QUANDO LA MORALE È COME L’ORIZZONTE:

più tu avanzi, più lui retrocede, e il confine non arriva mai, il limite non si raggiunge mai, il segnale di stop non esiste più.

Boom di bambole gonfiabili bambine, pedofilia di massa

In Australia la polizia di frontiera ha bloccato l’importazione illegale di una bambola gonfiabile, per uso sessuale, che riproduce il corpo di una bambina. Al di là del caso singolo, l’aumento della vendita di questi strumenti è spia di un fenomeno più grave. Il boom di una vera pedofilia di massa. Questo in Australia. Ma da noi?

Se non proprio tabù l’argomento continua comunque a restare marginale, e ciò non migliora ma aggrava una situazione già di per sé preoccupante. Stiamo parlando dell’ombra della pedofilia, che continua ad allungarsi in una società che davanti ad essa chiude gli occhi, salvo quando non è, per forza di cose, costretta ad aprirli. Così, per esempio, è avvenuto in Australia negli scorsi giorni, con l’Australian Border Force – la Polizia di frontiera aerea – che ha intercettato un pacco sospetto.

Si trattava di uno scatolone contrassegnato come contenente un manichino di abbigliamento ma, siccome qualcosa non tornava – verosimilmente le dimensioni – sono scattati dei controlli. Ebbene, aprendolo gli agenti hanno scoperto che esso conteneva una «childlike sex doll», una bambola per giochi sessuali riproducente bambina. A quel punto, le autorità si sono tempestivamente messe sulle tracce dell’acquirente di quell’oggetto disgustoso – la cui importazione, peraltro, è illegale -, individuandolo in un giovane di 23 anni residente a Heckenberg,  un sobborgo nel sud-ovest di Sydney,

La vicenda in questione si è quindi conclusa con una perquisizione e con l’arresto dell’uomo. Ora, perché essa è significativa? Semplice: perché non si tratta affatto, purtroppo, di un caso isolato. Basti pensare che il Sidney Morning Herald, nel ricostruire questa storia, ha riportato il dato dell’aumento dei sequestri di queste bambole, ed è qualcosa di semplicemente spaventoso: + 653% negli ultimi due anni. Molto di questo boom – con consegne, almeno per quanto riguarda l’Australia, che partono dalla Cina, dal Giappone e da Hong Kong – si ipotizza sia collegato alla pandemia e alla conseguente impossibilità, per soggetti disturbati, di praticare del turismo sessuale. Questo però non attenua in nulla la gravità del fenomeno, che è molto vasto.

«Stiamo vedendo solo la punta di un iceberg in crescita», affermava ancora un anno fa, in proposito, Jürgen Stock, segretario generale dell’Interpol. E c’è da immaginare che avesse purtroppo ragione. Da parte sua, Justin Bathurst, ufficiale dell’Australian Border Force, nel ricordare che il commercio di questi oggetti è illegale, ne evidenzia la pericolosità: «Queste bambole sessualizzano i bambini. Non sono innocue e non impediscono che gli acquirenti possano in futuro di rendersi responsabili di violenze». A suffragio delle parole di Bathurst, secondo quanto conferma Hilda Sirec, comandante della polizia federale australiana, c’è un aumento delle denunce di sfruttamento sessuale di minori online, che nel 2020 sono state 22mila. Un numero già significativo di suo (sono oltre 60 denunce al giorno) e che lo diventa ancor più se si considera che esso ha fatto segnare un aumento del 57% rispetto all’anno precedente; il che conferma come l’aumento di certi acquisti non sia affatto socialmente neutrale, anzi. Va letta una spia, un segnale che non può né deve essere ignorato.

A proposito di segnali da non ignorare, alla luce di quanto fin qui riportato sorgono  spontanei almeno un paio di interrogativi, ambedue assai urgenti. Il primo: al di là della professionalità e della buona volontà degli agenti, che cosa si sta facendo, nel concreto, per contrastare più efficacemente questo mostruoso fenomeno? E ancora: se quella che abbiamo visto fin qui è la drammatica situazione australiana, qual è quella europea e, soprattutto, quella italiana? Sappiamo che, eccettuato l’inossidabile impegno di don Fortunato Di Noto e della sua associazione Meter, ben poco si muove per contrastare la piaga degli orchi.

