GLI ERRORI E LE OMISSIONI DI SERGIO DELLA PERGOLA

Il giorno 21 dicembre 2017 è apparso su Moked un articolo di Sergio Della Pergola. Qui di seguito l’articolo integrale con inseriti i miei commenti, scritti con il contributo di Emanuel Segre Amar.

…occupazioni

Doppia cittadinanza agli Alto-atesini?
Alt! Non si dovevano esaminare i parallelismi fra potenze “occupanti”? E allora che cosa ha a che fare col tema in questione la doppia cittadinanza richiesta dai sudtirolesi alla loro ex patria, e che l’attuale governo di destra sembra prendere in considerazione (ma in aperta violazione degli accordi firmati, e quindi di improbabile realizzazione)?

Esiste uno straordinario parallelismo fra le vicende dell’Alto Adige (Sud Tirolo) e della Giudea e Samaria (Cisgiordania). Dopo una guerra, la potenza vincitrice occupa una parte del territorio della potenza nemica
Alt! L’Italia ha vinto una guerra di AGGRESSIONE (oltretutto tradendo l’ex alleato), Israele una guerra di DIFESA: dov’è il parallelismo?

e con questo una cospicua popolazione di etnia diversa da quella prevalente nel paese occupante. La potenza vincitrice attua un’intensa politica di popolamento dei territori occupati con persone della propria etnia.
Alt! L’Italia ha occupato una regione di uno STATO SOVRANO, Israele una regione non facente parte di alcuno stato sovrano; volendo essere più precisi, ha occupato un microscopico frammento della terra – comprendente l’attuale stato di Israele, Giudea, Samaria, Gaza E L’INTERA GIORDANIA – che era stata promessa agli ebrei affinché diventasse la loro patria nel 1917 con la Dichiarazione Balfour, impegno ripreso dalla Società delle Nazioni alla Conferenza di Sanremo il 24 aprile 1920, confermato dal Consiglio della Lega delle Nazioni il 24 luglio 1922 e diventato operativo nel settembre 1923. In quel momento quei territori – che in precedenza erano stati soggetti al mandato britannico e prima ancora di tutto tranne che qualcosa di palestinese – si trovavano ad essere illegalmente occupati dalla Giordania e dall’Egitto. Va inoltre aggiunto che gli israeliani sono semplicemente tornati nelle terre da cui erano stati cacciati nel 1948, e che hanno cominciato a farlo solo dopo l’unanime rifiuto arabo (i “Tre no di Khartoum”) di trattare con Israele le modalità di un’eventuale ritiro da quei territori o da una parte di essi: dov’è il parallelismo?

All’interno dell’etnia del territorio occupato si sviluppano movimenti terroristici che causano gravi danni a persone e beni del paese occupante.
Alt! La stragrande maggioranza degli attentati terroristici sudtirolesi hanno preso di mira strutture come i tralicci; i morti sono stati relativamente pochi, e quasi mai intenzionali, mentre il terrorismo palestinese ha sempre avuto come unico obiettivo uccidere più persone possibile, quasi sempre civili e preferibilmente bambini. Inoltre il terrorismo tirolese non è mai uscito dalla regione sudtirolese, mentre il terrorismo palestinese ha colpito nell’intero territorio israeliano e altrove nel mondo e uccidendo anche persone non israeliane (Stefano Gay Taché, per dirne uno a caso. Leon Klinghoffer, per dirne due a caso) e perfino non ebree (Fiumicino, per dirne tredici a caso). Infine il terrorismo sudtirolese aveva come obiettivo l’indipendenza dall’Italia, mentre quello palestinese aveva e ha come unico scopo l’annientamento di Israele: dov’è il parallelismo?

Da questo punto in avanti i due casi si diversificano. L’Italia annette il territorio occupato e concede la cittadinanza italiana ai suoi abitanti, garantendo bilinguismo e un ricco pacchetto di benefici economici che aiuta a conseguire un livello di vita nettamente superiore alla media della stessa Italia.
Alt! L’Italia annette il territorio occupato, vi attua una ferocissima repressione, vietando addirittura l’uso della madrelingua (perfino in privato! Chi veniva sorpreso a parlarla finiva in galera), costringendo gli abitanti autoctoni a creare delle scuole-catacombe per poter studiare la propria lingua e la propria cultura, obbliga tutti gli abitanti a dare ai propri nomi una forma che sapesse di italiano (dando luogo a risultati ridicoli come Otmaro, Elmaro, Gudruna…), obbligo rimasto in vigore ancora per molti anni dopo la caduta del fascismo. Poi, DOPO CINQUANT’ANNI DI REPRESSIONE E PERSECUZIONE E CREAZIONE DI FABBRICHE ALTAMENTE INQUINANTI CHE DAVANO LAVORO E QUINDI BENESSERE QUASI ESCLUSIVAMENTE AGLI ITALIANI, è entrato in vigore il pacchetto. Non è bello parlare di fatti storici senza conoscerli, sa.

