UN PO’ DI ATTUALITÀ POLITICA

Questa per la verità è di quasi tre anni fa, ma se dicessi che è di ieri pomeriggio nessuno se ne accorgerebbe.

Restando in casa nostra e all’attualità più attualissima, è bello sapere che abbiamo tante persone capaci di stare dalla parte giusta,

che hanno le idee giuste per fare tante cose bellissime pagate dallo stato,

perché lo stato, come tutti sanno, ha il cassetto dei soldi e, come lo zio ricco che paga il gelato a tutti i nipotini, ci regala tutto quello che vogliamo, ma soprattutto un sacco di gente con delle idee che neanche Leonardo Pico della Mirandola e Einstein insieme riuscirebbero a partorirne di così geniali

Eh? Vero che sono dei geni? Ma ci pensate a tutta la gente che sta dietro alla manutenzione e al funzionamento dei jet privati? Tutti che restano senza lavoro, ed essendo senza lavoro non pagano più le tasse, e non avendo soldi riducono drasticamente gli acquisti, così che i negozianti guadagnano di meno e di conseguenza pagano meno tasse e a loro volta… Niente, la fabbrica dei geni abbiamo, che ce li invidiano tutti, come con la gestione del covid che il mondo intero pendeva dalle labbra di Conte e prendeva lezione da noi. Che poi comunque l’idea di prendere i ricchi a randellate sulle gengive l’aveva già avuta qualcun altro, quindi i risultati non abbiamo bisogno di ipotizzarli, perché li conosciamo già per esperienza.

Anche in fatto di politica internazionale abbiamo un po’ di cose interessanti, a cominciare dalla wannabe primo ministro britannico, che oltre a essere pronta a sganciare le bombe atomiche sulla Russia vuole anche dichiarare guerra alla Cina.

Poi c’è mister “poscia più che il digiun poté il partito”

Per fortuna in mezzo a tanta desolazione qualche cervello funzionante ancora rimane

Sahra Wagenknecht 

“Siamo pronti a pagare un caro prezzo economico per la sicurezza dell’Ucraina”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Baerbock a febbraio. Ormai è chiaro che questo prezzo arriva alla rovina personale per molti. Allo stesso tempo, le compagnie petrolifere e del gas stanno realizzando profitti astronomici. Insieme a Christian Leye, faccio il punto della guerra economica finora sul quotidiano “Die Welt” e spiego perché la fine delle sanzioni, dei negoziati di pace e dell’apertura di Nord Stream 2 non deve più essere un tabù. Le proteste “soft-washed” che mirano da sole al FDP non bastano: vanno citate le cause centrali dell’esplosione dei prezzi dell’energia, ovvero le sanzioni economiche e la rinuncia alle iniziative diplomatiche per porre fine alla guerra: https://www.sahra-wagenknecht.de/de/article/3193.%C3%B6ffnung-von-nord-stream-2-als-signal-der-entspannung-in-diesem-wirtschaftskrieg.html

E poi c’è questa cosa strepitosa: la Germania addestra i soldati ucraini e la Russia, pensate un po’, li spia! Capite che faccia tosta?! Vuole sapere che cosa esattamente fanno quelli che vengono addestrati per ammazzare i russi: roba da non credere.

La Russia spia l’addestramento dei soldati ucraini in Germania

Il servizio di controspionaggio militare ha prove [wow! Ha le prove!] che Mosca si intrufola [si intrufola! Mosca!] nelle basi tedesche, usando i droni [nel senso che i droni passeggiano fra soldati ucraini e istruttori tedeschi fischiettando con aria indifferente per non dare nell’occhio?]
Una delle misure per aiutare l’Ucraina attuate dal governo tedesco è l’accoglienza [accoglienza in che senso?] e l’addestramento dei soldati ucraini, che sono addestrati nel suo territorio a utilizzare armi più moderne e sofisticate di quella sovietica su cui contava il loro esercito.
Il servizio di controspionaggio militare ha prove che la Russia ha spiato queste sessioni di addestramento nelle basi tedesche [teribbile!], iniziata poco dopo l’invasione, utilizzando droni. Secondo un rapporto a cui ha avuto accesso il settimanale ‘Der Spiegel’, il Servizio di protezione militare (MAD) ha rilevato veicoli sospetti poco dopo l’inizio dei corsi per soldati ucraini nelle vicinanze dei siti militari di Idar-Oberstein, nella Renania -Palatinato, e Grafenwoehr, in Baviera, da dove partono le strade di accesso [ha rilevato veicoli sospetti = ha le prove?].
A Idar-Oberstein, la Bundeswehr addestra i soldati ucraini all’uso del Panzerhaubitze 2000 , mentre a Grafenwoehr i militari statunitensi addestrano gli ucraini nei sistemi di artiglieria occidentali.
Secondo il servizio di intelligence militare, le aree di addestramento sono state sorvolate più volte con piccoli droni per osservare l’attività e si sospetta negli ambienti di sicurezza che i servizi russi possano anche aver tentato di accedere ai dati dei telefoni cellulari dei soldati ucraini con scanner radio .
Lo stesso rapporto rileva che i membri dell’opposizione fuggiti dalla Russia in Germania sono potenzialmente a rischio e potrebbero essere presi di mira dai servizi segreti russi.
Lo stesso vale per i soldati russi disertori e gli agenti di sicurezza che potrebbero fuggire in Germania con il progredire della guerra.
Giovanni Ficchy, qui.

