DUE PAROLE SUI NOSTRI “DUE PAPI”

Morte Benedetto XVI: dalla sede impedita alla sede vacante. Papa Francesco non esiste

Il Santo Padre Benedetto XVI è tornato alla casa del Padre e sarà ricordato come uno dei più grandi pontefici della storia. Da ieri, la sede romana non è più impedita, ma è VACANTE, cioè in attesa di un nuovo papa.

Mentre il mainstream insiste compulsivamente nel cercare di farvi credere alla fola del papa dimissionario-abdicatario, oggi riepilogheremo sinteticamente perché papa Benedetto è rimasto l’unico papa esistente fino al 31 dicembre 2022. Di seguito vi riportiamo la Declaratio correttamente tradotta dal latino: potrete confrontare QUI le due versioni e trovare QUI l’approfondimento. Considerate che, giuridicamente, l’unica versione che conta è quella latina.

Carissimi Fratelli,

vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il munus  petrino (1) . Sono ben consapevole che questo munus, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando (2). Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo (3), è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministerium a me affidato (4). Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministerium (5) di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, (6) la sede di Roma, la sede di San Pietro, (vacet) resterà vuota (7) e dichiaro che dovrà essere convocato il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice da parte di coloro ai quali compete (8).
Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice (9). Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio (10).

1) Compare il munus petrino, l’investitura divina di pontefice, l’”essere papa”, come da ultima versione del Diritto canonico del 1983. L’esercizio del munus si chiama ministerium, ed equivale a “fare” il papa. Benedetto XVI sentiva di non avere le forze per esercitare il munus, per fare il papa. In effetti, era vittima di un ammutinamento: Vatileaks, nel 2012, dimostra che egli ormai non era più obbedito, tanto che il presidente dello IOR fu licenziato dal card. Bertone (del cui strapotere si lamentarono per iscritto 4 prelati) senza che lui ne sapesse nulla. Emerge anche il Mordkomplott evidenziato da Marco Lillo de Il Fatto Quotidiano: un progetto per uccidere papa Benedetto, confermato dal cardinale colombiano Dario Castrillòn nel 2015.

2) L’essenza spirituale del munus si compie non solo con atti pratici, ma anche spiritualmente, “nondimeno soffrendo e pregando”. Il can. 333.2 specifica che il papa “ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale munus”. Quindi Benedetto ha deciso di fare il papa in modo immateriale, solo soffrendo e pregando, rinunciando di fatto all’aspetto pratico tipico del ministerium.

3) Come leggete, qui papa Benedetto si riferisce proprio alle opere e alle parole: “governare la barca di Pietro” e “annunciare il Vangelo”, cose pratiche per le quali sente di non avere più la forza.

4) Lui sente di non poter amministrare bene, cioè completamente  il ministerium anche con le opere e con le parole…

5) …così, dichiara di rinunciare al ministerium, cioè a “fare” il papa. Per l’abdicazione, il can. 332.2 richiede invece inderogabilmente la rinuncia al munus, all’essere papa. Come spiega la giurista Estefania Acosta, è vero che talvolta munus può essere sinonimo di ministerium, ma ministerium non può mai essere sinonimo di munus come “essere” papaperché vuol dire sempre e solo “fare”, esercitare la carica. Benedetto ha rinunciato a fare il papa, non a esserlo.   

6) Altro elemento colossale di invalidità per una impossibile rinuncia al papato: il differimento dell’entrata in vigore. Come spiega il canonista Francesco Patruno, confermato dal giurista Antonio Sànchez: “L’atto di rinuncia, come anche l’accettazione al papato, appartengono al novero dei cosiddetti atti giuridici puri, ovverosia a quella categoria di atti che non ammettono l’apposizione di un termine e/o di una condizione. Sono atti che esplicano i loro effetti immediatamente e non tollerano differimenti di sorta ad una certa ora futura o il verificarsi di eventi futuri ed incerti. Un cardinale che accetta l’elezione papale non può dire «Io accetto l’elezione, però questa avrà efficacia a partire da una certa data». Analogamente la rinuncia”. Peraltro, dopo le ore 20.00 del 28 febbraio, papa Benedetto non confermerà nulla né per iscritto né verbalmente questa rinuncia, come evidenziato dal teologo Carlo Maria Pace. Sarebbe impossibile, dato che il ministerium, legalmente, non può essere separato dal munus. Infatti tutto è rimasto sul piano puramente fattuale.