Israele non annette il territorio occupato
territorio conteso, in quanto non sottratto a uno stato sovrano

ma invece viene creata un’Autorità autonoma
NON da Israele unilateralmente, come sembrerebbe intendere l’enunciato, bensì in base ad accordi bilaterali formali e ufficiali – gli accordi di Oslo, per la precisione, conclusi a Oslo il 20 agosto 1993 e firmati a Washington il 13 settembre 1993, con Warren Christopher e Andrei Kozyrev in veste di garanti rispettivamente per gli Stati Uniti e per la Russia.

che gestisce gli affari interni della popolazione occupata secondo il sistema legale pre-esistente all’occupazione.
Pur senza avere particolari simpatie per la Gran Bretagna, e pur consapevole del pugno di ferro usato durante il mandato – molto più contro gli ebrei che contro gli arabi, a voler essere pignoli – paragonare una dittatura terroristica, in cui non esistono leggi rispettate, al governo britannico, mi sembra parecchio offensivo nei confronti di quest’ultimo.

Mentre vengono edificati numerosi insediamenti urbani e rurali all’interno dei quali prevale la legge del paese occupante, il livello socioeconomico della maggioranza della popolazione occupata rimane nettamente inferiore a quello di Israele.
Ma diventa ENORMEMENTE superiore a quello esistente durante l’occupazione illegale giordana. Ed è enormemente superiore a quello dei cittadini di tutti i Paesi arabi circostanti. E sarebbe sicuramente molto vicino, se non identico, a quello israeliano se la maggior parte delle risorse economiche non venisse investita in terrorismo o utilizzata per gli incredibili arricchimenti personali dei membri della nomenklatura: dire le cose a metà non rende giustizia né alla verità, né alla chiarezza dei paragoni che si vogliono sostenere.

In Alto Adige, gli altoatesini sono per lo più cittadini italiani. In Cisgiordania, i palestinesi sono cittadini giordani o sprovvisti di cittadinanza.
Anche qui Le è rimasto un pezzettino di Storia nella penna: i palestinesi potrebbero avere una ben precisa cittadinanza se da quasi un secolo non stessero combattendo con tutte le proprie forze contro la nascita di uno stato palestinese. E potrebbero averlo almeno come conseguenza degli accordi di Oslo, se non avessero intenzionalmente, programmaticamente, dichiaratamente scelto di sabotare il cosiddetto processo di pace fin dal momento stesso della sua firma, per mezzo del terrorismo, scatenatosi proprio a partire da quel momento con una violenza mai conosciuta prima (Ziyad Abu Ayn, “non ci sarebbe stata resistenza in Palestina se non fosse stato per Oslo”).

Alla luce di questi dati, un suggerimento alla stampa: quando si parla di territori occupati, di minoranze etniche, di diritti civili e di autonomie, di ius solis e ius sanguinis, di integrazioni e separazioni territoriali, stiamo molto attenti alla coerenza del linguaggio.
Ecco, questa è una buona idea: coerenza. Non confondere, per esempio, guerre di aggressione e guerre di difesa. Non confondere territori occupati e territori contesi. Non confondere diritti civili violati da una potenza occupante con i diritti civili violati contro i propri cittadini da una dittatura terroristica per la quale non esistono leggi al di fuori dell’utilità del momento.

Non può esserci un’occupazione buona e un’occupazione cattiva, una richiesta di annessione da parte degli occupanti in un paese, e una richiesta di ritirata unilaterale degli occupanti in un altro paese. Sarebbe ipotizzabile in Cisgiordania una soluzione di tipo altoatesino? Politicamente implausibile, ma vale la pena di pensarci.
Non è chiaro: quale sarebbe la “soluzione di tipo altoatesino” proposta? L’annessione? Una doppia nazionalità, che l’Alto Adige non ha e difficilmente potrebbe avere in quanto illegale in base alla Quietanza Liberatoria firmata nel giugno del 1992 e che la Giordania non ha l’aria di voler regalare ai palestinesi? Comunque no, qualunque sia la soluzione proposta, politicamente sarebbe plausibilissima. Ciò che rende assurdo e folle pensarci è il mai abbandonato e sempre ribadito obiettivo palestinese – tuttora presente nella Costituzione di al-Fatah, tuttora insegnato a scuola, tuttora ribadito da tutte le azioni e da tutti i proclami dei dirigenti palestinesi, tuttora perseguito all’ONU e in tutte le sedi internazionali – di cancellare Israele.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

barbara

AGGIORNAMENTO: scambio fra Sergio Della Pergola e me.

