Un’emergenza terribile, spaventosa, meritevole di confinamento, di coprifuoco, di chiusura per ogni sorta di locali, esercizi, ritrovi, di divieto assoluto, pena salatissime multe, di lasciare la propria regione e di violare una qualunque delle rigorosissime norme stabilite, e di un’Italia conciata così
Chi lo dice? Lo dicono i numeri! Leggete un po’ qui.
Coronavirus, il bollettino di oggi 23 aprile
Il bollettino del ministero della Salute registra nelle ultime 24 ore 14.761 nuovi casi e 342 morti da coronavirus. Nella giornata di ieri c’erano stati 16.232 nuovi casi e 360 morti. Sono 315.700 i tamponi molecolari e antigenici effettuati. Ieri i test erano stati 364.804. Il tasso di positività è del 4,7%, in aumento rispetto al 4,4% di ieri.
Scendono sotto i 3mila (2.979) i ricoverati con coronavirus in terapia intensiva. Sono 153 i pazienti entrati nelle ultime 24 ore mentre, considerando le persone dimesse, i ricoverati sono 42 in meno rispetto a ieri. I ricoverati con sintomi sono 645 in meno in 24 ore, così il totale dei pazienti nei reparti covid scende a 21.440.
Il numero degli attualmente positivi è di 465.543, con un calo di 6.653 unità rispetto a ieri. I dimessi/guariti sono 21.069 per un totale di 3.351.461 dall’inizio dell’epidemia. (qui)
Letto bene tutto? Abbiamo, a causa del covid, 2979 posti occupati in terapia intensiva, ossia il 30% dei 9931 posti disponibili; abbiamo 21.440 pazienti nei reparti covid ordinari, che occupano l’11% dei 192.000 posti disponibili; abbiamo fatto centinaia di migliaia di tamponi per riuscire a raccattare su, con quel misero 4,7%, un numero presentabile di positivi; e abbiamo, su 465.543 positivi, un totale di 24.410 ospedalizzati: il 5,24%. Qualcuno potrebbe forse negare che siamo nel mezzo di una terrificante emergenza, con la necessità assoluta di misure draconiane perché di fronte a un simile pericolo nessun sacrificio è troppo duro? (L’ho già detto che amo i numeri? Beh, io amo i numeri, e loro amano me: quando qualcuno tenta di farci qualche giochino sporco, loro corrono a dirmelo subito). E ora direi di leggere questo.
Quello che è successo in questi ultimi14 mesi in alcuni paesi del mondo (non tutti, come vorrebbero farvi credere) non trova riscontro in nessun’altra fase della storia dell’umanità. D’ora in poi lo Stato, qualsiasi volto abbia, potrà invadere le vite dei cittadini che amministra, in nome di un astratto bene comune che normalmente non è né comune né tanto meno bene. Lo Stato decide quali attività sono essenziali e quali invece non lo sono, e, per questo, possono essere sacrificate: inutile ricordare che la ruota gira, e che le categorie oggi risparmiate o, addirittura, avvantaggiate da questa surreale situazione, domani potrebbero essere spazzate via con la stessa prepotente violenza. Si suggerisce, così, che sia inevitabile questo sacrificio sociale, come se valesse ancora il mostruoso mors tua, vita mea (la tua morte è la mia vita): altro che Medioevo, che le anime belle citano sempre per indicare (erroneamente) regressione, qui siamo al Paleolitico. Ma la cosa più mostruosa è che la libertà sia diventata sinonimo di un rischio inaccettabile, quello di vivere; il libero arbitrio che lo stesso Dio non ha ritenuto opportuno sottrarre agli uomini, viene adesso calpestato e negato, come se, improvvisamente, si fosse diventati indegni di poter gestire la propria vita e si dovesse delegare la cura di se stessi ad un’entità astratta che dovrebbe sapere meglio di chiunque altro cosa sia bene per noi. E’ mostruoso che ci sia qualcuno che bacia le mani di chi stringe intorno ai suoi polsi le catene e che ti biasimi se tu ti rifiuti di fare lo stesso. E’ mostruoso ed intollerabile l’indifferenza o addirittura il fastidio di qualcuno verso le giuste proteste di chi, da innocente, in prigione non vuole andare. Questa è dittatura: non ha il volto di Stalin o di Hitler, di Pinochet o di Amin, ma non per questo è più dolce. Del resto, la stessa iniezione letale che ha sostituito la sedia elettrica o la camera a gas, non è meno crudele, solo che nessuno può più sentire le urla del condannato, addormentato, ma invaso da liquidi venefici che bruciano gli organi e che provocano – si dice – terribili dolori che quell’assopimento non lenisce. Ed è, se possibile, ancora più mostruosa. Stefano Burbi
Mario Draghi ha firmato il nuovo Dpcm con le misure anti-Covid, il primo del suo mandato. Il decreto entrerà in vigore il 6 marzo e resterà valido fino al 6 aprile, inclusa Pasqua. Ecco cosa si può e non si può fare a seconda dei colori delle regioni o dei singoli territori.