7) Elemento fondamentale: il verbo vacet in latino, letteralmente significa che la sede resterà “vuota, sgombra, libera”. E’ stato tradotto come “sede vacante” ma in modo del tutto erroneo, per i motivi giuridici di cui sopra, visto che la rinuncia fattuale al ministerium non produce abdicazione. Per questo motivo, papa Benedetto alle 17.00 del 28 febbraio prende l’elicottero e vola a Castel Gandolfo in modo che per le 20.00 la sede di Roma resti fisicamente “vuota, sgombra, libera”.

8) In questa altra frase oggettiva, papa Benedetto avverte che il prossimo Sommo Pontefice, (alla sua morte), dovrà essere eletto “da coloro a cui compete”. Cioè, o dai veri cardinali nominati da lui e da Giovanni Paolo II (e non quelli nominati da eventuali usurpatori) oppure, nel caso non si riesca a recuperare la sede, dal popolo di Roma, come nei primi secoli del Cristianesimo. In questo caso, la vera Chiesa di Cristo dovrà uscire dalla Sinagoga e rifondarsi ripartendo da zero.

9) Da questo momento papa Benedetto smette di fare il papa, perché impedito nel farlo e affida la Chiesa a Gesù Cristo. Al contempo, prega Maria affinché assista … i Padri Cardinali! (e non il popolo di Roma) nell’elezione del nuovo papa. Cioè, fra le due opzioni di “coloro a cui compete”, Benedetto prega Maria affinché la sede fisica possa essere riconquistata e che quindi possa avere luogo un vero conclave con veri cardinali.

10) Come leggete, lui avrebbe continuato a fare il papa solo con la preghiera.

Questa Declaratio, dichiarazione, che appunto non si chiama Renuntiatio, come previsto dalla Universi Dominici Gregis, è un geniale sistema antiusurpazione. I nemici di Benedetto, i cardinali massoni-modernisti della Mafia di San Gallo che sponsorizzavano Bergoglio, si sono accontentati di questa pseudo-rinuncia e ci si sono strozzati. Infatti, in italiano e in altre lingue volgari sia munus che ministerium vengono tradotti con la parola “ministero” (ministry, minstére, ministerio, etc).

Ma c’è una enorme distinzione: se il papa rinuncia al ministero-munus, ha abdicato e la sede è vacante. Se il papa perde il ministero-ministerium, la sede non è vacante, ma impedita e lui RESTA PAPA.

Così, il 1° marzo 2013 il cardinale decano ha convocato un nuovo conclave, con veri cardinali, ma illegittimo, perché a papa non morto né abdicatario. Da quel preciso momento la sede romana è totalmente impedita.

E questo cosa comporta? Lo spiega il can. 335: “Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale”.

Dal 2013 siamo entrati nel “Pontificato d’eccezione”, dove in sede totalmente impedita è sospesa ogni attività giuridica. Bergoglio viene abusivamente eletto antipapa e non ha l’assistenza dello Spirito Santo (e si vede). Nulla di quanto fatto dall’antipapa Francesco in questi nove anni è legittimo. Bergoglio e i suoi sono scismati dalla Chiesa cattolica. Questa è la purificazione finale della Chiesa voluta dal Santo Padre Benedetto XVI.

Era l’unica cosa che potesse fare: se, per reagire all’ammutinamento, Benedetto avesse cominciato a scomunicare a destra e a manca si sarebbe solo fatto odiare ancora di più, consolidando quella sua immagine di “arcigno teologo germanico” cucitagli addosso dal mainstream. Se avesse continuato a subire passivamente sarebbe stato fatto fuori e alla sua morte ci sarebbe stato un conclave legittimo.

