TELECOM ULTIMO (?) ATTO

Questa è la lettera che oggi porterò alla posta.

OGGETTO: disdetta del contratto relativo all’utenza XXX

Carissimi gentilissimi stimatissimi onorevolissimi bellissimi signori della Telecom,
in realtà non avrei bisogno di scrivervi questa lettera, dato che alla disdetta formale ha già provveduto Vodafone, con la quale ho sottoscritto un nuovo contratto; tuttavia, alla conclusione del quasi quarantennale matrimonio con questa Onorata Società, non posso fare a meno di due parole di spiegazione. A fine gennaio sono stata contattata con la proposta “ventinove e nove per sempre”, chiamate incluse e modem fibra. Ho accettato, chiedendomi però dove stesse l’imbroglio, dato che mai, in quasi quarant’anni, mi è capitato di avere con voi un rapporto privo di imbrogli. I primi li ho scoperti quando è venuto l’incaricato: la tariffa non è al mese bensì per quattro settimane, pertanto con tredici rate all’anno e non dodici. E chiamate e fibra non sono in accoppiata, bensì in alternativa. Ho scelto le chiamate, l’incaricato ha suggerito la fibra, ho insistito per le chiamate, lui ha insistito per la fibra, e ha continuato a insistere fino a prendermi per sfinimento. Solo dopo che avevo firmato il contratto è arrivata la rivelazione che il modem lo dovevo pagare: 240 euro. Avrei dovuto strappare il contratto; stupidamente non l’ho fatto. Quasi subito il modem ha cominciato a dare segni di malfunzionamento; ho telefonato, mi è stato detto che sarei stata richiamata entro 48 ore; non sono stata richiamata. Nel frattempo mi arriva la fattura cartacea (con due euro di tassa a carico mio), quando avevo chiesto comunicazioni online, e bollettino per pagamento in posta, quando avevo chiesto la domiciliazione, fornendo all’incaricato il mio IBAN. Chiamo per la seconda volta, mi viene assicurato che sarò richiamata entro 48 ore. Chiamo per la terza volta. Chiamo per la quarta volta. Chiamo per la quinta volta e informo che se entro 24 ore non vengo chiamata e entro 48 ore non mi vengono qui un tecnico per i problemi tecnici e un incaricato per quelli burocratici, cambio operatore. Naturalmente non sono stata richiamata. In compenso le ultime due volte mi è arrivato un grazioso SMS in cui mi si invitava a visitare un sito con un indirizzo di circa 200 caratteri (DUECENTO CARATTERI). Ora, se vi immaginate che qualcuno possa mettersi a digitare 200 caratteri copiandoli da un display che rimane acceso per dieci secondi che non bastano neppure a trovare dove si era arrivati, siete completamente pazzi. Se invece date per scontato che chiunque debba avere uno smartphone, oltre a tutto il resto siete anche deficienti.  Come se non bastasse, mi è arrivata una fattura di quasi 170 euro comprendente il pagamento fino a metà marzo per il vecchio contratto, quando dal 2 febbraio sto pagando per il nuovo, e una cifra che non ricordo per la disattivazione: ecco, mi era stato detto “nessun costo di attivazione”. Se mi fosse stato detto prima che per avere l’onore di essere servita da voi dovevo subire un’ulteriore estorsione, non avrei accettato il nuovo contratto e mi sarei rivolta subito a un nuovo operatore. Se mi fosse stato detto dopo avere firmato, avrei strappato il contratto e mi sarei rivolta subito a un nuovo operatore. Ma non mi è stato detto. Quindi sono andata in banca e ho dato ordine di non pagare: se volete estorcermi ancora altri, soldi venite a prenderveli a casa mia, e saprò come accogliervi con tutti gli onori che meritate.

Il contratto l’avevo accettato per sottrarmi al precedente contratto truffa: ventinove euro al mese tutto compreso, mi era stato detto. Non mi era stato detto che ventinove euro era al netto dell’IVA, e soprattutto non mi è stato detto che si trattava di un’offerta promozionale della durata di tre mesi: in breve tempo mi sono trovata a pagare il doppio di quanto prospettatomi.

