DI DANNEGGIAMENTI E DI SANZIONI

E di altro ancora.

Federico Capnist

Non sarò breve e me ne scuso, ma il momento credo richieda lucidità e spirito critico, non facile emotività. Motivo per cui affronterò un argomento quasi filosofico – ossia di come, per un paradosso e per una logica ingannevole e malvagia, con la scusa del Covid stiamo perpetrando il male credendo di agire nel nome del bene. Come cioè questa cura tremenda che stiamo adottando, faccia ben più danni della malattia.
Non paghi di aver chiuso il paese già una volta (senza criteri e in un modo indegno di uno stato civile, giustificato da un’emergenza sanitaria che tale era solo in una ristretta parte d’Italia), ora abbiamo ripreso a limitare la vita della fascia attiva e produttiva della popolazione, rendendola di fatto un incubo, eliminando ogni svago, applicando regole impossibili, protocolli contorti e chiusure sempre più stringenti al fine di salvare gli anziani e le fasce deboli della popolazione. Almeno così ci giustificano la necessità delle misure. Bel gesto; facile, orbo e ipocrita, ma bello.
È questa la soluzione migliore? Davvero per cercare di limitare il propagarsi di un virus oggi tutt’altro che letale, non troviamo altro modo che chiudere il Paese distruggendo l’economia, azzerando i consumi, riducendo intere categorie alla fame, aumentando i disoccupati, derogando le più basilari libertà civili, creando un clima di terrore e imponendo divieti ridicoli e imposti con la forza come mai s’era visto prima? A giudicare da come se la passano gli imprenditori di settori come moda, spettacolo, ristorazione, vita notturna, turismo, sport eccetera eccetera – e soprattutto tutte le persone che in questi ambiti ci lavorano o sono ad esso collegate [fornitori, trasportatori, tecnici manutentori, commercialisti] – il risultato è devastante e destinato solo a peggiorare. E con che scusa?
C’è il Covid. Ok, ma la gente che lavora e che manda avanti il Paese, che consuma maggiormente e fa girare l’economia, che paga le tasse con cui poi gli ospedali funzionano, non è anziana, ma in gran parte sotto i 70 anni di età. E i numeri ci dicono, in modo inequivocabile, che questa fascia di popolazione il Covid lo supera senza sintomi o come fosse un raffreddore o un’influenza. Fastidioso, magari, ma non molto diverso da tante altre malattie.
C’è il Covid. Ok, ma la gente che lavora e che manda avanti il Paese, che consuma maggiormente e fa girare l’economia, che paga le tasse con cui poi gli ospedali funzionano, non è anziana, ma in gran parte sotto i 70 anni di età. E i numeri ci dicono, in modo inequivocabile, che questa fascia di popolazione il Covid lo supera senza sintomi o come fosse un raffreddore o un’influenza. Fastidioso, magari, ma non molto diverso da tante altre malattie.
Appurato questo dato fondamentale, è mai possibile che non riusciamo ad invertire questa isteria collettiva, questo ragionamento folle che sta distruggendo il nostro modo di vivere, e riprendiamo a comportarci in modo più razionale come facciamo abitualmente? Perché, cioè, non facciamo tutto il possibile per mettere seriamente al riparo le fasce più deboli e lasciamo che la vita scorra normalmente (o ancora con qualche piccola limitazione) per giovani e adulti, sopportando come inevitabile il fatto che quella che oggi è una brutta influenza, nella grandissima parte dei casi curabile, si porti via delle persone più anziane e più deboli?
Discorso cinico e senza cuore? Sembra, ma in realtà è quello che facciamo ogni anno, prima che arrivasse il Covid. Con il quale abbiamo abdicato alla ragione e rimosso il fatto che la gente muore, purtroppo, con o senza coronavirus e anche a causa di malattie per le quali abbiamo le cure. Quante volte abbiamo convissuto, nel totale silenzio e menefreghismo mediatico, con influenze così gravi da non contare neanche il numero di contagi, costringere milioni di italiani a letto in casa, decine di migliaia in ospedale e con migliaia di morti? A memoria, sempre. Quando l’anno è buono il conto si assesta a circa 10.000 decessi l’anno, per le varie malattie respiratorie. Ma dipende dagli anni, perché poi succede che talvolta, come nel 2015 o nel 2017, come riportato nell’articolo qui sotto, le influenze siano più violente e di morti ne facciano molti, molti di più; quasi come quelli che sta facendo il Covid.
E chi è che muore generalmente per l’influenza, sia quando è “normale” sia quando è più virulenta? Forse i più giovani? Forse le persone senza gravi patologie? O magari quelle più atletiche e sportive? No, ovviamente. Ci sarà purtroppo qualche caso sporadico anche tra queste categorie (come ora con il Covid), ma ovviamente a rimetterci sono sempre le fasce più deboli. Esattamente come ora, e per le quali abitualmente non ci stracciamo troppo i vestiti e di certo non fermiamo il Paese. Andiamo avanti sopportando sì un grave danno, ma in modo pragmatico lo accettiamo rinunciando ad un danno, ben più grande, derivante da possibili chiusure.
Oggi non più. Quale ragionamento contorto ci sta portando a voler salvare una ristretta cerchia di persone, e così facendo a distruggere la vita ad una fetta molto più grande e che con il suo lavoro garantisce il benessere ed il sostentamento dell’Italia? [compreso quello degli ospedali, che da sette mesi e mezzo non curano praticamente più nessun’altra patologia, provocando un’autentica ecatombe, con cifre che il covid se le sogna, condannati a morte da un governo assassino]
Può sembrare indelicato parlare di migliaia di morti così, apparentemente alla leggera, però visto che ci basiamo sui numeri bisogna farlo. Soprattutto perché in gioco ci sono stabilità e benessere economico dell’Italia, oltre che la salute mentale di tantissime persone a cui i danni derivanti da questo clima di terrore stanno creando contraccolpi psicologici devastanti e chissà quante malattie frutto del vivere mesi sotto scacco della paura. E certo non ultimo, pensiamo alle migliaia di malati di tumore o altre gravi patologie che hanno visto slittare a chissà quando operazioni, visite e cure, magari importantissime, tutto a causa del Covid che sembra diventato essere peggio di tutti i malanni del mondo messi insieme.
Per 30.000 morti abbiamo fermato l’Italia, instaurato uno stato di polizia e messo norme “ad minchiam” su ogni aspetto della nostra vita mentre per 10/15/20000 o più morti non abbiamo mai fatto niente di niente? Qual è il discrimine, qual è la soglia di decessi che trasforma il pratico menefreghismo in cieco e irrazionale panico di stato? I morti di Covid sono forse morti di serie A? E ci si limita, nel confronto, solo ai numeri derivanti da malattie “simili”, respiratorie, senza nemmeno menzionare tutte le altre che superano di gran lunga ogni peggior prospettiva legata al coronavirus e per le quali accettiamo di andare avanti come niente fosse, senza limitazione alcuna alla vita quotidiana. Giustamente, aggiungo. Altrimenti potremmo trasformare la nostra vita e dedicarla esclusivamente alle tragedie e al conto dei morti; rinunciando a vivere per sopravvivere [o per morire di qualcos’altro].
Certo, negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una crescita di morti, ricoveri e terapie intensive, ma non proporzionali alla crescita dei contagi. E i numeri restano comunque lontanissimi dal quadro di marzo e aprile scorsi; quando letteralmente non si sapeva come curare la malattia e si commettevano errori oggi impensabili. Due fattori chiave per poter guardare con ottimismo ai mesi a venire e per non dover paragonare lo scenario attuale con quello di qualche mese fa.
Uno scenario attuale che è sicuramente serio, degno di attenzione e di tutti gli sforzi del sistema sanitario; ma gestibile. E noi vogliamo fermare il mondo ancora una volta? Perché siamo ostaggi di numeri letti in maniera irrazionale e che ci tengono in ostaggio anche se non sono minimamente preoccupanti per la tenuta del sistema ospedaliero? E fino a quando? Fino al 2022 quando avremo un vaccino sicuro e affidabile? Davvero vogliamo ascoltare la brigata dei novelli Savonarola – i vari Galli e Crisanti, che impartiscono lezioni su come vivere e tifano un nuovo lockdown moralizzatore che distrugga il Paese una volta per tutte e stronchi questa insopportabile voglia di vivere e di lavorare della gente? Vogliamo dare ascolto a questi personaggi che vorrebbero chiudere tutto per salvare qualche vita? Così lontani anni luce dai problemi e i desideri delle persone reali, delle persone che trovandosi al bivio, conti alla mano, preferirebbero ovviamente andare avanti rischiando di contrarre una malattia da cui al 99% e più si guarisce, piuttosto che smettere di vivere e arrivare a morire di fame in un clima di depressione e tristezza? La fine che farà l’Italia se continueremo a tenere in vigore, e peggio ancora inasprire, queste regole folli e liberticide. Degne di una vera e propria dittatura sanitaria.
Siamo arrivati al paradosso che preferiamo fermare il mondo pur di evitare di riempire gli ospedali, che pur nascono per guarire i malati e, quando serve, per essere riempiti. E che oggi, nonostante l’incessante terrorismo mediatico, sono per la gran parte vuoti e in ogni caso lontanissimi da qualsiasi situazione di pressione. [E in effetti…]