In questo modo, invece, egli ha messo alla prova, “indotto in tentazione” (nel vero senso del Padre Nostro) i cardinali a lui infedeli: ha fatto appena “un passo di lato” di fronte ai lupi e quelli sono finiti nella trappola da soli. In nove anni, i lupi hanno dimostrato cosa sono e cosa vogliono. Come diceva Ticonio, teologo amatissimo da Ratzinger, la Chiesa di Cristo si sarebbe dovuta ritirare per far venire alla luce la “chiesa del diavolo” QUI .   

Adesso attenzione: la Chiesa, dal punto di vista spirituale è salva, ma da quello materiale è tutto da decidere. Il prossimo conclave dovrà essere composto solo da cardinali pre-2013, altrimenti verrà fuori un altro antipapa e la Chiesa canonica visibile sarà finita per sempre.
Andrea Cionci, qui.

Quindi, riepilogando, a causa della sua incapacità di amministrare materialmente il ministerium, si sarebbe dovuto nominare un tutore, un luogotenente, un delegato, un facente funzione, un amministratore, insomma uno che svolgesse, per conto del papa, la parte materiale della funzione di papa che lui non era più in grado di svolgere, NON eleggere un nuovo papa. Il quale è pertanto abusivo, in poche parole un antipapa, come più di qualcuno ha detto fin dall’inizio: un antipapa al servizio dell’Anticristo. E credo che la cosa si possa intendere anche in modo laico, valida per credenti ma non meno per non credenti. Io per esempio non ho alcuna difficoltà a ravvisare l’equivalente laico di un Anticristo in Soros, o in Zuckerberg, o in Dorsey, o in Greta (non a caso paragonata a Cristo dall’arcivescovo di Berlino Heiner Koch, non a caso nominato arcivescovo da Francesco; da altri paragonata ai profeti della Bibbia, definita successore di Cristo e inserita nei corsi di religione): attivi, tutti costoro, spiriti del Male, propugnatori del Male, costruttori del Male. D’altra parte già in tempi non sospetti è stato detto che l’Anticristo «personaggio affascinante che riuscirà a influenzare e a condizionare un po’ tutti […] sarà un convinto spiritualista, un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo.» Con l’avvento dell’antipapa direi che i Tempi sono maturi, e ciò che sta avvenendo intorno a noi lo sta dimostrando.

barbara

CENSURA E DINTORNI PARTE SECONDA

Qualcuno, molto molto ingenuo, crede che Trump sia stato bloccato perché è cattivo, perché incita alla violenza, perché a lasciarlo parlare potrebbe scatenare una guerra civile o addirittura una guerra nucleare. Qualcun altro, un po’ meno ingenuo ma non ancora del tutto consapevole di quello che sta succedendo, si preoccupa che, come è stato silenziato Trump, potrebbero in futuro essere silenziati anche altri che risultassero sgraditi a chi detiene le chiavi del regno. Sbagliato. Trump è stato nient’altro che un mero pretesto per dare via a un vastissimo programma già da tempo accuratamente studiato e pianificato. E non siamo noi “complottisti” a dirlo, bensì proprio colui che detiene le chiavi del regno, il signor Jack Dorsey.

Trapela online video “riservato” del Ceo di Twitter: “Trump è l’inizio dell’operazione”

In un video “riservato” trapelato in rete, il Ceo di Twitter Jack Dorsey ha spiegato ai suoi dipendenti che la sospensione degli account di Donald Trump è definitiva e che l’obiettivo della piattaforma sarà “molto più ampio”