Scuole Dal 6 marzo nelle zone rosse [notare con quale nonchalance si butta lì la reintroduzione delle zone rosse, come parte insignificante del discorso] vengono sospese le attività in presenza delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia [cioè fanno l’asilo a distanza?] ed elementari. Resta garantita la possibilità di svolgere attività in presenza per gli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali. Nelle zone arancioni e gialle, i presidenti delle Regioni potranno disporre la sospensione dell’attività scolastica: nelle aree in cui abbiano adottato misure più stringenti per via della gravità delle varianti; nelle zone in cui vi siano più di 250 contagi ogni 100mila abitanti nell’arco di 7 giorni; nel caso di una eccezionale situazione di peggioramento del quadro epidemiologico.
Coprifuoco Nelle aree gialle, arancioni e rosse resta il “coprifuoco” [è inutile che lo mettiate tra virgolette per addolcirlo: sempre un gravissimo provvedimento da tempo di guerra rimane. Solo che qui la guerra è stata dichiarata a noi e gli occupanti sono i nostri governanti, a partire dal figlio di Bernardo] alle ore 22 e fino alle 5 del mattino. In zona bianca le ordinanze regioni possono invece rinviare l’orario del ritorno a casa. La Sardegna – prima regione a conquistare il colore bianco – ha fissato il divieto di uscire dalle 23,30 alle 5 [i virus isolani escono più tardi].
Spostamenti nazionali In tutta Italia è vietato spostarsi tra regioni, anche se si trovano in fascia bianca o gialla [nel caso qualcuno si aspettasse mezza briciola di razionalità, di logica, di buon senso dal nuovo governo]. Si può uscire dalla propria regione soltanto per motivi di lavoro, salute e urgenza, possibilmente [? Si deve portare o no?] portando con sé il modulo di autocertificazione. In zona arancione è vietato anche uscire dal proprio comune di residenza. […]
Visite ad amici e parenti Chi vive in zona rossa non può andare a trovare a casa amici e parenti nemmeno una sola volta al giorno, come era invece a Natale. [Quindi se la mamma novantenne non ha la pazienza di aspettare a tirare le cuoia fino a quando torneremo a essere governati da esseri umani, creperà da sola, e tanto peggio per lei]
Seconde case Si può andare nelle seconde case, ma soltanto se si trovano in una regione gialla o arancione e soltanto se per farlo non si deve uscire da una regione arancione scuro [tipo il sei meno meno] o rossa. Chi vive in zona arancione scuro non può uscire dal Comune di residenza anche per andare in una seconda casa. Vietato, in ogni caso, invitare amici o parenti che non facciano parte del proprio nucleo familiare. In caso di case condivise o in multiproprietà potrà andare solo una famiglia alla volta. Bisogna inoltre dimostrare di essere proprietari o affittuari da una data antecedente il 14 gennaio 2021.
Bar e ristoranti In zona gialla bar e ristoranti possono restare aperti fino alle 18. Da quell’orario in poi è consentito l’asporto, fino al coprifuoco delle 22, e la consegna a domicilio, senza limiti di orario. In tutte le zone è stato eliminato il divieto di asporto dopo le ore 18 solo per gli esercizi di commercio al dettaglio di bevande, comprese le enoteche (ma senza degustazione): da questi si potranno acquistare bevande alcoliche e analcoliche ‘da asporto’, senza consumo sul posto, fino alle 22. Dopo le 18 per bar e simili (senza cucina) resta sempre il divieto dell’asporto dopo le 18. [Vero che è chiarissimo?]
Negozi In zona gialla e arancione le attività commerciali sono aperte con orari spesso scaglionati e ingressi contingentati. Nelle zone rosse invece i negozi sono chiusi, tranne quelli dei beni di prima necessità.
Centri commerciali Nei weekend e nei giorni festivi e prefestivi i negozi all’interno dei centri commerciali devono restare chiusi ad eccezione di farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, generi alimentari, prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie. In zona rossa queste restrizioni sono ancor più stringenti perché possono restare aperti solo gli alimentari, le farmacie e i negozi di prodotti agricoli e florovivaistici.
Mercati Valgono le stesse regole dei centri commerciali.
Servizi alla persona Nelle zone rosse, saranno chiusi i servizi alla persona come parrucchieri, barbieri e centri estetici.
Palestre, piscine e impianti sciistici Palestre e piscine e impianti sciistici rimarranno chiusi in tutta Italia.