Il contratto truffa ero stata costretta a farlo a causa di una incredibile serie di errori vostri, costatimi un’infinità di disagi e di spese: due mesi dopo avere traslocato, mi sono improvvisamente ritrovata senza internet e subito dopo anche senza telefono. Dopo un’intera settimana di frenetiche telefonate, sono arrivata finalmente ad appurare che per il numero che mi era stato assegnato era stata decisa la sospensione a causa della morosità del precedente intestatario, ma invece di cancellarlo, lo avete lasciato in circolazione e assegnato a me; due mesi dopo qualcuno si era accorto che era ancora attivo e lo ha disattivato. A me. Quindi sono stata costretta a sottoscrivere un nuovo contratto, cancellando il precedente processo di trasferimento. Nonostante le vostre gravissime responsabilità, non mi è stata accordata alcuna procedura di favore, e ho dovuto sottostare ai normali tempi di attivazione, rimanendo così per tre settimane senza telefono e senza internet, vale a dire che per tre settimane sono rimasta isolata dal mondo e che al posto delle chiamate gratis con skype sono stata costretta a chiamare unicamente dal cellulare, per il quale avevo un vecchio contratto con cui pagavo per ogni singola telefonata. Ciliegina sulla torta: per quasi un anno avete continuato a prelevarmi dal conto il pagamento del telefono della città in cui vivevo prima, che avreste dovuto disattivare il giorno stesso dell’attivazione dell’altro, dal momento che si trattava di un TRASFERIMENTO, non dell’attivazione di una linea aggiuntiva.

Cilieginina sulla ciliegina sulla torta: oggi, al momento del cambio di gestione, mi avete disattivato la linea 13 ore prima dell’attivazione da parte di Vodafone, così, giusto per gradire, per lasciare, come dire, la vostra impronta digitale.

In conseguenza di quanto detto sopra, carissimi gentilissimi stimatissimi onorevolissimi bellissimi signori della Telecom, prima di congedarmi definitivamente da voi, desidero esprimervi tutta la mia ammirazione e tutta la mia infinita e profondissima gratitudine per essere quella meravigliosa, stupenda, inestimabile, ineguagliabile incommensurabile associazione benefica che tutti conosciamo, tale da eclissare San Francesco e Madre Teresa messi insieme (questa cosa qui per la verità l’avevo inizialmente scritta in modo un po’ diverso ma poi il mio avvocato, preoccupato che toni un po’ troppo bruschi potessero turbare la vostra delicata e fragile sensibilità, mi ha suggerito di apportare qualche modifica). In segno di riconoscenza ho deciso di rinunciare a farvi causa per farmi restituire le molte centinaia di euro di cui vi siete abusivamente appropriati, e risarcire di tutti i disagi che mi avete provocato: avere ancora a che fare con voi mi farebbe immenso piacere, ma non desidero procurarvi delle noie. Pagherò ancora la fattura del mese di maggio, anche se non vi spetterebbe del tutto; dopodiché, come detto, se avete intenzione di pretendere altri soldi, veniteli a prendere a casa mia, dove vi accoglierò con la stessa incommensurabile benevolenza, sollecitudine e soprattutto generosità che voi sempre avete prodigato a me.

POST SCRIPTUM: resto sempre in attesa che qualcuno si venga a prendere il vostro stramaledettissimo modem mal funzionante.

barbara

ANCORA SUL MOVIMENTO 5 STELLE

Ogni tanto do un’occhiata a una ex collega su FB. Quando è uscita la storia dell’infermiera antivaccinista che fingeva di vaccinare i bambini e buttava via le fiale, ha scritto un post schiumante di rabbia; a parte la richiesta di ripristinare la pena di morte, non mancava niente. È furiosamente contraria allo ius soli. È moderatamente pro Israele, nel senso che non se ne occupa e non prende posizione, ma se le si chiede come la pensa, mostra di avere perfettamente chiaro chi è che attacca e chi si difende. Il 4 marzo ha deciso di votare 5 stelle, perché è finalmente qualcosa di nuovo rispetto al politicume stantio. Chiaro che chi fa un ragionamento di questo genere non è dotato di capacità di ragionare, perché quel discorso poteva forse essere valido prima che i grillini cominciassero a governare, ma ormai è una buona manciata di anni che li stiamo vedendo in azione, e “qualcosa di nuovo” non sono più. Meno che mai qualcosa di meglio. Io comunque sono testarda, e continuo a provarci. E per prima cosa propongo questo articolo, che non posto perché è molto lungo, ma suggerisco a chi ha un po’ di tempo di leggerlo, perché è straordinariamente interessante. Altre cose interessanti si trovano nell’articolo che segue.