La discussa sospensione degli account di Donald Trump da Twitter, in seguito ai disordini del 6 gennaio a Capitol Hill, sta assumendo dimensioni decisamente più grandi e inquietanti.
In una registrazione diffusa in rete da un insider e pubblicata dall’account Project Veritas, Jack Dorsey, Ceo della piattaforma dell’uccellino, spiega ai dipendenti del piano di cancellazione degli account considerati pericolosi per il loro contenuto, e conferma che il ban dalla piattaforma del presidente uscente degli Stati Uniti, sarà definitiva.
“Per ora siamo concentrati su un account, ma ciò prenderà una forma molto più grande di un solo account”, ha affermato Dorsey durante una video call con i suoi dipendenti, riferendosi al profilo di Trump. Il Ceo prosegue spiegando la strategia della piattaforma, che non si limiterà a silenziare un account, ma molti altri. “E non si fermerà ad oggi, a questa settimana o a quelle a venire. Andrà avanti anche dopo l’inaugurazione. Quindi il nostro focus va a questo account, che ha incitato alla violenza, ma dobbiamo pensare che queste dinamiche andranno avanti per molto tempo”. Le parole di Jack Dorsey sono più o meno le stesse che il Ceo ha pubblicato sul suo profilo Twitter, dove ha affermato che lo scopo del gruppo “è disarmare il più possibile ed essere sicuri di costruire una maggior comprensione comune e un’esistenza pacifica sulla Terra”.
Ma per quanto il discorso scritto da Dorsey confermi in parte quanto trapelato dalla registrazione messa in rete, le sue parole svelano un obiettivo molto più invasivo. “Le mosse che oggi stiamo attuando riguardo agli account QAnon, sono un esempio dell’approccio molto più ampio che dovremo adottare in futuro”. Non solo gli account di Donald Trump sono sotto attacco, quindi, ma tutti quelli considerati sovversivi e complottisti. In questi giorni infatti sono stati sospesi i profili di alcuni promotori della teoria QAnon, come quello dell’avvocato di Trump Sidney Powell e del colonnello Mike Flynn. Stando al discorso di Dorsey, in futuro ci sarà una pulizia di massa degli account che potrebbero minare la stabilità e la democrazia non solo nei social, ma “nel mondo” reale.
Quello che Dorsey ha dichiarato ai suoi dipendenti è un cambiamento epocale del ruolo dei social media all’interno della nostra società. Mentre prima il ban era riservato e si limitava agli account che trasgredivano le regole di buona condotta, ora dalle parole del Ceo appare lampante che la politica giocherà un ruolo chiave. I social network si stanno trasformando in “giudici” della rete, stabilendo cosa è giusto e cosa è sbagliato, compiendo un passo che porterà inevitabilmente, verso una censura della libertà di espressione.
Mariangela Garofano – 16/01/2021, qui.

Una volta c’era la Santa Inquisizione, che stabiliva che cosa era consentito fare e che cosa no, che cosa era consentito dire e che cosa no. I suoi occhi erano dappertutto e nulla poteva sfuggire alla sua santa sorveglianza. Chissà che incubo deve essere stato vivere in quella maniera. Meno male che oggi non esiste più niente del genere, nessuno più spia i nostri discorsi e i nostri pensieri, nessuno ci denuncia, nessuno ci punisce se diciamo qualcosa che a qualcuno non piace. (Poi una volta c’era anche il parroco, che nelle prediche della domenica terrorizzava i fedeli con truculente descrizioni dell’inferno, col fuoco eterno che brucia le carni e i calderoni di pus bollente, e i diavoli coi forconi… Adesso abbiamo Galli e Crisanti)
Quanto a Dorsey, non so se sono solo io che…

Poi ci sono quegli orrendevolissimi Paesi fascisti populisti sovranisti eccetera, che per definizione non riconoscono le libertà fondamentali (opinione parola stampa) che presso di noi liberali e progressisti godono pieno diritto di cittadinanza.:

Lorenzo Capellini Mion

Varsavia, PL
Il governo polacco sta predisponendo una legge rivoluzionaria che vieterà agli amministratori dei social media di inibire arbitrariamente gli utenti dal poter esprimere le proprie opinioni.
Chi ha conosciuto gli orrori del nazismo e del comunismo le dittature le riconosce da lontano.
E le previene.
Dobra robota Polska  [Buon lavoro Polonia]
Prenderei appunti

E a proposito di dittature, vi ricordate quando in Unione Sovietica i dissidenti venivano classificati come pazzi (ovvio: chi, se non un pazzo, potrebbe rifiutare il paradiso comunista?) e spediti in manicomio? Ecco

