni hanno lavorato per trasformare l’Italia in una sorta di terra di nessuno, nel campo profughi d’Europa, e ora fanno i saggi. Ogni commento è superfluo.

Ciò detto val la pena di fare alcune telegrafiche considerazioni, per punti.

1) L’Italia non sta violando alcun trattato, alcuna legge internazionale. Non sta scritto da nessuna parte che quelli italiani siano gli unici porti sicuri cui debbano attraccare le varie navi piene di migranti. Nessuna convenzione prevede che navi battenti bandiere tedesca o spagnola debbano attraversare mezzo mediterraneo per approdare sempre e solo in porti italiani, lasciandosi alle spalle altri porti di altri paesi. E’ addirittura successo, in passato, che i migranti si siano rifiutati di sbarcare in porti non italiani costringendo il comandante della nave che li trasportava a far rotta verso l’Italia. Questo sarebbe diritto?

2) Le navi delle ONG non effettuano, nella maggioranza dei casi, alcun salvataggio in mare. Non soccorrono dei naufraghi. Fanno servizio taxi per migranti. Si recano a pochi chilometri dalle coste libiche e lì accolgono i migranti, spesso mettendosi d’accordo con gli scafisti. Lo hanno detto alcuni serissimi magistrati, non dei pericolosi populisti.

3) La gran maggioranza delle persone trasportate nelle navi delle ONG non sono profughi. I profughi rischiano grosso per abbandonare i paesi da cui fuggono. I passeggeri delle navi ONG partono alla luce del sole, indisturbati. I paesi da cui i veri profughi fuggono molto spesso rivogliono indietro i fuggitivi, ne reclamano il rimpatrio. Quelli da cui salpano i migranti invece non vogliono che torni indietro nessuno. Li lasciano partire indisturbati poi dicono: “teneteveli”.

4) E’ triste assistere alle sofferenze di persone in mare da molti giorni. Ma non si può continuare a cedere ai ricatti morali. Il problema non sono i passeggeri della “Aquarius”. Quei passeggeri sono stati preceduti, e potrebbero essere seguiti, da decine, centinaia di miglia di altri. I finti buoni sminuzzano i problemi, li riducono ad una serie di casi isolati e lacrimevoli. Invece bisogna vedere il problema nella sua interezza e complessità, per cercare una buona volta, se non di risolverlo, almeno di renderlo meno acuto.

5) Nessuno stato può delegare a delle organizzazioni private (tali sono le ONG) la gestione di un problema assolutamente fondamentale come quello del controllo dei flussi migratori. Sarebbe come affidare la difesa ad eserciti privati o la giustizia a tribunali privati.

6) In queste ore l’Italia non sta tenendo alcun comportamento particolare. Sta facendo esattamente ciò che fanno praticamente TUTTI gli stati del MONDO. Qualcuno crede sul serio che la “Acquarius” potrebbe approdare in un porto giapponese o statunitense, o australiano? O in un qualsiasi porto europeo non italiano? Perché il signor Macron, tanto bravo nel lodare l’impegno dell’Italia sui migranti, non la fa approdare a Marsiglia?

7) L’Europa non esiste, non ha uno straccio di politica comune su un problema assolutamente fondamentale come quello del rapporto con le migrazioni. La cosa non sorprende nessuno, penso.

8) Al di la di tutti i discorsi e le polemiche una cosa dovrebbe essere chiara: non siamo di fronte ad una serie di emergenze. Quello che è in corso da anni è un autentico trasferimento di popolazioni, una migrazione nel senso storico del termine. Un fenomeno che se non bloccato o controllato seriamente ed in maniera coordinata è destinato a cambiare, e di certo non in meglio, dalle fondamenta la natura sociale, politica, economica, culturale del nostro continente.

E ora, aspettiamo l’evolversi degli eventi…

E concludo (per oggi) con un altro eccellente video del nostro giovane geniaccio Luca Donadel

(continua)

barbara