Cinema, musei e teatri Nelle zone gialle si conferma la possibilità per i musei di aprire nei giorni infrasettimanali, garantendo un afflusso controllato. Dal 27 marzo, sempre nelle zone gialle, è prevista l’apertura anche il sabato e nei giorni festivi. Dal 27 marzo, nelle zone gialle si prevede la possibilità di riaprire teatri e cinema, con posti a sedere preassegnati, nel rispetto delle norme di distanziamento. La capienza non potrà superare il 25% di quella massima, fino a 400 spettatori all’aperto e 200 al chiuso per ogni sala.
Feste, fiere e discoteche Ancora vietate tutte le forme di assembramento [ma sarà poco schifosa questa parola con cui si additano al pubblico ludibrio tutte le normali attività sociali?], anche in zona bianca. Quindi le feste restano off limits. E le discoteche devono restare chiuse, come i centri fieristici e congressuali. […]
Zone bianche Nelle zone bianche, si prevede la cessazione delle misure restrittive previste per la zona gialla, pur continuando ad applicarsi le misure anti-contagio generali (come, per esempio, l’obbligo di indossare la mascherina e quello di mantenere le distanze interpersonali) e i protocolli di settore. Restano sospesi gli eventi che comportano assembramenti (fiere, congressi, discoteche e pubblico negli stadi). […]
Come già detto, male ha fatto chi si è illuso che con l’arrivo di Draghi potesse iniziare un’era di ragionevolezza. Anche con lui continua il terrorismo sanitario, continua la reclusione, continua la strage degli innocenti.
Danni da lockdown: impennata di vendite per alcol e psicofarmaci
Qualcuno disse che era solo una “influenza”, che il virus vero era il razzismo, l’ex premier Conte che l’Italia era “prontissima” a qualsiasi tipo di pandemia. Sembrano parole lontane, remote, invece è passato appena un anno. Com’è andata a finire e qual è la realtà lo sappiamo bene: gli italiani convivono con la parola lockdown esattamente da un anno, la nostra vita è divisa a colori, limitata dai coprifuoco, circoscritta a Comuni o massimo Regioni. “Andrà tutto bene”, scrivevamo ovunque [scrivevate!], ma che la nostra vita sarebbe cambiata per sempre l’avevamo capito da subito. Il Covid-19 ha radicalmente cambiato la nostra vita, è penetrato nelle nostre case e cambiato il nostro modo di vivere, lavorare, socializzare. Ci siamo ritrovati a fare videochiamate, a vivere a testa bassa sul cellulare chiusi nelle nostre case per poi accorgerci che tutto ciò di cui abbiamo bisogno è fuori, nella vita reale. Dopo un anno abbiamo capito che nessuno schermo potrà sostituire un abbraccio, un bacio, un sorriso, nessuna videochiamata potrà sostituire l’emozione della socializzazione vera. Secondo gli esperti ci porteremo dietro gli effetti collaterali del lockdown per molto tempo, a partire dai bambini e dagli adolescenti che sono stati, forse, quelli maggiormente colpiti dalle restrizioni con cui siamo obbligati a convivere. Effetti delle reclusioni che s’iniziano però già a intravedere. Infatti il lockdown risulta essere terreno fertile per l’alcolismo. L’aumento di consumo di alcolici trova riscontro nei dati diffusi a livello nazionale riguardanti le vendite: si parla di un aumento del 180 per cento. Per alcuni si tratta di una ricaduta, per altri ancora è una novità, ma l’alcol risulta essere uno dei nemici più pericolosi perché colpisce le persone più deboli e più sole. Un altro dato da non sottovalutare, ma anzi da guardare con la lente d’ingrandimento è quello relativo alla ‘salute mentale’. Ansia generalizzata, depressione e disturbi del sonno, sono le conseguenze più diffuse. Massimo Di Giannantonio, presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria ha recentemente rilasciato interviste in cui esprime chiaramente la sua preoccupazione, dichiarando che le conseguenze psicologiche della pandemia saranno gravi e diffusissime. Sempre Di Giannantonio dichiara che molte persone hanno trovato rifugio nelle auto-terapie, consumando sostanze psicofarmacologiche legali come ansiolitici, ipnotici e antidepressivi. Più soggetti coloro che hanno perso il lavoro, chi ha perso dei cari, le persone ovviamente più sole e più deboli. Il grafico sulla crescita delle vendite di ansiolitici rispetto all’anno precedente pubblicato dall’Aifa non ha bisogno, purtroppo, di ulteriori commenti.
Una parte di noi si sta lentamente suicidando, l’altra parte sta venendo lentamente assassinata, perché
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia di vestire un colore nuovo, chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero al bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi e’ infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in sé stesso.
Muore lentamente, chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare.
Muore lentamente, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore, chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.