Perché noi siamo vecchi incartapecoriti rincitrulliti rincoglioniti stantii e soprattutto irrimediabilmente arroccati sulle nostre idee, mentre loro sono giovani freschi puri svegli e soprattutto aperti e pronti a rimettere in discussione qualunque cosa (e poi fluidi, diciamolo, che quello ci sta sempre bene).
Qui l’articolo con alcuni altri frignamenti della stronzetta isterica cafona e incivile. Ma voi avete mai visto una più perfetta interpretazione dell’espressione “faccia da schiaffi”? Da dargliene fino a spaccarsi le braccia e poi pagare uno che vada avanti al posto tuo fino a quando non ti riprendi e puoi riattaccare un’altra volta (e rimpiangere che non ci siano più i riformatori).
Naturalmente tutta la riprovazione e tutto il disgusto che possiamo provare nei confronti di questa piccola idiota ignorante dal cervello candeggiato, non cancella e neppure attenua le gravissime responsabilità di chi invita a “discutere” una simile nullità assoluta come se avesse qualcosa da dire (si prega di notare: non “qualcosa di interessante”: qualcosa e basta) e addirittura cerca di trattenerla quando sdegnosamente se ne va, quando il suo preciso dovere di padrone di casa sarebbe stato di cacciarla immediatamente a calci in culo dopo quel “Posso parlare?” “No! Basta!” Calci in culo materiali, intendo, non metaforici.
La verità sul clima? È sempre cambiato (e l’uomo non c’entra)
Il clima sulla Terra non è mai stato stabile e uguale a sé stesso, ma ha attraversato continue fasi di cambiamento. La temperatura media della Terra è aumentata e diminuita con il trascorrere del tempo e di questo continuo cambiamento abbiamo dimostrazioni scientifiche definitive nelle risultanze dei carotaggi effettuati nei ghiacciai e nei sedimenti oceanici. I ghiacciai si sono formati progressivamente attraverso la deposizione di strati di neve. Ad ogni nevicata la neve ha trascinato con sé le sostanze che in quel momento erano presenti nell’atmosfera, intrappolando bolle d’aria aventi la composizione chimica e isotopica dell’atmosfera di allora. Queste bolle d’aria contengono anche impurità rappresentative del particolato sospeso nell’atmosfera. Le bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio sono dunque vere e proprie “capsule del tempo” che consentono di ricavare una grande mole di informazioni sulla composizione dell’atmosfera e del particolato e, attraverso questi dati, sulle temperature medie che regnavano sulla Terra nelle diverse epoche. Ad ogni stagione invernale, durante la quale la neve si depositava, faceva seguito una stagione estiva durante la quale parte della neve depositata si scioglieva. Ma la maggior parte della neve caduta durava fino all’inverno successivo, quando era ricoperta da nuove nevicate. Gli strati di neve si sono così accumulati gli uni sugli altri. Ogni strato ha ricoperto il precedente intrappolando per sempre le sostanze che componevano l’atmosfera. Ogni strato ha aumentato la pressione sugli strati caduti in precedenza comprimendoli progressivamente e trasformandoli in ghiaccio compatto. Con il trascorrere dei millenni, lo spessore del ghiacciaio è aumentato fino a raggiungere, in alcune aree, migliaia di metri. Ogni strato del ghiacciaio ha conservato intatte le informazioni relative alla composizione dell’atmosfera, informazioni che sono oggi disponibili per studiare l’evoluzione del clima.
Carote di ghiaccio
Con una trivella cilindrica chiamata carotatrice è possibile scavare in profondità nel ghiacciaio portando in superficie il ghiaccio che lo costituisce: si ottengono in tal modo cilindri di ghiaccio del diametro di circa dieci centimetri e di lunghezza teoricamente illimitata, grazie all’estrazione di carote successive, ciascuna delle quali, singolarmente, può essere lunga fino a circa 35 metri. Le carote sono poi tagliate in sezioni lunghe un metro che sono racchiuse in cilindri di metallo, a loro volta depositati, ordinati secondo la profondità di estrazione, in magazzini refrigerati in cui la temperatura è mantenuta a – 36 °C. Ogni strato delle carote di ghiaccio contiene campioni dell’atmosfera che esisteva all’epoca in cui lo strato si è formato. Studiando la composizione delle minuscole bolle d’aria si riesce a ricostruire la temperatura media che regnava sulla Terra nel periodo in cui lo strato di ghiaccio si è formato. I siti in cui si estraggono e si studiano le carote di ghiaccio si trovano in tutte le zone fredde. Alcuni di essi si trovano in Groenlandia. Uno di questi siti, denominato GISP2, ha consentito di estrarre e studiare strati di ghiaccio formatisi tra il presente e circa 130 mila anni fa. Altre ricerche sulle carote di ghiaccio sono state effettuate nell’ambito del progetto EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica), un consorzio di dieci paesi finanziato dall’Unione Europea che ha portato a termine tra il 1996 e il 2003 una perforazione nel ghiaccio antartico profonda tre chilometri il cui strato più antico risale a 740 mila anni fa.
Sedimenti oceanici
Informazioni sull’evoluzione del clima della Terra possono essere estratte anche dal carotaggio dei sedimenti oceanici. In questo caso si studia la stratificazione del materiale fine che si deposita con continuità sul fondo degli oceani fino a costituire strati dello spessore di migliaia di metri. All’interno di questi sedimenti si conservano limi di origine minerale e biologica che intrappolano i resti dei microorganismi che un tempo vivevano nelle acque degli oceani e sui fondali marini. Analizzando lo spessore e la composizione dei singoli strati e la composizione isotopica dell’ossigeno e del carbonio contenuti nei microrganismi, i ricercatori sono in grado di ricostruire in modo dettagliato i cambiamenti climatici avvenuti nel corso degli ultimi 66 milioni di anni. La carota denominata “MD012443”, campionata nell’Atlantico in corrispondenza del Margine Iberico, ha consentito di ricostruire un profilo della temperatura media dell’oceano relativo agli ultimi 400 mila anni, profilo che è risultato praticamente identico a quello ricavato per il medesimo periodo dall’analisi delle carote di ghiaccio antartico estratte nell’ambito del progetto EPICA.
Evoluzione del clima
I dati derivanti dallo studio delle carote di ghiaccio e dei sedimenti marini consentono di avere informazioni sull’evoluzione del clima terrestre. In particolare, l’analisi delle carote di ghiaccio GISP 2 estratte in Groenlandia ha consentito di ricostruire l’andamento della temperatura media atmosferica dalla fine dell’ultima glaciazione, conclusasi circa diecimila anni fa, ad oggi. Nel diagramma, l’andamento della temperatura media annuale è espresso come “anomalia termica”, ovvero come allontanamento della temperatura media annuale (linea blu) dalla temperatura media dell’intero periodo post-glaciale (linea rossa). In altri termini, il diagramma evidenzia di quanti gradi centigradi, nel corso del tempo, la temperatura media annuale si è allontanata, in più o in meno, dal valore medio post-glaciale, posto convenzionalmente pari a 0 °C. La prima considerazione che possiamo esprimere è che, a partire dalla fine dell’ultima glaciazione, la temperatura media annuale ha oscillato intorno alla temperatura media con variazioni aventi un’ampiezza complessiva di 1,5 °C. Per quanto ampie possano essere state le variazioni climatiche che si sono verificate nel periodo post-glaciale, esse non hanno mai determinato temperature medie annuali al di fuori di questo ristretto intervallo. È una circostanza, questa, che può essere letta in modo allarmante o rassicurante. In chiave pessimistica, si può dire che una variazione limitata a 1,5°C può causare catastrofi climatiche; in chiave ottimistica si può affermare che, negli ultimi diecimila anni, anche la variazione climatica più estrema non ha comportato variazioni della temperatura media eccedenti di più di 1,5 °C la temperatura attuale.
“Mai così caldo”?