Qui

E che, per dovere di cronaca, tali erano anche a marzo e aprile in gran parte d’Italia, nonostante ci dicessero che erano tutti al collasso.
Spero che qualcuno batta un colpo e ci riporti alla vita normale. Che deve riprendere il prima possibile, per il bene di tutti. Ma guardando a destra e a sinistra, e alla psicosi imperante, sono convinto che non accadrà molto presto.

Ora, se leggiamo qui, troviamo che

Il danneggiamento aggravato è punito molto severamente: il Codice penale all’articolo 635 prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni

E per chi distrugge la salute (è stato accertato – anche se basterebbe il solo buon senso – che la reclusione e la mancanza di rapporti sociali fanno ammalare. E ignorare tutte le patologie gravi, dal tumore all’infarto all’ictus al diabete, per coccolarne una sola, quella utile a mantenere il potere, fa morire e infatti ne sono morti e ne stanno morendo a valanghe, nella totale indifferenza del governo e dei suoi servi sciocchi) e l’economia di un’intera nazione quanti secoli di carcere si dovrebbero prevedere? E visto che è stato decretato lo stato di emergenza, paragonabile a una legge marziale con pieni poteri per chi comanda, per il reato di alto tradimento non dovrebbe essere prevista la corte marziale e la fucilazione alla schiena?

E volete sentire il più delirante dei deliri covideschi? Leggete un po’ qua.

Medico positivo al Covid salva una vita. A processo per aver violato la quarantena

Emanuele Boffi 16 ottobre 2020, qui.

Aosta. Era l’unico che poteva operare una donna affetta da aneurisma, ma, positivo, era a casa. Dovrà pagare 5 mila euro. Intervista al legale

«È una vicenda sconcertante», dice a tempi.it l’avvocato Corrado Bellora, «soprattutto se si tiene conto che la signora è viva». Aprile, Aosta, è una domenica pomeriggio e siamo nel pieno dell’emergenza coronavirus. All’ospedale Parini i medici si trovano di fronte a un’emergenza: devono operare una donna di 60 anni alle prese con un aneurisma all’arteria splenica. La signora non può essere trasferita altrove e il medico che dovrebbe operarla, il chirurgo Gianluca Iob, è a casa in quarantena. Luca Cavoretto, responsabile del 118, fa presente la situazione al direttore sanitario dell’Usl, Pier Eugenio Nebiolo, che con una email provvede a risolvere la situazione. Manda un’autoambulanza a casa del dottor Iob, lo porta in ospedale dove opera la donna, lo fa riportare a casa.

«L’unico in grado di fare l’intervento»

L’altro giorno il pm Francesco Pizzato ha chiesto un decreto penale di condanna di 5 mila euro per Iob, Cavoretto e Nebiolo. L’accusa è di aver violato l’ordinanza di isolamento domiciliare. Nebiolo ha rilasciato diverse dichiarazioni alla stampa in cui sottolinea il fatto che Iob fosse «l’unico in grado di eseguire quell’intervento» e che in quei giorni in cui si trovava in quarantena era «debolmente positivo e asintomatico. Ho dato il permesso di toglierlo dalla quarantena, avvisando le autorità. E anche se fosse stato positivo al 100 per cento avrei fatto altrettanto. L’équipe che ha operato con lui era consapevole».

«Bisognerebbe ringraziarli»

Bellora, ripercorrendo le tappe della vicenda con tempi.it, commenta: «Il decreto penale non è ancora stato emesso e dunque non ho ancora avuto accesso agli atti, ma pare tutto molto paradossale. La signora doveva subire un intervento molto complesso, mi dicono che, dal 1950 a oggi, è stato eseguito solo 78 volte. Iob era la persona adatta e, come ha detto Nebiolo, l’unico in grado. Il trasporto da casa sua all’ospedale è avvenuto in assoluta sicurezza e l’operazione si è svolta in una sala chirurgica “a pressione negativa”, cioè preparata per evitare il riciclo esterno dell’aria». Bellora presenterà opposizione al decreto: «Questi dottori hanno fatto solo il loro dovere. L’unica cosa che bisognerebbe fare è ringraziarli».

E quando qualcuno ha denunciato la vergognosa incompetenza per non parlare del fancazzismo del governo, l’infame cretina ridacchiò.

E meno male che almeno qualche prete poco bergogliente alza la voce.

E poi prenditi ancora cinque minuti per andare a leggere qui: imperativo categorico.

barbara

QUANDO L’IDEOLOGIA VIENE PRIMA DI TUTTO

Prima della deontologia professionale, prima dell’onestà, prima della verità, prima perfino della sicurezza nazionale e mondiale.