Da: Sergio Dellapergola
Shalom.
La provincia di Bolzano ha una superficie di 7400 km2.
La Giudea e Samaria (Cisgiordania) ha una superficie di 5400 km2.
Per il resto vige la liberta’ di stampa.
Un saluto

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Da: Mella Barbara
Shalom.
La superficie di Giudea-Samaria è meno del 5% del territorio stabilito dalla Balfour come “Jewish home”, ossia un microscopico frammento.
Per il resto, se libertà di stampa significa licenza di negare mezzo secolo di sopraffazione, oppressione, persecuzione, arbitrio, ingiustizie, sfruttamento ai danni della innocente popolazione sudtirolese, e omettere tutto ciò che fa ombra a una tesi precostituita in base a una precisa ideologia, allora – fatte le debite proporzioni – non vedo per quale ragione ci si debba scandalizzare dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion.
Un saluto
barbara mella

SONO ANDATA IN GIUDEA E SAMARIA (13/3)

Che sarebbero quelle regioni che i nemici di Israele chiamano “i territori”, spesso con l’aggiunta di “occupati”, oppure “palestinesi”, essendo fermamente convinti che una roba che si chiama Giudea, coi giudei non può avere niente a che fare – e lo fanno dire pure all’Onu e all’UNESCO. Oppure Cisgiordania, o West Bank; io le chiamo col loro nome, Giudea e Samaria, in ebraico Yehuda VeShomron, in arabo al-Yahudiyyah was-Sāmarah, Samaria a nord e Giudea a sud.
Ci sono andata con un autobus blindato e dotato di schermo con telecamera a circuito chiuso con quattro riquadri, che riprendono la strada, la cabina di guida, la prima metà e la seconda metà dell’autobus,
autobus blindato
in modo da poter riprendere qualunque attacco, in qualunque parte dell’autobus o della strada esso avvenga, e che sia ben visibile all’autista, rigorosamente dotato di pistola infilata nella cintura: perché nei territori di coloro che le anime belle si ostinano a indicare come partner per la pace, solo così si può entrare con la ragionevole certezza di uscirne vivi, anche nelle aree C e B – e mi piacerebbe tanto tanto chiedere a quelli che strepitano di costruzioni illegali et similia se hanno una qualche idea di che cosa questo significhi, magari scommettendoci su qualcosa, che sarebbe la volta buona che divento ricca. In ogni caso, dovesse mai passare di qui qualche disinformato in buona fede, lo spiego io: in base agli accordi di Oslo, il territorio di Giudea e Samaria è stato suddiviso in tre diverse categorie: aree C, abitate da israeliani e sottoposte ad amministrazione israeliana, aree B, con popolazione palestinese e amministrazione (leggi soprattutto sicurezza) israeliana e aree A, con abitanti e amministrazione palestinesi. Va da sé che nelle aree C qualunque palestinese, salvo eventuali casi particolari, può entrare e circolare liberamente, mentre all’ingresso delle aree A si trova questo cartello.
cartello ingresso zona a
Si noti in particolare il “pericoloso per le vostre vite”: perché è ovvio che quando un palestinese si trova davanti un israeliano, la cosa più logica che può fare è di ammazzarlo. Vabbè, ci sono andata, dicevo, e ho visto tutte quelle cose che gli attivisti del boicottaggio si guardano bene dal voler vedere, non sia mai che si debbano accorgere che gli unici autentici nemici dei palestinesi sono loro.
Quanto a voi, mettetevi comodi, che adesso un po’ alla volta vi racconto.

barbara

AGGIORNAMENTO: un’aggiunta e due precisazioni. Avevo dimenticato di dire che mentre nelle aree A non possono vivere israeliani, nelle aree C vivono circa 100.000 palestinesi.
Nelle aree B l’amministrazione civile è sotto giurisdizione palestinese, mentre la sicurezza è sotto giurisdizione israeliana.
Il divieto di entrare nelle aree A (per gli israeliani ebrei: gli arabi israeliani possono entrare senza problemi) è israeliano, per non rischiare che qualcuno si trovi in situazioni di pericolo, costringendo l’esercito a entrare, con tutte le complicazioni che la cosa comporterebbe (ve lo immaginate un cartello al confine con la Svizzera che dicesse “Italiani non entrate che se no vi fanno la pelle”?
Grazie a Sharon per le precisazioni.