La seconda considerazione è che, come mostrano i dati, oggi non ci troviamo affatto in un periodo caratterizzato da temperature medie annuali particolarmente elevate. Anzi, è vero il contrario. Considerando l’andamento delle temperature negli ultimi 3.500 anni, periodo che coincide con l’intera epoca storica, notiamo che le temperature medie annuali sono diminuite complessivamente di circa 1 °C. Le temperature medie annuali sono aumentate e diminuite più volte toccando un massimo intorno al 1300 a.C., un minimo intorno al 750 a.C., un nuovo massimo intorno al 100 a.C., un nuovo minimo intorno al 700 d.C. e un nuovo massimo intorno all’anno 1000 d.C.. Dall’anno 1000 in poi la temperatura media annuale è diminuita fino all’anno 1850 e solo successivamente a quella data ha ripreso a crescere, rimanendo tuttavia al di sotto della temperatura media post-glaciale. Durante tutta l’epoca storica (dal 1500 a.C. ad oggi) il trend delle temperature medie annuali (linea azzurra tratteggiata nel grafico) evidenzia un netto calo, che colloca la temperatura attuale al di sotto della media post-glaciale di circa 0,3 °C. La terza considerazione è che le temperature medie attuali sono certamente superiori a quelle degli anni intorno al 1850, ma restano ben al di sotto delle temperature più elevate raggiunte in passato. Questa circostanza fa giustizia di quanto si legge spesso a proposito delle temperature che non sarebbero mai state così calde. Se dunque è vero che i cambiamenti climatici ci sono (ma ci sono sempre stati, anche prima dell’era industriale) essi non sono affatto liquidabili come un “riscaldamento globale”: quello attualmente in corso è un riscaldamento che sta ponendo fine ad un lungo periodo di raffreddamento (quello che i climatologi hanno chiamato “piccola età glaciale”) e che tende a far risalire la temperatura media annuale verso il valore medio post-glaciale, che non è stato ancora raggiunto. Ugo Spezia, 7 gennaio 2023, qui, con i grafici.
1. continua
Fra i commenti ho trovato questo, magnifico, di tale NitFo
Il primo grafico non mente, è sempre colpa dell’uomo: l’ultima impennata fuori controllo delle temperature, addirittura +12 gradi, è avvenuta 150.000 anni fa. Guarda caso proprio quando l’uomo ha iniziato ad accendere sistematicamente fuochi davanti alle caverne, facendo impennare le emissioni di CO2. A quei tempi alcuni ecofessi volevano vietare l’accensione dei fuochi, starnazzando “non c’è più tempo!” e gettando succo di bacche per deturpare le pitture rupestri. Avrebbero condannato la razza umana a una non evoluzione e a grugnire per sempre nelle caverne. Per fortuna, le persone a quei tempi erano molto più intelligenti di oggi.
E poi propongo questa riflessione, di puro buon senso
E’ mattina presto. Come tutti i diversamente giovani sono piuttosto mattiniero [facciamo quasi tutti, va’]. Sorseggio il caffè ed intanto guardo distrattamente la TV, in attesa del primo notiziario. Uno spot pubblicitario attira la mia attenzione. Ci invitano a comprare una stufa elettrica. “Vi tiene caldo anche durante i fenomeni climatici estremi”, sussurra una voce sensuale. E sul teleschermo appaiono le immagini della neve che cade, lenta lenta. Ecco, una nevicata sarebbe un “fenomeno climatico estremo”! Tutto è ormai “estremo”. Il freddo come il caldo. La pioggia come la siccità, la neve come la sua assenza. Per non essere “estremo” il clima dovrebbe essere perfettamente a misura d’uomo. Dovrebbe nevicare solo sulle piste da sci, piovere, leggermente, solo sui campi coltivati ed il vento dovrebbe ridursi a piacevole brezza. Tutto ciò che non quadra con questa melassa climatica è qualificato “estremo” ed addebitato all’”umana follia” ed al “consumismo compulsivo”. Nessuno è sfiorato dal dubbio che il concetto di “estremo” si riferisce a valori ed esigenze umane nei confronti delle quali la natura è assolutamente indifferente. Per NOI un uragano o un terremoto sono qualcosa di “estremo”, ma a ben vedere le cose si tratta di normalissimi fenomeni naturali. Spiacevoli, addirittura tragici per noi, è vero, ma chi lo ha detto che la natura debba sempre e comunque esser “piacevole” per noi? Se il dibattito sui mutamenti climatici si liberasse della insopportabile melassa ideologica che oggi lo caratterizza si potrebbe cominciare ad affrontare seriamente i problemi. Sarebbe un gran bel passo avanti.
Il paragone che mi viene più ovvio, per la religione dell’emergenza climatica, è con la religione islamica: una religione fondamentalista, estremamente pericolosa, assolutista, che si manifesta con il lavaggio del cervello, che si realizza attraverso il martirio degli adepti e i sacrifici umani dei miscredenti, che usa come strumento per diffondersi il terrorismo, che a qualcuno costa moltissimo in termini economici, e a qualcun altro rende moltissimo al cubo. Se non ci ribelliamo in massa verremo sommersi, e in questo sì che il conto alla rovescia corre a velocità folle.
Le cose che mi accingo a scrivere mi girano per la testa da molto tempo, ma lo spunto per metterle per iscritto e farne un post mi è venuto da una citazione inviatami da un’amica:
Ci si può forse domandare se sia giusto dedicare studi approfonditi, e tutto il tempo e l’energia che questi comportano, a una ridicola farsa come i Protocolli, e a figure oscure come il romanziere da strapazzo Herman Goedsche, l’impostore da quattro soldi Osman-Bey, il mezzo pazzo pseudo mistico Sergej Nilus e altri personaggi della stessa risma. Eppure è un grave errore supporre che i soli scrittori che contino siano quelli che la gente colta può prendere sul serio nei suoi momenti di maggiore equilibrio. Esiste un mondo sotterraneo in cui fantasticherie patologiche camuffate da idee vengono agitate da imbroglioni e fanatici semicolti a beneficio degli ignoranti e dei superstiziosi. Ci sono momenti in cui questo mondo emerge dagli abissi e subito affascina, conquista e domina moltitudini di persone di solito equilibrate e responsabili, che di conseguenza perdono il loro equilibrio e il loro senso di responsabilità. E di tanto in tanto succede che questo mondo sotterraneo diventi un potere politico e cambi il corso della storia. E’ un fatto incontestabile che gli eccentrici dimenticati descritti nella prima metà di questo libro costruirono il mito che, dopo molti anni, i capi di una grande nazione europea avrebbero usato come una licenza di genocidio. (Norman Cohn, Licenza per un genocidio).