Trump contro i media mainstream è il vero duello: una manipolazione sistematica e permanente, persino sul Covid

Il weekend appena trascorso ci ha fatto capire una cosa, qualora non l’avessimo compresa prima. La vera partita, nella corsa alla Casa Bianca, non è solo fra Trump e Biden, ma anche e soprattutto fra Trump e i media “seri”, i cosiddetti main stream media (AbcNbcCbsCnnNew York TimesWashington Post, etc. per intenderci).
La strategia di Biden è chiara: rimanere il più possibile nascosto nel suo “seminterrato”, e sperare che il lavoro per lui lo facciano altri – i main stream media, innanzitutto, che bombardano quotidianamente il presidente su ogni aspetto della sua attività (o non attività). Sperando anche di beneficiare di qualche imprevisto o infortunio di Trump, come ad esempio il contagio da coronavirus che lo ha colpito in questi giorni.
Il modo in cui i main stream media hanno seguito l’evoluzione della malattia del presidente ne conferma il ruolo di veri e propri strumenti operativi della campagna Biden.
L’atteggiamento dei giornalisti alla conferenza stampa del medico curante del presidente è stato semplicemente sconcertante. Erano tutti interessati a conoscere dettagli secondari sulle terapie applicate al paziente, con l’evidente scopo di cogliere delle contraddizioni con sue precedenti dichiarazioni, reali o asserite tali, circa i metodi di cura più efficaci per affrontare questa nuova malattia. Ma nessuno ha mai chiesto se Trump fosse in grado di governare il Paese, e se lo fosse stato continuativamente per tutto il periodo dall’inizio della malattia.
Non si tratta di una domanda di poco conto, anzi è la domanda principale, se si considera che Trump ha con sé, all’ospedale, la valigetta con i codici nucleari [e non oso immaginare che cosa potrebbe succedere se quella valigetta finisse in mano a un disastrato mentale come Biden]. Stiamo parlando del capo di Stato la cui capacità di governare ha impatto non solo sul popolo americano, ma anche su molti altri popoli nel mondo, se non tutti. Eppure, questo aspetto cruciale sembra non interessare minimamente ai giornalisti, che si sono dimostrati molto più attenti a capire come mai Trump sia stato curato con antivirali e steroidi, e non con iniezioni di candeggina (per fare riferimento ad una leggenda metropolitana che gli è stata affibbiata dai media).
Questo sconcertante atteggiamento dei main stream media si è replicato nelle ultime ore, quando Trump ha deciso di fare un giro in auto fuori dall’ospedale per salutare i propri sostenitori (e far vedere al mondo che sta “meglio”). Apriti cielo. Gli “esperti” interpellati dai main stream media hanno iniziato ad accusarlo di essere un irresponsabile, di aver messo a rischio il suo staff, in primis gli agenti della scorta che hanno viaggiato in macchina con lui.
Nelle prossime ore assisteremo ad una battaglia tra giornalisti e la Campagna Trump sulle misure di sicurezza che sono state adottate per consentire al presidente questa passerella (la mia intuizione è che la risposta risieda nel tipo di auto che è stata usata, vedremo se è giusta). Durerà 24/48 ore, dopodiché si passerà alla polemica successiva. E avanti così.
Ma prima che ciò avvenga, vorrei richiamare l’attenzione di chi ha la pazienza di leggermi su un particolare. In questo momento i main stream media sono interessatissimi alla sicurezza degli agenti della scorta di Trump. Ma non lo sono stati altrettanto venerdì scorso, quando è uscito dalla Casa Bianca a piedi ed è salito sull’elicottero alla volta dell’ospedale. Anche venerdì scorso Trump era certamente positivo al virus, e quindi presumibilmente contagioso. Però allora nessuno ha sollevato polemiche, per il fatto che gli agenti della sua scorta ed i membri del suo staff (almeno il colonnello dell’Air Force che porta la suddetta valigetta coi codici nucleari ha viaggiato con lui) non fossero bardati con tuta antibatteriologica.
Perché? Il motivo è presto detto: perché quelle immagini già di per sé mettevano in difficoltà Trump. La notizia del ricovero era già di per sé una notizia negativa. Non occorreva quindi calcare la mano, ed anzi, si trattava di un evento clamoroso e spiazzante, che all’inizio è stato trattato con molta prudenza.
Ora, invece, la passerella per salutare i sostenitori fuori dall’ospedale è sicuramente una notizia positiva per Trump, non solo perché dimostra che sta reagendo bene alle terapie, ma anche perché conferma la sua capacità di governare, che la Casa Bianca aveva già tentato di dimostrare diffondendo foto e video ripresi durante il ricovero. È dunque necessario trovare un argomento che ridimensioni l’immagine del presidente e possa aiutare Biden, ed ecco che si tira fuori il tema della sicurezza degli agenti di scorta di Trump.
Si palesa così il tema di fondo di questa campagna elettorale: non è solo e non tanto Trump contro Biden, ma è anche e soprattutto Trump contro i main stream media. Il terreno di scontro preferito da questi ultimi è il tema della pandemia, perché, si sa, la paura fa vendere copie e aumenta l’audience. Ma le contraddizioni dei giornalisti “seri” nel sollevare le domande più elementari aumentano il senso di smarrimento di chi sta seguendo quanto sta accadendo nel mondo, e non solo negli Stati Uniti, cercando di capire quanto ci sia di vero, e quanto, invece, sia frutto di manipolazione mediatica.

Mattia Magrassi, 6 Ott 2020, qui.

Qui una rappresentazione molto realistica dei sentimenti dei sinistri

Anche in Italia ideologia e disinformazione a manetta si danno la mano, e non contenti di disinformare sulla situazione in patria, si dedicano attivamente alla disinformazione anche su ciò che accade all’estero:

E l’amico Elio Cabib che ha pubblicato il video così commenta:

“Io sono in Olanda in questi giorni e confermo che all’aperto nessuno porta la mascherina, nei supermercati alcuni la portano e altri no, non è obbligatoria.”

In Italia invece non permettiamo un simile lassismo, ci mancherebbe, e se decidiamo di imbavagliare la gente lo facciamo sul serio. Per fortuna a Napoli le forze dell’ordine passano tutto il loro tempo a grattarsi le palle, mai che succeda qualcosa che interrompa la loro noia mortale, e quindi quando succede qualcosa di veramente serio, possono accorrere prontamente a scongiurare la tragedia:

E giustamente

Stefano Burbi 

si chiede:

PERCHE’ CE L’AVETE CON NOI ITALIANI?

