LO SCHIACCIANOCI

Come accennato ieri, sono andata a vedere Lo Schiaccianoci. L’annunciatrice l’ha presentato come “una delle opere classiche, legata al la ricorrenza del Natale”: nessun accenno all’autore, meno che mai a collegamenti ancora più compromettenti, ma hanno comunque avuto almeno il coraggio di andare contro il generale boicottaggio di tutto ciò che è russo. Qualche anno fa l’avevo visto nello stesso teatro col balletto di San Pietroburgo, stavolta con una meno prestigiosa ma comunque pregevole compagnia di ballo italiana e lo spettacolo è stato senz’altro godibile.

L’Adagio, o Grand pas de deux stavolta ve lo presento in due diverse esecuzioni della stessa pattinatrice, Angelina Leonova, la prima del 31 maggio di quest’anno, all’età di quattro anni e mezzo

la seconda cinque mesi più tardi

E poi ve la faccio sentire solo suonata, questa robaccia fin de siecle, con la direzione del superboicottato Valery Gergiev, licenziato dalla Filarmonica di Monaco di cui era direttore, estromesso dalla Scala di Milano eccetera per non avere rispettato l’ultimatum che gli era stato intimato, di firmare una presa di distanza dalla guerra (NON, come qualcuno ha affermato, per essersi espresso a favore della guerra, ma semplicemente per essersi rifiutato di sottostare a un infame, ricattatorio, ultimatum), ultimatum deciso in nome della “linea della fermezza per quanto riguarda la solidarietà e la condivisione dei valori di Pace europei”.

I nazisti, nel frattempo, continuano a bombardare il Donbass.

barbara

LORO, COMUNQUE, NON CI BOICOTTANO

e continuano a regalarci di questi spettacoli di inestimabile bellezza

musica di Ennio Morricone per il film 72 metri, immagino ispirato alla vicenda del sottomarino affondato e diventato la tomba dell’intero equipaggio

E infine sboicottiamo il grande, superboicottato, Ciaikovsky con questo delizioso Pas de deux, piccolo anticipo sul balletto che andrò a vedere questa sera a teatro.

Aggiungo questo strepitoso articolo dell’osannatissimo politologo Edward Luttwak del 27 Febbraio 2022

“Putin cadrà”: la rivelazione sulla fine della guerra in Ucraina [giustamente: le religioni coi dogmi sono, appunto, quelle rivelate]

Edward Luttwak prevede che la Russia perderà la guerra a causa dei pochi mezzi di Mosca: sul Cremlino aleggia anche l’ombra di un colpo di stato

Il politologo americano Edward Luttwak ha esposto le sue teorie sulla fine della guerra in Ucraina, spiegando che il cessate il fuoco sarebbe molto vicino. A premere su Vladimir Putin non sarebbero tanto le sanzioni dell’Occidente, quanto problemi strutturali dell’esercito della Russia, troppo poco numeroso e potente per conquistare davvero Kiev e instaurare un nuovo ordine.

Perché la Russia potrebbe perdere la guerra in Ucraina

L’esperto ha dichiarato che i russi “sono destinati a inciampare” in Ucraina. Il numero uno del Cremlino avrebbe dato vita a un’operazione su larga scala senza averne i mezzi. La campagna in Ucraina è destinata a finire molto presto. Vladimir Putin “è stato un bravo giocatore di poker”, ma adesso “sta giocando alla roulette”.
Questo perché da Mosca è partita l’invasione di un Paese più grande della Francia con un “numero bassissimo di truppe”, circa 120 mila. Circa la metà di quelle di cui si è parlato negli scorsi giorni, prima dell’attacco. In un’intervista pubblicata su Il Giorno ha spiegato che la Russia “non può permettersi una guerra di logoramento, lunga, città per città. Non la reggerebbe economicamente e politicamente”.
Per questo molte zone dell’Ucraina non potranno essere, secondo Edward Luttwak, controllate dai russi, che finiranno “per cadere vittime delle imboscate” dei militari locali e addirittura dei civili armati, che sono in possesso di “100 mila fucili” [il superesperto signor Luttwak evidentemente ignora che se sono armati e combattono NON SONO CIVILI, non possono essere considerati tali da nessun punto di vista] e hanno l’appoggio logistico della Nato, e possono dunque contare sulle armi occidentali.

Vladimir Putin cadrà? Lo scenario per porre fine alla guerra

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sarà bloccata, prevede il politologo, su più fronti. Sul campo a opera della resistenza, con il governo di Kiev che potrebbe dirigere le operazioni da Ovest, in esilio. E anche a Mosca, dove gli oligarchi russi, appesantiti dalle sanzioni, potrebbero organizzare un colpo di stato, o comunque deporre Vladimir Putin.
C’è “solo un modo” per fermare la distruzione economica della Russia, ha cinguettato su Twitter. Ovvero “la rimozione di Vladimir Putin da parte di Sergej Naryshkin”, direttore del Servizio di intelligence internazionale russo, “e altri funzionari che si sono opposti alla guerra”. (Qui)

Per favore, qualcuno provveda a informare Putin che è inutile che continui a combattere, perché sono nove mesi e dodici giorni che ha perso la guerra. Sembra anche ignorare, il superesperto signor Luttwak, che c’è, effettivamente qualcuno che potrebbe decidere di estromettere (se ci riesce, beninteso) Putin con la forza: i falchi, che fin dall’inizio continuano a fare pressione su di lui affinché si decida a combattere sul serio e a farla finita una volta per tutte con quella banda di nazisti, e alle cui pressanti richieste Putin sta continuando strenuamente a resistere. Se Putin cade, la guerra la prendono in mano loro, e saranno cazzi acidi per un bel po’ di gente. Caro Luttwak, faccia una bella cosa: vada a cagare.