Il M5s e il leader soldo al comando

Tra i molti spunti di riflessione offerti dalla tragicomica storia dei bonifici taroccati da alcuni parlamentari del Movimento 5 stelle ce n’è uno in particolare che vale la pena mettere a fuoco per inquadrare la vera dimensione del dramma grillino. Coincide con la risposta a una domanda: perché i populisti hanno un problema irrisolto con il denaro? Se ci pensate bene, per capire molti dei guai del Movimento 5 stelle non serve seguire complicati retroscena ma serve semplicemente seguire la traccia del denaro. Antonio Padellaro, ex direttore del Fatto, ha notato giustamente che la truffa da quattro soldi del Movimento 5 stelle ci dovrebbe far riflettere su un tema importante, di cui finalmente si è accorto persino il Fatto: ma se i grillini “non sono capaci di controllare i conti di qualche centinaio di persone come possono tenere in ordine il bilancio di una intera nazione?”. Lo spunto è giusto ma non è sufficiente per capire in che senso i grillini, di fronte al denaro, finiscono spesso in mutande e vengono messi letteralmente a nudo. Il primo esempio riguarda la risposta a un’altra domanda: chi comanda davvero nel Movimento 5 stelle? Tutti i fili del denaro portano ovviamente al signor Davide Casaleggio: fino a qualche tempo fa, con la sua srl, raccoglieva i soldi generati dalla pubblicità prodotta dalle attività presenti sul blog di Grillo; oggi, con la sua associazione privata Rousseau, di cui è presidente e tesoriere, si prepara invece a raccogliere altro denaro attraverso versamenti da 300 euro al mese che ciascun grillino dovrà versare una volta eletto in Parlamento.
I rapporti di forza nel grillismo si misurano attraverso i fili del denaro e il denaro ci dice molto anche delle ragioni relative al distacco tra Beppe Grillo e il Movimento 5 stelle, avvenuto evidentemente anche per questioni di carattere economico: questioni emerse in modo plastico e in modo comico il giorno in cui il clown genovese, per rispondere a una querela per diffamazione presentata dal Pd arrivò a far dire al suo avvocato che Grillo non è “direttamente responsabile” dei post che vengono pubblicati sul blog di Beppe Grillo e che il leader dei Cinque stelle “non è responsabile, né gestore, né moderatore, né direttore, né provider, né titolare del dominio, del blog, né degli account Twitter, né dei tweet e non ha alcun potere di direzione né di controllo sul blog, né sugli account Twitter, né sui tweet e tanto meno su ciò che ivi viene postato”. La pista dei soldi ovviamente ci aiuta a capire molto altro. Ci aiuta a capire il sentimento di disprezzo per la democrazia rappresentativa che cova nel mondo di Grillo: la multa truffa da 100 mila euro prevista nel codice etico per tutti i parlamentari ribelli, in aperta violazione dell’articolo 67 della Costituzione, è la perfetta fotografia della incostituzionalità del M5s. Ci aiuta a capire il non sense del programma del Movimento: su Repubblica, il professor Roberto Perotti ha calcolato che produrrebbe un disavanzo di 63 miliardi di euro all’anno. Ci aiuta a intuire quando nasceranno i veri problemi del grillismo: il giorno in cui si capirà chi è che in tutti questi anni ha finanziato in modo non trasparente un partito attraverso un blog sarà uno spasso. E ci aiuta infine a capire anche la ragione per cui il grillismo laddove governa è destinato a produrre immobilismo. Lo ha ammesso candidamente due giorni fa Alessandro Di Battista in una delle sue rare interviste da Giovanni Floris, rispondendo così a una domanda sull’incapacità di controllare i bonifici: “Sa perché non c’è stata possibilità di controllo? Perché noi siamo incredibilmente onesti. Noi non abbiamo restituito questi soldi in un fondo intermedio del M5s, perché non volevamo che quei soldi minimamente transitassero in nessun fondo o conto corrente del M5s, e li abbiamo destinati direttamente al ministero dello Sviluppo economico. Non li volevamo toccare”. Le parole di Dibba, in fondo, spiegano il grillismo più di mille bonifici. Non toccare nulla per non sporcarsi le mani. Non maneggiare soldi per non cadere in tentazione. Non fare nulla per evitare di sbagliare qualcosa – pensate alle Olimpiadi di Virginia Raggi. I grillini con le mani nella marmellata sono parte di un problema più grande dove al centro di tutto c’è la propensione naturale a essere in imbarazzo di fronte al denaro, a usare i soldi in modo opaco, a trasformare la ricchezza in un tabù. L’incapacità del grillismo – e anche i suoi guai futuri che non verranno a mancare – non la si può capire fino in fondo se non si parte prima di tutto da qui.
Claudio Cerasa, Il Foglio, 15/02/2018 