LA LEZIONE DI OLA

Si chiama Ola Ostrovsky-Zak, ha 34 anni e tre figli, due cui uno piccolissimo, ed è infermiera all’ospedale di Hebron, Cisgiordania. La sua famiglia, ebrea, si è trasferita in Israele da due generazioni. Venerdì sera era di turno quando in ospedale sono arrivati i feriti di un brutto incidente stradale: una famiglia palestinese con il padre che morirà poco dopo il suo arrivo, la madre con un grave trauma cranico in terapia intensiva e il loro piccolo figlio, rimasto illeso.
Yaman, bambino, rimane in sala d’attesa insieme alle due zie che sono accorse. Non ha nulla. Piange: per sette ore non ha mangiato nulla e ha rifiutato i biberon.
“La zia mi ha raccontato che Yaman è sempre stato allattato solo al seno della madre fin dalla nascita – racconta l’infermiera -. Non ha mai bevuto dal biberon. Hanno chiesto se qualcuno avesse potuto allattarlo e le ho detto che avrei potuto farlo io. Sono rimaste sorprese. Non riuscivano a credere che una madre ebrea potesse accettare di allattare un bambino palestinese. Mi hanno portato in braccio, mi hanno baciato, non smettevano mai di abbracciarmi.”
“Eppure – dice Ola Ostrovsky-Zak – sono sicura che tutti i miei amici al mio posto avrebbero fatto lo stesso”. La foto (pubblicata dal profilo social dell’ospedale Hadassah) ha fatto già il giro del mondo. Le zie di Yaman hanno raccontato che nella tradizione islamica una donna che allatta almeno cinque volte un bambino diventa la sua “seconda madre”. “Sono rimasta molto colpita – racconta sempre Ola -. Ora posso dire che ho un figlio palestinese”.
Prima della fine del turno l’ospedale ha pubblicato un annuncio sul gruppo Facebook Leche League (di madri che allattano) per chiedere la disponibilità a qualche madre volontaria e hanno risposto in migliaia. Donne arabe, ebree, israeliane, palestinesi. Senza differenza.
“Ogni madre l’avrebbe fatto” recita la didascalia alla foto diffusa dall’ospedale. Ogni madre. Davvero.
(Giulio Cavalli, fanpage, 7 giugno 2017)

Non riuscivano a credere che una madre ebrea potesse accettare di allattare un bambino palestinese”: evidentemente tutto ciò che da sempre era stato loro raccontato sugli ebrei rendeva impossibile crederlo. Per fortuna ogni tanto si trova anche qualcuno disposto a credere ai fatti, anche quando contrastano con l’ideologia.

barbara

 

16 BAMBINI PALESTINESI RITROVANO L’UDITO

GRAZIE A DEI CHIRURGHI ISRAELIANI

Sedici bambini palestinesi affetti da sordità hanno potuto udire per la prima volta dopo un intervento chirurgico all’ospedale Hadassah Ein Kerem a Gerusalemme, hanno informato sabato degli organi di informazione israeliani.
Gli interventi, conosciuti come chirurgia dell’impianto cocleare, sono stati effettuati da alcuni medici nel corso degli ultimi mesi, riferisce il quotidiano israeliano Ynet.
La dottoressa Michal Kaufmann, che ha praticato gli interventi, ha dichiarato a Ynet che eseguire gli interventi è stato molto difficile a causa di “carenze logistiche”.
“Il ministero della Difesa ha richiesto molte autorizzazioni”, ha dichiarato, aggiungendo che “alcuni bambini sono arrivati senza cartella clinica e hanno dovuto essere sottoposti a vari esami sul posto”.
L’operazione consiste nell’introdurre un piccolo apparecchio elettronico inserito direttamente nel nervo uditivo cocleare nell’orecchio per stimolare il senso dell’udito, con l’aiuto di un microfono esterno in modo da trasferire poi i suoni nella parte interna dell’apparecchio permettendo al paziente di udire, spiega il dottor John Hopkins dell’ospedale Hadassah.
Benché il dispositivo non restituisca completamente la capacità uditiva, i pazienti sottoposti all’intervento sono finalmente in grado di recuperare la capacità di distinguere i suoni con l’aiuto di una terapia costante.
Le operazioni sono state condotte nel quadro di un programma del Centro della Pace Peres, fondato dal defunto presidente israeliano Shimon Peres, per i bambini palestinesi di Cisgiordania [Giudea e Samaria] e della striscia di Gaza.
Kaufmann ha definito il programma del Centro della Pace Peres “un progetto strepitoso” perché “offre a questi bambini l’occasione di uscire dal loro mondo di silenzio e di vivere normalmente e pienamente la loro vita.
“Questi bambini non potevano parlare prima dell’intervento, erano privi di qualunque sostegno. La chirurgia ha aperto il loro mondo, la capacità di comunicare e di prendere il volo… Noi siamo orgogliosi di avere potuto contribuire a un tale cambiamento nelle loro vite” ha concluso. (qui, traduzione mia)
udito
Come lo vogliamo chiamare? Razzismo ebraico? Apartheid israeliana? Scene da un genocidio? Fate un po’ voi: non c’è che l’imbarazzo della scelta.

