a quattro mesi e mezzo dal trasloco.
La mia salute continua a migliorare. Aveva cominciato a migliorare da quando sono andata in pensione, ma dopo il trasloco ho avuto l’impressione di un ulteriore salto di qualità. E sono serena, di una serenità che forse mai avevo conosciuto in tutta la mia vita.
Per circa tre mesi non mi sono iscritta all’unità sanitaria locale e non ho cercato un medico perché avevo sempre qualcosa di più urgente da fare; poi c’è stata la volta che sono dovuta andare al pronto soccorso e lì il dottore mi ha fatto un mazzo che non finiva più per questa cosa qui, così mi sono decisa; ho scelto come medico il più vicino a casa mia, riservandomi di cambiarlo se non ne fossi stata soddisfatta. Ho beccato una tizia nera nera, piccola piccola, magra magra, uno sgorbietto insomma, però sembra simpatica. Meno di una settimana dopo mi sono arrivati dall’ospedale gli inviti, con proposta di date e orari, per pap-test e mammografia: quindi la sanità funziona, il che è una buona cosa (e considerando che il pap-test non lo facevo da 11 anni – e la mammografia probabilmente altrettanto – magari non è neanche un male che mi ci abbiano praticamente costretta prendendomi per il collo. Anche se tendenzialmente sarei abbastanza propensa a pensare che dal momento che “abbiamo già dato” adesso sarebbe ragionevole che mi lasciasse in pace. Vabbè).
Adesso sto facendo le infiltrazioni per le mie ernie del disco che tanti guai mi stanno provocando. A farmele è un bellissimo medico sessantenne (ne dimostra almeno una quindicina di meno), sul metro e novanta, magro, atletico, simpatico. E decisamente meno caro degli specialisti di dove stavo prima.
Ho conosciuto anche il mio nuovo dentista, raccomandatomi dall’estetista. Bello da mozzare il fiato e piegare le ginocchia, ma di quelle cose che proprio lo vedi e smetti di respirare. Che dopo visita e radiografie (il tutto moooolto meno caro di dove stavo prima), mi ha fatto prendere appuntamento per una seduta di igiene orale. Che di là facevano le infermiere, quella libera al momento, mentre qui la fa l’igienista, specializzata solo in quello. E per la prima volta nella mia ormai lunga vita ho scoperto che un’igiene orale può anche non comportare una tortura. E anche per quella ho speso parecchio di meno. Aggiungo che in entrambi gli appuntamenti ho aspettato una manciatina di minuti, mentre di là poteva essere anche un’ora e mezza (anni fa ho fatto una serie di interventi in uno studio dentistico in cui mi davano appuntamento per esempio alle tre, poi me lo spostavano senza avvertirmi alle tre e mezza, mi chiamavano dentro alle quattro in una stanza che si era liberata in quel momento mentre il dentista, uscito da lì, era andato a curare un altro paziente in un’altra stanza, arrivava alle quattro e mezza, mi faceva l’anestesia, e in attesa che facesse effetto andava a trattare un altro paziente e tornava alle cinque. E dato che si trovava a cinquanta chilometri dal mio paese, dovevo calcolare anche possibili imprevisti stradali, per cui ero partita da casa all’una e trequarti ed ero arrivata lì alle due e trequarti).
Una cosa singolare che ho notato qui, e che non mi so spiegare è questa: di là chiamavo un’estetista, una qualsiasi, chiedevo un appuntamento per una pulizia al viso, e me lo davano di lì a un mese, o anche più: prima di allora non c’era un solo posto libero. Chiamavo il dentista per una pulizia e mi davano appuntamento di lì a qualche settimana. Qui, quando ho avuto bisogno di una pulizia al viso, ho cercato in internet, ho trovato un’estetista a duecento metri da qui, il lunedì pomeriggio sono andata lì a chiedere un appuntamento e me lo hanno dato per il giorno dopo (e di clienti ne hanno un sacco anche qui, è un continuo via vai, non è che siano libere perché non c’è nessuno). Un lunedì pomeriggio sono andata dal dentista a chiedere un appuntamento per una visita, e me lo hanno dato per il giovedì della stessa settimana. Boh.
E ancora una cosa. Chi mi conosce lo sa: io sono quella che si perde nel corridoio di un bilocale. Lo sa chi mi vuole incontrare a Milano e deve venirmi a prendere all’albergo, o al massimo darmi appuntamento a trenta metri da lì, altrimenti non so dove sbattere la testa. Lo sa chi a Roma mi chiama e mi fa la domanda più ovvia: “Dove sei?” per sentirmi rispondere disperata: “Non ne ho la minima idea!” Ecco, adesso sono qui da quattro mesi e mezzo. Ho girato più o meno dappertutto. Non mi sono mai persa. Non ho mai sbagliato strada. Ogni tanto azzardo addirittura, a naso, delle scorciatoie che secondo me dovrebbero funzionare e regolarmente, incredibilmente, funzionano!
Tutto questo in aggiunta al MARE.
PIESSE: Oggi pomeriggio mi ha chiamata la signora Telecom “per la sua richiesta di sospensione della linea, ho letto la sua raccomandata”. Mi ha chiesto di riassumere brevemente i fatti e li ho brevissimamente, proprio concentrando al massimo, riassunti in un quarto d’ora. Ha convenuto che una richiesta di trasferimento implica automaticamente la disattivazione della prima linea all’atto dell’attivazione della seconda. Ha detto che se ne occuperà lei, però di sua competenza è solo la disattivazione, mentre la questione del rimborso devo trattarla in altra sede. Soprattutto, si è voluta assicurare di avere capito bene quale delle due linee a me intestate è quella da disattivare, avendo evidentemente capito, alla lettura della raccomandata, che sono sufficientemente incazzata da rendere preferibile evitare ulteriori provocazioni.
barbara