REQUIEM PER VENEZIA

Non è colpa dell’acqua alta

Venezia affonda. Il mondo, attonito e impotente, ne guarda la disperazione e le si stringe attorno, confortandola con il suo affetto di fronte al disastro ambientale che l’ha colpita. Il turista, intanto, si gode l’unicità dell’evento, e a piedi nudi nell’acqua si immortala in mitici selfie con il gusto pornografico di un macabro voyeur. Va a piedi nudi, con l’acqua a mezza coscia, senza stivali, felice di sguazzare nella tragedia di una città che muore. Né gli passa per la mente che in quelle acque di color verdastro tendente al marrone si convogliano gli sbocchi del sistema fognario, tane di topi.
Venezia è un parco divertimenti. Non certo per coloro che, abitando al piano terra, hanno dovuto assistere alla devastazione di suppellettili, abbigliamento, libri e ogni altro loro avere. Non certo per gli artigiani che hanno perduto il lavoro di anni, o per i negozianti che hanno assistito inermi allo sfacelo delle loro merci. Non certo per il non abbiente cui la marea ha tolto quel poco o nulla che si teneva stretto. E non per il panettiere e per il tipografo cui sono andati sott’acqua forno e linotype e non riapriranno più bottega.
La città sta reagendo, come ha fatto del resto ogni volta a ogni acqua alta, da anni, e per secoli. Ma lo spirito combattivo e la resilienza dei veneziani stanno soccombendo, erosi non tanto dall’acqua alta quanto dall’inerzia colpevole di una politica che sta affondando la città, mentre si occupa di affari, e solo di affari. La città si imbelletta ogni mattina per offrire i suoi favori al miglior offerente.
A erodere le fondamenta di questo unicum non sono le secolari acque alte, bensì lo sfruttamento e la prostituzione cui lo assoggetta lo spirito degli affari che, con buona pace di Ezra Pound e dei suoi epigoni politici, è tutt’altro che ‘giudaico’.
Quella che un tempo era la Regina dell’Adriatico, la mitica Serenissima, la Dominante, è ridotta a un grande e diffuso centro turistico, costellato di ristoranti, alberghi, bed & breakfast, negozietti innumerevoli di maschere di cartapesta e affini, bancarelle di misera chincaglieria, spaghetti take & go da consumarsi seduti sui gradini dei ponti a intralciare il passaggio, vetri di importazione cinese spacciati per vetri di Murano. O, per contro, negozi di grandi firme per il turismo che spende, al pari dei giri in gondola e degli spostamenti in taxi acquei. Una città degradata e svenduta, ridotta a maschera volgare di sé stessa e del suo passato, vetrina del kitsch e del ciarpame, dove il patriziato decaduto monetizza i suoi palazzi al carnascialesco del miglior offerente.”Na vecia in fresca e imparucada’ direbbe il veneziano, che si invernicia le gote vizze di scarlatto per fingere un’antica gioventù. ‘Todo cambia’, è vero, il mito è trascorso, e forse non ha mai avuto un referente reale, ma se ‘todo cambia’ non dev’essere necessariamente in peggio. Il cambiamento lo si potrebbe orientare.
La politica della città la fanno le varie categorie commerciali. Tutti coloro che vivono sulla tasca del turista, per lo più giornaliero, che usa la città con lo spirito del mordi e fuggi. Arriva, vede Rialto e San Marco, compra un panino e una mascherina e se ne va. Venezia non è più città da vivere, ma da visitare in fretta. Una grande, diffusa Disneyland, in cui è ormai difficile provvedersi di biancheria intima o di stoviglie e pentolame, se proprio non conosci quell’uno o due negozi, protetti dal recondito delle calli, che ancora resistono all’assalto del ‘tutto a un euro’. E si provi a cercare una drogheria, o una merceria, o un ciabattino. Fruttivendoli e pescivendoli sono scomparsi dai quartieri, resistono ancora a stento al mercato di Rialto, anch’esso in via di rapida estinzione. Gli esercizi utili al quotidiano non esistono più perché non più redditizi: in effetti, la città si è svuotata dei suoi residenti originari, la popolazione del centro storico è scesa vertiginosamente da centottantamila a cinquantaduemila abitanti a causa dei costi abitativi inaffrontabili – sia di affitto che di acquisto. Altro ambito di vergognosa e disumana speculazione.
A farla da padroni sono le categorie commerciali, l’utile economico senza alcun compromesso, senza la minima preoccupazione per il grado di vivibilità della città. Spesso al posto di sane e tradizionali osterie, hanno preso piede anche le grandi catene della ristorazione economica globalizzata. Anziché una politica che favorisse, a catena, il contenimento dei prezzi della ristorazione tradizionale si sono aperte le porte a street food e fast food. Non estranea a questo gioco al ribasso e al massacro è l’infiltrazione di ‘ndrangheta e camorra, i cui affari sono da qualche tempo sotto la lente della Magistratura.