Per quanto riguarda i bonifici, nel caso per qualcuno non fosse chiaro il meccanismo, risulterà perfettamente comprensibile con questo schemino:
honestà
Qui invece qualche conto in tasca agli honesti sui rimborsi spese  (altro che il giornalista che inseriva quotidianamente la voce “l’uomo non è di legno”!)
rimborsi
E per concludere, questa esilarante intervista, rubata qui.

Rimborsi M5S, 46 mila euro in pasti – Fantinati: “Basta, sono soldi privati”

  • Domanda: Onorevole, è lei ad avere il primato fra i parlamentari pentastellati?
  • Mattia Fantinati: Non lo so.
  • Domanda: La cifra riportata dal sito è sbagliata?
  • Mattia Fantinati: Non ho mai verificato.
  • Domanda: Però dai resoconti risulta questa numero.
  • Mattia Fantinati: Guardi, la voce vitto è una voce tecnica. All’interno della quale sono state inserite altre spese. Le ripeto, non ho pasteggiato a caviale e champagne. Ho solo inserito all’interno del vitto altre cose.
  • Domanda: Quali?
  • Mattia Fantinati: Ho utilizzato parte di quel budget per alcune consulenze con professionisti. Alcune spese le ho messe lì per comodità e leggerezza.
  • Domanda: Ma questa prassi era consentita o è stato lei ad aggirare l’ostacolo?
  • Mattia Fantinati: A un certo punto ci hanno detto di specificare ogni cosa. Infatti, si può notare che negli ultimi due anni sono più preciso e regolare.
  • Domanda: Riavvolgiamo il nastro. In questi cinque anni dove ha abitualmente pranzato o cenato?
  • Mattia Fantinati: Dice sul serio o sta scherzando? Se vuole può chiedere ai commessi della Camera che mi hanno visto o alla buvette o alla mensa dei dipendenti. Eppoi con i vostri potenti mezzi potete controllare dove mangiavo, a che ora la facevo e quanto spendevo.
  • Domanda: Quanto ha speso mediamente per i pranzi e per le cene?
  • Mattia Fantinati: Per carità, perché insiste? Posso capire che sia molto più interessante sapere dove mangi. Ma sono davvero questi i problemi degli italiani? Io vorrei parlare di lavoro, immigrazione, di programmi.
  • Domanda: Ritorniamo sui 46.391 euro di cui si parla nel rendiconto.
  • Mattia Fantinati: Basta, sono soldi privati. Perché non ponete la stessa domanda a qualsiasi altro parlamentare di qualsiasi altro gruppo? A giudicarmi saranno gli attivisti dei cittadini che dovranno trarre le loro conclusioni.