Mentre agli ucraini non serve neppure disertare per essere fatti fuori: è sufficiente ritenere che la pace sia cosa migliore della guerra.
Ora un po’ di testimonianze da Severodonetsk

E infine due parole su Gorbaciov, per il quale stanno scorrendo fiumi di parole d’amore. Era molto amato, in Italia, come peraltro era stato immensamente amato prima di lui Nikita Krusciov, il rude contadino che sbatteva le scarpe sul tavolo all’Onu (e che provava a mettere i missili a Cuba, do you remember? Mossa d’altra parte effettuata in risposta all’installazione di missili americani in Italia – ben dieci basi – e in Turchia, nelle vicinanze della frontiera russa, giusto per puntualizzare) e prima ancora, se non proprio amato, almeno in qualche misura ammirato perfino Stalin (anche dai fascisti capitava di sentire il fatidico “addavenì baffone”). In Unione Sovietica – ci sono stata due volte durante la sua presidenza – era odiato a morte, e non certo senza ragione. Solo a nominarlo, la faccia della gente si deformava. Niente, giusto per rimettere un po’ di cose al loro posto.

Infine un paio di cose di attualità non politica.

L’incredibile titolo di Repubblica sui funerali di Balocco

Il Pd ha deciso di suicidarsi, anche giornalisticamente. Non bastava la demenziale comunicazione social di “scegli”, ovviamente fra alternative o suicide o truffaldine: già così perde colpi l’ammucchiata sinistra, sempre più simile agli Wackey Races, la squinternata compagnia motorizzata di Dick Dastardly, Penelope Pitstop, Clyde e la sua banda (il Pd ciociaro) e tutti gli altri, con Blubber Letta che ovviamente guida con i piedi e sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Ma son proprio le testate di riferimento, che il Paròn Rocco avrebbe probabilmente definito “testate de gran casso”, a dare il meglio.
Sentite come hanno titolato il racconto dei funerali di Alberto Balocco, il disgraziato imprenditore dolciario folgorato da un fulmine: “Fossano, addio ad Alberto Balocco: le lacrime si mescolano al profumo di biscotti”. Tutto vero, purtroppo, nessun fake. Ovviamente su Twitter si sono scatenati: “Il titolista è un alcolista, vero?” chiede Anna. Un altro: “Saranno state gocciole di pianto”. Un altro ancora: “Per fortuna non allevava maiali”. Molti si rifiutano di crederci, “ma è un profilo parodia?”.
Perché ne circolano alcuni, a dire il vero, sul sempre meno giornalone diretto da Molinari, che non è quello della Sambuca anche se si potrebbe essere tentati di sospettarlo. E invece no, è tutto reale, ufficiale, niente coloranti e conservanti e non serve chiamare Puente, quello che vede tutto ma all’occorrenza fa finta di niente, per certificarlo. Del resto, sulla stessa sciagura sempre Rep si era già prodotta in un altro titolo epocale: “Balocco, per gli esperti fatto accidentale”. Ora, definire accidente un fulmine che ti centra, non è pleonastico, non è tautologico, e non è neanche situazionista: è repubblichino, riferito al fondatore Scalfari. Resta solo un dubbio: ma a Repubblica, che ci mettono nei biscotti?
Max Del Papa, 30 agosto 2022, qui.

Si chiama coazione a ripetere; cominci come per gioco a fare figure di merda e poi non riesci più a smettere.
E poi quest’altro articolo, che dire osceno è dire poco.

Choc a Monza, neonata abbandonata in una scatola nel parcheggio dell’ospedale

Roma, 30 ago – Episodio sconcertante a Monza, dove una neonata è stata abbandonata nei pressi dell’ospedale San Gerardo [eccerto, sconcertante: quando mai è capitato che un neonato venisse abbandonato]. La piccolina è stata trovata in una scatola, collocata sul cofano di un auto, da un’infermiera. La donna ha immediatamente dato l’allarme, chiamando la polizia e avvertendo il pronto soccorso pediatrico. Gli agenti, giunti immediatamente sul posto, hanno poi ricostruito come l’infermiera ha trovato, fortunatamente, la neonata mentre si stava recando a lavoro [cosa sicuramente di primaria importanza].