Si sa che, agli occhi del mondo, le immagini mediatiche dell’erosione provocata dall’acqua alta sono di grande effetto, ma per i veneziani l’erosione vera e la più deleteria è quella prodotta, nell’indifferenza totale della politica, al tessuto umano e sociale della città. Se non sei interessato agli affari non sei parte integrante del sistema. Se ti disturbano i turisti seduti sui ponti, o le comitive, condotte da guide incivili, che intasano le calli strettissime e non ti lasciano passare, o ti impediscono con i loro bagagli di salire su un vaporetto mentre stai andando al lavoro o a prendere un treno o un aereo, bene, se ti disturba il turismo invasivo e sregolato, allora vattene a vivere altrove, come ha suggerito la massima autorità cittadina, quella che a breve cercherà il nostro voto. Se non ti aggrada il passaggio della grandi navi in bacino San Marco, vattene a vivere altrove. Ma se vivi a Venezia da oltre cinquecento anni sai che andarsene significherebbe cambiare la tua storia. E tuttavia, se vuoi viverci, devi far parte del mondo degli affari, o esserne connivente o quanto meno compiacerlo. Affari, ristoranti e alberghi, e nuovi enormi dormitori per migliaia di ospiti in terraferma, che riversino ogni giorno sul centro storico masse incontenibili e incontrollate di turismo effimero, sempre più spesso in forma di orda barbarica. A scapito della qualità della vita e di ogni altro valore. Mutatis mutandis – e si ammette che l’analogia non sia calzante per diverso grado di gravità – sembra di star parlando dell’ILVA: cinquantamila posti di lavoro contro la salute degli abitanti di Taranto (e chiedo scusa ai tarantini per l’improprietà del confronto). Non c’è spazio per la scelta. E non esiste possibilità di compromesso. Venezia deve morire, nelle mani di una politica senza scrupoli, che non ha interesse a contingentare le attività sporadiche e speculative legate al turismo e non tutela le classi sociali più deboli dall’esponenziale aumento del costo della vita. La stessa politica che costruisce un MOSE sapendo bene che non funzionerà mai, e che è invece servito sinora da cassaforte per tangenti e soldi sporchi e qualche fortuna personale.
Si potrà opporre, a questo inverno del nostro scontento, che Venezia, oltre agli affari, è anche Mostra del Cinema e Biennale e cento altre realtà culturali. Ma non saranno mille associazioni culturali a salvare le masserizie di chi vive al piano terra, né saranno mille convegni internazionali a restituire a Venezia i suoi abitanti originari e il loro quotidiano. Si vada al mercato del pesce e della frutta, a Rialto, per godere di un’illuminante epifania della Venezia che muore.
È curiosa la battaglia di chi contesta le proteste contro il degrado della città esaltandone, per contro, la statura culturale, come se la cultura potesse essere avulsa dalla vita sociale, come se gli eventi internazionali che portano decine di migliaia di visitatori-turisti alla Biennale o al festival del Cinema producessero – oltre a immagine ed entrate – cultura integrata per la città e per i suoi abitanti. E, in ogni caso, non si può pensare di compensare con la cultura, alta o bassa, povera o ricca, la distruzione del tessuto sociale e lo stravolgimento del tessuto economico di una città.
Si potrà anche opporre che qualsiasi consesso sociale, per vivere, ha bisogno di attività e di lavoro, di commercio e di scambi e di affari. E nessuno lo mette in dubbio. Ma si sarebbero anche potuti cercare modi di salvare una città come Venezia dal degrado, dall’umiliazione e dall’invivibilità. Quei modi nessuno li ha mai esperiti. Si è invece privilegiata all’eccesso l’economia da turismo sull’economia del quotidiano, e l’economia interna della città ne è rimasta schiacciata, mentre la ricchezza e il potere politico si sono concentrati nelle mani di una élite di categorie specializzate.
La verità, alla fine, è che chi avrebbe dovuto negli anni stabilire le regole per una vita economica armonica ed equilibrata della città ha lasciato campo libero alla speculazione e a un liberismo che è stato nei fatti l’egoismo estremo del laissez-faire. Insomma, la politica amministrativa, che avrebbe dovuto avere la funzione di correggere le distorsioni create dalle dinamiche del mercato libero e della competizione estrema ha scelto di non svolgere la sua funzione. Così, l’interesse individuale e la ricerca dell’utile hanno avuto campo libero e nessuno si è preoccupato di quale sarebbe stato l’effetto globale dell’anarchia determinata dalle scelte individuali.
Per ritornare là dove si è iniziato, non si può accettare che sia un’acqua alta straordinaria a fare da paravento e diversivo alla devastazione in corso.
Unica consolazione: l’acqua alta si attiene a un ciclo, e ogni sei ore ha la decenza di ritirarsi.