Ecco, io direi che più ancora per i loro imbroglietti squalliducci, più ancora che per la loro assoluta incapacità a governare, più ancora che per le loro puttanate quali novax, scie chimiche, microchip sottopelle e complottismi vari misti, questi andrebbero condannati a cinquemila anni più le spese per quanto sono stupidi. Sul serio: il reato di stupidità dovrebbe essere introdotto nel codice penale (sì, lo so: “vaste programme”, direbbe il generale).

barbara

VENTI, TRENTA, CINQUANTA CHILI

Persi in tre mesi, in due mesi, in dodici giorni…
Qualunque sito apriamo, onnipresenti come le mosche nella cacca, le troviamo lì: le pubblicità miracolose. Perdere miliardi di chili grazie a uno strano metodo che i medici non vogliono che conosciamo, guadagnare novemila euro al mese senza fare niente come quel ragazzo che per questo le banche odiano (io conoscevo una che ne guadagnava molti di più stando semplicemente stesa a letto, se è per quello, ma non ho mai sentito che le banche la odiassero), e quella nonna di 55 anni che ne dimostra 35 e che i dermatologi odiano per il miracoloso metodo che ha scoperto, e quello che i tricologi odiano perché ha trovato il metodo per farsi ricrescere tutti i capelli e da completamente pelato che era adesso pare Branduardi che a sto punto mi sa che ha ragione il papa che siamo in guerra perché abbiamo perso la pace, con tutta sta gente che non ha altro da fare che passare la vita a odiare, boh. Comunque i chili, dicevamo. Persi a volte grazie a un metodo scoperto personalmente dall’ex cicciona, a volte grazie a trucchi (trucchi? Ma i trucchi non sono quella cosa che serve a far sembrare le cose diverse da quello che sono? Ach, questi diavoletti cialtroncelli che si dimenticano sempre i coperchi!). Allora, io ho raccattato su un po’ di queste immagini di prodigiosi dimagrimenti; adesso ve le schiaffo qui e poi ci ragioniamo un po’ su, ok?
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prima-dopo
Notiamo intanto che solitamente le foto sono piuttosto piccole, in modo da rendere difficile vedere chiaramente i dettagli. Poi osserviamo la posizione: non è mai la stessa. Se una è di fronte, l’altra è di sguincio, se una è ben eretta, l’altra è piegata. Capelli: in una avanti a incorniciare, o addirittura in parte coprire il viso, nell’altra tirati indietro; oppure in una con la frangia e nell’altra senza, in una lunghi e nell’altra corti. Bocca: rarissimamente chiusa in entrambe le foto o in entrambe aperta. La regola è che in una è chiusa e nell’altra aperta in un sorriso a tutti denti. Espressione: quasi sempre una seria o addirittura imbronciata e una serena. Parti del corpo, come gambe, braccia, mani, ginocchia: quasi mai visibili allo stesso modo: o sono coperte in una o in entrambe le foto, o tagliate, o sono riprese in posizioni diverse (le mani di piatto – di taglio, aperte – semichiuse, ginocchia distese – piegate). Spesso una è in piena luce e una no. Interessante l’ultima coppia: è un fermo immagine da un video (che non ho guardato: l’ho solo fatto scorrere velocemente col cursore per trovare l’immagine giusta per questo post): c’è una ragazza, sempre inquadrata in primo piano, che spiega come sia riuscita a dimagrire di oltre cinquanta chili: come si giustificano le facce annerite delle foto che “documentano” i vari stadi del processo? Anche così comunque riusciamo a notare le spalle, spioventi nella grassa e diritte nella magra, che ha anche il collo non solo di una sottigliezza che non si spiega certo col dimagrimento, ma anche più lungo, oltre ad avere più lunghe anche le braccia. A questo punto il trucco è chiaro come il sole: si prendono una donna grassa e una magra che presentino una qualche vaga somiglianza – a volte veramente molto vaga – e si schiaffano giù le due foto affiancate. Tutto qui. Tu dici, ma sono due donne diverse! Ma no, ti sembrano diverse per via della posizione, della pettinatura, dell’illuminazione, dell’espressione, della bocca… Interessante poi la prima foto: lì la persona è indubbiamente la stessa ma, a parte che la differenza è abbastanza modesta, quello che colpisce è la ricrescita dei capelli: identica nelle due foto. Non è singolare che per farsi fotografare dopo il dimagrimento abbia aspettato che i capelli scuri fossero ricresciuti fino a raggiungere esattamente la stessa lunghezza della foto precedente? E che dire di quell’ombra scura (ma sarà davvero solo un’ombra?) che assottiglia il braccio – peraltro di profilo, mentre nell’altra foto sono di fronte – mentre l’altro è quasi completamente coperto dai capelli? E mettiamoci poi la solita posizione di sguincio, mettiamoci il braccio sinistro che copre un’intera fetta di busto, mettiamoci i jeans scuri nella seconda foto mentre nella prima non sono solo molto più chiari, ma anche con la luce che si riflette proprio là dove le cosce sono più grosse facendole apparire più grosse ancora, ed ecco creata la ragazza dimagrita.
Poi, giusto per non farci mancare niente, capita anche che la persona sia indiscutibilmente la stessa, ma il photoshop è venuto da cani.
fotoshop
Ma visto che la fatica di farlo l’abbiamo fatta, schiaffiamo giù anche questo, tanto chi vuoi che se ne accorga?
In conclusione, care amiche che vi sentite avvilite, prive di carattere, prive di determinazione, prive di costanza e terribilmente invidiose perché quelle perdono cinquanta chili e voi non siete capaci di perderne neanche cinque, state tranquille: non lo sono neanche loro.