E il pensiero corre, spontaneamente, alla Germania, 1918: la Germania, la grande Germania, il Paese guerriero per eccellenza, il Paese abituato a vincere e stravincere, ha perso la guerra. Nessuno avrebbe mai immaginato che potesse succedere, eppure è successo. Come se non bastasse, ci sono i francesi, nazione tignosa e vendicativa che ancora non ha dimenticato il 1870, quando erano partiti al grido di “A Berlino! A Berlino” e una settimana dopo i prussiani erano a Parigi. Le condizioni di pace sono le più spaventose mai viste, almeno nella storia moderna, le riparazioni di guerra così astronomiche da distruggere praticamente la Germania, l’inflazione non ha limiti, il marco è polverizzato, un uovo arriva a costare un miliardo di marchi ma solo se lo compri subito, perché fra un’ora ne costerà due. Miseria, fame, fallimenti, suicidi, disgregamento della società… Come è possibile che sia successo tutto questo? La spiegazione in realtà è molto semplice: sono stati gli ebrei. Loro hanno tradito, loro hanno venduto la patria al nemico, come altro sarebbe potuto succedere, altrimenti, che i tedeschi – quelli veri, quelli puri – venissero sconfitti in guerra? Umiliati in questo modo? Ridotti sul lastrico? Impensabile. Inimmaginabile. Gli ebrei sono stati. E l’idea è talmente affascinante, e soprattutto confortante e rassicurante (non è stata colpa nostra!) che l’intero Paese se ne lascia sedurre: loro ci hanno fatto perdere la guerra, loro ci hanno ridotti in miseria, loro hanno messo in ginocchio un intero stato. Loro sono la serpe che ci siamo allevati in seno e che dobbiamo estirpare, se vogliamo sopravvivere. Come sia poi andata a finire, non ho bisogno di ricordarlo. Passano pochi decenni, e a rifare il giochetto – con le stesse vittime (perché di giochetti analoghi ce ne sono stati diversi, da quelle parti), ma con una categoria particolare di quelle vittime – provvederà Stalin, con il complotto dei medici ebrei. Un po’ per liberarsi di Berija, diventato troppo potente, o almeno ridimensionarlo, accusando l’apparato di sicurezza di negligenza, un po’ per rinfocolare l’antisemitismo – che un po’ di antisemitismo viene sempre buono per indirizzare il malcontento di un popolo oppresso e affamato – dà vita al “complotto dei medici ebrei”, accusati di avere organizzato un complotto finalizzato ad assassinare le più alte cariche del partito, dello stato e dell’esercito per mezzo di metodi di cura notoriamente sbagliati. Immediatamente sono partiti gli arresti, istantaneamente seguiti dalle “confessioni” ottenute mediante la tortura. E nonostante questi giochi infami perseguiti con metodi infami fossero in uso da ormai tre decenni e quindi ben conosciuti, l’intera Unione Sovietica ci ha creduto, l’intera Unione Sovietica è rimasta inorridita di fronte alle “prove” della criminale perfidia giudaica, e grandi sono stati lo stupore e lo sgomento quando, all’indomani della morte di Stalin, i medici ebrei sono stati frettolosamente scarcerati e la verità sulla loro totale innocenza ed estraneità a qualunque complotto è stata rivelata. Questo complotto è passato alla storia col nome di “complotto dei camici bianchi” (teniamola a mente, questa espressione). E con questo veniamo ai giorni nostri – e parlo naturalmente di covid e dintorni. La prima accusa delirante che ho sentito è stata: siamo troppi, hanno inventato un virus apposta per sfoltirci; idea semplicemente ridicola, ma che ha affascinato e conquistato non pochi. La seconda: li intubano e muoiono tutti, li intubano apposta per ucciderli. Ora, da sempre le consuete influenze stagionali possono attaccare i polmoni e provocano, soprattutto in persone anziane e con patologie predisponenti, difficoltà respiratorie. Che cosa si fa con una persona che non ce la fa a respirare da sola? Si intuba. Anch’io, come tutti, sono stata regolarmente intubata tutte le volte che ho subito un intervento in anestesia generale perché in quello stato non si è capaci di respirazione autonoma. I primi pazienti covid sono stati intubati, molto semplicemente, perché era la cosa più logica da fare, quella che si è sempre fatta e che ha sempre funzionato. E proprio il fatto che in questo caso non funzionasse ha fatto capire ai rianimatori che si trovavano di fronte a qualcosa di diverso, che quelle polmoniti non erano le consuete polmoniti a cui da sempre erano abituati, e hanno cominciato a cercare di capire meglio che cosa fosse questa malattia. La spiegazione è molto semplice, logica, razionale, ma quella arzigogolata ha affascinato e conquistato non pochi. La terza: tachipirina e vigile attesa. Il covid è una patologia che provoca infiammazione, e per affrontare un’infiammazione la soluzione migliore è la tachipirina, lo sanno tutti. Facendo attenzione a come procede la cosa (“vigile attesa”), perché se l’infiammazione non diminuisce bisogna andare al pronto soccorso. Quindi le indicazioni date erano assolutamente logiche e giuste. Folle è stato mantenerle quando è emerso chiaramente che con questa patologia, ormai riconosciuta come diversa da quelle note, non era la cosa giusta da fare, ma nel momento in cui queste direttive sono state date, erano le più logiche. Naturalmente la stupidità, l’ignoranza e l’incompetenza di tutta la marmaglia che ha guidato la sanità in questi due anni e rotti non sono dati da poter mettere in discussione, ma questo ci porta anche, automaticamente, ad escludere che questa gente possa essere in grado di macchinare in intrigo che porti intenzionalmente a far morire i vecchi per non dovergli pagare la pensione, e tuttavia quella sorta di pensiero magico che si astrae dalla realtà, al pari di terrapiattismo scie chimiche memoria dell’acqua agricoltura biodinamica energizzazione intrugli vari che curano ogni sorta di malattie dal raffreddore al cancro alla cirrosi epatica nuovo ordine mondiale eccetera eccetera ha affascinato e conquistato non pochi, persone non di rado di grande cultura e grande intelligenza, ma dalla personalità evidentemente fragile e predisposta (così come il mio povero cugino, evidentemente già fragile e predisposto di suo, messo a terra da un lutto famigliare particolarmente drammatico e traumatico, si è lasciato affascinare, conquistare, in una parola: adescare, da una banda di “arancioni”. Adesso fa di mestiere il guaritore – guarisce con le “energie sottili” – è assolutamente sicuro che il mestiere dei medici consiste nel fare ammalare le persone e che tutte le medicine siano studiate per fare ammalare e che la cura per il cancro – un’erba di cui ha pubblicato la foto su FB – che funziona al 90%, esiste da decenni ma BigPharma non vuole che si sappia, e che a 56 anni, per sapere se il giorno dopo può o no accompagnare da qualche parte mia zia, novantacinquenne, semicieca e in sedia a rotelle, deve aspettare le dieci di sera, quando i suoi “capi” gli telefonano per dirgli che cosa dovrà fare, dove e in che orario, in modo che non possa mai decidere autonomamente i propri movimenti neanche con 24 ore di anticipo). Non a caso, a proposito del libro da cui ho riportato la citazione all’inizio di questo post, è reperibile su Amazon un libro pubblicato mezzo anno fa intitolato I Protocolli di Sion e il Nuovo Ordine Mondiale: Si compie il Piano di dominio del 1905, e fra le recensioni dei lettori se ne trovano (non molte) come queste: “La prima parte è degna di lettura… Poi si perde in argomentazioni che non condivido, ufo, rettiliani, pianeta terra come ologramma… Delusione totale…” “Questo libro è un falso storico costruito ad arte dalla polizia segreta zarista in funzione antiebraica per giustificarne le persecuzioni. AMAZON deve vergognarsi di vendere libri come questi che la pongono in complicità con l’antisemitismo.” ma anche “Un libro che si apre la verità” (e stendiamo un velo pietoso sulla competenza linguistica) e altre di aperto apprezzamento, più articolate e argomentate. È l’indubbio fascino del sentirsi dalla parte dei migliori, dei più furbi, di quelli che hanno capito tutto a differenza dei pecoroni che non hanno capito niente e si accodano docili all’ordine del padrone, il fascino del sentirsi quelli diversi, quelli che vanno controcorrente (e chissà se si accorgeranno di quanto è affollata quella loro corrente-controcorrente), gli eroi che sfidano i poteri forti. Tralascio di fare un’analisi analoga a quella sopra di tutto ciò che si è sviluppato intorno alla questione dei vaccini, perché non mi basterebbe una settimana per farlo approfonditamente, e comunque se ne è già parlato a sufficienza in questo blog e altrove, e ritorno invece a Stalin e al suo “complotto dei camici bianchi”. Ci avete fatto caso? Sempre più spesso, di nuovo, quando gli affascinati e conquistati dalle peggiori – e più ridicolmente menzognere – teorie complottiste fanno riferimento ai medici che praticano o consigliano i vaccini, non li chiamano medici bensì “camici bianchi”: la categoria identificata tramite la propria uniforme, come le camicie nere di Mussolini, le camicie brune di Röhm, le croci frecciate di Ferenc Szálasi: il male metonimicamente rappresentato, togliendo personalità e identità a chi dentro quella divisa opera, non più un essere umano, non più una mente con le sue scelte, ma unicamente un marchio. E ora per favore guardate questo video, guardatelo prima di continuare a leggere
