Un guidatore distratto, che non mi vede, semplicemente non mi vede, e mi centra in pieno mentre attraverso sulle strisce (nel film che continua a girare nella mia testa si vedono due urti. L’ipotesi che posso formulare è che, poiché solo al momento dell’impatto si è accorto che c’era qualcosa davanti alla sua macchina, e solo in quel momento ha cominciato a frenare, l’urto mi ha sbalzata in avanti, e prima che cadessi ha fatto in tempo a colpirmi una seconda volta) e mi scaraventa a terra con la faccia sull’asfalto (e meglio con la faccia che con la testa comunque, vista la violenza dell’urto). Poi finalmente si ferma, con le ruote a pochissimi centimetri dal mio corpo, mente io urlo, urlo, continuo a urlare, non riesco a smettere di urlare – e non ci provo neanche, del resto, a trattenere questa interminabile serie di urla. Il dolore è atroce, ma so con certezza che non è quello a strapparmi quelle urla selvagge che sgorgano da ancestrali meandri del mio essere. Forse sono urla di terrore. Forse di protesta (mi accade a volte di protestare piuttosto rumorosamente, in effetti). Forse è il mio essere viva, nonostante tutto, che si fa prepotentemente sentire. Poi sollevo la testa di qualche centimetro e vedo la pozza di sangue (non macchia: pozza) sotto la mia faccia, abbastanza ricca da far rimbalzare le gocce di sangue che continuano a cadervi a ritmo sostenuto.
La prima cosa che sento è la mano, che si posa lieve sui miei capelli, le dita che mi accarezzano la testa. Poi arriva la voce, bassa, calma. Mi sente? Riesce a sentirmi? Capisce quello che dico? Ha battuto la testa? Ricorda di avere battuto la testa? Ha freddo? UNA COPERTA! QUALCUNO HA UNA COPERTA? Non dorma, non deve addormentarsi, continui ad ascoltarmi, no, non si muova, non si deve muovere, l’ambulanza sta arrivando (non era vero, lo diceva solo per tranquillizzarmi, però ha funzionato. Ha funzionato, incredibilmente, anche le altre due o tre volte che lo ha detto, anche se ormai lo sapevo che non era vero. Ha funzionato talmente bene che polso e pressione sono risultati perfettamente normali). SERVE QUALCOSA DA APPOGGIARE LA TESTA e arriva un rotolo di qualcosa di gomma, come quelle stuoie per fare ginnastica, in modo che ci possa appoggiare la fronte, senza doverla appoggiare sull’asfalto o tenere sollevata irrigidendo il collo. (E mentre sono lì per terra mi squilla il cellulare. So chi è, e devo rispondere. Non deve muoversi. Devo rispondere. Non deve muoversi. Devo rispondere. E riesco a raggiungere la tasca, ad estrarne il cellulare, e immaginatevi una povera disgraziata che sta chiamando per decidere quando e dove vederci e che, senza saluti né preamboli di sorta si sente dire sonoperterrainmezzoallastrada, mihatiratsottounamacchina, stoaspettandolambulanza, tirichiamoquandoposso). Ha sete? Vuole bere? Poi compare una bottiglia, compaiono dei fazzoletti, e comincia a pulirmi, delicatamente, la faccia imbrattata di sangue; finito questo lavoro, riprende ad accarezzarmi la testa, sempre continuando a parlare; rimane lì fino all’arrivo dell’ambulanza, e si offre anche di accompagnarmi.
Il risultato dell’incontro con l’automobilista distratto è: ecchimosi all’angolo interno di un occhio, escoriazione al naso tuttora sanguinante, naso gonfio come un peperone (e ancora dopo 4 giorni non riesco a soffiarlo), labbro che neanche Patti Pravo, le ginocchia due polpette sanguinolente che ancora stanno sanguinando, una gamba completamente addormentata, un braccio e una spalla doloranti e con mobilità limitata, lividi, ecchimosi, edemi ed escoriazioni profonde sparse per tutto il corpo, difficoltà a sopportare rumore e movimento.
Ma tanto a noi vecchie streghe chi ci ammazza?
(Adesso vado a stendermi, comunque, che sono proprio sfinita)
barbara