MI RACCOMANDO, MANDIAMOGLI ARMI

ancora armi, sempre più armi, sempre più potenti: non vorremo mica lasciar vivi tutti quei civili! Non vorremo mica lasciargli le case intere! Le biblioteche! I negozi! Le chiese! Le palestre!

19 febbraio 2023

23 febbraio 2023

Una passeggiata per Lugansk

E poi ci sono le famose Convenzioni di Ginevra e dell’Aja sul trattamento dei prigionieri di guerra

(e a quanto pare devono anche avergli fatto saltare qualche dente

Aggiungo due piccole note amene

DIFFERENZE – Nel suo discorso a Varsavia, ieri, Joe Biden ha nominato 10 volte Vladimir Putin. Nel suo discorso a Mosca, invece Putin non ha nominato Biden nemmeno una volta. (Qui)

Radio Svoboda dice che Portogallo, Belgio, Paesi Bassi e Francia chiedono il ritiro delle sanzioni UE sui fertilizzanti prodotti dalla Bielorussia. E pare che a chiedere di non mettere troppa pressione sulla Bielorussia sia… l’Ucraina.(Qui)

E poi una considerazione, che ritengo condivisibile, di Marco Travaglio, sulle ultime vicende che riguardano anche casa nostra.

A sovranismo limitato
Il Fatto Quotidiano23 Feb 2023» Marco Travaglio
Il nostro grado di simpatia per B. è noto da qualche annetto. Quindi spersonalizziamo. Immaginiamo che il presidente dell’ucraina, uno dei Paesi più corrotti e più poveri d’europa (due fattori tutt’altro che scollegati) da ben prima che fosse attaccato dalla Russia, inviti a casa sua la premier di un governo che contribuisce, con aiuti finanziari e militari, a mantenerlo artificialmente in vita. E poi, violando ogni dovere di ospitalità e ogni regola di buona creanza, approfitti della conferenza stampa congiunta per insolentire un alleato della premier che ha il grave torto di non pensarla come lui. Qualunque altro premier interromperebbe la conferenza stampa, la visita e forse le relazioni diplomatiche, non prima di avere spiegato all’insolente collega come vanno le cose in una vera democrazia: ogni leader politico, come ogni cittadino, è libero di esprimere il proprio pensiero su guerra, pace, negoziati e ogni altro argomento a sua scelta anche se nessuno gli ha bombardato la casa, e nessun governo estero, alleato e non (e l’ucraina è fra i non, visto che fortunatamente non fa ancora parte né dell’ue né della Nato), ha il diritto di ficcare il naso. La cosa potrà apparire bizzarra a Zelensky, che mette fuorilegge gli undici partiti di opposizione, arresta il leader di quello principale, unifica le tv in un solo canale di propaganda (la sua), impedisce a otto reporter italiani di raccontare la guerra senza il suo permesso. Ma, per fortuna, l’italia non è l’ucraina, anche se da un anno sta violando la sua Costituzione per inviare armi al suo Paese raccontando che vuole favorire il negoziato Kiev-mosca, che però Zelensky il 4 ottobre ha proibito per decreto.
Non che l’ingerenza zelenskiana negli affari interni italiani sia un caso isolato: le cancellerie Ue, Nato e Usa non fanno altro da tempo immemorabile. Ma almeno quelle ce le siamo scelte come alleate e ci tocca sopportarle. L’ucraina no. Ed è a Kiev che servono i soldi e le armi di Roma, non viceversa. Quindi l’idea che Zelensky distribuisca pagelle e patenti di affidabilità a questo o quel Paese che si svena per Kiev è già ridicola. Ma ancor più ridicolo è che in Italia la cosiddetta informazione accusi quel leader che non nominiamo di screditare l’italia nel mondo per aver espresso il suo pensiero, giusto o sbagliato non importa. In un Paese serio, a rimettere in riga l’ucraino, sarebbe già intervenuto il presidente della Repubblica, con le stesse parole con cui tappò la bocca alla ministra francese Boone che ci insegnava come votare il 25 settembre e minacciava di “vigilare” su di noi: “L’italia sa badare a se stessa”. Invece purtroppo Mattarella tace. E tace anche la Meloni, mostrando vieppiù com’è il suo “sovranismo”: a sovranità limitata.

E veniteci a raccontare che non siamo in guerra con la Russia.