Il governo ha praticamente spalancato i porti a migrazioni incontrollate, estendendo il concetto di una ideale e teorica “protezione umanitaria” e riducendo sensibilmente le pesanti sanzioni alle ONG che portano sulle nostre coste clandestini, molti dei quali sono semplicemente “migranti economici”, dunque certamente non idonei ad essere accettati come aventi diritto a restare in Europa e destinati a restare illegalmente sul nostro territorio, visto che gli altri paesi dell’EU non li prenderanno.
In compenso, dal 15 ottobre, Equitalia, con 9 milioni di cartelle, potrà ancora bussare alle porte degli Italiani, provati dalla chiusura della scorsa primavera e dalla crisi seguita all’emergenza sanitaria e per chi non porterà la mascherina all’aperto, in alcune regioni, è prevista una multa di 3.000 (Tremila) Euro.
Verrà impiegato anche l’Esercito per controllare i “pericolosi” assembramenti di giovani, mentre verranno stesi tappeti rossi a sconosciuti sbarcati illegalmente in Italia.
Scafisti, mercanti di schiavi, professionisti dell'”accoglienza” festeggiano.
Un po’ meno gli Italiani, almeno quelli che sanno vedere, ascoltare e capire.
Ma un governo non dovrebbe fare prima di tutto l’interesse dei propri cittadini? O le cose sono cambiate nel frattempo?
Mi risulta davvero difficile pensare che gli Italiani possano credere che quanto sta facendo questo esecutivo sia nel loro interesse.
Forse mi sbaglierò io, ma ne dubito.

Ottimista, il buon Burbi: un sacco di italiani, purtroppo, ci crede davvero, e continuerà a sostenere questo branco di delinquenti che ha messo in ginocchio un’intera nazione, e ancora non accenna a smettere.

barbara

GEOGRAFIA FISICO-POLITICA

Descrizione

Da decenni soffro di sciatica. A sinistra. Da molto tempo soffro anche di artrosi a entrambe le spalle. Ma a sinistra di più. Soffro anche di artrosi alle anche, entrambe. Ma a sinistra di più. Mi crea pure grossi problemi una tendinite all’inguine. Da tutte e due le parti, però quella a sinistra è molto più tremenda. Anche le fratture vertebrali sono entrambe sulla parte sinistra delle rispettive vertebre, e così pure le tre ernie e le due protrusioni.

Diagnosi

La sinistra è malata.

Ampliando il sinistro discorso dalla geografia locale a quella nazionale:

ANDREA BISICCHIA

Prodi consiglia al governo in carica oltre a una patrimoniale anche una tassa sul contante, De Benedetti (tessera Pd) con residenza fiscale in Svizzera consiglia una patrimoniale annuale mentre l’ex deputata miracolata Leu ora piddina consiglia l’Imu sulla prima casa … Dunque, aveva ragione Montanelli quando affermava: “La sinistra ama talmente i poveri che ogni volta va al potere li aumenta di numero”? (Luisalu)

E poi anche

Il Paese sprofonda, ma Conte e i suoi perdono solo tempo

Quel che è Stati è Stati: dieci giorni a gozzovigliare, diciamo le cose come stanno, risultati: non pervenuti. I grillini da Quarto Stato a Stati Generali, da classe dirigente a digerente: stuzzichini e champagne, roba per palati fini, quanto ai piddì, loro ci sono abituati. L’orgia del potere ha partorito la solita conferenza stampa sull’imperial-cartonato: parole, parole parole, caramelle non ne vogliamo più, la luna e violini dalli a Casalino. Tanti confronti, cioè banchetti, e proposte concrete una e una sola: se ne riparla a settembre.
Quando, auspicabilmente, il paese sarà definitivamente steso e, dovesse ancora agonizzare, è pronta la seconda ondata made in virology. Si assiste a dibattiti surreali, Giuseppi: “Si potrebbe tutti quanti abbassare un po’ l’Iva”, il Pd: “No tu no, intanto facciamo la patrimoniale”. Fortemente indeciso a tutto, salvo che a durare, Conte ha finito le idee meravigliose; la preziosa ricerca bimbominkia di Colao cestinata senza neanche guardarla, i mugugni di Confindustria irrisi nel consueto stile alla cafona, in compenso largo spazio a giullari, guitti, istrioni e star da deep state, dagli archibugi Fuksas e Boeri ai professionisti della narrazione un tempo renziana come Baricco, fino alle coscienze artistiche, Guerritore, Tornatore: serenate a cura di Elisa, creazione di Caterina Caselli, che a questo punto dovrebbe avere, se c’è giustizia a questo mondo, l’estate rigurgitante di serate di piazza targate Pd e 5 Stelle lockdown permettendo, ma si sa che anche quello coi nemici si applica, coi compagni si interpreta.
Intanto, fuori. Fuori Villa Pamphilj, monopattini assassini cinesi falciano passanti. Pregiudicati blindati (dal Pd) importano carne umana nell’assoluta impunità. La magistratura corrosa si scioglie nel suo stesso acido. La filiera produttiva nazionale, che per l’80% è piccola per noi, troppo piccolina per sopravvivere allo scempio dell’isolamento, si dissolve. L’assistenza di stato non si vede ma il presidente dell’Inps grillino dice che gli imprenditori sono dei lazzaroni abituati ad andar di schiena. Gli ipocriti globali del Black Lives Matter Antifà, cioè neobrigatisti diffusi, finanziati dai soliti burattinai, sfasciano statue e memorie passando già ai viventi. La Ue, nostra signora del sussidio e del tormento, si rimangia per l’ennesima volta le allettanti promesse. Stragisti islamisti ammazzano a fil di lama tre incolpevoli ed altrettanti ne feriscono, ma non è terrorismo anzi lo è ma figlio del disagio mentale. Ce ne sarebbe da preoccuparsi a questo mondo, ma alla nobiltà stracciarola degli Stati Generali intenta a rincorrersi tra urletti divertiti, che gli frega?
Il paese sprofonda nella rassegnazione, non vede vie d’uscita, i cittadini non si scrollano di dosso una sindrome da isolamento che continua con altri mezzi ma nella stessa strategia, quella del terrore, dell’allarme, della dannazione per chi osa respirare; impossibile pensare ad una risalita in queste condizioni psicologiche. Ma a Conte che gli frega? Lui è qui per resistere, Mattarella non dà segni di vitalità, tutto pare scivolargli addosso, ha appena fatto un incredibile appello ad importare più clandestini, detti migranti, in assoluta consonanza con questo incredibile pontefice e c’è chi maligna: non è che ha voluto mandare un messaggio, continuate a difendere il Pd e le sue politiche oltre ogni limite, costi quel che costi? Magari no, ma, in assenza di alternative logiche, il sospetto è l’unica cosa che rimane. Dieci giorni di Stati Generali son volati, son serviti a perdere tempo per prendere tempo ma è ancora troppo presto per le ferie d’estate, tocca inventarsi qualche altra cosa come quando si faceva sega a scuola: morte di una nonna, gomme dal tram bucate, marziani, forse l’ultima è reclutare Greta e rilanciare l’allarme sul riscaldamento globale alimentato dal coronavirus alimentato dal riscaldamento globale. Se è vero che la luminare in treccine ha appena proclamato su Instagram, con la lucidità che la contraddistingue: “Si scopre che tutta la nostra società è solo un grande partito per nudisti”.
È vero, il re è nudo ma se a dirlo è il re, non serve a niente. Greta è spogliata, Giuseppi è spogliato, chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, tutto il potere non al popolo armato (di pazienza esagerata), ma al ministro chitarrista, Bella Ciao Gualtieri! In America buttano giù le statue dei padri della patria da Washington a Lincoln a, ultimo rimosso (da De Blasio, quello con figlia antifà) Roosevelt, in Germania tirano su quella di Lenin “pioniere della libertà e della democrazia”.
La storia riscritta con l’LSD, ma ecco l’idea! Un bel rave party, che duri almeno una settimana, e dentro tutti: da Giuseppi a Di Battista, da Casarini a Casalino, da Cesare Battisti, guest star, a Christian Raimo, Jovanotti, Fiorella, svariati figli d’arte senz’arte né parte, Silvia Aisha, una gradita delegazione del governo venezuelano, il pilota Hamilton che giustamente grida alla discriminazione etnica guadagnando appena 120 milioni l’anno e, naturalmente, non può mancare Sergio Sylvestre, ugola nobile, ultima vittima del razzismo montanelliano. L’intendenza seguirà, come diceva Napoleone, quello che si credeva Giuseppi.