barbara

MI SPIACE DIRVELO, MA…

Miei cari amici, ebrei d’Israele e della diaspora, mi spiace dirvi che gli attacchi terroristici che ci colpiscono oggi come ieri, da una settimana, da un mese, da un anno, da un decennio e da un secolo, sono tutti parte della stessa guerra, della stessa lotta, della stessa Jihad condotta contro di noi dai nostri vicini da ormai oltre un secolo.
A volte è una guerra su vasta scala con carri armati, fragori, fiamme, aerei e navi, a volte invece è una guerra di bassa intensità, conosciuta come “terrorismo”, con sparatorie, esplosioni, accoltellamenti. In arabo è sempre Jihad, l’obiettivo sono gli ebrei solo perché sono ebrei.
Mi dispiace inoltre dovervi ricordare che questa guerra è iniziata molto prima della creazione dello Stato ebraico proclamato nel 1948. Le aggressioni e i massacri degli anni 1920, 1921, 1929, dal 1936 al 1939 ed altri ancora, non erano certo avvenuti a causa di uno Stato ebraico o per quella che i nostri nemici chiamano l’ “occupazione” del 1948, di certo non per l’ “occupazione” del 1967.
Nel 1929 l’orrendo massacro degli ebrei di Hebron era stato perpetrato contro degli ebrei che non facevano parte del movimento sionista, anzi. Vi ricordo che il Movimento di Liberazione della Palestina (Fatah) è stato fondato nel 1959 e che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è nata nel 1964, dunque alcuni anni prima dell’ “occupazione” del 1967, risultato della vittoria di Israele nella Guerra dei Sei Giorni.
Voglio farvi notare che le grida che sentivamo, soprattutto nella Guerra di Indipendenza del 1948, erano (in arabo) “Itbach al Yahud” ovvero “Massacrate gli ebrei” e non gli “israeliani” o i “sionisti”, perché il loro vero problema sono gli ebrei, che si rifiutano di essere sottomessi all’Islam, non accettano di vivere come dhimmi, ovvero “persone protette” come l’Islam impone a loro e ai cristiani.
Ancora oggi nel mondo arabo i bambini cantano: “La Palestina è il nostro paese e gli ebrei sono i nostri cani”. Il cane, nella tradizione islamica, è un animale impuro.
La Sharia stabilisce che se un musulmano sta pregando e davanti a lui passa un cane, un maiale, una donna, un ebreo o un cristiano, le sue preghiere verranno respinte e lui deve ricominciare a pregare dall’inizio.
Non è piacevole dirvi questo, ma sappiate che il canto più popolare tra i nemici di Israele è “Khyber, Khyber o Giudei, l’esercito di Maometto ritornerà di nuovo”. Khyber è un’oasi nella penisola arabica popolata da ebrei fino a quando Maometto non li ha massacrati nel 626 d.C. Il canto ricorda quell’evento e minaccia una replica.
Gli ebrei, secondo il Corano (Sura 5, versetto 82) sono i nemici più ostili dei musulmani. Il versetto 60 afferma che la maledizione e la furia di Allah ricadranno su di loro, trasformandoli in scimmie e maiali. Da quando in qua scimmie e maiali hanno diritto ad uno Stato? Da quando hanno il diritto di sovranità? Nonostante quello che pensate, la pace con l’Egitto è stata raggiunta solo dopo che Sadat si rese conto che, malgrado gli sforzi degli arabi di distruggere Israele nella Guerra di Indipendenza del 1948, nella Campagna del Sinai del 1956, nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, nella Guerra di logoramento del 1970, e persino nella Guerra dello Yom Kippur del 1973 in cui aveva attaccato di sorpresa Israele, lo Stato ebraico era riuscito a respingere tutti gli eserciti arabi e a portare la guerra nel loro territorio.
Sadat, per questi fatti, aveva capito che Israele era invincibile e che non c’era altra scelta che fare la pace, anche se questa pace sarebbe stata temporanea e analoga alla precedente Pace di Hudabiya del 628 d.C. Allora Maometto aveva concesso un periodo di pace di 10 anni agli infedeli abitanti alla Mecca, ma l’aveva spezzata dopo solo due anni. Yasser Arafat firmò gli accordi di Oslo non perché credeva nella pace, ma perché, definendoli la “Pace di Hudabiya “, aveva visto gli accordi come un cavallo di Troia che avrebbe ingannato gli ebrei. L’unico obiettivo degli accordi di Oslo era quello di creare una entità palestinese con esercito e armi, che a tempo debito avrebbero distrutto Israele. Arafat l’aveva sempre ribadito, ma la nostra dirigenza politica aveva spiegato che lui lo stava dicendo solo per un suo uso interno, e quando gli attentatori suicidi si sono fatti esplodere nelle nostre strade, le vittime sono state chiamate “vittime della pace”.
Da quando la pace richiede vittime? E i fucili che gli abbiamo consentito di avere spareranno su di noi?
Mi rattrista dirvi che sono falliti tutti gli sforzi di Israele per compiacere Hamas, che da organizzazione terroristica è diventato uno stato terrorista. Razzi mortali, tunnel per attaccarci, attentatori suicidi, sono tutti considerati legittimi agli occhi del governo jihadista di Gaza, così al diavolo la vita di uomini, donne e bambini che vivono nella Striscia, e al diavolo il loro benessere, la loro salute, la loro sicurezza e le loro proprietà.
Gli abitanti di Gaza sono pedine nelle mani di Hamas, della Jihad e dei salafiti: tutti autonominatisi collegamento tra Gaza e il Paradiso, avendogli già dato un assaggio dell’inferno sulla terra.