Mi è stato inviato, con l’accattivante titolo: “Svegliatevi bambini!!!”La bambina da svegliare ero chiaramente io, tramite la rivelazione della verità che da sola non ero capace di vedere. Quella che segue è la mia interpretazione del video. Non c’è ombra di dubbio che la signora padroneggi da maestra l’arte dell’ipnosi – ossia della manipolazione della mente (un po’ meno la lingua italiana, e meno ancora la storia, ma tralasciamo pure questi dettagli): occhi puntati fissi su di te, discorso ciclico che torna sempre, ipnoticamente, al punto di partenza per poi ripartire per un altro cerchio, ripetizione continua, ipnotizzante, per ben dieci volte, delle parole-mantra “ipnosi di massa” più un’altra mezza dozzina di ipnosi senza massa, con la voce che su quelle parole vibra, spingendotele dentro la testa, il focus che si restringe sempre di più fino a inchiodarti a un unico punto: sei vittima di un’ipnosi di massa. Un gioco esattamente speculare a quello del governo. Con la differenza che quelli sono dei cialtroni dilettanti, e la maggior parte degli italiani si rendono perfettamente conto delle balle che raccontano, del numero dei morti gonfiato, dei provvedimenti che ben poco hanno a che fare col contenimento del contagio – quando non sono addirittura controproducenti -, delle pesanti violazioni della costituzione eccetera. Questa tizia invece, esattamente come tutti gli altri che fanno questo genere di giochetti, è una professionista esperta, e nell’ipnosi esercitata da lei ne cascano molti di più, e ben pochi si rendono conto della ben più raffinata manipolazione della mente che subiscono (l’ha detto lei: quando sei vittima dell’ipnosi non te ne accorgi, addirittura lo neghi se qualcuno te lo fa notare). Una frase poi salta proprio agli occhi – per lo meno agli occhi di chi non si lascia catturare dalla “magia” dell’ipnosi, e conserva la capacità di vedere e ascoltare, e soprattutto di pensare con la propria testa: “la materia dell’ipnosi (quella eriksoniana, per il bene delle persone)”: le stesse, identiche, parole, citate da lei stessa, di quelli che impongono la clausura, e le mascherine anche all’aperto, e hanno messo in ginocchio l’economia, e hanno distrutto la vita sociale vietando addirittura alle persone di abbracciarsi e darsi la mano: lo fanno per il bene delle persone! Usano le parole del nemico per fare lo stesso identico gioco dalla sponda opposta, vi ipnotizziamo per il vostro bene, noi perseguiamo unicamente il bene del paziente – e va da sé che lo decidiamo noi, quale sia il suo bene. E c’è un sacco di gente che non se ne accorge e si beve tutto questo come acqua fresca, grata di essere stata illuminata! “Il video parla di molte cose”, mi ha detto la persona che me l’ha inviato: falso. Il video parla di una cosa sola: l’ipnosi di massa di cui vuole convincerci che saremmo vittime da parte del Grande Fratello. Tutto il resto ha la stessa funzione delle spezie forti su una carne un po’ troppo vecchia per mascherare l’odore e il sapore che cominciano a sentire di marcio, la stessa funzione delle parole del prestigiatore che invita a guardare la sua mano destra, a guardare la sua mano sinistra per impedirvi di guardare là dove il trucco sta venendo effettuato: serve a distrarre. Chi è predisposto a lasciarsi ipnotizzare è convinto che parli di quelle altre cose, delle dittature, delle azioni del governo, del fatto che la questione non è solo vaccino e, cosa tipica dell’ipnosi che funziona, non si rende conto di essere ipnotizzato, non si rende conto di stare reagendo a comando, non si rende conto che sta vedendo unicamente quello che lei, al pari del prestigiatore, vuole che veda.
In conclusione, questa gente – e sono tanti, ma veramente tanti tanti, e molto molto rumorosi, nonostante il loro continuo frignare che non li lasciano parlare e che vengono censurati a manetta, e fortemente invadenti e aggressivi nei confronti delle scelte diverse dalle loro – sta praticando un autentico terrorismo, uguale e contrario a quello del governo. Con la differenza che le balle del governo c’è sempre meno gente che se le beve, mentre le loro – che al confronto quelle del governo sono palline da ping pong vicino a palloni da calcio – quelli della confraternita se le bevono tutti. E fanno paura.
Piccola riflessione ritardata – non sempre si riesce a cogliere tutto in prima battuta – sulla testimonianza della bambina italo-americana nel video presentato in questo post. All’inizio della sua testimonianza la bambina ha detto che l’insegnante ha fatto firmare a tutti gli alunni, senza chiedere l’autorizzazione dei genitori – un foglio in cui si impegnavano a rispettare tutti, “anche se sono trans, gender fluid, tutte le cose nuove”. Una prima osservazione sul merito. Quanti di noi, settantenni, cinquantenni, trentenni, in prima media sapevano se erano omosessuali o eterosessuali, se si sentivano maschi o femmine o entrambi a giorni alterni? Credo che per tutti la risposta sia “nessuno”: non solo non lo sapevamo, ma non ci eravamo neppure mai posti questo problema. Perché capire se si è omo o etero, se ci si sente o no a proprio agio nel sesso in cui si è nati è un problema. E se non lo avevamo non è perché fossimo ritardati, ma semplicemente perché a quell’età queste questioni non si sono ancora presentate. Quei bambini che a undici anni sono “trans, gender fluid e tutte le cose nuove” si sentono tali perché qualcuno, dall’esterno, ha imposto loro questo problema. Questi bambini sono stati e continuano a essere abusati. Questi bambini hanno subito una intollerabile violenza che rischia di segnarli per tutta la vita. Coloro che hanno perpetrato questo ignobile abuso sono, senza messi termini, dei criminali. Una seconda riflessione sulla forma: anche se. Qual è la normale situazione in cui, unita alla necessità di rispettare, usiamo l’espressione anche se? Per esempio devi rispettare tuo fratello anche se è un maledetto bastardo. Non devi mancare di rispetto al tuo collega anche se è un pezzo di merda. Devi trattare bene il tuo capo anche se è un figlio di puttana. Chissà se un giorno, quando avranno meglio assimilato le sfumature della lingua, quei ragazzini si renderanno conto delle implicazioni di ciò che l’insegnante ha loro imposto, e cioè che tutta quella gentaglia di per sé non meriterebbe affatto rispetto, ma noi li rispettiamo lo stesso perché siamo moralmente superiori Una terza riflessione sulle conseguenze della forma: se nella lista delle categorie da rispettare mancano gli strabici, quelli li possiamo sfottere? Magari anche un pochino menare? E i Down, si sarà ricordata di inserirli nella lista? Gli autistici? Quelli con la “s” blesa? I daltonici? Gli stonati? Quelli con le orecchie a sventola? Perché a voler fare le liste delle categorie da trattare in un determinato modo, c’è sempre il rischio di dimenticarne qualcuna, dando così automaticamente libertà di bullismo nei confronti di chi è rimasto fuori. Non sarebbe più logico, più normale, più semplice, dire – DIRE! Non esigere dichiarazioni scritte e firmate! – che bisogna rispettare tutti, senza eccezioni e senza concessive? Io quell’insegnante, quella CLOACA di insegnante, sinceramente, non mi sento davvero di rispettarla, ma proprio per niente.
Cioè quella storia che il sesso è quello che uno si sente di avere? Che il possesso di passera o pisello non ha niente a che vedere con il genere di una persona? Che l’abbinamento pisello-maschio e passera-femmina è tutto un costrutto sociale basato su sporchi giochi di potere? Ecco, è esattamente di quello che stiamo parlando.
Lo studioso del gender ammette: “Mi sono inventato tutto”
Christopher Dummitt, professore canadese della Trent University e autore di alcuni importanti saggi sul gender, ammette i propri errori: “Faccio mea culpa”
Non solo l’ideologia gender esiste, ma chi l’ha sponsorizzata per anni ora si pente e ammette di aver falsificato le conclusioni delle sue ricerche.
Parliamo del docente canadese Christopher Dummitt*, professore associato di storia presso la Trent University di Peterborough, autore di due libri: The Manly Modern: Masculinity in the Postwar Years (Vancouver 2007) e Contesting Clio’s Craft: New Directions and Discussates in Canadian History (London, 2009). Il primo, in particolare, è definito “il primo grande libro sulla storia della mascolinità in Canada” e “si rivolge a studiosi e studenti di storia, studi di genere e studi culturali“, nonché ai “lettori interessati alla storia e alla costruzione sociale del genere“. Il “genere” inteso dunque come una costruzione sociale e culturale, in una visione dei sessi in cui nulla è determinato: anche il corpo e la biologia sarebbero sottoposti all’agire umano, secondo una prospettiva post-moderna e costruttivista.