Max Del Papa, 23 giugno 2020, qui.

Già, a proposito: ma è davvero tanto tanto tanto razzista dire che sta roba fa cagare

e che è una vergogna che uno che deve cantare una cosetta di due strofe non si prenda la briga di impararle? E sempre a proposito di razzismo, se per caso vi fosse piaciuta questa roba qui

vergognatevi, sporchi infami razzisti! (rubato qui)

Tornando poi alle infamie di questo nostro immondo governo di sinistra che ci sta trascinando nel baratro, questa è l’ultima della serie, sempre che mentre stavo scrivendo non abbiano combinato qualcos’altro. Peccato che non ci sia una sigla adeguata anche per loro.

barbara

DELIRANDO

Delirio N° 1
villa pamphili
Delirio N° 2
scuole
Delirio N° 3

Ricordiamo che il leitmotiv dei disordini è la guerra contro Trump, responsabile, lui e il suo partito, di tutto ciò che di ingiusto avviene in America
dem
E, a proposito dei partiti americani:
rep-dem
Delirio N° 4

Dobbiamo importare duecentomila immigrati clandestini sconosciuti e senza documenti, forse sani o forse malati, forse onesti o forse criminali, forse desiderosi di lavorare o forse desiderosi di farsi mantenere, forse tranquilli o forse terroristi, dobbiamo  importarli, dicevo, se no i campi coltivati vanno in malora perché non c’è nessuno a provvedere al raccolto. E perché non c’è nessuno? Perché il governo non permette alla Coldiretti di assumere duecentomila disoccupati italiani, qui.

Delirio N° 5

Questo video non è stato girato nel 1944, bensì nel giugno del 2020. Non in Siria o in Somalia, bensì in Francia

Il commento lo lascio a

Giulio Meotti

L’Europa che conoscevamo è finita. Ce lo ricordano le scene di queste ore a Digione, un tempo bel capoluogo della Borgogna francese. Oggi sembra Mogadiscio. E’ guerra fra bande di ceceni e maghrebini. Si sparano in pieno giorno. Si rincorrono con le spade. Bloccano il traffico. Assaltano le auto. Compiono raid e ronde. Non temono niente, di certo non lo stato o la polizia francesi. In queste immagini c’è tutto, il punto di non ritorno di tanti paesi europei, i danni spaventosi di tanta immigrazione, l’abbandono di intere città e quartieri, il fallimento del multiculturalismo, le colpe di chi ci ha governato, la miopia dei media. Sono le nuove invasioni barbariche. Difficile sperare che finisca bene.

Altre notizie qui.

barbara

SE QUESTO È…

Se questo è un prete (qui l’articolo)

Se queste sono proteste per l’uccisione di un ragazzo

 

Se questa è una terrorista

Se questa è una risorsa che arricchirà la nostra cultura e ci pagherà le pensioni – e con cui abbiamo il dovere di integrarci, ricordiamolo, se non vogliamo essere fascisti razzisti populisti sovranisti negrofobi islamofobi (Roma, quartiere EUR)

 

Se questo è un governo (qui)
conte ditopuntato
Se questi sono politici (pagati da noi) al servizio dello stato (qui)
politici
Se questo è un ministro (pagato da noi) al servizio dello stato (qui)
bellanova
PS: Qualcuno ha notato come quella ciofeca di pseudo-ministro della Bellanova assomiglia a quella ciofeca di sedicente poetessa dell’Alda Merini? Per la prima volta però mi sento di trovare un merito alla Merini: scriveva mastodontiche puttanate, ma almeno non faceva danni.

Se questo è un dittatore (qui)
Orban
Se questa è una magistratura (pagata da noi) al servizio della giustizia (qui)

barbara

POI TI VENGONO A DIRE CHE NON È VERO CHE SIAMO IN UNO STATO DI POLIZIA

Innanzitutto un articolo che esamina la drammatica situazione in cui, con il pretesto dell’emergenza sanitaria, siamo stati infilati.