Mi duole dire a tutti voi operatori di pace, pacifisti, anime deboli e stanche in Israele e nel mondo, che il cemento e il ferro che ci avete costretto a dare ai jihadisti di Gaza al fine di ricostruire le loro case distrutte, sono stati invece utilizzati per costruire dei tunnel portatori di morte sia per gli abitanti di Gaza che per gli israeliani. Invece di costruire ospedali, scuole e infrastrutture, i jihadisti hanno costruito un’infrastruttura di morte, sofferenze e disastri. Avete sbagliato ancora una volta, basando la vostra politica su sogni irrealizzabili, delusioni e speranze invece che su fatti e cifre.
Gli analisti, me compreso, non sono del tutto senza colpa: hanno pensato in buona fede che quando Hamas si fosse assunta la responsabilità per il benessere di Gaza, i suoi dirigenti sarebbero diventati più moderati, realistici e pragmatici.
Niente di più sbagliato: Hamas, nonostante abbia lasciato l’opposizione per governare, non ha cessato il jihad contro Israele, non l’ha tolto dalla cima della sua lista delle priorità, né ha modificato minimamente il suo progetto genocida dell’ “entità sionista”.
Non vorrei distruggere il sogno dei “due stati per due popoli”, ma devo farlo, perché ciò che sta accadendo a Gaza oggi è esattamente ciò che accadrà al secondo stato palestinese che si sta tentando di instaurare in Giudea e Samaria.
Hamas sarà il vincitore delle elezioni, come lo fu a Gaza nel gennaio 2006, e vincerà pure quelle presidenziali. Se così non fosse, prenderebbe comunque tutta la Giudea e la Samaria con un colpo di stato violento, proprio come ha fatto a Gaza nel 2007.
E quando ciò accadrà, che cosa si dirà? “Ooops … non sapevamo … non potevamo immaginare…?”
Adesso lo sapete e non è necessario fare previsioni! Questo dovrebbe essere il punto di partenza, la vostra ipotesi di lavoro. Se l’Hamas di Gaza sta scavando oggi tunnel di morte nella sabbia, scaverà domani nelle rocce per costruirne in Giudea e Samaria – e vorrei proprio vedere come li troverete e li farete saltare in aria, quando ciò accadrà.
E a tutti voi che avete la memoria corta, permettetemi di aggiornarvi: nel mese di luglio del 2014, con il lancio di razzi da Gaza, Hamas era riuscito a far chiudere per un giorno l’aeroporto Ben Gurion. Se e quando otterrà il controllo della Giudea e della Samaria, sarà perfettamente in grado di far cessare l’attività dell’aeroporto con una semplice catapulta, dalle colline di Beit Arye potrà dominare tutte le piste dall’alto. Chi non mi crede dovrebbe salire in auto e guidare fino alla cima delle colline ad est del Ben Gurion, che si trovano in “territori conquistati, occupati”. Per le condizioni del vento in Israele, la maggior parte degli aerei che atterrano scendono al Ben Gurion da est, volando a velocità moderata proprio sopra quelle stesse colline.
Hamastan permetterà agli aerei diretti in Israele di volteggiare in cerchio sul suo territorio per prepararsi all’atterraggio?
Che prezzo sarà costretto a pagare Israele dopo che un RPG (lancia-granate anticarro portatile) o una mitragliatrice avrà abbattuto, D-o non voglia, un aereo della El Al? Offriremo loro Gerusalemme, per calmarli? E dato che stiamo già parlando di Gerusalemme, cosa farete quando lo Stato di Hamas si presenterà con un ultimatum: Gerusalemme o guerra? Il Monte del Tempio oppure vi facciamo chiudere il Ben Gurion? E quando il mondo appoggerà la loro richiesta di Gerusalemme, lasciando che sia Israele a pagare il prezzo per calmare l’Islam estremista, che cosa direte? E quando i cecchini torneranno al tiro a segno sui passanti nelle strade di Gerusalemme dalle mura della città vecchia, come i loro fratelli giordani hanno fatto fino al 1967, dove vi andrete a nascondere? Dietro muri di cemento? Una barriera di sicurezza? Oppure sposterete semplicemente la capitale di Israele a Tel Aviv?
Mi dispiace deludervi, ma la cosa peggiore che sia mai successa alle speranze di Israele per la pace, è stato l’aumento dei movimenti per la pace, coloro che incolpano Israele di volere uno stato di terrore in Giudea e Samaria e per questo deve rinunciare a Gerusalemme Est.
In Medio Oriente, chi esprime un desiderio di pace, chi manifesta la sua bramosia di pace e offre la sua terra e il paese in cambio di un pezzo di carta con su scritto la parola “pace”, è considerato come uno che ha perso la guerra e sta mendicando per il resto della sua vita. I movimenti per la pace hanno cambiato l’immagine di Israele in quella di un paese rinunciatario debole e timoroso, l’esatto opposto del tipo di paese che può ottenere la pace in Medio Oriente.
Nella regione violenta e fanatica in cui Israele sta cercando di sopravvivere, chiunque sia considerato debole viene preso a calci e pugni ed è inviato nel migliore dei casi all’inferno, o macellato e decapitato sul posto.
In Medio Oriente, pace significa che i tuoi nemici ti lasciano in pace perché sei troppo forte, minaccioso e pericoloso per prendersela con te. In Medio Oriente solo chi vince ottiene la pace. Chi non accetta questa realtà, chi non è pronto per “sangue, sudore e lacrime”, colui che con impazienza chiede “Peace Now”, non appartiene al Medio Oriente. Qui, abbiamo posto solo per i coraggiosi, i forti, i determinati e quelli che credono nella giustizia della loro causa. Chiunque sia privo di questi qualità può trovarsi una casa adatta da qualche altra parte, dove la vita è più tranquilla, silenziosa, prospera e sprizzante gioia. Possiamo suggerire Parigi, Bruxelles, Madrid, Boston o San Bernardino ….
Auguri di un felice Pesach a tutti i figli di Israele!
Mordechai Kedar (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz, pubblicato su Informazione Corretta)
http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/18770