Ora Dummitt, ideologo del gender e docente di fama, ammette di essersi profondamente sbagliato. In un articolo intitolato Confessioni di un costruttivista sociale pubblicato su Quillette e tradotto da Le Pointe, il professore osserva che, inizialmente, “molte persone non erano della mia opinione. Chiunque – quasi tutti – non fosse pratico delle teorie sul genere aveva difficoltà a credere che il sesso fosse un costrutto sociale, tanto era contro il buon senso. Ma oggi le mie idee sono ovunque. Nei dibattiti sui diritti dei transessuali e sulla politica da adottare in merito ai trans nello sport“. Per molti attivisti, sottolinea, “dire che il sesso è una realtà biologica equivale a hate speech” e gli ultra-progressisti “accusano chiunque lo affermi di negare l’identità delle persone transessuali e ciò equivale a voler causare danni a un altro essere umano. A tal proposito, il cambiamento culturale è stato stupefacente“.
Piccolo problema: lo studioso del gender ammette di essersi sbagliato e di aver, in buona parte, essersi inventato tutto dalla A alla Z. È lo stesso professore canadese a illustrare la fallacia delle sue argomentazioni sugli studi di genere. “Innanzitutto – afferma – ho sottolineato come storico che il genere non è stato sempre e ovunque definito allo stesso modo. Come ho scritto in The Manly Modern, il genere è una raccolta di concetti e relazioni storicamente mutevoli che danno senso alle differenze tra uomini e donne“. Secondo aspetto: il potere, quello che, secondo gli studi di Dummitt, era alla base di tutto. “Pertanto – prosegue – se qualcuno negava che il sesso e il genere fossero variabili, se insinuava che c’era qualcosa di intramontabile o biologico nel sesso e nel gender, allora stava effettivamente cercando di giustificare il potere. E quindi legittimare le oppressioni“.
Nell’articolo-confessione pubblicato su Quillette, Dummitt ammette: “La mia ricerca non ha dimostrato nulla, in un modo o nell’altro. Supponevo che il genere fosse un costrutto sociale e ricamavo tutte le mie ‘argomentazioni’ su quella base”. Le uniche critiche che il professore ha ricevuto, racconta lui stesso, cercavano di rafforzare ulteriormente il paradigma gender o di lottare per altre identità o contro altre forme di oppressione. In buona sostanza, in questa prospettiva costruttivista c’era (e c’è, ancora oggi), molta ideologia e pochissima scienza. Studi che si sono perfettamente sposati con il politically correct e con la politicità dell’identità imperante nelle università liberal canadesi e americane. Le conseguenze devastanti di questa deriva le spiega lo stesso professore: “Il mio ragionamento rozzo e altre opere accademiche che sfruttano lo stesso pensiero errato sono ora ripresi da attivisti e governi per imporre un nuovo codice di condotta morale“. (qui)
* In tedesco “dumm” significa stupido, imbecille, idiota: sarà un caso?
Nel frattempo… (qui)
(ma con il popolo dalla dura cervice come la mettiamo?)
E in un ulteriore frattempo si denuncia con sconforto, con dolore, con tristezza una cosa assurda, una caduta nell’abisso, brividi, una vergogna, una giornata atroce per il mondo della cultura, ossia che in un paesucolo del Veneto degli individui ignoranti, oscurantisti, pazzi, che andrebbero denunciati, ovviamente appartenenti alla Lega, hanno chiesto che dalla biblioteca vengano rimossi i libri per bambini che insegnano la teoria gender. E qualcuno giustamente ricorda che chi brucia libri brucerà anche gli uomini, giusto per non dimenticare che fra Salvini e Hitler l’unica differenza è la barba.
che sono i palestinesi! Adesso si sono messi a giocare con gli aquiloni da lanciare gioiosamente verso Israele.
Sì, ok, dietro c’è attaccata una bomba incendiaria, ma non staremo mica a guardare questi stupidi dettagli, no? Questo invece è Muhammad Hajila,
l’ultimo innocente pacifico inerme innocuo manifestante civile palestinese assassinato a sangue freddo dagli spietati cecchini israeliani (o devo dire sionisti?). Era membro delle brigate Izz al-Din al-Qassam di Hamas e aveva partecipato all’attacco di Hamas a Nahal Oz che aveva ucciso cinque persone. Chi non avesse chiara la geografia locale può vedere la posizione di Nahal Oz in questa mappa.
Di quelle località ho visitato Netiv haAsara e Sderot. Ho visitato anche, non indicato in questa mappa, il kibbutz Nir Oz, pochi giorni dopo la fine della guerra del 2014. In quest’altra mappa
(clic per la mappa originale, da cliccare poi per ingrandire ulteriormente), oltre alle rispettive posizioni, possiamo ammirare anche le due parti di uno stesso identico terreno, una in mano agli israeliani, l’altra in mano ai palestinesi. Che siccome anche come terroristi sono pericolosi sì, dannosi sì, ma anche scalcinati e imbecilli, non di rado sbagliano il tiro e ammazzano in casa propria, come qui,
dove hanno fatto fuori quattro dei loro, e poi alle donne tocca fare il lutto.
È anche da questa foto, oltre che dalle dichiarazioni della stessa dirigenza della Jihad islamica palestinese, che capiamo che sono stati vittime di fuoco amico, perché quando vengono uccisi da Israele si scatenano sparando in aria ai funerali – e ogni tanto finendo per impallinare anche qualcun altro – o dando comunque vita a funerali decisamente rumorosi
mentre quando, uscendone vivi o morti (non ha importanza) sono riusciti a far fuori un po’ di ebrei, magari neonati nella culla, festeggiano alla grande distribuendo dolci, oppure con caroselli d’auto tipo da noi quando si vincono i mondiali – all’interno di questo post foto delle vittime e video dei selvaggi festeggiamenti. Poi comunque ad un certo punto le manifestazioni finiscono e tutti quei bravi giovani tornano a casa e si occupano dell’educazione dei pargoli.
Mentre noi si fa accuratamente attenzione a guardare solo dalla parte giusta.
barbara
I bambini tagliatori di teste del califfato (testimonianze+video)
“Imparare a decapitare è come imparare a tritare una cipolla”, testimonia un giovane siriano. Il gruppo terroristico, che si è impadronito di grandi parti della Siria e dell’Iraq, ha soppresso il sistema di istruzione laica nei territori sotto il suo controllo e pratica l’abuso sui bambini su scala industriale.
Jomah, un adolescente siriano di 17 anni che si è unito allo stato islamico l’anno scorso, racconta che era seduto in cerchio con altri “studenti” per un corso sulla decapitazione, una disciplina insegnata ai bambini a partire dall’età di 8 anni.
Gli ‘insegnanti’ hanno portato tre soldati siriani terrorizzati, scherniti e costretti a inginocchiarsi. “È stato come imparare a tritare una cipolla,” ha detto Jomah. Hanno detto: “lo prendete per la fronte e poi tagliate lentamente il collo”.
Un insegnante ha chiesto poi dei volontari per l’esercizio dicendo: “Coloro che decapitano gli infedeli riceveranno doni da Dio,” ricorda Jomah, che non vuole che sia rivelato il suo nome completo. Allora i bambini hanno alzato la mano e molti sono stati scelti per fare l’esercizio. Poi gli insegnanti hanno ordinato agli “allievi” di marciare intorno alle teste tagliate.
“È stato in quel momento che sono diventato insensibile,” ha detto Jomah, che ha poi disertato fuggendo in Turchia con la sua famiglia. “I video di decapitazioni che ci hanno mostrato ci hanno aiutato in questo senso.”
Decapitazioni e tortura si sostituiscono al divertimento
L’inserimento di centinaia di ragazzi in questi campi di addestramento terrorista è un altro aspetto tragico della guerra civile che dura da quasi quattro anni per il suo impatto sui siriani, che potrebbe avere ripercussioni su tutto il Medio Oriente per anni a venire. I genitori temono che i loro ragazzi, con il lavaggio del cervello subito da parte dello stato islamico, siano persi per sempre.
Il gruppo terroristico, che si è impadronito di grandi parti della Siria e dell’Iraq, ha soppresso il sistema di istruzione laica nei territori sotto il suo controllo, lasciando alle famiglie la scelta tra un’educazione islamista radicale o niente.
Lo stato islamico ha creato scuole religiose nelle province siriane di Aleppo e Deir Ezzour – dove, ad esempio, i corsi di chimica sono stati sostituiti con un studi religiosi per diventare un terreno fertile per il reclutamento di ragazzi per combattere, secondo la testimonianza di cinque ex bambini soldato e parecchi disertori adulti affidata al ‘Wall Street Journal’ in Turchia dove si sono rifugiati.