Monza, neonata abbandonata in una scatola: le indagini della polizia

Alle 5:20 di mattina, l’infermiera, ha sentito dei gemiti e si è avvicinata al veicolo da cui provenivano, trovando la neonata avvolta in una piccola coperta all’interno di una scatola. Il personale del pronto soccorso pediatrico si è subito preso cura della bimba, risultata nata poche ore prima il ritrovamento da parte dell’infermiera, in buone condizioni di salute e dai tratti somatici ispanici. Gli agenti della questura di Monza stanno adesso indagando per ricostruire l’accaduto e rintracciare i genitori della piccola. Non è escluso che la piccola sia nata proprio nell’ospedale San Gerardo di Monza e subito dopo abbandonata dai genitori, considerato il breve intervallo di tempo intercorso tra la sua nascita e il ritrovamento da parte dell’infermiera. E’ però presto per dirlo con certezza, si attendono gli accertamenti della polizia. Nel frattempo però, siamo di fronte a un altro scioccante caso di neonato abbandonato dai genitori.

Non potrebbe essere che, molto più semplicemente, l’abbiano portata lì perché volevano essere sicuri che la bambina fosse trovata in tempi brevissimi e soccorsa immediatamente? Davvero sembra credibile che una sia in grado di scappare a poche ore dal parto? E che dopo esserci entrata ed essere stata registrata, con successiva registrazione della nascita della neonata, vada a lasciare la bambina proprio davanti a quell’ospedale lì? Trovo poi assolutamente indecente l’accostamento al caso linkato alla fine dell’articolo: sembra evidente che questa bambina sia arrivata per sbaglio a persone che non sono in grado di tenerla, e che però hanno scelto di farla nascere invece che farla macellare in utero, e di metterla in condizione di poter continuare a vivere, cosa ben diversa da chi il bambino lo ha voluto ad ogni costo, e poi lo rifiuta in quanto difettato. E mi disturba molto il tono di giudice che si mette in cattedra e sentenzia e condanna, esattamente come era avvenuto per il bambino di Brescia. Oltre a non saper fare i giornalisti, non sono capaci neppure di fare gli esseri umani.

Tiriamoci un po’ su con qualcosa di bello

barbara

FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, PARTE QUINTA E STAVOLTA DAVVERO (CREDO) PENULTIMA

Per non allontanarmi troppo dal post precedente, comincio coi numeri, per la precisione quelli di quella pagliacciata che è il quotidiano bollettino del coronavirus. Quello in questione è quello del 2 settembre, pubblicato su La Repubblica.

Sale a 109 (+2 rispetto a ieri) il numero dei malati ricoverati in terapia intensiva. Si sta tornando quindi ai livelli della seconda metà del luglio scorso. Secondo il bollettino sono 1.437 i ricoverati con sintomi (+57 rispetto a ieri) e 26.271 i pazienti in isolamento domiciliare. In tutto, le infezioni attualmente in corso riguardano 27.817 persone (+1.063).
Sono 257 i nuovi guariti/dimessi segnalati nelle ultime 24 ore dal ministero, in calo rispetto a ieri, quando erano stati 291. Il totale dei guariti/dimessi sale così a 208.201.

Vediamo una per una le boiate contenute in queste poche righe.

  1. Sale (di 2 unità!) il numero dei ricoverati in terapia intensiva. Sappiamo – è documentato – che viene considerato covid chiunque abbia un tampone positivo (e qualche volta anche con tampone negativo), anche se è entrato a causa di un incidente stradale e di sintomi di covid non ne ha neanche mezzo, per cui queste cifre non hanno alcun valore, ma per perpetuare il terrorismo mediatico le citano, precisando che “sono aumentate”, anche se in misura talmente irrisoria da rendere ridicola la precisazione.
  2. Il confronto coi livelli della seconda metà di luglio: ha un senso? No. Ha un significato? No. Ha uno scopo? Sì, chiaro come il sole: suggerire che “stiamo tornando indietro” e perpetuare il terrorismo psicologico.
  3. In tutto, le infezioni attualmente in corso riguardano 27.817 persone (+1.063). Siccome i numeri sono ridicolmente bassi, decisamente troppo bassi per poter terrorizzare con quelli, per dare un effetto volume, come millantato da certi shampo, fanno un bel mucchio schiaffando insieme ricoverati in terapia intensiva, ricoverati in corsia e i pazienti (“pazienti”?!) in isolamento domiciliare, ossia tutti quelli che sono risultati positivi a un tampone, buona parte dei quali sono quelli, di cui già si è parlato, non più malati e non più contagiosi da mesi ma costretti all’isolamento da un’assurda norma applicata – sarà un caso? – unicamente in Italia.
  4. E questa è veramente spettacolare: i ricoverati con sintomi sono 57 più del giorno prima; poi, ben distanziato, mettendoci in mezzo, per distrarre l’attenzione, come i prestigiatori che fanno venti movimenti apparentemente inutili ma utilissimi allo scopo di distrarre la nostra attenzione da là dove stanno facendo il trucco, i pazienti (pazienti!!) in isolamento domiciliare, il totale delle “infezioni” in corso, l’aumento del numero totale delle “infezioni” in corso, ci dice che i nuovi guariti sono 257, con la speranza che non ci accorgiamo – e contando sul fatto che non tutti hanno tale dimestichezza coi numeri da notare i nessi a colpo d’occhio – che i nuovi guariti sono esattamente quattro volte e mezza i nuovi malati. E per meglio focalizzare il concetto che “stiamo andando male, molto male, sempre più male”, aggiunge “in calo rispetto a ieri, quando erano stati 291”. Il giorno in cui tutti quelli che dovevano morire saranno morti e tutti quelli che dovevano ammalarsi si saranno ammalati e tutti quelli che dovevano guarire saranno guariti e avremo 0 malati e 0 morti, ci comunicheranno sconsolati e in tono drammatico: “Non accenna a diminuire il numero dei malati e quello dei morti”.