Dario Calimani, Università di Venezia, 19 novembre 2019

Non aggiungo commenti, perché qualunque parola lo sporcherebbe.

barbara

ANCORA SUI VACCINI

Massimo Finzi

I novax, cioè coloro che si oppongono ai vaccini, agitano vecchi fantasmi e insinuano sospetti. Gli argomenti preferiti sono :

1) i vaccini causano l’autismo.
2) i vaccini sono pericolosi ( vedi strage di Gruaro del 1933)
3) i vaccini contengono sostanze tossiche (ritiro lotti vaccino antimeningite C per residui metallici 2014)
4) Dietro il decreto Lorenzin ci sarebbero gli interessi delle industrie farmaceutiche.
5) I medici sono favorevoli alle vaccinazioni perché interessati economicamente.

 Al di fuori di suggestioni e pregiudizi analizziamo gli argomenti:

1) Il medico inglese Andrew Jeremy Wakefield pubblicò un lavoro, rivelatosi poi fraudolento e totalmente privo di prove scientifiche, sulla correlazione tra vaccino trivalente e autismo. Rigorosi studi scientifici condotti in numerose università di tutto il mondo hanno completamente smentito la tesi del Dr. Wakefield e la recentissima sentenza della Cassazione italiana, che ha negato il riconoscimento del danno da vaccino in un soggetto autistico, ne è ulteriore prova. Il Dr.Wakefield è stato radiato dall’albo dei medici e qualcuno ha ironizzato sul suo cognome cambiandolo in Fake-field.

2) Nel 1933 i bambini di Gruaro furono sottoposti ad una vaccinazione sperimentale antidifterica. Il vaccino era stato preparato da un laboratorio napoletano che non aveva portato la temperatura al livello di inattivazione della tossina. 28 bambini sui 254 vaccinati morirono per paralisi. Il regime fascista non aprì alcuna inchiesta. Oggi il vaccino antidifterico, grazie alle moderne tecniche di fabbricazione e dei controlli rigorosi, è assolutamente sicuro.

3) Nel 2014 furono ritirati alcuni lotti di vaccino antimeningite C per la presenza nelle fiale di uno strano colore rossastro. Si gridò al pericolo di intossicazione da metalli pesanti in realtà le analisi dimostrarono la presenza di nanogrammi (0,000001 mg ) di ossido di ferro. Assolutamente trascurabile se si considera che nelle anemie da carenza di ferro il prodotto più prescritto contiene 105 mg per compressa per una cura non inferiore a 30 giorni.

4) Gli interessi delle case farmaceutiche non sono propriamente orientati ai vaccini. Un esempio? Ogni 2/3 vaccini anti-influenzali l’industria del farmaco “perde” una ben più costosa terapia antibiotica.

5) I medici di medicina generale e i pediatri convenzionati con il SSN per poter vaccinare i propri assistiti debbono recarsi al servizio farmaceutico della ASL per prelevare il quantitativo di vaccino, trasportarlo con borsa termica e trasferirlo nel più breve tempo possibile in un frigo dotato di termometro a massima. Avere in studio un pallone respiratorio Ambu, ossigeno, fiale di adrenalina, di antistamici, di cortisone. Convocare i soggetti da sottoporre a vaccinazione, compilare al computer la scheda del consenso informato e quello della vaccinazione effettuata, sorvegliare nel tempo eventuali effetti avversi e trasmettere il tutto alla Asl di appartenenza. Questo lavoro per un compenso davvero modesto quindi l’accusa di interesse da parte dei medici mi appare infondata.

Ma i vaccini possono avere effetti indesiderati? Rispondo con un’altra domanda: assumereste con tranquillità un farmaco che potrebbe provocare abbassamento del numero delle piastrine con pericolo di emorragie, diminuzione fino alla scomparsa dei globuli bianchi con pericolo di infezioni letali, edema del laringe con soffocamento, shock anafilattico, epatite, nefrite con insufficienza renale ecc? Ho citato solo alcuni degli effetti indesiderati del paracetamolo (il principio attivo della “semplice” tachipirina). Non ho visto finora comitati no-paracetamolo eppure i rischi della sua somministrazione sono infinitamente più numerosi di quelli dei vaccini dove il rapporto costo/beneficio ci sta tutto.

Non per convincere i deliranti nonché sciroccati crociati in guerra contro i vaccini, ma solo per non restare lì – noi che preferiamo la scienza alla ciarlataneria – come allocchi quando i possessori della Verità snocciolano i loro “documenti”.

NOTA: come si vede dagli “argomenti” proposti, non si tratta, come qualcuno si ostina a dire, di opposizione all’obbligatorietà del vaccino, bensì ai vaccini. Semplicemente qualcuno di loro, più furbo degli altri, si mette la maschera della libertà di scelta. Un po’ come quelli che danno fuoco alle sinagoghe  e menano i compagni di scuola ebrei e poi ti spiegano compuntamente che no, quale antisemitismo, loro vogliono solo protestare contro la politica del governo di Israele: si chiama legittima critica.

barbara