Dalla pandemia allo Stato di Polizia

di Vitalba Azzollini

C’è sempre un momento in cui ci si chiede: come si è arrivati a questo punto? Il momento per molti è stato quando, durante un programma su una tv Mediaset, sono andate in onda le immagini di un elicottero della Guardia di Finanza, con un’inviata a bordo, all’inseguimento di un runner solitario su una spiaggia deserta. Ma anche la Tv di Stato, cosiddetto servizio pubblico, non è stata da meno, mostrando un drone che braccava un runner, anch’egli in solitudine totale, con un tutore delle forze dell’ordine alle calcagna e la Cavalcata delle valkirie in sottofondo. Ci si era lamentati del sistema di delazione implementato sul portale di Roma Capitale per eventuali violazioni delle regole in tema di Covid-19, ma evidentemente non c’è limite al peggio.
Qual è il punto cui si è arrivati? Uno Stato di polizia a ogni effetto. Come ci si è arrivati? I fattori sono diversi. Innanzitutto, si è arrivati facendo sì che la gente restasse nell’ignoranza. Il metodo è, per dirlo in modo forbito: «Vuolsi così colà dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare». Tacere e adeguarsi, da sudditi. Tale metodo è stato realizzato, innanzitutto, inculcando nelle persone l’idea che, in nome della tutela della salute, tutto fosse possibile e lecito.
Pertanto, come più volte detto, in nome della salute sono stati conferiti poteri molto ampi – “pieni poteri”, almeno fino al d.l. 19/2020 – al presidente del Consiglio, che li ha esercitati con forti restrizioni a diritti e libertà, non sempre mostrando di rispettare principi generali dell’ordinamento giuridico e dell’Unione europea o di valutare costi e benefici di opzioni alternative al lockdown del Paese. Tutto ciò mentre il Parlamento – che (dovrebbe) rappresenta(re) i cittadini – si è come dissolto.
L’altra idea, conseguenza della prima, inculcata nella gente è che ogni scelta spettasse agli scienziati, in particolare a quelli del Comitato tecnico scientifico, e che la politica – in primis il presidente del Consiglio – dovesse fideisticamente adeguarsi, anziché assumersi la responsabilità di decidere contemperando tutti gli interessi coinvolti, oltre alla salute. Questo “fideismo”, da un lato, ha rafforzato l’ignoranza di cui si è detto, rappresentando la rinuncia a far capire alla gente le motivazioni di certe scelte, con l’alibi che la scienza non è da tutti e che la politica vi si deve solo conformare.
E l’ignoranza è amplificata dall’opacità dei pareri del Comitato, non pubblicati nella sezione Amministrazione Trasparente di siti istituzionali né resi accessibili per la sospensione del diritto alla trasparenza ex Foia.
Dall’altro lato, lo scudo del fideistico affidamento alla scienza ha comportato la deresponsabilizzazione politica più completa: se è la scienza che decide, comunque vada la politica può dire “non abbiamo assolutamente sbagliato niente“. Chissà se questo è lo scopo per cui i decisori governativi hanno istituito, oltre a quel Comitato, molti gruppi di esperti (15 a livello nazionale e 30 locale, circa 450 persone in tutto), ai quali hanno delegato valutazioni rilevanti, senza rendere trasparentemente noti criteri di scelta dei componenti, obiettivi prefissati e misurabili, disponibilità di mezzi e risorse e molto altro.
Ma lo Stato di polizia è anche il risultato del protagonismo di amministratori locali i quali, non osservando i limiti di legge ai loro poteri – in particolare, di sancire misure più restrittive di quelle nazionali solo per «specifiche  situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario» – hanno continuato ad alzare l’asticella delle restrizioni a libertà e diritti: dal “tassametro sul carrello” del supermarket, alla puntuale fissazione degli importi della spesa, alla sanzione della “quarantena” anche a non infetti, al divieto consegne a domicilio ecc., fino ad arrivare alla ipotesi di chiusura dei confini regionali, in spregio alla norma costituzionale (art. 120, c. 1) in base a cui la regione non può ostacolare «la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni».
E le forze dell’ordine si sono adeguate allo stile da “sceriffo” degli amministratori locali, facendo perquisizioni nelle buste della spesa per verificare la necessità degli acquisti o, al contrario, irrogando multe senza nemmeno considerare la necessità dello spostamento. Allo Stato di polizia hanno pure contribuito quei Tar che, anziché stroncare iniziative “sceriffesche”, frutto di incursioni di presidenti di regione e sindaci in ambiti non di loro pertinenza, ne hanno spesso confermato le ordinanze in sede di azione giurisdizionale da parte di cittadini (talora con una sorta di copia-incolla di decisioni precedenti, anche a fronte di un quadro normativo mutato dopo il d.l. n. 19/2020).
Lo Stato di polizia è pure l’effetto di un Governo che ha drammaticamente abdicato non solo al ruolo di cui è investito per la gestione dell’emergenza sanitaria ma anche alla tutela dello Stato di diritto, rinunciando a impugnare ordinanze regionali (o ad annullare ordinanze sindacali) emesse – come detto – in violazione della legge. Eppure, il Governo era partito lancia in resta con l’impugnativa al TAR dell’ordinanza delle Marche che a fine febbraio aveva chiuso le scuole della regione. Parimenti apprezzabile era stato l’annullamento dell’ordinanza del sindaco di Messina, che prevedeva apposite autorizzazioni e altro per poter attraversare lo Stretto.
Lo Stato ha abdicato anche ai poteri di cui dispone per espressa previsione costituzionale. A questo riguardo, è utile un inciso, dedicato a chi dice che sarebbe servita la “clausola di supremazia” prevista dalla riforma costituzionale del 2016, bocciata con referendum, poiché tramite essa lo Stato sarebbe potuto «intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva», a «tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero …dell’interesse nazionale».
Ebbene, a fronte dell’emergenza sanitaria, lo Stato “comanda” anche a Costituzione vigente: ha legislazione esclusiva in tema di «profilassi internazionale» (art. 117, lett. q, Cost.), nonché di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni … su tutto il territorio nazionale», tra cui rientra la «predisposizione di sistemi di risposta a emergenze di origine infettiva» (art. 117, lett. m, Cost.), per non dire delle materie inerenti a «ordine pubblico e sicurezza» (art. 117, lett. h, Cost.).
Inoltre, il Governo (art. 120, c. 2, Cost.) potrebbe sostituirsi a Regioni e Comuni «nel caso di mancato rispetto di norme (…) oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali». Il Governo finora ha rinunciato anche a questo potere sostitutivo, nonostante ne ricorressero gli estremi.
Infine, lo Stato di polizia si è radicato pure mediante il terrorismo psicologico fatto sulla gente, come dimostrano le immagini televisive degli inseguimenti “polizieschi” da cui si sono prese le mosse: a volte è sembrato che tale terrorismo fosse anche volto a sviare l’attenzione della gente stessa dall’assenza di una strategia per affrontare la fase 1, prima, la fase 2, adesso. Se, anziché spiegare i motivi per cui le regole (distanziamento, dispositivi di protezione e altro) vanno rispettate, si ricorre a certi metodi che trattano i cittadini come sudditi o minus habens, allora lo stato di emergenza diventa stato di Polizia e travolge lo Stato di diritto. Una foto rende più chiaro il concetto:
lockdown I-D (qui)
E rendono più chiaro il concetto un paio di fatti di cronaca, in aggiunta a quelli già precedentemente denunciati.

Anziano multato per avere comprato un barattolo di vernice.

Va a fare la spesa con la moglie disabile: multa da 900 euro.

Fino a questo incredibile commento che ho trovato, a proposito dei deliranti controlli polizieschi ingiustificatamente perpetrati ai nostri danni

Michela Rocco

Ho sentito da persone amiche che sono state fermate dalle forze dell”ordine e benché non avessero motivi validi per spostarsi non sono stati multati ma lasciati andare tranquillamente. Francamente la cosa mi ha lasciata molto delusa. Prima per la leggerezza di questi amici, poi per queste forze dell’ordine che vengono definiti eroi e che poi svolgono così il loro compito. Spero che si tratti di fatti isolati e sporadici

E non ho avuto l’impressione che si trattasse di un commento ironico.

Proseguo con questa dettagliata cronaca di Dagospia.