Pennivendoli marchettari al servizio della strategia del terrore, criminali quanto i loro mandanti e pagatori. E a chi si beve le cifre senza metterle in discussione e senza verificarle, propongo questo

E mi sa che è giusta la seconda: non lo capiranno mai.

Proseguo con lo smascheramento (già fatto da me, ma se lo fa un giornalista coi fiocchi e controfiocchi è decisamente meglio) dell’ennesimo guru passato armi e bagagli al nemico, ossia al terrorismo sanitario perpetrato dal governo e dalle veline di regime.

Crisanti si converte al terrorismo virale

Dottor Crisanti è un genetista e microbiologo di Padova, assai stimato e con ragione: è principalmente lui l’artefice del metodo che ha salvato il Veneto, e il suo governatore, da guai peggiori conseguenti al coronavirus; disattendendo i confusi, velleitari orientamenti governativi per concentrarsi subito su uno screening a tappeto fatto di tamponi tamponi tamponi. Salvato il Veneto, evviva dottor Crisanti, diventato il simbolo gentile, mitemente sfinito, dell’attendibilità scientifica, della sagacia tempistica, di un decisionismo magari eretico, pure contro l’Oms, ma, come nelle più belle favole, capace di raggiungere un lieto fine, seppur relativo. Senonché, a un certo punto, dottor Crisanti si è trasformato in Mr Hyde: quando tutti si aspettavano identica prudenza, il solito tratto rassicurante, bonario, sdrammatizzante circa la fantomatica seconda ondata, il medico ha preso via via ad assumere un contegno sempre più preoccupato, ansioso, ansiogeno spiazzando tutti a cominciare da Zaia, che difatti ci ha attaccato quasi subito baruffa chiozzotta.
Crisanti muta in Cassandra, ogni giorno la sua pena in forma di allarme: occhio, i contagi risalgono, attenti, i numeri dimostrano, pericolo, c’è la sottostima della realtà, dannazione, siamo ai livelli di marzo, anatema, i comportamenti non vanno bene, mamma mia, la movida è scriteriata, sapevatelo, la chiusura è una possibilità. Ma che è successo? A pensar male si fa peccato ma ci si indovina, diceva Andreotti che era malevolo ma saggio; noi non siamo Andreotti, non pensiamo male e ci limitiamo a mettere in fila gli eventi. Che sono i seguenti: Dr Crisanti ha cambiato registro, sicuramente per fondate ragioni scientifiche; ha cominciato ad avallare letture preoccupanti; è stato arruolato nel team di governo come consulente; e che a questo punto Mr Hyde è diventato uno dei più ortodossi difensori del catastrofismo virale.
Il fatto, in prospettiva squisitamente tecnica, è che Crisanti tende, comprensibilmente, ad allargare la strategia dei tamponi, vincente in Veneto a suo tempo, a tutto il paese e ad ogni situazione. Quindi insiste, più tamponi per tutti: “I contagi sono gli stessi di marzo, ma allora erano solo la punta dell’iceberg. Dobbiamo portare i test a 400 mila al giorno. Più persone si incontrano e più aumenta la probabilità di infettarsi”. E ancora: “Ogni bambino positivo genera la necessità di fare 100-150 tamponi”. Di più, ultima esternazione fresca fresca: “Le mascherine vanno portate anche al banco”, perché i ragazzini parlano, quindi potenzialmente infettano. Ma non tutti la pensano come lui, e anche questo è normale. Il più possibilista, e rilassante, Matteo Bassetti, infettivologo, direttore di Malattie Infettive al San Martino di Genova, non si stanca di placare le fobie. E osserva che un uso indiscriminato di tamponi non solo non serve, ma sarebbe persino impossibile. “Al ritmo di 300 mila tamponi al giorno, in 6 mesi avremmo testato l’intera popolazione italiana. Non serve, sia perché l’esito potrebbe mutare nell’arco di pochi giorni o ore, in caso di contatto con un infetto, sia perché ci pone di fronte a un dilemma: se fossimo tutti positivi, anche gli asintomatici, dovremmo chiudere tutto? Se avessimo il 3-4% della popolazione italiana positiva cosa faremmo? Non ha senso: con questo virus si deve convivere, non esserne terrorizzati”. Rincara Bassetti, dritto al punto: Il modello di Vo’ Euganeo non è estendibile all’intero Paese. In quel caso si è isolato e testato un paese di 3 mila anime, meno di coloro che lavorano all’ospedale San Martino di Genova. Senza contare le ricadute in termini di costi immediati per eseguire i tamponi e di lungo periodo su un’economia già in ginocchio”.
A questo punto, liberi tutti. Di dividersi, di tifare, di sospettare, di preoccuparsi, di incazzarsi. E, alla fine della storia, è proprio questo il problema: che, a distanza di sette mesi da un virus inafferrabile, mutante, tuttora ignoto quanto alle origini, generatore di dietrologie, insomma di una incertezza di fondo che ha scatenato una destabilizzazione globale, gli scienziati non sembrano riuscire a trovare un accordo, un punto fermo da cui partire, una base per lavorare insieme. Il virus ha diviso i morti dai vivi, i sani dai malati, la destra dalla sinistra (ancor di più), i virologi dai microbiologi, i cittadini dai cittadini. Amicizie profonde s’incrinano per una mascherina, un parere su un social. Clientele storiche vanno a ramengo, la diffidenza di noi contro di noi ci scava ed è peggio del contagio, è contagio a sua volta, sfibrante, devastante
La scienza, la divulgazione scientifica non ne escono, ne risultano frammentarie e dissociate, la confusione avvolge tutto, l’insofferenza cresce, incrociata dei paranoici verso i lassisti, di questi ultimi contro i primi. Pare “dotti medici e sapienti”, la canzone di Bennato coi luminari che, al cospetto del paziente, non si mettono d’accordo: dovremmo, come quello, alzarci e scappare? Tutti quanti? E dove? Speriamo almeno che anche dottor Bassetti, domani, non si trasformi in Mr Hyde.