Niram Ferretti

DIAGNOSI

Finalmente è arrivata anche l’expertise “scientifica”, non poteva mancare. Ma c’è poco da fare dell’ironia. Secondo la psichiatra Bandy X. Lee, intervistata su “Scientific American”, psichiatra forense alla scuola di medicina di Yale, Trump e i suoi sostenitori sono soggetti da curare.
“Le ragioni sono molteplici e varie, ma nel mio recente libro di servizio pubblico, Profile of a Nation, ho delineato due principali pulsioni emotive: la simbiosi narcisistica e la psicosi condivisa. La simbiosi narcisistica si riferisce alle ferite dello sviluppo che rendono magneticamente attraente la relazione leader-seguace. Il leader, affamato di adulazione per compensare una mancanza interiore di autostima, proietta una grandiosa onnipotenza, mentre i seguaci, resi bisognosi dallo stress sociale o dalle lesioni dello sviluppo, desiderano una figura genitoriale. Quando a tali individui feriti vengono assegnate posizioni di potere, suscitano patologie simili nella popolazione che creano una relazione “serratura e chiave. ‘Psicosi condivisa’ – che è anche chiamata ‘folie à million’ quando si verifica a livello nazionale o “illusione indotta” – si riferisce alla contagiosità dei sintomi gravi che va oltre la normale psicologia di gruppo. Quando un individuo altamente sintomatico è posto in una posizione influente, i sintomi della persona possono diffondersi nella popolazione attraverso legami emotivi, aggravando le patologie esistenti e inducendo deliri, paranoia e propensione alla violenza, anche in individui precedentemente sani. Il trattamento è la rimozione dall’esposizione”.
Chiaro no? Lo psicotico, in questo caso, Trump che con la sua patologia narcisistica compensatoria, ha indotto una psicosi generale nei suoi elettori tutti, ovviamente, alla ricerca di una figura genitoriale, deve essere rimosso.
Riassumiamo. Trump e i suoi seguaci sono tutti affetti da psicosi. Per il primo è auspicabile la rimozione, e di fatto, Twitter ha già provveduto insieme a Facebook. “Per la guarigione, di solito raccomando tre passaggi: (1) Rimozione dell’agente offensivo (la persona influente con sintomi gravi)…
Possiamo, credo, fermarci al primo passaggio…
A parte il livello diremmo amatoriale della “diagnosi”, nulla del genere era venuto alla luce quando venne eletto Barack Obama. I suoi elettori, infatti, erano, evidentemente, tutti adulti e nessuno aveva bisogno della “figura genitoriale”.
La Lee è contraria alla linea guida dell’American Psychiatric Association introdotta negli anni Settanta, la quale scoraggia il parere degli psichiatri relativamente a personalità pubbliche che non abbiano esaminato in prima persona.
“Tutte le volte che viene citata la regola Goldwater bisognerebbe riferirsi alla Dichiarazione di Ginevra che autorizza gli psichiatri a prendere una posizione nei confronti di governi distruttivi. Questa dichiarazione venne creata in risposta al nazismo”.
Il nazismo, ecco… Insomma, perché non creare una bella commissione psichiatrica che stabilisca se un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, sia idoneo a ricoprirla con la Lee come presidente?
Se ci fosse stata già Trump non sarebbe mai passato, Obama sicuramente e anche Joe Biden, non ci sono dubbi.
La Lee, nell’ex Unione Sovietica, avrebbe avuto una carriera folgorante.

E qualcuno ha ricordato che

Qualche anno fa, da noi, Corbellini, propose l’utilizzo dell’ossitocina per guarire i leghisti.

Ossia drogarli per costringerli ad amare i clandestini (contro gli immigrati regolari, integrati e onesti, tranne forse qualche sparuto razzista, non risultano avere obiezioni).
E proseguiamo.