Per carità, la polizia e le forze dell’ordine fanno il loro lavoro. Ma se il mercato che gravita attorno all’universo pedofilo è davvero in aumento, è anche perché non si sono messi a punto strumenti adeguati. E viene seriamente da chiedersi perché.
Giuliano Guzzo, qui.

Non troppo lontano da questo, un altro abominio continua a guadagnare sempre più spazio.

Liz Cheney appoggia l’agenda radicale transgender, ed incassa anche l’appoggio di Occupy Democrats.

La rappresentante repubblicana del Wyoming Liz Cheney ha appoggiato l’agenda radicale dei transgender domenica, dicendo a “60 Minutes” della CBS che la riluttanza dei suoi colleghi del GOP a sostenere l’ideologia gender-fluid è pericolosa.
“Dobbiamo lavorare contro le discriminazioni di tutti i tipi“, ha detto la Cheney a Lesley Stahl della CBS. “Eravamo ad un evento qualche sera fa e c’era una giovane donna che ha detto che a volte non si sente sicura perché è transgender. E nessuno dovrebbe sentirsi insicuro. Libertà significa libertà per tutti“.
Liz Cheney sarebbe già solo in difficoltà a trovare dei Repubblicani che desiderino fare veramente del male alle persone che si identificano come transgender, ma la cosiddetta libertà di negare il proprio sesso e di vivere la disforia di genere in maniera disinibita, a volte includendo anche la mutilazione dei propri organi genitalicomporta gravi conseguenze.
In un lungo saggio dell’ex scrittrice del New York Times Bari Weiss Substack, la giornalista indipendente Katie Herzog ha delineato le ramificazioni degli standard della cancellazione del sesso biologico nel sistema sanitario. L’affermazione aggressiva di volere cambiare genere a tutti i costi, ha scritto la Herzog, ha cominciato a rendere ciechi i fornitori dei servizi agli individui, poiché certi disturbi hanno più probabilità di colpire gli uomini che le donne, e viceversa.
Questa ipersensibilità sta minando la formazione medica“, ha riferito la Herzog, dopo aver condiviso il triste racconto di una paziente, identificatasi come transgender, il cui dolore addominale è stato attribuito all’obesità invece che alla gravidanza. Ma quando che gli operatori ospedalieri hanno scoperto la vera causa del disturbo, il bambino era già morto.

Altre patologie che si presentano in modo diverso e con tassi diversi tra maschi e femmine includono ernie, artrite reumatoide, lupus, sclerosi multipla ed asma, tra molti altri. Maschi e femmine hanno anche diversi intervalli per la funzione renale, il che ha un impatto sul dosaggio dei farmaci. Maschi e femmine hanno sintomi diversi anche durante gli attacchi di cuore: i maschi si lamentano del dolore al petto, mentre le donne sperimentano stanchezza, vertigini e indigestione. In altre parole: il sesso biologico è un fattore enormemente importante per sapere che cosa affligge i pazienti e come trattarli correttamente.

Fuori dagli ospedali, la concezione che esista una “libertà” dal sesso binario, che è ora sostenuta dalla deputata del Wyoming, si è diffusa nelle classi K-12 dove i bambini dai 3 ai 5 anni vengono indottrinati con i concetti del transgenderismo già prima che si manifesti la pubertà. I bambini cresciuti in un mondo in cui il genere è stato trasmesso come un’astrazione dell’immaginazione stanno crescendo confusi, con una disforia di genere che rapidamente sta insorgendo come un’epidemia sociale. []

Ce li portano via da piccoli per impedirci di salvarli dal lavaggio del cervello. Esattamente come nella Germania nazista, nell’Unione Sovietica e più ancora nella Cina di Mao (in realtà ignoro totalmente se e cosa sia cambiato, sotto questo aspetto, da quei tempi).

barbara

FRIDAY FOR FUTURE

Si è dunque svolto lo sciopero per la terra, per il nostro futuro, per la nostra casa che è in fiamme, sciopero di protesta contro l’intero establishment che ci sta mandando a morte senza muovere un dito, per commentare la quale rubo le parole a Giuliano Guzzo:

UNA DOMANDA

Cari studenti, cari giovani, cari ragazzi che avete riempito 180 piazze italiane (così recitano i titoloni, che pigramente prendo per buoni), una domanda. Una sola. Forse non ve ne siete accorti, ma oggi avete manifestato con l’indiscutibile favore, nell’ordine: dei media – che da settimane ci rompono gli zebedei con i Fridays for future -, del governo – che ha inauditamente intimato alle scuole di ritenervi assenti giustificati – e di larghissima parte dei cosiddetti opinionisti, che così vengono chiamati, vien da pensare, non perché esprimono un’opinione ma perché ripetono tutti la stessa.
Avete quindi sfilato, dicevamo, con questi appoggi immensi e sulla scia della figlia di una cantante e di un attore, una in odore di premio Nobel, un’amica di prìncipi monegaschi pronti a ospitarla in barca, una accolta con baci e abbracci nelle cancellerie di mezzo mondo. Ora, ecco la domanda: in tutto ciò dove sarebbe la ribellione? Dov’è finito il vostro anticonformismo? Non vi puzza che ad appoggiare il vostro cambiamento del mondo sia chi già lo comanda? Siete quindi proprio sicuri che, anziché cogliere un’occasione, non stiate seguito un copione? Non saranno belli come i sogni di cui vi hanno derubato ma spero possiate comunque apprezzarli, questi dubbi.
Giuliano Guzzo (qui)

E come si è svolta questa manifestazione contro l’inquinamento in nome della coscienza ambientalista? Una testimonianza arriva da “Erasmo”:

Oggi, Milano bloccata dalla manifestazione per il clima. Suppongo anche le altre città. Migliaia di macchine ferme in coda, col motore acceso. I gretini inquinano [sì, lo dice anche Sallusti]. Poi ho visto il filmato di piazza Duomo. Tutti arrampicati sul monumento (incivili) mentre davano fuoco a una palla di cartapesta (incivili).
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E chissà com’era la piazza dopo che sono andati via.

Questo te lo faccio vedere io
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Sbaglia però chi crede che questi giovani abbiano da proporre solo critiche e non soluzioni: ne hanno parecchie, invece, di idee su come salvare la Terra:
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Ne aggiungo due, di cui manca la documentazione fotografica, riferite da Giulio Meotti:

Ci piace il buco ma non dell’ozono, ride dicks not cars (per i non anglofoni: cavalcate i cazzi, non le auto. Ma vale anche per i signori? Tutti tutti senza eccezione?)

Oltre ai preziosi suggerimenti, impariamo, ad osservare le immagini di questa memorabile giornata, altre cose interessanti, per esempio che Homo Sapiens non è stato il primo essere pensante del pianeta,
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(ma se avessero pensato diversamente, avrebbero trovato il modo per evitare il meteorite?), o che il tempo corre maledettamente veloce: pensate, appena cinque mesi fa avevamo ancora 12 anni, e adesso siamo già scesi a 11!
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Qualcuno ha anche provveduto a ricordare ai ragazzi una quisquilia a cui forse non avevano fatto caso
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Io comunque darei il Nobel per l’onestà (come? Non esiste? E inventatelo, per la miseria!) al ragazzino che portava un cartello con su scritto:
“Greta mi sta sul cazzo ma avevo 2 ore di matematica”.

Passo a due prese di posizione decisamente serie

Voi siete la prima generazione che ha preteso l’aria condizionata in ogni sala d’aula; le vostre lezioni sono tutte fatte al computer; avete un televisore in ogni stanza; passate tutta la giornata a usare mezzi elettronici; invece di camminare a scuola prendete una flotta di mezzi privati che intasano le vie pubbliche; siete i maggiori consumatori di beni di consumo di tutta la storia, comperando in continuazione i più costosi capi di abbigliamento per essere ‘trendy’; la vostra protesta è pubblicizzata con mezzi digitali e elettronici.
Ragazzi, prima di protestare, spegnete l’aria condizionata, andate a scuola a piedi, spegnete i vostri telefonini e leggete un libro, fattevi un panino invece di acquistare cibo confezionato.
“Niente di ciò accadrà, perché siete egoisti, mal educati, manipolati da persone che vi usano, proclamando di avere una causa nobile mentre vi trastullate nel lusso occidentale più sfrenato. Svegliatevi, maturate e chiudete la bocca. Informatevi dei fatti prima di protestare”. un giornalista di SkyNews Australia (per la verità mi disturba un po’ che l’autore non sia identificato, ma le osservazioni mi sembrano comunque condivisibili