Max Del Papa, 4 settembre 2020, qui.

Aggiungo un commento lasciato sotto l’articolo, che ritengo particolarmente interessante in quanto viene da un medico.

Serafo

Io francamente non capisco e da medico dico che a questo punto siamo in una situazione normale in una epidemia, passata la fase critica in cui al contagio corrisponde la malattia con conseguente intasamento del sistema sanitario si entra nella fase in cui non è il contagio a mutare ma la manifestazione clinica. Attualmente i dati sono questi: 1) una buona parte degli italiani ha già incontrato il virus; 2) i sintomatici sono pochi e con quadri clinici tali da non condizionare il sistema assistenziale che invece per la paura sta trascurando altre patologie con danni elevatissimi. Conseguentemente non c’è alcun senso nel proporre le limitazioni e restrizioni attuali, anzi andrebbero eliminati verificando che comunque i dati relativi alle manifestazioni cliniche non cambierebbero. Sicuramente però nella situazione attuale c’è già un business che spera di continuare a fare affari d’oro con tamponi, reagenti, mascherine, banchi a rotelle e sopratutto comitati scientifici e commissari straordinari.

A proposito del dottor Crisanti e affini, ritengo non inutile ricordare che per i cristiani il Messia è già venuto; per gli ebrei invece ancora no, ma non risulta che colui che deve venire si trovi fra i già nati – meno che mai fra i già nati non ebrei – anche se in passato hanno fatto cose eccellenti. Di conseguenza sono dell’opinione che non sia il caso di trattarli da “Io sono la Via, La Verità e la Vita”.

Concludo questa forse penultima parte con una interessante lettura da parte di Enrico Montesano