Uno di loro, Ismail di 17 anni, ha detto di essere stato ingaggiato quest’estate dai suoi superiori dello stato islamico per aiutare a decapitare tutti gli uomini appartenenti alla tribù siriana nemica di Deir Ezzour, dai 14 ai 45 anni. L’adolescente ha detto che aveva esitato, ma suo fratello di 10 anni aveva fatto questo lavoro con zelo. Centinaia sono stati uccisi.
Ismail, ferito il primo giorno di battaglia, ha detto che ha disertato in agosto ed è fuggito in Turchia senza informare suo fratello perché aveva paura che avvertisse il cognato, che si è unito allo stato islamico all’età di 9 anni. I disertori vengono uccisi, ha precisato Ismail.
“Sei un apostata. Se non torni ti puniremo secondo la legge di Dio, “gli hanno detto i suoi fratelli quando sono finalmente riusciti a parlare con lui al cellulare, ricorda Ismail. Ismail ha detto di sentirsi in colpa per aver incoraggiato il ragazzo ad unirsi ai militanti e si rammarica di non essere riuscito a convincere suo fratello a disertare.
Jomah, che ha lasciato lo stato islamico dopo cinque mesi, ha detto che era entrato tra le sue file in parte per i soldi e in parte perché si annoiava. Ha detto che era completamente inattivo dopo che la sua scuola a Minbij, una cittadina in provincia di Aleppo nel nord della Siria, aveva chiuso. “Mi sento in colpa… ma a quel tempo pensavo solo a combattere il regime.”
La maggior parte dei ragazzi intervistati dal giornale ha detto che avevano incubi dei combattimenti in prima linea e che soffrivano di perdita di memoria. Si ricordavano tutti del loro primo omicidio, ma alcuni si sono agitati alla richiesta di fornire maggiori dettagli. Le loro testimonianze confermano ciò che si vede nei video pubblicati dallo stato islamico, che mostrano bambini che tengono in mano teste tagliate o sbeffeggiano persone in attesa di essere giustiziate.
Il ramo mediatico dello stato islamico a Deir Ezzour ha pubblicato un video che mostra questo mese l’interrogatorio di un soldato del regime. Poco più avanti vediamo immagini del suo corpo decapitato appeso su una recinzione e otto bambini che giocano con la testa della vittima urlando insulti al cadavere. “È un apostata, un infedele!” urla un bambino sorridendo. “Dio maledica tuo padre che ti ha fatto nascere, cane”, rilancia un altro bambino. “Portatecene degli altri, ancora vivi!”, chiedono i bambini.
In Siria, famiglie disperate inviano i loro figli nei campi di addestramento in cambio di 150 dollari al mese, nella speranza di recuperarli una volta finita la lotta. Altri bambini sono influenzati dagli eventi che accadono nella piazza principale della loro città, dove gli attivisti dello stato islamico distribuiscono succhi di frutta e dolci mentre fanno vedere video di propaganda che mostrano degli omicidi. Questi eventi pubblici prendono il posto degli spettacoli nei luoghi sotto il giogo dei fondamentalisti dello stato islamico, attirando molti bambini inattivi da quando le scuole laiche hanno chiuso.
Ai bambini più stupidi fanno fare i kamikaze
In una relazione dello scorso giugno, Human Rights Watch ha accusato sia l’esercito siriano libero sostenuto dall’Occidente che lo stato islamico di reclutare bambini siriani “con il pretesto di educarli.” Questa pratica ricorda la “scolarizzazione” dei bambini afgani da parte di Mujahideen e talebani durante la guerra civile degli anni ottanta e novanta, che ha formato molti dei combattenti talebani di oggi.
Mourad, 15 anni, ha detto che è stato rapito e indottrinato da parte di militanti dell’auto-proclamato stato islamico con circa 150 altri scolari di Kobani in Siria, dichiara Ayman Oghanna al Wall Street Journal turco. Per la famiglia di Ismail, è la volontà di sconfiggere il Presidente siriano Bashar al-Assad che li ha spinti a iscrivere i loro figli in queste “scuole di combattimento”. L’esercito siriano libero, noto come laico, o FSA, tiene la città di Deir Ezzour dal 2011. Ismail, che all’epoca aveva 14 anni, e il suo fratello minore, che ne aveva 7, si sono uniti al FSA.
All’inizio del 2012 Nusra, un ramo di Al-Qaida, si è insediato nella città e i ragazzi gli hanno votato fedeltà. Nell’estate del 2013 si sono uniti allo stato islamico. “Mi sento in colpa,” ha detto Ismail. «Ma al momento pensavo solo a come sconfiggere il regime».
Ismail conserva una foto del suo fratello minore nel cellulare. Ha un AK-47, una divisa mimetica con un cappuccio nero che reca un’iscrizione islamica in bianco. Il ragazzo, con l’indice sollevato, proclama la sua fede.”Prima della rivoluzione, i bambini di 7 anni andavano a scuola, questa era la norma, “ha detto Ismail. “Ora la nuova legge è che i bambini di 7 anni devono combattere.”
La loro ideologia è la sottomissione
Quando Ismail e il suo fratello minore hanno aderito allo stato islamico, hanno seguito dei corsi di Sharia per 45 giorni, seguiti da 15 giorni di addestramento militare e di uso di esplosivi a Deir Ezzour. Le loro giornate iniziavano verso le 4 di mattina con le preghiere, seguite da tre ore di studio della Sharia. La colazione era alle 7, poi un’ora di sport, ricorda Ismail. Dalle 8 alle 16 i ragazzi venivano addestrati a maneggiare armi, fucili e obici di mortai. La giornata si concludeva con tre ore di studio della Sharia fino alla preghiera della sera e si andava a dormire verso le 21.
Dopo i 45 giorni di formazione, un emiro dello stato islamico ha presieduto una cerimonia di consegna di diplomi, in cui i ragazzi sono stati divisi in gruppi per poi ricevere una formazione specializzata. Per 15 giorni sono stati preparati a raggiungere il campo di battaglia o a far parte della guardia di installazioni militari, o a servire come guardie del corpo per i principali comandanti, o a diventare kamikaze. “I ragazzi più stupidi sono sempre stati scelti per diventare kamikaze”, ha detto un ragazzo di 14 anni, anch’egli ex soldato di Deir Ezzour, ora rifugiato in Turchia.
Appena le scuole siriane sono cadute sotto il controllo dello stato islamico, i predicatori islamici radicali hanno sostituito gli insegnanti abilitati. Storia e filosofia sono state rimosse dal programma. Nelle fortezze dello stato islamico delle province di Raqqa e Deir Ezzour, le scuole o sono chiuse, o vengono requisite per i propri insegnanti. Ad Aleppo, la provincia più popolosa della Siria, gli attivisti per prima cosa si sono impadroniti delle installazioni militari, poi hanno recuperato le scuole per la formazione del loro attivisti.
Quando lo stato islamico ha spazzato via la città nell’agosto 2014, la signora Sheikh ha detto che la sua scuola è stata circondata dai militanti. Gli insegnanti hanno marciato verso la vicina moschea. Le donne sono state messe al secondo piano, separate dagli insegnanti maschi sistemati al primo. Gli uomini dello stato islamico hanno rimproverato gli educatori per i loro insegnamenti liberali. Un insegnante di scienze che ha cercato di opporsi è stato picchiato e arrestato.
Le scuole di Deir Ezzour rimangono chiuse. I bambini possono andare alla moschea e a studiare con predicatori approvati dallo stato islamico. “Non hanno intenzione di riaprire le scuole, perché non vogliono avere a che fare con gente istruita”, ha detto la signora Sheikh. Loro ideologia è la sottomissione”.
Un emiro egiziano è a capo di questo sistema educativo dello stato islamico nella provincia di Deir Ezzour. “Quando ho parlato con lui, sembrava giovane”, ha detto la signora Sheikh”. E il suo arabo non sembrava quello di una persona istruita.”
