E parto da me, naturalmente, tanto per non smentire il mio congenito esibizionismo.
Qui, vicino a questa bandiera dall’aria molto vissuta, sono a Elon Moreh,
dove abbiamo avuto modo di sentire i canti degli studenti della vicina scuola religiosa. Elon Moreh si trova vicino a Nablus,
che non abbiamo visitato, ma abbiamo visto dall’alto sia la città
che i suoi dintorni.
Questo è l’albero di Giuda del film Jesus Christ Superstar.
Si trova a Beit Shean,
di cui ho già parlato in occasione di altri viaggi.
È un albero artificiale, e dopo la fine del film è stato deciso di lasciarlo lì.
E questa è la vista dalla mia stanza sul lago di Tiberiade,
chiamato anche mar di Galilea: nell’antichità – non ricordo se ne ho già parlato – non avendo a disposizione viste aeree che ne mostrassero la differenza, non si faceva distinzione fra mare e lago, una grande estensione d’acqua era sempre e comunque un mare; si pensi del resto al tedesco, in cui lago è der See e mare die See: cambia il genere, ma il nome è lo stesso (e giustamente il mare, grande, bello, pieno di pesci saporiti è femminile; il lago, praticamente una pozzetta abitata da pescetti sciapi, è maschile). In ebraico però si chiama Kinnereth, da kinor, che oggi indica il violino ma nell’antichità indicava la lira, o cetra, a causa della sua forma.
Nelle traduzioni della bibbia troviamo cetra:
“Saul disse ai suoi servi: «Cercatemi un uomo che sia abile suonatore di cetra e conducetelo a me»” (Samuele 16, 17)
“Or quando lo spirito maligno investiva Saul, David, presa la cetra, si metteva a sonare e Saul si sentiva sollevato, stava meglio e il cattivo spirito si allontanava da lui”. (Samuele 16, 23)
E ancora: “Sui fiumi di Babilonia, là ci fermammo e piangemmo ricordando Sion. Ai salici che si trovavano in quel paese appendemmo le nostre cetre; poiché là coloro che ci avevano condotti in cattività ci chiedevano di cantare […] Cantateci qualcosa dei canti di Sion. Come potremmo cantare l’inno del Signore in terra straniera?” (Salmo 137, 1-4)
Curiosamente, solo quando, alcuni anni fa, mi è capitato di leggere questi versi in inglese, mi sono resa conto che era di questo che parlava la bellissima Rivers of Babylon del 1970.
Poi Temistocle Solera ha provveduto a trasformarla in arpa:
Arpa d’or dei fatidici vati,
Perché muta dal salice pendi?
(non so voi, ma a me sull’acuto di “arpa d’or” parte irrimediabilmente la lacrima. Sempre)
Vabbè, mettiamo fine alle pseudo dotte dissertazioni e torniamo a noi. Questo è l’ospedale del mio dolore,
e questa la cena di shabbat,
circa quattordici ore prima della catastrofe.
Naturalmente non poteva mancare Gerusalemme, stavolta vista da lontano.
E concludo con una nota amena: sul monte Bental, nel Golan, c’è un locale di ristoro. Essendo in montagna, accade spesso che lì ci siano nuvole; nuvola, in ebraico, si dice annan, e quindi il locale si chiama:
sì, proprio Coffee Annan.
barbara