e con un fervido auspicio

barbara

LA MOSTRA DI TORINO – INTERVISTA A EMANUEL SEGRE AMAR

Emanuel, pare che siano sorte delle polemiche, in ambito comunitario, in merito a una tua intervista apparsa su La Repubblica: potresti spiegarci che cosa è accaduto?
Ritengo che, per i lettori, sia necessario fare un passo indietro.
Era stata annunciata da tempo una tavola rotonda che si terrà a Torino con la partecipazione del sindaco Fassino e dell’ex segretario generale dell’UNRWA il prossimo 2 dicembre. In tale ambito era prevista una mostra sui profughi palestinesi.
Quando, pochi giorni or sono, mi sono reso conto che il tutto sarebbe avvenuto presso il Museo Diffuso di Torino che, tra le varie denominazioni, riporta anche “della Resistenza”, ho espresso in Consiglio della Comunità l’invito a inviare immediatamente una lettera alla Direzione del museo per metterla in guardia dal concedere le sale ad un ente che, pur operando per conto delle Nazioni Unite (o magari proprio per tale ragione, anche se non è politically correct dirlo) si è mostrato ostile proprio verso gli ebrei, e non solo verso gli israeliani, come ampiamente dimostrato dagli insegnamenti impartiti ai bambini palestinesi nelle sue scuole. Pure le ripetute collusioni della direzione dell’UNRWA con Hamas, ente riconosciuto come terrorista da USA, EU e dalla stessa ONU, dimostra la mancata considerazione da parte dell’UNRWA di quanto scritto nello statuto di Hamas. Il Consiglio della Comunità ha tuttavia scelto di aspettare l’imminente inaugurazione della mostra prima di esprimersi.
Mi sono quindi recato personalmente sia alla presentazione della mostra stessa giovedì 13 novembre, sia alla sua inaugurazione ufficiale, ed in tale occasione ho preso nota di tutto quanto dichiarato dagli oratori (è davvero ammissibile, in un museo che celebra la nostra Resistenza, fare un parallelismo con uno spietato terrorismo che gli organizzatori pretendono di chiamare “la resistenza palestinese”?) ed ho scattato numerose fotografie delle immagini esposte con le loro didascalie e di altre proiettate nei video. Lasciamo perdere la oramai ben nota didascalia che denuncia il massacro fatto a Sabra e Chatila dall’esercito israeliano (sic),
mostra.TO.SeCH
ma tutta la mostra appare come una voluta denuncia degli asseriti crimini israeliani senza che venga spiegato nulla di quanto Israele da tempo dichiara al mondo intero e, in particolare, proprio al Consiglio delle Nazioni Unite, per spiegare quanto succede sulle spalle dei palestinesi.
A questo punto anche il consiglio della Comunità di Torino non ha potuto esimersi dal decidere di scrivere una dura lettera di protesta alla direzione del Museo, lettera che dovrà essere inviata anche ai vari Enti che hanno assicurato la propria adesione alla mostra (dalla Presidenza della Repubblica al Consiglio dei Ministri per proseguire con Comune, Provincia e Regione, oltre ad altri enti).
Questa lettera doveva venire approvata mercoledì 19 e, in qualche modo, la notizia è giunta alle orecchie di una giornalista di Repubblica della redazione di Torino, la quale mi richiese insistentemente, per telefono, di fargliene pervenire copia entro le ore 16 del giorno stesso per non perdere l’occasione del solito scoop. Siccome la lettera, da me stesso preparata in bozza (e chissà chi lo aveva preannunciato alla giornalista!), quando essa mi telefonò, doveva ancora essere approvata, le risposi che ben difficilmente avrei potuto inviargliela prima di sera, che poi divenne notte inoltrata per dare spazio a numerosi suggerimenti, in gran parte dal presidente e da me stesso accolti.
In breve, potei inviarle il testo della lettera, come poi fu inviata alla direzione del Museo, solo nella prima mattinata di giovedì 20, ma grande fu la mia sorpresa quando mi accorsi che proprio nella stessa giornata Repubblica aveva pubblicato un articolo presentato come intervista al sottoscritto che, non essendo mai stata effettuata, riportava fatti e pensieri del tutto inventati.
Questo, anche se sono stato un po’ prolisso, è il resoconto dell’antefatto.

Quali sono state le conseguenze di questa improvvida iniziativa della giornalista di Repubblica?
Premesso che l’articolo pubblicato su Repubblica era, a mio parere, piuttosto inutile e, di per sé, non avrebbe meritato più della mail da me inviata alla giornalista nella quale prendevo le distanze dalle sue fantasie, è successo che Anna Segre l’ha raccolto per scrivere un pezzo pubblicato su Moked venerdì 21 il cui contenuto era anche condivisibile. Purtroppo Anna chiudeva con queste parole: ” È vero che le discussioni sono parte essenziale della nostra identità, ma non mi risulta sia vietato litigare per argomenti su cui ci siano reali differenze di opinione; così come non mi risulta sia obbligatorio che le nostre discussioni vadano a finire sui giornali”.
A questo punto, essendo evidente che per Anna sarei stato io ad aver sbagliato a diffondere ai giornali notizie che avrebbero dovuto restare riservate, ho prima parlato con Anna Segre che, una volta conosciuta la realtà dei fatti, ha compreso che io ero estraneo a quanto mi veniva rimproverato, e, successivamente ho inviato al direzione di Moked la richiesta di pubblicazione del seguente chiarimento: “Leggo su Moked di venerdì 21.11 l’articolo di Anna Segre che fa riferimento all’intervista fatta al sottoscritto e pubblicata su Repubblica di giovedì 20.11. Anna Segre termina molto opportunamente il suo articolo con queste parole: ‘non mi risulta sia obbligatorio che le nostre discussioni vadano a finire sui giornali’. Condivido queste parole, anche perché non mi risulta che mi sia stata fatta intervista alcuna”. Purtroppo il direttore dell’organo dell’Unione delle Comunità ha rifiutato di pubblicare queste poche parole se prima Repubblica non avesse smentito di avermi fatto un’intervista nella quale io avrei fatto quanto pubblicato nelle pagine torinesi. Insomma, io, vice presidente di una Comunità Ebraica italiana, non posso accedere con queste semplici parole all’organo dell’Unione e devo subire, in silenzio, un’accusa infondata.