barbara

AVARIZIA

I due monsignori cominciano a parlare subito dopo che il cameriere ha portato il carpaccio di tonno e il battuto di gamberi rossi. Prima se n’erano stati zitti. Scorrendo la lista dei vini bianchi per cercare quello giusto da abbinare alle pietanze, sbocconcellando il pane alle noci, guardandosi annoiati in giro, alla ricerca di un volto noto da salutare nel giardino del ristorante ai Parioli.
Inforchettato il primo gambero, il sacerdote più anziano, quello che non avevo mai incontrato prima, va al sodo. “Devi scrivere un libro. Devi scriverlo anche per Francesco. Che deve sapere. Deve sapere che la Fondazione del Bambin Gesù, nata per raccogliere le offerte per i piccoli malati, ha pagato parte dei lavori fatti nella nuova casa del cardinale Tarcisio Bertone. Deve sapere che il Vaticano possiede case, a Roma, che valgono quattro miliardi di euro. Ecco. Dentro non ci sono rifugiati, come vorrebbe il papa, ma un sacco di raccomandati e vip che pagano affitti ridicoli.
“Francesco deve sapere che le fondazioni intitolate a Ratzinger e a Wojtyla hanno incassato talmente tanti soldi che ormai conservano in banca oltre 15 milioni. Deve sapere che le offerte che i suoi fedeli gli regalano ogni anno attraverso l’Obolo di San Pietro non vengono spese per i più poveri, ma ammucchiate su conti e investimenti che oggi valgono quasi 400 milioni di euro. Deve sapere che quando prendono qualcosa dall’Obolo, i monsignori lo fanno per le esigenze della curia romana.
“Deve sapere che lo lor ha quattro fondi di beneficenza avari come Arpagone: nonostante l’istituto vaticano produca utili per decine di milioni, il fondo per opere missionarie ha regalato quest’anno la miseria di 17 mila euro. Per tutto il mondo! Deve sapere che lo Ior non è stato ancora ripulito e che dentro il torrione si nascondono ancora clienti abusivi, gentaglia indagata in Italia per reati gravi. Deve sapere che il Vaticano non ha mai dato ai vostri investigatori della Banca d’Italia la lista di chi è scappato con il bottino all’estero. Nonostante noi l’avessimo promesso. Deve sapere che per fare un santo, per diventare beati, bisogna pagare. Già, sborsare denaro. I cacciatori di miracoli sono costosi, sono avvocati, vogliono centinaia di migliaia di euro. Ho le prove.
“Deve sapere che l’uomo che lui stesso ha scelto per rimettere a posto le nostre finanze, il cardinale George Pell, in Australia è finito in un’inchiesta del governo sulla pedofilia, alcuni testimoni lo definiscono ‘sociopatico’, in Italia nessuno scrive niente. Deve sapere che Pell ha speso per lui e i suoi amici, tra stipendi e vestiti su misura, mezzo milione di euro in sei mesi.
“Francesco deve sapere che la società di revisione americana che qualcuno di noi ha chiamato per controllare i conti vaticani ha pagato a settembre 2015 una multa da 15 milioni per aver ammorbidito i report di una banca inglese che faceva transazioni illegali in Iran. Deve sapere che la Santa Sede per guadagnare più soldi ha distribuito tesserini speciali a mezza Roma: oggi vendiamo benzina, sigarette e vestiti tax free, incassando 60 milioni l’anno.