Bambini curdi torturati
Lo stato islamico ha usato bambini per altri scopi. In maggio un convoglio di autobus scolastici che trasportava circa 250 studenti curdi attraversando Aleppo, è stato sequestrato dallo stato islamico. I bambini, dopo aver affrontato degli esami scolastici, stavano tornando alle loro case a Kobani. I miliziani hanno rilasciato le ragazze, ma hanno tenuto più di 150 ragazzi, dai 14 ai 16 anni. I bambini sono stati usati come moneta di scambio. Lo stato islamico, che combatte contro i curdi per il controllo di Kobani, ha richiesto il rilascio dei suoi combattenti imprigionati in cambio degli studenti curdi. Alcuni dei giovani curdi sono stati picchiati e torturati, hanno detto quattro ragazzi che sono stati arrestati e poi liberati. I prigionieri hanno ricevuto insegnamenti della Sharia simili a quelli descritti da Ismail e altri.
Murad, che non vuole dare il suo nome completo, ha detto che ha trascorso i suoi giorni ascoltando le grida degli altri. Il ragazzo di 15 anni ha visto suoi compagni uscire dal seminterrato, una camera di tortura improvvisata. Gli studenti curdi sono stati restituiti alle loro famiglie a rate. L’ultimo gruppo ha dovuto aspettare cinque mesi prima di rientrare, alla fine di ottobre.
Murad è stato liberato dopo circa un mese, ma l’influenza fondamentalista dei suoi rapitori rimane. Vedendo sua madre con le braccia scoperte in casa, le ha gridato di coprirsi e ha preteso che tenesse il viso velato. Ha ordinato al padre di rispettare le regole religiose e pregare cinque volte al giorno. Ciò che spaventa di più il suo padre è sentire Murad cantare canzoni di propaganda dello stato islamico quando è da solo. I prigionieri erano costretti a cantare queste canzoni dopo le preghiere del mattino. “Canta continuamente questa maledetta canzone,” ha detto il padre del ragazzo. “Mi sta distruggendo la pace con questa canzone.”
MARIA ABI-HABIB – adattamento di Kathie Kriegel Rashed Alsara, Mohammed Nour Alkara e Dana Ballout hanno contribuito a questo articolo. Wall Street Journal(Qui, traduzione mia. NOTA: in un paio di punti la traduzione è un po’ incerta in quanto il testo da me trovato è una traduzione francese, qua e là un po’ traballante, dell’originale inglese leggibile solo dagli abbonati, il che mi ha costretta a cercare di indovinare l’esatto significato)
(tranquilli: non si vedono decapitazioni e affini)
I bambini del califfato
I bambini sono in prima linea durante le crocifissioni e decapitazioni pubbliche che si tengono a Raqqa, roccaforte dello stato islamico in Siria. Vengono usati per le trasfusioni di sangue quando i combattenti dello stato islamico vengono feriti. Sono pagati per informare sulle persone che si mostrano poco leali o che criticano lo stato islamico. Vengono addestrati a diventare kamikaze. Sono bambini di 6 anni, e stanno venendo trasformati nei soldati dello stato islamico del futuro.
Lo stato islamico ha messo in atto un sistema di vasta portata e ben organizzato per il reclutamento dei bambini, indottrinandoli con le credenze estremiste del gruppo e poi insegnando loro rudimentali abilità di combattimento. I militanti si stanno preparando per una lunga guerra contro l’Occidente e sperano che i giovani guerrieri addestrati oggi staranno combattendo di qui a qualche anno.
Benché non vi siano dati certi sul numero di bambini coinvolti, storie di rifugiati e prove raccolte da Nazioni Unite, gruppi per i diritti umani e giornalisti, suggeriscono che l’indottrinamento e l’addestramento militare dei bambini è molto diffuso.
I bambini soldato non sono una novità in tempo di guerra. Dozzine di eserciti e milizie africane usano ragazzini come combattenti, in parte perché la ricerca ha dimostrato che nei bambini i punti di riferimento morale non sono ancora formati, e possono essere facilmente indotti a commettere atti di crudeltà e violenza.
A lungo termine, i giovani combattenti dello stato islamico potrebbero rappresentare un pericolosa minaccia, poiché vengono tenuti lontani dalla loro normale vita scolastica sostituita da una costante dieta di propaganda islamista finalizzata a disumanizzare gli altri e a convincerli della nobiltà di combattere e morire per la loro fede.
[Lo stato islamico] nega deliberatamente l’istruzione a coloro che sono nel territorio sotto il suo controllo, e inoltre fanno loro il lavaggio del cervello”, dice il tenente generale H.R. McMaster, impegnato a valutare le future minacce e pianificare il futuro dell’esercito.
“Stanno praticando l’abuso infantile su scala industriale. Essi brutalizzano e disumanizzano sistematicamente le giovani popolazioni. Questo creerà un problema multi-generazionale.”
Ivan Simonovic, il sottosegretario generale per i diritti umani alle Nazioni Unite, è appena tornato da un viaggio in Iraq, dove si è incontrato con gli iracheni sfollati da Baghdad, Dahuk ed Erbil. Egli parla di un programma di reclutamento “vasto e terribilmente efficace”.
Parlando a un piccolo gruppo di giornalisti alle Nazioni Unite, ha spiegato che i combattenti esercitano del fascino su alcuni dei più giovani, e che hanno degli esperti nel “manipolare ragazzi e bambini”. Ha aggiunto che “proiettano un’immagine di vittoria”, e promettono che quelli che cadono in battaglia “andranno dritti in paradiso”.
“La cosa più impressionante – ha detto – è stata incontrare le madri che [ci dicono] “non sappiamo cosa fare. I nostri figli si sono offerti volontario e non possiamo impedirlo”.
Sulla linea del fronte in Iraq o in Siria, i ragazzi che aderiscono volontariamente o rapiti dallo stato islamico, vengono inviati ai vari campi di addestramento militare o religioso a seconda della loro età. In questi campi apprendono tutto: dall’interpretazione dello stato islamico della Sharia a come maneggiare un’arma da fuoco. Imparano anche a decapitare un altro essere umano facendo pratica su delle bambole, secondo quanto riportato in settembre da Syria Deeply, un sito dedicato alla guerra civile siriana.
I bambini sono inviati anche sui campi di battaglia, dove sono usati come scudi umani o per fornire sangue per le trasfusioni per i soldati dello stato islamico, secondo Shelly Whitman, direttore esecutivo di Roméo Dallaire Child Soldiers Initiative, un’associazione che combatte per porre fine al fenomeno dei bambini soldato.
Testimoni oculari dalle città irachene di Mosul e Tal Afar, hanno riferito agli investigatori dell’ONU di avere visto bambini, armati di armi che riuscivano a malapena a portare e vestiti con l’uniforme dello stato islamico guidare pattuglie stradali e arrestare i residenti.
Esperti di diritti umani dell’ONU hanno anche “ricevuto rapporti confermati di bambini di appena 12 o 13 anni sottoposti ad addestramento militare organizzato dall’ISIS a Mosul,” secondo una relazione congiunta dell’ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU e dell’ufficio per i diritti umani dell’Assistance Mission dell’ONU in Iraq.
Secondo il rapporto, il numero di ragazzi impiegati nei posti di blocco è “drammaticamente aumentato” durante l’ultima settimana di agosto ad al-Sharqat, nella provincia di Salah-al-Din. E nelle pianure di Ninive e Makhmur, degli adolescenti sono stati arruolati nel mese di agosto dai soldati dello stato islamico, conosciuto anche come ISIS o ISIL. Alcuni di questi ragazzi hanno riferito di essere stati “costretti a stare in prima linea per fare da scudo ai soldati dell’ISIL durante i combattimenti e a donare il sangue per curare i combattenti dell’ISIL feriti,” secondo il rapporto.
Abou Ibrahim Raqqawi, pseudonimo di un uomo di 22 anni che fino a un mese fa viveva in Siria, è il fondatore di “Si sta massacrando Raqqa in silenzio”, un account su Twitter e una pagina Facebook che documenta la violenza della vita a Raqqa, la città in cui è cresciuto. Oltre a lui e ad altre tre persone che ora vivono fuori dalla Siria, ci sono altre 12 persone a Raqqa, che forniscono foto e informazioni su ciò che accade in città.
Raggiunto via Skype, ha detto a Foreign Policy che lo stato islamico ha fatto un passo avanti nel suo programma di reclutamento di giovani, che comprende un campo di addestramento per ragazzini in cui vengono insegnate tecniche di combattimento.