Concludo con una riflessione mia: da tutte le parti si sente dire che non si crede che Putin abbia davvero intenzione di sganciare l’atomica, che è tutto solo un bluff per tentare di intimidire gli avversari (? Gli avversari? Ma non ci avete raccontato fino ad asfissiarci che non è vero niente che l’America sta combattendo una guerra per procura? Non ci avete ripetuto fino alla nausea che la Russia ha aggredito l’Ucraina e l’Ucraina si sta difendendo e noi le mandiamo armi difensive per poter resistere ma con tutta la faccenda non c’entriamo niente? Boh). Ora, non sarà che mentre ci e si raccontano questa favoletta continuano a spingersi sempre più avanti con le provocazioni e gli attacchi “perché tanto lui non la sgancia mica sul serio” fino al punto in cui per salvare la Russia non gli resterà più altra possibilità di lanciare una raffica di missili nucleari? E arrivato a questo punto non farà come quello che sa che per salvarsi deve sparare per primo, e sapendo che anche l’altro è armato e pronto a sparare, per minimizzare il rischio per se stesso gli scarica addosso tutto il caricatore?
Ho l’impressione che tutti noi ci troviamo nei panni di Margherita che assiste al ballo infernale durante la festa di Satana

Il primo minuto abbondante è di preparazione, potete tranquillamente saltarlo

barbara

I FIORI GIALLI

Aveva in mano dei nauseanti fiori gialli angoscianti. Non conosco il loro nome, chi diavolo lo sa? Ma sono sempre i primi a spuntare a Mosca. E questi fiori risaltavano decisamente sul suo soprabito nero primaverile. Aveva in mano fiori gialli! Un colore orribile. Dalla Tverskaja svoltò in un vicolo e si girò. Conosce la Tverskaja, no? Lungo la Tverskaja passeggiavano migliaia di persone, ma le garantisco che lei vide solo me e mi fissò, non preoccupata, ma addirittura dolente. Non mi colpì tanto la sua bellezza, quanto la straordinaria, e mai vista prima solitudine nei suoi occhi! Seguendo quel segnale giallo, anch’io svoltai nel vicolo e la seguii. Camminavamo silenziosamente lungo il vicolo triste e tortuoso, uno da un lato, una dall’altro. E per di più non c’era anima viva. Io ero in preda al tormento perché pensavo che fosse necessario parlarle, e avevo paura che, invece, non sarei stato capace di dire una sola parola e lei se ne sarebbe andata, e non l’avrei vista mai più. E invece, a un tratto, fu lei a parlare: «Le piacciono i miei fiori?». Ricordo distintamente il suono della sua voce, bassa, ma con bruschi picchi di tono, e, è sciocco, lo so, sembrava che un’eco risuonasse nel vicolo e urtasse il muro giallo e sporco. Passai in fretta dalla sua parte e, avvicinandomi a lei, risposi: «No». Mi guardò stupita, e, a un tratto, in modo del tutto inaspettato, sentii che da una vita amavo proprio quella donna! Che roba? Lei dirà che sono pazzo. – – Non dico niente, – esclamò Ivan, e aggiunse: – La prego, continui! L’ospite continuò.
– Sì, mi fissò stupita, e poi chiese: «Ma non le piacciono i fiori in generale?». Mi sembrò di percepire nella sua voce una certa ostilità. Le camminavo accanto, e cercavo di tenere il passo, e, con mio grande stupore, non mi sentivo in imbarazzo. «No, i fiori mi piacciono, ma questi no», dissi. «E quali le piacciono allora?». «Le rose». Avrei voluto rimangiarmi le parole perché lei con un sorriso contrariato gettò i suoi fiori nel rigagnolo. Li raccolsi, un po’ smarrito, e glieli porsi, ma lei, sorridendo, li respinse ancora e i fiori mi rimasero in mano. Proseguimmo così, in silenzio, per un po’, poi lei mi tolse i fiori di mano e li gettò sul selciato, e infilò sotto il mio braccio la mano coperta da un guanto nero svasato, e continuammo a camminare vicini. – E poi? – disse Ivan. – La prego, non tralasci niente! – – E poi? – l’ospite ripeté la domanda di Ivan. –
Quello che successe in seguito, lo può indovinare da solo –. L’ospite si asciugò una lacrima improvvisa con la manica destra, e proseguì: – L’amore ci balzò davanti come un assassino sbuca fuori da un vicolo, quasi uscisse dal centro della terra, e ci colpì nello stesso istante. Così colpisce un fulmine, un coltello a serramanico! Ma lei, in seguito, disse che non era proprio così, che ci amavamo da tanto tempo senza esserci mai incontrati, anche se lei viveva con un altro e io, allora… con quella, come si chiamava. –
[…]
Presi dal cassetto del tavolo le copie pesanti del romanzo, quaderni, appunti, e cominciai a bruciarli. Era difficile, la carta scritta non brucia volentieri. Spezzandomi le unghie strappavo i quaderni, li mettevo tra i pezzi di legno, e li scuotevo con l’attizzatoio. Ma vinceva la cenere e si spegnevano le fiamme.

Vale la pena, dopotutto, di rileggere un libro a mezzo secolo di distanza: mezzo secolo di acciacchi, ma anche di maturazione, e di studio, e di conoscenze per recuperare tutto ciò che al primo passaggio era rimasto indietro e poter finalmente dire, in piena coscienza: sì, è un capolavoro.

barbara