CRONACA DI UNA PANDEMIA ANNUNCIATA – GLI ALLARMI INASCOLTATI DEI MEDICI CHE SEGNALAVANO STRANE POLMONITI DA INIZIO GENNAIO, LE CIRCOLARI DEL MINISTERO CHE SI CONTRADDICONO, LE DIVISIONI POLITICHE E #MILANONONSIFERMA: TUTTI GLI ERRORI CHE HANNO FATTO DELL’ITALIA IL FOCOLAIO D’EUROPA – IL 15 FEBBRAIO IL MINISTERO DEGLI ESTERI MANDA DUE TONNELLATE DI MATERIALE SANITARIO IN CINA COME REGALO. POCHI GIORNI DOPO, IN LOMBARDIA ERANO INTROVABILI…

Monica Guerzoni, Marco Imarisio, Simona Ravizza e Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”

Alle dieci del mattino di martedì 7 gennaio, Pietro Poidomani riapre il suo ambulatorio in via Trieste. Le vacanze di Natale sono appena finite, ma il numero di persone in fila è inusuale. Lui le conosce tutte. È l’unico medico di base a Cividate al Piano, cinquemila abitanti sulla riva destra del fiume Oglio, 25 chilometri da Bergamo. I primi 5 pazienti hanno lo stesso problema. Sono anziani che lui ha già vaccinato per l’influenza di stagione, però hanno ancora febbre e una strana tosse. Faticano a respirare. A ognuno prescrive una radiografia al torace e il responso è sempre uguale.
Complicazione da polmonite, con marcati addensamenti interstiziali. Quel giorno, su 50 visite, dodici sono per gli stessi sintomi. Il giorno dopo, ancora. E poi ancora.
Nelle settimane seguenti, il dottor Poidomani chiama alcuni suoi colleghi dei paesi vicini. «Anche voi…». Anche loro. A metà febbraio decidono di scrivere all’Azienda di tutela della salute della provincia di Bergamo. Non sarebbe il caso di dare un’occhiata a tutte le radiografie toraciche fatte dal 25 dicembre in poi?
Non otterranno mai risposta.«Già verificando i dati, avremmo potuto salvare qualche vita», racconta Poidomani. «Ma nessuno si è posto la domanda giusta. E così siamo arrivati al momento cruciale a mani nude, senza attrezzature, senza bombole ad ossigeno».
La grande paura era cominciata in ritardo. La prima convocazione della task force creata al ministero della Salute risale al 22 gennaio 2020, quando viene promulgata una circolare che prescrive il tampone in caso di polmoniti insolite. «Senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identificata un’altra eziologia che spiega pienamente la situazione clinica». Cinque giorni dopo, nuova circolare, dalla quale questa frase sparisce. Controlli solo su chi arriva da Wuhan o ha avuto contatti recenti con la Cina. Ma la sera del 30 gennaio i tg aprono tutti con la stessa notizia.
«Virus, colpita l’Italia». «L’allarme dell’Oms». Sui quotidiani vengono anticipati i provvedimenti che il governo si appresta a prendere: dichiarazione dello stato d’emergenza e blocco dei voli con la Cina. Il decreto che cambia tutto arriva il giorno seguente, 31 gennaio. «Si ritiene necessario provvedere tempestivamente a porre in essere tutte le iniziative di carattere straordinario…». Mancano però le istruzioni per l’uso. C’è uno stato d’emergenza, ma non un piano d’emergenza. Come si devono comportare gli ospedali, le regioni? Il primo febbraio, un noto primario milanese scrive nella chat dei suoi medici. «Con quel provvedimento hanno costruito una bella casa. Peccato che si siano dimenticati di farci il tetto». Si rivelerà una profezia.
A due mesi dall’inizio di questa tragedia, che per noi è cominciata alle 00.45 del 21 febbraio, quando l’Ansa ha battuto la notizia del primo paziente positivo al coronavirus dopo il ricovero all’ospedale di Codogno, il famoso Mattia, che non veniva dalla Cina e quindi per giorni non fu sottoposto a tampone, è il caso di riavvolgere il nastro.
Per raccontare quella che, al netto di colpe e responsabilità individuali, è la storia di una sottovalutazione collettiva, istituzionale e anche mediatica. Il decreto del 31 gennaio contiene una falla logica. La scelta di bloccare i voli da e per la Cina non produce alcun risultato sulla tracciabilità del virus, perché chi doveva tornare dalle zone contagiate lo farà comunque attraverso altri scali, senza essere sottoposto a ulteriori controlli. Il primo passo è comunque meglio del niente, o quasi, che seguirà a livello decisionale, tra sottovalutazione e discutibili slanci di generosità.
Alle 14.50 del 15 febbraio decolla dalla base di pronto intervento Unhrd delle Nazioni unite di Brindisi un volo diretto a Pechino, organizzato dal ministero degli Esteri. A bordo ci sono anche due tonnellate di materiale sanitario, regalo della Farnesina alla Cina. Pochi giorni dopo, mascherine e tute di protezione per gli operatori sanitari si riveleranno introvabili nelle zone più colpite della Lombardia.
Il decreto sull’emergenza, che segue le indicazioni dell’Oms, diventa una sorta di ombrello sotto al quale si può riparare qualunque amministratore che decida di non agire. I medici di tre grandi ospedali lombardi, Niguarda di Milano, Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Sant’Anna di Como, scrivono alle Ats di riferimento chiedendo di verificare il numero di posti nelle terapie intensive della regione. La sera del 21 febbraio a Bergamo si tiene una riunione dei medici ospedalieri della provincia. All’ordine del giorno c’è un’altra lettera da mandare all’Ats, per fare presente che «date le attuali condizioni», non sono in grado di fare fronte all’epidemia, se mai arriverà. È già arrivata, purtroppo.
Il primo documento governativo che spiega come muoversi e cosa fare è del primo marzo, un mese dopo. Lo firma il direttore generale della Salute Andrea Urbani. Accoglie le richieste del Comitato tecnico-scientifico (Cts) secondo cui è «necessario che nel minor tempo possibile» sia attivato nelle strutture pubbliche e private un modello di cooperazione «coordinato a livello nazionale per un incremento delle disponibilità di posti letto del 50% nelle unità di terapia intensiva e del 100% in quelle di pneumologia e malattie infettive». Sei giorni dopo il commissario Angelo Borrelli firma l’accordo con la società Siare per la fornitura di ventilatori meccanici, fondamentali per le terapie intensive. Cosa è successo in questo mese di limbo, tra il primo e l’ultimo weekend di febbraio?
Nel governo convivono opinioni discordanti. Roberto Speranza è da subito per la linea dura. Il 2 febbraio, quando in Italia gli unici malati sono i due cittadini cinesi ricoverati allo Spallanzani, in tv da Fabio Fazio il virologo Roberto Burioni afferma che da noi il rischio «è pari a zero». Il ministro della Salute invece drammatizza: «Abbiamo fatto scelte molto prudenziali, il Paese deve essere pronto». Per Speranza, «chiudere tutto» sarà il mantra ripetuto in ogni Consiglio dei ministri, Conte invece non è convinto. A marzo, quando la curva dei contagi si impenna, resiste per giorni alle pressioni dei governatori del Nord. Salvini, che in questa crisi cambierà diverse volte rotta, chiede più coraggio.
Ma Conte non vuole cedere al «ricatto» del centrodestra. La linea di Palazzo Chigi è chiudere il Paese un passo alla volta, decreto dopo decreto. La strategia della gradualità si basa sulla convinzione che solo un sentimento profondo di paura diffusa potrà rendere tollerabile una forma così severa di reclusione sociale.
Nei momenti decisivi, mentre si invoca l’unità nazionale, le istituzioni avanzano in ordine sparso. Il 23 febbraio il governatore Fontana e Speranza firmano l’ordinanza che istituisce misure restrittive per la Lombardia. Lo stesso giorno alle 18.30 nell’Aula Biagi di Palazzo Lombardia 500 sindaci della Regione chiedono deroghe per mercati, centri commerciali e attività sportive. La Lombardia cede dopo 72 ore, con una deroga: i bar restano aperti anche dopo le 18 «se con il servizio al tavolo».
Il 27 febbraio il sindaco Giuseppe Sala lancia la campagna #Milanononsiferma, seguito a Bergamo da Giorgio Gori. Salvini in un video chiede di «riaprire tutto», invitando i turisti stranieri a visitare il Paese più bello del mondo, mentre il segretario del Pd Nicola Zingaretti fa un aperitivo pubblico sui Navigli, che forse gli costa il contagio. Il 28, gli esperti della Regione mostrano per la prima volta a Fontana le stime della curva epidemica che in quei giorni presenta un indice R0 di contagio superiore a 2: «Se la situazione dovesse allargarsi, il rischio è di default dell’intero sistema ospedaliero». Oggi sembra surreale, ma l’Emilia-Romagna chiede di tenere aperti cinema e teatri e il Veneto vuole una deroga sulle terme.
L’8 marzo è una domenica di sole, bar e ristoranti aperti, tanta gente in giro. Lunedì 9 marzo, dopo l’incontro con i capi delle opposizioni, Conte annuncia che l’Italia intera diventa zona rossa. Sono passati 38 giorni da quel 31 gennaio nel quale era stata dichiarata l’emergenza sanitaria. Il dottor Poidomani si è ammalato di Covid-19. Ricoverato il 2 marzo in terapia intensiva, ne è uscito il 13. Venerdì scorso, il doppio tampone ha dato esito negativo. Oggi tornerà al lavoro nel suo ambulatorio. (qui)