Non c’è molto da aggiungere a questo lucidissimo articolo, se non l’invito a leggere quest’altro articolo, scritto durante la guerra di Gaza del 2014.

barbara

UNA VITA SPEZZATA, UNA STORIA DA RACCONTARE

Tuvia Weissman
Mi trovavo in un supermercato, non di quelli grandi che ci sono ora. Diciamo un piccolo market con tutto il necessario. Soprattutto il necessario per lo Shabbat: riso, bamie, fagioli per fare del buon hummus fresco. Da oltre lo scaffale una voce di donna mi chiama e mi chiede se ho già preso il lievito. È una voce bella, bellissima, ma anche un po’ accusatoria. È la voce di mia moglie, che da quando abbiamo avuto nostro figlio ha riposto gran parte del suo amore su di lui, mentre le critiche le lascia a me.
A proposito, mio figlio è in braccio a lei.
Il lievito in realtà l’ho preso, ma fingo di non averlo ancora fatto così che mi possa rimproverare. A lei piace. E a me piace ciò che piace a lei.
Così ci incamminiamo, paralleli, su due corsie differenti, divisi solo da latte a lunga conservazione, biscotti e tè dai profumi più impensabili io – e saponi, detergenti per la casa, lamette lei.
E quando finisce lo scaffale, ci re-incontriamo, noi tre.
Io con gran parte della spesa, lei con in braccio nostro figlio. Che come al solito mi guarda sorpreso (abbiamo fatto questo gioco ormai decine di volte e mi viene il dubbio che faccia finta di divertirsi solo per far felice me). Poi però stavolta alza subito lo sguardo: ho capito che dietro di me c’è qualcosa che lo ha attirato tantissimo, ma non mi volto perché mentre lui guarda incantato, la mia magia è guardare nei suoi occhi.
E così, forse, diventa tutto più semplice.
Così non mi accorgo che da dietro e dal fianco mi stanno pugnalando, una, due, tre volte… ne conteranno diverse alla fine, all’obitorio.
Sui pochi giornali che ne parleranno, racconteranno che avevano solo 14 anni. Io non lo so, non li ho visti in faccia. Stavo guardando mia moglie e mio figlio: la mia vita.
E così sono morto ieri, a 21 anni.
Tuvia colpito
Grazie a J. Blanga
(ispirato liberamente e dedicato alla memoria di Tuvia Weissman Z”L, accoltellato a morte ieri in Cisgiordania*)

19 feb 2016, 15:53 (qui)

*il cui vero nome è Giudea-Samaria [nota di barbara]

barbara

A SAN COLOMBANO IL TEATRINO DEI BOICOTTATORI CONTINUA

Sul quotidiano Il cittadino il 2 ottobre è stato pubblicato un articolo firmato “Coordinamento BDS Lombardia” (già, non una semplice lettera: loro possono permettersi di farsi pubblicare articoli – e poi quelli della potentissima lobby saremmo noi!) che potete leggere qui Il Cittadino 2.10.2015 Coordinamento BDS Lombardia
Quella che segue è la lettera che, in quanto persona chiamata direttamente in causa, ho inviato al giornale. Staremo a vedere se verrà pubblicata.