Quindi, in definitiva, per poterti difendere dall’accusa (infondata) di avere lavato dei panni sporchi fuori casa ti stai vedendo costretto a rivolgerti fuori casa, perché in casa non ti viene consentito di farlo…
Già, questo è l’assurdo della situazione che si è venuta a creare. Pur essendo vice presidente di una Comunità Ebraica italiana, e certamente Repubblica mi ha interpellato in quanto tale, non mi è stato possibile far pubblicare sull’organo dell’Unione delle Comunità Italiane la semplice dichiarazione sopra riportata.

Ancora una domanda: ho letto che le pesanti critiche alla mostra sarebbero strumentali, dal momento che la stessa mostra, prima di essere trasferita a Torino, sarebbe stata esposta a Roma, precisamente a Montecitorio, dove nessuno avrebbe notato alcunché di scorretto. Che cosa ci puoi dire in proposito?
La direttrice dell’UNRWA, Tana De Zulueta, in occasione della presentazione e dell’inaugurazione della mostra torinese, ha pronunciato queste parole: “La mostra arriva per la prima volta in Europa qui a Torino” e: “La mostra in Italia nasce qui, oggi, e a Roma c’è stata solo una piccola mostra alla Camera, e in effetti nasce qua”. Ha anche aggiunto, circa una precedente mostra esposta a Gerusalemme: “Qui non è come a Gerusalemme; si è aggiunto del materiale e la mostra parla meglio”. In definitiva, chissà chi ha visto questa mostra a Roma; nessuno può esprimere un giudizio senza la conoscenza diretta e, soprattutto, completa. Ma purtroppo la mostra aperta e visitabile a Torino parla molto chiaramente! E in futuro la Mostra girerà per l’Europa con l’aureola di essere già stata ospitata nel Museo della Resistenza di Torino!

Ringrazio Emanuel Segre Amar, vice presidente della Comunità Ebraica di Torino, per averci offerto la possibilità di avere una visione un po’ più chiara e completa di questa brutta vicenda.

barbara

BASTA CON LA FROTTOLA DELL’ANTISEMITISMO

Gli eventi di questi ultimi giorni mi hanno indotta a ripescare dal mio archivio questo articolo di dodici anni e mezzo fa. Si era all’inizio della cosiddetta seconda intifada – in realtà violenta guerra terroristica accuratamente preparata da Arafat nel corso di lunghi anni – e l’evento, anziché solidarietà nei confronti di Israele che dopo aver tentato l’impossibile per accontentare ogni richiesta della controparte veniva brutalmente aggredita, aveva scatenato un’ondata senza precedenti dal secondo dopoguerra non solo di odio anti israeliano, ma anche di aperto antisemitismo. Che da allora non si è più fermato.
NB: i refusi sono tutti nei commenti originali.