Egli spiega che i giovani di Raqqa sono addestrati e poi rapidamente inviati a combattere a Kobani, la città al confine turco-siriano in cui lo stato islamico è stato impegnato per parecchie settimane in una violenta battaglia con i combattenti curdi. Le forze aeree degli Stati Uniti e della coalizione hanno condotto più di 135 attacchi aerei contro i combattenti dello stato islamico in città e nei dintorni, uccidendo centinaia di militanti.
A Raqqa, dove, dopo più di tre anni di guerra, la povertà è diffusa, il gruppo spesso convince i genitori a mandare i figli nei campi in cambio di soldi, spiega Raqqawi. Talvolta lo stato islamico attira direttamente i bambini organizzando reclutamenti pubblici o feste e offrendo poi ai bambini dei soldi affinché essi partecipino gli addestramenti. A Raqqa, con tutte le scuole chiuse, i bambini non hanno molto altro da fare, dice Raqqawi.
Nella provincia di Raqqa, ci sono diversi noti campi di addestramento per i ragazzi, ha detto, fra cui il campo al-Zarqawi, il campo Osama bin Laden, al-Cherkrak, al-Taleea, e al-Sharea. Raqqawi stima che nel campo al-Sharea, destinato a ragazzi sotto i 16 anni, vi siano fra i 250 e i 300 bambini, e ha mostrato delle foto di questo campo, fra cui una di ragazzini seduti a mangiare e un’altra di un ragazzo che sorride dopo aver completato un percorso ad ostacoli.
Quando c’è una grande battaglia, come quella di Kobani, spiega Raqqawi, l’addestramento viene intensificato. Anche in Iraq vi sono prove che dei bambini sono costretti all’addestramento militare. Fred Abrahams, consigliere speciale per Human Rights Watch, ha intervistato alcuni Yazidi fuggiti dalla prigionia dello stato islamico dell’Iraq. Dicono di avere visto i combattenti dello stato islamico prendere i bambini dalle famiglie per portarli all’addestramento religioso o militare.
In una base militare conquistata dallo stato islamico a Sinjar, uno di questi yazidi fuggiti ha detto di aver visto i suoi carcerieri isolare 14 ragazzi, di età compresa fra gli 8 e i 12 anni, e portarli fuori per addestrarli al jihadismo.
Questa estate Vice News ha ottenuto accesso allo stato islamico, e ha prodotto un documentario in cinque parti sulla vita sotto il controllo del gruppo. La seconda parte è incentrata sul modo in cui lo stato islamico sta specificamente preparando i bambini per il futuro.
“Noi crediamo che questa generazione di bambini è la generazione del Califfato, a Dio piacendo, questa generazione combatterà gli infedeli e gli apostati, gli americani e i loro alleati,” ha detto un uomo nel video di Vice. Il video mostra un ragazzo di 9 anni che dichiara che dopo Ramadan andrà a un campo di addestramento per imparare a usare un Kalashnikov.
Un portavoce dello stato islamico ha detto ai giornalisti che quelli sotto i 15 anni vanno nei campi della Sharia per imparare la religione, ma che quelli sopra i 16 vanno nei campi militari.
I responsabili per la comunicazione sui social network per lo stato islamico contribuiscono a convincere persone da tutto il mondo ad andare in Iraq o in Siria per unirsi al gruppo.
Parte di questa strategia comporta l’uso di bambini come strumenti di propaganda, postando sui social media foto di bambini con le uniformi dello stato islamico che marciano a fianco di combattenti adulti. “A metà agosto l’ISIL è entrato in un centro di oncologia pediatrica a Mosul e ha costretto almeno due bambini malati a brandire la bandiera dell’ISIL e ha postato le foto in Internet, è riferito nella relazione delle Nazioni Unite.
Il reclutamento in rete dello stato islamico è stato efficace, raccogliendo più di 3.000 europei. Secondo l’FBI si sa per certo di una dozzina di americani che combattono col gruppo, ma ammette che potrebbero essere di più. Alla fine di ottobre tre studentesse americane del Colorado sono state arrestate a Francoforte, in procinto, a quanto pare, di unirsi allo stato islamico in Siria. Le ragazze sarebbero state fanatizzate in Internet.
Il video di Vice News mostra un belga che è andato a Raqqa con suo figlio, che sembra avere 6 o 7 anni. Il padre istruisce il figlio a dire al cameraman che è dello stato islamico e non del Belgio e poi gli chiede che se vuole essere jihadista o kamikaze, il ragazzo risponde “jihadista”.
Raqqawi dice che, quando ancora viveva a Raqqa, ha visto una donna americana, il suo marito algerino e la loro figlia, che dimostrava circa 4 anni.
Ha detto di aver visto anche un combattente francese con due bambini: un bambino biondo sui 6 anni, e una figlia di circa 1 anno.
“In città vediamo molti combattenti stranieri; è scioccante,” ha detto.
In Siria e in Iraq i bambini non sono solo fanatizzati, ma sono anche quotidianamente esposti ad un livello di estrema violenza.
Raqqawi ha fornito foto, scattate quando ancora viveva in città, di bambini che guardano delle crocifissioni. Ha detto che i bambini sono così abituati a queste esecuzioni, che la vista di una testa separata dal corpo non li turba più. «Lo stato islamico ha distrutto la loro infanzia, ha distrutto i loro cuori» ha detto.
Misty Buswell, responsabile regionale per il Medio Oriente di Save the Children con base in Giordania, ha detto: “Non è esagerato dire che potremmo perdere un’intera generazione di bambini a causa del trauma”.
Buswell ha detto che i bambini rifugiati che ha intervistato hanno incubi, evitano il contatto con i loro coetanei e mostrano segni di aggressività verso gli altri bambini.
«Ho incontrato bambini che avevano smesso di parlare e che non hanno parlato per mesi a causa delle cose terribili a cui hanno assistito, aggiunge Buswell». E quelli sono i fortunati, quelli che sono riusciti a mettersi in salvo. Con il tempo e con gli interventi adatti, possiamo aiutare questi bambini ad avere qualcosa che assomigli a una vita normale. Ma per i bambini che sono ancora lì e vedono ogni giorno tutto questo, gli effetti a lungo termine saranno molto consistenti.»
Buswell ha detto che quasi sempre i profughi vogliono tornare a casa una volta che la situazione si sia stabilizzata e che sia tornata la pace.
Ma quando, qualche settimana fa, ha posto la domanda ai profughi di Sinjar, è stata stupita dalla loro risposta. “È stata una delle prime volte che ho sentito qualcuno dire che le cose che avevano visto e vissuto – e le cose che i loro figli avevano visto – erano così orribili e traumatiche, che non volevano tornare indietro, perché ci sono troppi brutti ricordi.»
Di Kate Brannen (qui, traduzione mia)
Avevo trovato questi due articoli qualche giorno fa e avevo cominciato a tradurli con calma, un po’ alla volta, con l’idea di postarli, vista la lunghezza, all’inizio della prossima settimana, quando mi assenterò per un paio di giorni, così da darvi modo di leggerli con calma. Ma visti gli ultimi avvenimenti mi sono messa al lavoro a tempo pieno per completare la traduzione. Secondo me meritano di essere letti.
Caricato in data 18/ago/2006 Daryl Jones è una volontaria australiana. Profondamente toccata dalle sofferenze dei palestinesi di cui veniva informata, si è recata sul posto per offrire il suo aiuto.
Caricato in data 13/giu/2008
Poi magari, visto che di bambini si sta parlando, potrebbe valere la pena di rileggere questo vecchissimo documento.
Niente paura: ci si ammazza in casa una bambina di due anni con uno di quei razzetti artigianali (oltre 130 in tre giorni: immaginate voi con quali immani sacrifici, poveri cari, con tutta la miseria che hanno in casa che sono tutti lì che muoiono di fame) che non fanno male a nessuno, come leggiamo su tutti i giornali un giorno sì e l’altro pure, si tenta di far ricadere la colpa su Israele; poi viene inconfutabilmente dimostrato che sono stati loro ma non importa, si seppellisce lo stesso come una martire.
Perché noi eroi di Palestina sull’infanzia – nostra e altrui – ci caghiamo, o yes.
(E le stelle stanno a guardare, o yes)