Niram Ferretti

INTIMIDAZIONE ED EPURAZIONE

L’offensiva di stampo sovietico contro chi supporta Trump sta proseguendo a tutto spiano. I giganti della Silicon Valley, l’oligarchia digitale, hanno deciso l’eutanasia di Parler, l’applicazione che, a giudizio insindacabile di Apple, Google e Amazon avrebbe legittimato il “golpe” da vaudeville del 6 gennaio.
Il Parler CEO di Parler, John Matze ha dichiarato che le compagnie si sono riunite in modo da “Essere sicure che nello stesso momento perdessimo l’accesso non solo alle nostre applicazioni, ma che venissero chiusi anche tutti i nostri servers online. Hanno tentato non solo di eliminare le app, ma addirittura di distruggere l’intera azienda. Ma non sono solo queste tre società; tutti i fornitori, dai servizi di messaggi di testo, ai provider di posta elettronica ai nostri avvocati, ci hanno abbandonato, lo stesso giorno, e stanno cercando di affermare falsamente che siamo stati in qualche modo responsabili degli eventi del 6 gennaio”.
Non sono previste difese. Nessun appello. Nemmeno un processo farsa. Nulla. Si agisce subito. A Norimberga i gerarchi nazisti ebbero la possibilità di difendersi, ma oggi non è più così. Twitter elimina l’account di Trump, Amazon, Google, Apple eliminano Parler.
Questa sì che è vera democrazia. Decidono loro cosa si può vedere o no. Tanta tanta buona pornografia, incitazioni alla distruzione di Israele, tanto buon suprematismo islamico, negazionismo, antisemitismo, ecc. Tutto questo è ok, ma Trump e un sito che lo sostiene sono da togliere di mezzo.
Quello che sta accadendo negli Stati Uniti non ha precedenti nella storia delle democrazie moderne, ma era già annunciato. Lo ha annunciato la santificazione di George Floyd, l’esaltazione di BLF come organizzazione portatrice di giustizia, lo ha annunciato la distruzione delle statue di militari della Confederazione e di personaggi storici, tra cui Cristoforo Colombo, accusati di essere razzisti e quindi simboli del male, lo ha annunciato l’isteria delle vaiasse fallocastranti di “Metoo”, lo ha annunciato la crociata contro opere fondamentali della cultura occidentale, come “L’Odissea” considerate anche esse razziste, per non parlare di film di vera propaganda razzista come “Via col Vento”.
Questo radicalismo è ora scatenato contro l’unico uomo politico che, a livello mondiale, rappresentava ciò che lo contrastava, Donald Trump.
E Joe Biden, l’incolore travet della politica, che se non ci fosse stato il Covid 19 e la possibilità di un massiccio voto postale, avrebbe continuato a fare il nonno [e il pedofilo. Ma quello continuerà a farlo ancora], Joe Biden, qualcuno pensa veramente che potrà arginare questa onda micidiale?
Risum teneatis. [Il punto non è se possa, caro Niram: il punto è che non gli passa neanche per la testa di provarci perché quello è esattamente lo stagno in cui sguazza]
La speranza è che Trump tenga duro e si riorganizzi velocemente, che con lui restino i 75 milioni di americani che lo hanno votato. Qui è in gioco la possibilità stessa di esprimere il dissenso, perché quanto succede negli USA, si riverbera sempre alle periferie dell’impero, Italia inclusa.

E a proposito dei brogli che Trump si è inventato per rifiutare puerilmente di riconoscere la sconfitta:

Lorenzo Capellini Mion

San Antonio, Texas

La signora Rachel Rodriguez è stata arrestata con l’accusa di aver portato a termine un massiccio programma di raccolta di schede elettorali con il fine di alterare i risultati.
Alcune riprese video, fatte sotto copertura, dimostrano le modalità della manipolazione.
È solo la punta dell’iceberg ma non è proprio vero che la giustizia non stia facendo il suo corso.
La frode non è una teoria cospirativa e qui ne abbiamo una delle tante evidenze.
Il problema è sempre stata la scarsa, o nulla, volontà di fare luce su verità scomode.
L’integrità delle elezioni verrà ristabilita, forse quando sarà troppo tardi.
Forse.
Defend the Election

E difendiamo la verità.
Quanto a FB, tanto per cambiare:

barbara

E FINALMENTE IL REGNO TRUMPIANO DELL’OSCURITÀ E DELLA MENZOGNA È TRAMONTATO E D’ORA IN POI LUCE E VERITÀ REGNERANNO SOVRANE