Cara Greta, non ti ho rubato proprio niente

Alessandro Sallusti – Mer, 25/09/2019

«Come osate, avete rubato i miei sogni e la mia infanzia, io non vi perdono», ha tuonato ieri l’altro la giovane ecoattivista Greta rivolta ai grandi del mondo, riuniti all’ assemblea dell’ Onu, perché a suo dire «siamo all’inizio di un’estinzione di massa».
In effetti non siamo messi bene, ma tutti gli studi provano che siamo messi molto meglio del passato e che il futuro che ci attende è meglio di quanto si possa pensare.
Qualche esempio. Un milione e ottocentomila bambini muoiono ogni anno nei paesi in via di sviluppo, a causa della diarrea da acqua insalubre e da condizioni igieniche inadeguate. Non è una strage del progresso, è il suo opposto, cioè parliamo di persone ancora non toccate dal progresso, dalle tecnologie, impossibilitate a raggiungere gli ospedali più vicini per mancanza di strade, di auto, di aerei, in sintesi di tutto ciò che Greta vorrebbe mettere all’indice con la sua retorica da professorina.
Ciò nonostante le generazioni che Greta «non perdona» qualcosa hanno fatto. La mortalità infantile in quegli stessi paesi nel 1980 era del 20 per cento, oggi è pressoché dimezzata e la percentuale di persone denutrite dal 1970 a oggi è scesa dal 35 al 15 per cento, prova che è il progresso, con la sua sempre maggiore mobilità di persone e merci che può togliere l’uomo dal degrado ed evitare le catastrofi. Oggi – come documenta una ricerca pubblicata in America da Peter Diamandis – un guerriero masai con un cellulare dispone della stessa connettività con il resto del mondo che il presidente degli Stati Uniti aveva solo pochi anni fa, nel 2005.
Il progresso inquina? Certo, ma le nostre generazioni sono state capaci di passare dal fuoco al carbone ai pannelli solari in cent’anni, dai calessi alle auto a gasolio a quelle elettriche in cinquanta attraverso errori non evitabili. Thomas Edison raccontò di avere inventato la lampadina dopo avere fallito mille volte di fila. E, accusato di questo, rispose: «Io non ho fallito, ho solo scoperto mille modi che non funzionano».
I predecessori di Greta non sono stati – non siamo stati, parlo della mia generazione – «ladri di sogni» ma sognatori che hanno combattuto – e in buona parte sconfitto – la malvagità degli uomini e migliorato il mondo, in una corsa a tappe tuttora in corso. Non sarà Greta a rubarci questi meriti e vediamo se i gretini saranno altrettanto capaci. Occhio, che per farlo più che manifestare serve studiare. (qui)

E per concludere, le immancabili “varie ed eventuali” (se un governo può convocare un consiglio dei ministri con solo le varie ed eventuali come ordine del giorno, non posso metterle io come aggiuntina a un post decisamente corposo?) Comincio coi dentini di Greta,
denti
con la speranza che passi di qui un dentista per dirmi se la mia impressione che siano denti da latte è giusta o sbagliata. Passo al pasto gretinico in treno:
ciboplastica
Qualcuno ha commentato che viaggiando, i cibi industriali confezionati e trasportati in contenitori di plastica non hanno alternative. Cosa sicuramente (quasi) vera per chi viaggia per lavoro, senza il quale non può mantenere la famiglia, non per chi non solo sceglie di viaggiare, ma per farlo disattende anche un preciso dovere. E concludo con due immagini a confronto.
Grant_DeVolson_Wood_-_American_Gothic
Malena-Ernman-Greta-Thunberg
(dove tra l’altro si vede quanto è racchia la mamma senza photoshop)

barbara

TUTTO QUELLO CHE SAI SUL POPULISMO È FALSO

(Impegnata, praticamente a tempo pieno, dal momento del mio rientro, nelle prove della rappresentazione per la fine del corso di teatro, che avrà luogo stasera, non ho tempo di scrivere post miei, per cui vi propongo questo ottimo articolo, che condivido totalmente)

La definitiva consacrazione della Lega di Matteo Salvini a queste elezioni europee ha loro malgrado costretto i commentatori ed osservatori politici a tornare a commentare un tema per loro ostico: quello del populismo e del sovranismo. Diciamo ostico perché, benché dall’esplosione di questo fenomeno politico – risalente al 2016 con la Brexit e la vittoria elettorale di Donald Trump -, siano ormai passati anni, non pochi seguitano a relazionarsi ad esso con chiavi di lettura del tutto inadeguate, che vanno dalla presunta pericolosità delle fake news all’ignoranza, fino razzismo e addirittura al neofascismo che serpeggerebbero minacciosi tra l’elettorato anti-sistema. Bufale che è arrivato il momento di smascherare una volta per tutte. Perché, anche se non sarà forse esaustivo per comprenderne che cosa sia, capire una volta per tutte che cosa il populismo non ècostituirebbe comunque, a ben vedere, un passo avanti. Passiamo dunque ora ad esaminare, in una breve rassegna critica, i maggiori miti antipopulisti.