Nel frattempo, come segnala questo commento trovato in rete:

honhil ‘Niente fughe in avanti da parte delle regioni’, è l’ordine categorico che viene da palazzo Chigi. Di contra in una regione, la Sicilia, una delle due o tre dichiarate sicure, tuttavia il governo continua a stivare migranti. I cittadini italiani (rossi, gialli, neri, bianchi e di colore cirricaca) vengono controllati per cielo, per mare e per terra e sanzionati anche diverse volte al giorno se vengono trovati lì dove non dovevano essere. Invece, chi illegalmente mette piede nello Stivale, può fare tutto quello che gli passa per la testa e lo fa sia che gode già della protezione delle istituzioni sia che è ancora uccel di bosco. Domanda. Ma queste istituzioni che bacchettano i cittadini (la maggioranza dei quali in grossissime difficoltà economiche o perché già di suo o a causa del Coronavirus) che mettono il naso fuori da questo immenso campo di concentramento che è diventato il territorio italiano e lasciano liberi di fare ciò che passa loro per la testa gli extracomunitari, fino a quando ancora possono durare? Siculiana e Porto Empedocle, a un tiro di schioppo di distanza, insomma, volente o nolente, possono essere considerati, data la contiguità, il laboratorio (per tacere sulle tante, troppe, situazioni analoghe) che ha già acceso la miccia… che, per quando lunga possa essere, … arriverà prima o poi alla santabarbara: ed esplosione sarà. Eppure le istituzioni, a tutti i livelli, continuano a menare il can per l’aia. Per ottusa ideologia.

E non solo i clandestini partono e arrivano, ma addirittura

I clandestini partono dalla Libia con in tasca il numero degli avvocati da contattare.

E infine uno straordinario intervento di Alberto Bagnai, tanto intenso quanto spietato, un atto d’accusa senza sconti nei confronti del primo responsabile del disastro attuale, un’invettiva che assurge ai vertici dell’epica:

E meriterebbe di essere guardato anche solo per la faccia e la postura del signor Conte.
POST SCRIPTUM: della famigerata App parlerò domani, perché altrimenti questo diventa troppo lungo.

barbara

IN MEMORIA DELLE VITTIME DELL’IMMIGRAZIONE

PG Molinari

Oggi è la giornata in cui si ricordano le vittime dell’immigrazione. Giusto. Ricordiamo quindi: Alessandro Carolè (40 anni), Daniele Carella (21 anni) ed Ermanno Masini (64 anni) uccisi a picconate a Milano; Pamela Mastropietro (18 anni), stuprata, uccisa, e poi lasciata a pezzi in due trolley a bordo strada; Desirée Piovanelli (17 anni) drogata e uccisa (poi violentata anche da morta) nel bresciano; Ulderico Esposito (52 anni), tabaccaio napoletano ucciso a pugni in metropolitana; Maurizio Gugliotta (51 anni), sgozzato a Torino; Vincenzo Solano (68 anni) e sua moglie Mercedes Ibanez (70) coniugi, uccisi in casa propria a Palagonia (lei anche stuprata e poi gettata dal balcone); l’anonima turista polacca malmenata e stuprata a Rimini con tanta violenza da costringere i medici ad asportarle l’utero; il controllore dell’ATM al quale è stato quasi staccato un braccio a colpi di machete e i controllori ferroviari presi a pugni e calci quotidianamente; le anonime donne prese a pugni in faccia nei sottopassi ad Arezzo e Lecco; gli anonimi agenti di polizia e militari accoltellati, morsicati, malmenati ogni giorno; le svariate migliaia di donne di colore schiavizzate, seviziate e costrette a prostituirsi da connazionali, ecc. ecc.

Che a me sembrano gli unici meritevoli di essere ricordati come “vittime dell’immigrazione, dal momento che non hanno scelto di riempirsi di clandestini, a differenza dei clandestini che hanno scelto di venire.

barbara

I NOSTRI POVERI MIGRANTI

Migranti 1: dobbiamo accoglierli perché sono in cerca di una vita migliore.

Migranti 2: dobbiamo accoglierli perché fuggono da guerre e miseria, hanno fame, stanno morendo di fame

Davanti al centro d’accoglienza nel Municipio IX di Roma il cibo destinato agli immigrati gettato nell’immondizia.

barbara

QUEI POVERI DISPERATI MIGRANTI

In fuga da guerra, terrore, miseria. Laceri e macilenti. Senza neppure la forza di levare lo sguardo, senza il coraggio di emettere un fiato.

Identici agli ebrei braccati dai nazisti, strappati alle loro case,
deportazione 1
caricati su carri bestiame,
deportazione 2
inviati direttamente al gas quelli più deboli,
in camera a gas
sfruttati, quelli più forti, fino allo sfinimento
deportazione 3
o usati per gli esperimenti
deportazione 4
e poi anche loro infilati in una camera a gas e cremati, o scaraventati in una fossa comune.
deportazione 5
E i pochi sopravvissuti ridotti così.
deportazione 6
deportazione 7
Identici: stesso sterminio, stesso genocidio, stesso olocausto, stessa shoah, come ha insistentemente ripetuto il nostro sindaco in sinagoga in occasione della giornata della memoria: “È la stessa cosa, è la stessa cosa, è la stessa cosa”.

barbara