“Deve sapere che non è solo Bertone che vive in trecento metri quadrati, ma ci sono un mucchio di cardinali che vivono in appartamenti da quattrocento, cinquecento, seicento metri quadrati. Più attico e terrazzo panoramico. Deve sapere che il presidente dell’Apsa, Domenico Calcagno, si è fatto un buen retiro in una tenuta della Santa Sede in mezzo al verde, facendo aprire una società di comodo a suoi lontani parenti. Deve sapere che il moralizzatore Carlo Maria Viganò, l’eroe protagonista dello scandalo Vatileaks, è in causa con il fratello sacerdote che lo accusa di avergli fregato milioni dell’eredità. Deve sapere che Bertone ha preso un elicottero costato 24 mila euro per andare da Roma in Basilicata. Deve sapere che il Bambin Gesù controlla allo Ior un patrimonio pazzesco da 427 milioni di euro, e che il Vaticano ha investito pure in azioni della Exxon e della Dow Chemical, multinazionali che inquinano e avvelenano. Deve sapere che l’ospedale di Padre Pio ha trentasette tra palazzi e immobili, e che oggi hanno un valore stimato in 190 milioni di euro. Deve sapere che i salesiani investono in società in Lussemburgo, i francescani in Svizzera, che diocesi all’estero hanno comprato società proprietarie di televisioni porno. Deve sapere che un vescovo in Germania ha scialacquato 31 milioni per restaurare la sua residenza, e che una volta beccato è stato promosso con un incarico a Roma. Francesco deve sapere un sacco di cose. Cose che non sa, perché nessuno gliele dice.”
Il monsignore posa la forchetta e si pulisce la bocca con il tovagliolo. Il prete che conosco bene gli versa un po’ di vino nel bicchiere, un Sacrisassi Le Due Terre. Il canuto reverendo alza il calice, strizza un occhio per osservare con attenzione il colore giallo paglierino attraverso il cristallo, beve due lunghi sorsi, poi sorride. “Qui fuori c’è parcheggiata una macchina piena di documenti. Dello Ior, dell’Apsa, dei dicasteri, dei revisori dei conti chiamati dalla commissione referente, la Cosea. È per questo che ho chiesto che lei venisse in auto. Non ce la farebbe a portarli via in motorino.” Si alza di scatto. “A proposito, noi non abbiamo contanti. Stavolta il ristorante lo paga lei?” (pp. 9-11)

Perché se qualcuno si immagina che il voto più disatteso in Vaticano e dintorni sia quello della castità, si sbaglia, eccome se si sbaglia.
Il libro è il dettagliato resoconto di quel pacco di documenti che è dovuto andare a prendere con la macchina, perché col motorino non ce l’avrebbe fatta.
Se poi sia vero che il papa non lo sa, e che sarebbe interessato a saperlo, questa, ovviamente, è un’altra storia. Il libro, comunque, merita di essere letto.
Poi, se si trova ancora in circolazione, andrebbe letto anche “In nome di Dio, di David Yellop, edizione Tullio Pironti, sull’assassinio di papa Luciani, proprio la notte che precedeva il giorno in cui aveva programmato, dopo avere raccolto tutta la documentazione necessaria, di fare piazza pulita di tutta quella cloaca, a partire dal cardinale Marcinkus.

Emiliano Fittipaldi, Avarizia, Feltrinelli
avarizia
barbara