Fake news

Il primo mito antipopulista è quello delle fake news senza le quali, assicurano in molti, la nuova bizzarra stagione politica – a partire dall’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca – non avrebbe mai avuto luogo. D’accordo, ma quali sono le prove che le bufale internettiane siano in grado di orientare il voto? Semplice: non ce ne sono. Anzi, è probabile che quella sulle pericolose fake news sia essa stessa una fake news. Questo almeno viene da pensare alla luce di un studio pubblicato sul Journal of Economic Perspective da due economisti – Matthew Gentzkow, dell’Università di Stanford, e Hunt Allcott, della New York University – che ha messo in evidenza come, alle presidenziali Usa del 2016, le bufale sui social media abbiano avuto un impatto molto più piccolo di quanto si possa immaginare, comunque non del tutto quantificabile esattamente e, in ogni caso, ridotto se raffrontato alla capacità persuasiva di uno spot elettorale televisivo. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone una ricerca commissionata dall’agenzia Reuters all’università di Oxford, che ha messo in luce come in Italia, in un dato arco di tempo, non più del 3,5% degli internauti avesse consultato siti di fake news, mentre quelli di Repubblica e Corriere raggiungevano rispettivamente il 50,9 % e il 47,7 % degli utenti. Attenzione, non si vuole qui sminuire l’importanza della Rete né, tanto meno, quella dei social. Le fake news però sono altra cosa e ritenerle una minaccia per la democrazia è posizione legittima ma non suffragata da riscontri oggettivi, anzi da essi smentita.

Ignoranza

Immancabile tormentone, quando si parla di populismo, è poi quello secondo cui i partiti anti-sistema godrebbero dell’appoggio di un elettorato profondamente analfabeta, non formato e poco istruito. Sfortunatamente per quanti la sposano, anche quest’idea non solo non è accompagnata da riscontri, ma risulta clamorosamente sconfessata. Lo prova un’accurata analisi a cura di Ipsos Public Affairs che dopo, le elezioni italiane del 4 marzo 2018, ha elaborato dati propri e del Ministero dell’Interno, «spacchettando» il voto. Ebbene, esaminando il voto dei laureati italiani si è scoperto come «il 29,3% di laureati» avesse «messo una croce sul movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, distanziando di ben otto punti il Pd (21,8%), nell’immaginario collettivo il partito dei ceti più colti». Anche la Lega ha una quota di laureati nel proprio elettorato ma ciò che colpisce, in questa analisi di appena un anno fa, è soprattutto il M5S, partito che a detta di taluni dovrebbe essere supportato in prevalenza da creduloni, scemi del villaggio e terrapiattisti. Ma la realtà dice altro. Curioso peraltro che a muovere l’accusa di ignoranza alle forze populiste sia spesso il Pd, che aveva per Ministro dell’Istruzione una certa Valeria Fedeli e il cui leader, Nicola Zingaretti, laureato non è. Per non parlare dell’inglese di renziana memoria. Viceversa, tra i parlamentari della vituperata Lega, oggi, capita di imbattersi in figure come Giuseppe Basini, fisico nucleare che ha lavorato al Cern e alla Nasa…

Razzismo

Oltre che creduloni e semianalfabeti, a detta di alcuni gli elettori populisti e sovranisti sarebbero pure razzisti. Manco a farlo apposta, anche questa affermazione risulta smentita dalla realtà. Da anni, se consideriamo il fenomeno politico leghista. Come dimenticare, infatti, gli esiti del IX Rapporto degli Indici di integrazione degli immigrati in Italia curato qualche anno fa dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro e dal Ministero del Lavoro. Esiti che incoronarono come regione avente, con un punteggio di 62.8/100, il più alto indice di potenziale di integrazione degli stranieri il Piemonte. Piccolo particolare: allora, si era nel 2013, quella regione era governata da Roberto Cota, un leghista. Esattamente come leghista è stata la prima sindaca di colore d’Italia, Sandy Cane, e leghista è il primo senatore di colore della storia repubblicana, Toni Iwobi. Il bello è che se l’associazione tra sovranismo e razzismo è assai dubbia in Italia, appare invece completamente smentita negli Usa, dove Daniel J. Hopkins e Samantha Washington, due studiosi sociologi dell’Università della Pennsylvania, hanno deciso di «misurare» con un’indagine accurata gli effetti dell’elezione di Trump sui pregiudizi contro neri e ispanici, selezionando in maniera del tutto casuale un campione di 2.500 americani le cui opinioni sono state studiate e monitorate sin dal 2008. Risultato: dall’elezione trumpiana, il razzismo yankee è risultato in calo.