No Trump, no fake news. La bolla degli editorialisti in festa (auguri)

I liberal esultano, il salotto di Twitter sarà libero dalle balle di The Donald e il mondo tornerà migliore. Ma Ted Cruz svela il bluff

«La fine del Regno dei tweet del terrore di Trump è vicina», «il suo mandato di troll in chief è giunto a una fine ignominiosa», «la bacchetta magica dei social media di Trump sarà presto impotente». Quel bufalaro armato di smartphone di Trump ha perso le elezioni, ma al New York Times gli editorialisti continuano a strepitare come in una puntata del Trono di Spade: non più per denunciare l’“insonnia” che li «affligge dalla notte maledetta in cui è stato eletto», bensì per celebrare la fine dell’era delle fake news e, va da sé, l’inizio del sonno dei giusti.

Gloria a Twitter nell’alto dei cieli, scrivono oggi, perché se in passato il presidente poteva impunemente twittare “una raffica di pazzie in MAIUSCOLO”, oggi quando digita bugie come «HO VINTO LE ELEZIONI» viene scrupolosamente “pecettato” dal social (un avviso mette in guardia gli utenti da affermazioni false e disinformazione); e pecetta, si sa, per chi vive e dorme su Twitter è sempre garanzia di verità.

LA PARTE GIUSTA DELLA STORIA, QUELLA DEI GIORNALISTI

Lode dunque al social network, che finalmente torna a sedere dalla parte giusta della storia, quella dei giornalisti democratici, proprio come ai tempi del grande piazzista di democrazia digitale Barack Obama. Dove non c’è posto per usurpatori e truffatori portati al potere da troll, hacker russi, cannibali digitali (tale era Zuckerberg prima di ravvedersi e filtrare annunci pubblicitari) pronti a colonizzare la piattaforma per ingannare il popolo bue; e così grazie a sua maestà il fact cheking il signor Trump che da un mese, qualunque cosa twitti, colleziona pecette («questa affermazione sulla frode elettorale è contestata», «fonti ufficiali hanno definito questa elezione in modo diverso» etc) finalmente “sparirà” insieme ai suoi amici mitomani. Proprio come una “hot app”, un video virale, un gattino.

IL FUNERALE DELLE FAKE NEWS

Naturalmente il fatto che Trump sia stato sconfitto, sì, ma con milioni di voti in più (tutti utenti trollati su twitter?); o che le elezioni che dovevano rappresentare «un referendum sull’era delle fake news» (copy Cnn) e il ripudio del “real is fake” trumpiano abbiamo tutt’altro che unito, bensì diviso, gli Stati Uniti d’America; o che la gente sia ancora più disposta a credere ai social network piuttosto che al New York Times o alla Bbc (che ancora diffonde video per spiegare come Trump abbia portato le fake news a diventare mainstream), tanto da richiedere pecettamenti vari, tutto questo non interroga la parte giusta della storia.

Qui si è voltata pagina, fatto il funerale alla post-verità, ristabilita una presunta verità perduta grazie alla molto democratica sorveglianza del linguaggio: «Senza prove Trump sostiene di essere vittima di una frode» ha scritto la Cnn in sovrimpressione alla diretta della conferenza stampa del presidente degli Stati Uniti, mentre Abc, Cbs e Nbc hanno interrotto il collegamento.

I TROLL RUSSI SÌ, I BROGLI ELETTORALI NO

Ai «capricci post elettorali» di Trump, «motivo di imbarazzo per tutto il paese», le «teorie del complotto che si spandono come odore marcio di palude» dedica anche una buona dose di sarcasmo il Washington Post, avvisando i lettori di non temere perché, per fortuna, la nazione non è “impotente” grazie ai «sistemi di monitoraggio messi in atto mesi fa da funzionari deputati a proteggere la nostra democrazia» e «l’integrità del voto». Lo stesso WP che per quattro anni ha spiegato l’elezione di Trump come la vittoria della campagna di disinformazione russa attuata sui principali social media.