Da  “Il Giornale” del 6 aprile 2001, articolo di Antonio Socci

Quei messaggi antisemiti del popolo di Repubblica

Il “caso” è questo. Una piccola bambina ebrea di 11 mesi, Shalhevet, viene uccisa a Hebron da un cecchino palestinese. Repubblica condanna (com’è naturale) il crimine, ma poi sorprendentemente usa questa tragedia per mettere sotto accusa “il governo israeliano” che sarebbe reo di usare una fotografia “come arma di guerra”. Quel governo avrebbe infatti “deciso, con il consenso dei genitori, la diffusione dell’immagine-choc della piccola Shalhevet”. Essendo una “foto forte”, terribile Repubblica spiega di aver “deciso di non pubblicare questa immagine”, come “atto di sensibilità verso i lettori” e “pietà per la bambina”. Però il giornale di Piazza Indipendenza nel suo sito Internet chiama i suoi lettori nel forum telematico a discutere sulla seguente domanda: “Cosa pensate della scelta israeliana? E’ giusto, in generale, mostrare gli orrori della guerra per utilizzarli come strumento nel conflitto?”
Qualche raro lettore ha protestato perché il governo israeliano non c’entra nulla con la foto la cui diffusione è stata voluta dai genitori della piccola. Eppoi altri hanno ricordato che nessuno si è fatto scrupoli nel mostrare le riprese della morte del bambino palestinese Mohamed Al Durra la cui uccisione fu attribuita all’esercito israeliano (a dire il vero poi si è scoperto che era stato colpito dai cecchini palestinesi). Ma quello che più sconcerta sono i messaggi dei lettori di Repubblica, che sono in gran parte “politically correct”, che fanno professione di pacifismo, di ostilità alla violenza, al razzismo e naturalmente all’imperialismo e alla famigerata globalizzazione. E’ quell’area di opinione che pretende di essere “l’Italia migliore”. Qualche esempio dai messaggi pubblicati nel Forum.
Un lettore si scatena contro “l’ottusità, il razzismo e il terrorismo dell’ideologia ufficiale del polipo eletto” (temo che quel “polipo” non sia un refuso) e minaccia di “scaricare sul forum sei milioni di tonnellate di documenti sulla superpatacca del XX secolo. E’ ora basta con la frottola dell’antisemitismo”.
Un altro si rivolge ai (pochi) filoisraeliani dicendo loro che “fascisti noti sono dalla vostra parte”. Una lettrice tuona: “Il Medio Oriente è troppo importante per loro. Inizio a pensare che l’Olocausto sia stata un messa in scena per giustificare un’ovvia strategia. La creazione di uno Stato fantoccio inteso come testa di ponte, nonché elemento destabilizzatore incuneato nel mondo arabo”, “esattamente come (le truppe americane) hanno occupato l’Europa per tenere a bada le bestie bolsceviche”.
Un altro lettore esprime “la più assoluta solidarietà al popolo palestinese per la brutale repressione posta in essere dai neofascisti mondiali di religione ebraica. Non è possibile che un popolo così brutalmente perseguitato in tutta la storia dell’umanità, ora si comporti alla stregua dei suoi nemici “nazifascismi”. Un altro si lancia in un curioso distinguo, riciclando i tipici stereotipi della storiografia di sinistra: “Non considero il popolo degli ebreo correo delle malefatte del governo israeliano più di quanto non considero il popolo italiano correo del terrorismo che la DC ha subdolamente creato negli anni Settanta. Detto ciò voglio dire senza mezzi termini che il governo israeliano è un governo razzista e ultraviolento, invasore e prepotente. Che il suo comportamento mi disgusta e scandalizza e che facendo leva sulla tragedia che ha commosso tutti noi è diventato il carnefice orrendo di un popolo che ha una sola colpa: non avere la potenza economica e bellica per opporsi a un invasore che gli è piombato in casa portando violenza, sopraffazione e sta perpretando un vero e proprio genocidio”.
In quasi tutti questi messaggi traspare una pressoché totale ignoranza dei fatti mediorientali. Un lettore scrive: “Caro Levy, voi sionisti siete nazisti”, “Israele è nata da una pulizia etnica ed è fondata sull’apartheid”. Un altro difende la scelta di Repubblica e attacca: “Quello che non mi stupisce è la scelta israeliana di pubblicare. L’Olocausto sembra un ombrello infinito per gli israeliani, una tragedia che garantisce un ampio margine di manovra”. Uno improvvisa una storia del secolo: “Sulle macerie dell’impero turco sono nate le colonie europee. Sulle macerie del nazismo nasce l’impero americano globale. Nasce anche lo Stato di Israele”. Un’altra voce: “Con una sorta di impunità morale, Israele, sostenuta dai potenti Stati Uniti che sanno che la lobby filoisraeliana negli USA fa eleggere o no i presidenti, continua imperterrita nel genocidio del popolo palestinese”. C’è chi aspetta il giorno in cui “bandiere rosse e bandiere verdi” sventoleranno insieme, mentre un altro attacca “il delirio di potenza sionista” denunciando i dollari che dagli Stati Uniti vanno Israele “per mantenere in vita un regime coloniale di terrore che nega i più elementari diritti umani, la cui negazione è tale da far impallidire la questione tibetana”. Parole stupefacenti se si considera che Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente, circondata da regimi tirannici, ma che i lettori di Repubblica sembrano non conoscere. Uno che si definisce “anarchico” lancia una invettiva contro “le amenità che i fascisti e sionisti vari continuano a ripetere”, sono solo dei “provocatori”, ma “la ferocia e il nazismo dello Stato d’Israele è sotto gli occhi di tutti”, “Israele si sta comportando come la Germania delle SS e l’Italia delle camicie nere”. Infine sarebbe “un atto di sciacallaggio pubblicare la foto (della bambina)”. Un lettore fa sapere che pur essendo “gli ebrei” una “forza giornalistica”, una “forza cinematografica” e una “forza televisiva”, cionondimeno la maggioranza delle persone civili pensa che “Israele abbia torto”.
Come si vede una raccolta strepitosa di vecchi stereotipi, pregiudizi, odio che hanno indotto un lettore a scrivere a Repubblica: “Sono desolato per l’ondata di antisemitismo che siete riusciti ad evocare”.
Deborah Fait –da Israele- è intervenuta segnalando questo Forum per “uno studio sull’antisemitismo in Italia”. Se consideriamo rappresentativi questi messaggi “la situazione della democrazia in Italia è disperata” dice la Fait. Infatti “quasi tutti gli interventi sono contro Israele e a favore dei gruppi terroristici palestinesi. Non ho letto, se non da parte di qualche rara persona, un intervento che criticasse la scelta inqualificabile di Arafat alla guerra mentre poteva firmare la pace e la nascita della nazione palestinese”. Infine, si sono lette una quantità di accuse “ridicole e pericolose”, mentre si nota “un assoluto silenzio sul terrorismo internazionale islamico. E questo in nome del falso pacifismo italiano. Forse la redazione di Repubblica sarà soddisfatta poiché il forum da essa creato segue la linea del giornale da sempre anti-israeliani”.
Di pietà per la piccola Shalhevet in questo forum, in effetti, quasi non se n’è vista. Di comprensione per i violenti tantissimi.

Già, la pietà per le vittime non è di moda, ed è diventata merce rara su tutti gli scaffali.

barbara