Neofascismo

Il quarto ed ultimo mito antipopulista concerne la presunta natura neofascista dell’elettorato sovranista che, come tale, sarebbe intrinsecamente antidemocratico. Un’affermazione, anche questa, che per quanto riguarda l’Italia risulta categoricamente smentita. Infatti forze di estrema destra e inquadrabili – con qualche semplificazione – come neofasciste nel nostro Paese esistono, e sono CasaPound e Forza Nuova. Peccato che alle elezioni europee non abbiano raggiunto, sommate, neppure lo 0,5% dei consensi. Se pur avendo la possibilità di farlo gli Italiani non votano le forze politiche neofasciste o come tali considerabili, come si spiega allora l’allarmismo, sollevato dalla stampa progressista, sull’«onda nera» che starebbe travolgendo il nostro Paese? Mistero. Tra l’altro, che il populismo non sia affatto antidemocratico è suffragato dalle risultanze di un sondaggio internazionale del Pew Research Center che volto a sondare il tasso di sostegno alla democrazia rappresentativa confrontandolo in persone inclini al populismo nazionale e nei loro oppositori. Cosa si è scoperto? «I populisti nazionali», hanno scritto gli studiosi del think tank statunitense con sede a Washington commentando quanto rilevato, «sono in effetti a favore della democrazia rappresentativa […] in Gran Bretagna, Polonia, Italia, Olanda, Ungheria, Germania. L’80-90% di questi elettori pensa che la democrazia sia un ottimo modo di governare i rispettivi Paesi». Gli antidemocratici, verrebbe da commentare, sono semmai coloro i quali vorrebbero limitare il diritto di voto ai laureati, a coloro che vivono in grandi metropoli o, più semplicemente, a quelli che la pensano come loro.

D’accordo, ma se non è figlio delle fake news, dell’analfabetismo, del razzismo e neppure del neofascismo, il populismo che cos’è? Da dove viene, soprattutto? Per rispondere a questa domanda, occorrerebbe molto spazio. Ci limitiamo perciò, in questa sede, a lanciare uno spunto riprendendo quanto scritto al riguardo Luca Ricolfi, sociologo tutto fuorché di destra: «Per chi vota il popolo? Primo. In molti paesi avanzati i ceti popolari, spesso confinati nelle periferie delle città e delle campagne, non votano più i partiti di sinistra riformista. Secondo. La sinistra riformista raccoglie soprattutto il voto dei ceti medi urbani, dei dipendenti pubblici, dei professionisti del mondo della cultura e dello spettacolo. Terzo. Il popolo vero e proprio preferisce i partiti populisti [….] dietro l’ascesa dei partiti populisti c’è una crescita importante della domanda di protezione, che a sua volta deriva dalla sempre più vasta diffusione di sentimenti di insicurezza, preoccupazione, paura. Ansie che i partiti populisti prendono estremamente sul serio» mentre la «sinistra impegna le sue migliori energie comunicative per dissolvere i problemi che la gente normale percepisce come tali» (Sinistra e popolo, Longanesi 2017, pp-164-165). Volendo sintetizzare, potremmo quindi concludere che la difficoltà di tanti giornalisti e osservatori progressisti e liberal nel comprendere il populismo sta nel fatto che essi, per capirlo, studiano i leader populisti e i loro elettorati, mentre basterebbe che facessero un esercizio molto più semplice e difficile al contempo. Guardarsi allo specchio.

Giuliano Guzzo (qui)

Da leggere, da incorniciare, da far studiare a scuola – soprattutto alle professoresse che sponsorizzano e propongono come materia di studio i video deliranti dei propri alunni, che evidentemente  hanno fatto tesoro delle sue lezioni.

barbara