Un’era lontana: oggi il paese non deve temere “nevrosi” da Trump grazie a solerti funzionari e pecette a guardia della democrazia americana. Il meccanismo è semplice: Trump è un bugiardo, uno spaccia fake news, quindi se Trump dice che esistono i brogli elettorali la verità è che non esistono. Lui non ha le prove, la democrazia ha i suoi sorveglianti.

LA DEMOCRAZIA SECONDO DORSEY, AD DI TWITTER

E che sorveglianza: interrogato martedì dalla commissione giudiziaria del Senato insieme a Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Facebook, Jack Dorsey, amministratore delegato di Twitter, ha dovuto rispondere a Ted Cruz in merito ai meccanismi di moderazione contenuti sulle propria piattaforma. Ecco un passaggio che vale la pena riprendere nei giorni del trionfo dell’era della verità perché c’è davvero tutto, ma proprio tutto:

Cruz: I brogli elettorali esistono?
Dorsey: Non ne sono certo.
Cruz: lei è un esperto di brogli elettorali?
Dorsey: No, non lo sono.
Cruz: Allora perché Twitter mette presunti avvertimenti su tutti i tweet che fanno riferimento a brogli elettorali?
Dorsey: Stiamo semplicemente invitando gli utenti a una conversazione più ampia, in modo che la gente abbia più informazioni.
Cruz: No, non è così. Avete pubblicato una pagina che dice che i brogli elettorali sono estremamente rari negli Stati Uniti. Questo non significa invitare a una conversazione più ampia ma prendere una posizione politica discutibile e lo fate in veste di editori. Avete il diritto di prendere una posizione politica, ma allora non potete fare finta di non essere editori e beneficiare della Sezione 230.
Dorsey: Quel link invita a una conversazione più ampia che stanno avendo i media e le persone di tutto il paese.
Cruz: Signor Dorsey, questa affermazione infrange le regole di Twitter? “Il voto per corrispondenza costituisce la causa principale di brogli elettorali”.
Dorsey: Penso che verrebbe segnalata in modo che gli utenti possano approfondire il tema.
Cruz: E questa affermazione? “I brogli elettorali sono possibili soprattutto laddove i candidati di organizzazioni terze e gli attivisti politici sono coinvolti nello scrutinio dei voti per corrispondenza”. Segnalerebbe un tweet del genere come potenzialmente ingannevole?
Dorsey: Non conosco i dettagli ma immagino che affermazioni del genere verrebbero segnalate invitando gli utenti ad approfondire il tema.
Cruz: Ha ragione, verrebbero segnalati perché avete fatto vostra la posizione politica che i brogli elettorali non esistono. Faccio notare che entrambe le affermazioni sono tratte dalla Commissione sulla Riforma elettorale federale Carter e Baker. Parliamo del presidente democratico Jimmy Carter e dell’allora segretario di Stato James Baker e la posizione di Twitter è essenzialmente che i brogli elettorali non esistono. È al corrente che solo due settimane fa in Texas a una donna sono stati imputati 134 capi d’accusa per frode elettorale?
Dorsey: Non ne sono a conoscenza.
Cruz: Se facessi un tweet che rimanda a quell’atto di accusa metterebbe un commento che dice che secondo il Partito Democrati adesso i brogli elettorali non esistono?
Dorsey: Non penso sia utile fare speculazioni. Ma non penso.
Cruz: Non pensa? Beh, lo vedremo, perché farò quel tweet e vedremo cosa succede.

Caterina Giojelli 20 novembre 2020, qui.

Ci è voluto molto perché almeno un po’ del marciume che ha tentato di sommergere Trump cominciasse a venire a galla, ma a volte – non sempre purtroppo, no, non sempre, ma almeno qualche volta sì – la tenacia premia. E ora godiamoci lo scambio completo col boss di twitter, degno dei migliori film

E già che ci siamo godiamoci anche quello col boss di FB

Qui l’originale, ancora più godibile, così i più pignoli e diffidenti potranno verificare l’esattezza della traduzione. E infine ancora due parole sulle infernali macchinette messe a punto allo scopo preciso di taroccare i voti.

Altre informazioni qui.

barbara