Buon giorno. Io sono quella tale “una certa Barbara”, citata nell’articolo firmato “Coordinamento BDS Lombardia”, e in quanto persona chiamata in causa vorrei fare alcune precisazioni.
È scritto nell’articolo: “Definire l’ISM un movimento terroristico come scritto da una certa Barbara”. Falso, anzi, doppiamente falso: primo, non ho scritto “movimento terroristico” bensì “organizzazione pesantemente collusa col terrorismo”; secondo, non l’ho affermato, bensì DOCUMENTATO, linkando un documento in cui gli stretti legami tra ISM e terrorismo sono dimostrati con fatti e foto, come chiunque può verificare, essendo stato riportato nell’articolo il link al mio post. Se io fossi tipo che, come i signori firmatari dell’articolo, si diletta a minacciare querele, non so se ne sia più passibile io per avere documentato un fatto o i suddetti signori per avermi accusata di dichiarazioni rispondenti al falso.
“Accusare Vittorio Fera, membro dell’ISM, di essere un contestatore di professione”: giusto per amor di precisione, ho scritto “professionista della provocazione”, che non è un’accusa, bensì una constatazione: essendo il signor Fera sempre in giro a partecipare a manifestazioni di ogni sorta, e dovendo, presumibilmente, anche lui mangiare, e non avendo, evidentemente, tempo di esercitare altre professioni, è chiaro che la sua professione è quella – come lui stesso del resto, in almeno una occasione a me nota, ha apertamente ammesso.
“Ribaltare completamente i fatti accaduti a Nabi Saleh”: nel post in questione ho linkato una documentazione completa dei “fatti accaduti a Nabi Saleh”, che dimostra inequivocabilmente che al soldato israeliano è stata tesa un’imboscata (e la cui moderazione nel reagire e gestire la situazione è stata ammirata da tutta la stampa araba, ma questo si preferisce ignorarlo, vero?). Il ribaltamento dei fatti è stato invece operato dalla propaganda palestinese e filopalestinese, operando un’accurata selezione delle immagini disponibili, per far loro dimostrare ciò che faceva comodo dimostrare.
“Nei Territori Palestinesi Occupati”: chi conosca la storia e la legislazione internazionale sa perfettamente che quei territori (Giudea e Samaria in italiano, Yehuda ve Shomrom in ebraico, Yahud was Samara in arabo) non sono mai stati palestinesi, e non sono, in base a nessuna norma di diritto internazionale – se non quello inventato dalla propaganda anti-israeliana – occupati. Inventare nomi e leggi non aiuta ad avvicinare alla pace.
“Un ragazzino di 12 anni col braccio ingessato” che ogni tanto si confonde ed esce col gesso infilato nell’altro braccio, come documentato da alcune foto.
“Furto di terra e sorgenti d’acqua degli abitanti autoctoni a favore dei coloni che vivono illegalmente, secondo il diritto internazionale, su quella terra occupata”: devo parzialmente ripetere quanto scritto sopra: l’unico furto di terra (e di acqua) è quello perpetrato dagli arabi immigrati ai danni degli ebrei, che su quella terra, secondo il diritto internazionale, vivono legalmente – e su questo non perderò tempo a fornire documentazioni: chi le vuole trovare non avrà difficoltà a trovarle.
Tralascio, perché non intendo dare a questa lettera le dimensioni dell’Enciclopedia Britannica, come avverrebbe se provvedessi a contestare ogni inesattezza, tutta una serie di affermazioni per arrivare a “prendono una posizione molto forte contro l’antisemitismo, l’islamofobia e il sionismo”: per la serie il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. A parte il fatto che non ricordo prese di posizione dell’ISM contro l’antisemitismo – ma forse mi sono distratta, e sarò grata ai signori BDS se vorranno gentilmente rinfrescarmi la memoria – sembrerebbe che questi signori ignorino totalmente il significato del termine “sionismo”. Oppure lo conoscono ma fingono di ignorarlo perché ciò è più utile alla “causa”. Perché sionismo significa, semplicemente, esistenza dello stato di Israele, nient’altro che questo. E “prendere una posizione molto forte contro il sionismo” significa, semplicemente, auspicare “molto fortemente” la cancellazione di Israele, nient’altro che questo. E arrivati a questo punto, tutto il resto diventa dettaglio senza importanza, su cui non vale la pena di perdere tempo a discutere.
Cordialmente
barbara mella

Chi può, chi ha tempo, chi ha voglia, chi dispone di qualche argomento, aggiunga il proprio contributo e scriva. Grazie

barbara

AGGIORNAMENTO: lettera pubblicata! Il Cittadino 7.10.2015