Nel frattempo ieri, giornata mondiale del calcio dell’Onu…

https://t.me/letteradamosca/10932

barbara

OGGI ANDIAMO A CACCIA

A caccia di sciacalli, per la precisione. E guardate che bel bestiolone abbiamo beccato!

Qui la prova dello sciacallaggio

e qui tutta la documentazione.

E chiamerei sciacalli anche coloro che, sulla pelle degli ucraini che continuano a morire col continuare della guerra, invocano l’intervento diretto dell’America, ricordandoci in continuazione che anche per salvare noi dal nazismo è intervenuta l’America. E dato il livello culturale di costoro, escludo che possano ignorare che dopo Pearl Harbor gli stati Uniti hanno dichiarato guerra AL GIAPPONE, dopodiché LA GERMANIA E L’ITALIA HANNO DICHIARATO GUERRA AGLI STATI UNITI. E già falsificare la storia per i propri interessi è un gioco decisamente sporco, se poi lo si fa allo scopo di allargare una guerra fino a farla diventare mondiale e possibilmente nucleare, direi che siamo ampiamente nell’ambito dei crimini contro l’umanità.

E qualificherei come sciacallaggio anche il sostenere uno stato nazista, solo perché è comodo usarlo contro il proprio nemico personale – quello, per inciso, che riscalda le nostre case e fa funzionare le nostre industrie. E sull’anima nazista dell’Ucraina, solo chi è tanto tanto tanto in malafede può essere disposto a chiudere occhi e orecchie.

Elena Squarci

Le radici della tradizione nazista ucraina partono da lontano. In un punto ben preciso e doloroso per la storia dell’Occidente. O almeno così era un tempo. Gli ucraini furono fin da subito al fianco di Hitler, prima e durante la seconda guerra mondiale. Accolsero i nazisti come loro liberatori dal giogo sovietico e furono ben contenti di collaborare sul campo condividendo aggressioni militari a stati sovrani, come l’invasione della Polonia, e ogni genere di abominio, e crimini contro l’umanità, come le deliranti politiche antisemite e la conseguente persecuzione, segregazione ed eliminazione degli ebrei tedeschi, polacchi, insieme al resto degli israeliti europei.
Stepan Bandera, eroe nazionalista ucraino (tranne per la parte russofona) ancora oggi molto popolare, celebrato con statue e monumenti alla sua memoria, pensò di applicare il delirio nazista ‘a casa sua’ puntando all’eliminazione degli ucraini di origine russa e di tutte le minoranze presenti sul territorio – compresi gli ebrei – per la creazione di una ‘razza ucraina pura’. Cosa tuttora sentita e condivisa dalla maggioranza degli ucraini che hanno fatto finta di non vedere per otto anni, dal 2014 ad oggi, i massacri e le torture dei nazisti di Azov, nel Donbass; le 14mila vittime di cui nessuno ancora oggi vuol parlare compreso il brutale assassinio di Andrea Rocchelli, giornalista e fotoreporter freelance ucciso a Sloviansk, insieme al collega Andrej Mironov, il 24 maggio 2014, mentre documentavano le prime fasi del conflitto tra i separatisti filorussi e l’esercito di Kiev, ventidue giorni dopo la Strage di Odessa. Dentro una guerra civile che è sempre stata lì, fino ad oggi, tra massacri e orrori, ma che prima dell’invasione russa non ha mai interessato nessuno.
C’era Vitaly Markiv a capo dell’unità che presidiava la collina di Karachun da cui partirono i colpi di mortaio. Markiv ordinò prima di aprire il fuoco con le armi leggere, poi, quando Rocchelli e Mironov si nascosero in un fosso, inviò le loro coordinate alle unità dell’esercito regolare guidando il fuoco dell’artiglieria fino a colpirli, eliminando per sempre due scomodi testimoni.
Nel 2019, il tribunale di Pavia aveva condannato a 24 anni di carcere Markiv, arrestato dai Ros di Milano a Bologna due anni prima. Nel 2020 la Corte di Appello ha rovesciato la sentenza, scagionando Markiv “per non avere commesso il fatto”.
Il dicembre scorso la cassazione ha definitivamente assolto Markiv giudicando il ricorso della procura “inammissibile”.
Nel frattempo a Kiev il processo era stato interpretato come un atto di guerra contro il paese. Una visione dei fatti che ha avuto ampia condivisione dei media e dell’opinione pubblica tutta, che a quanto pare non ha mai dimenticato le sue radici filonaziste compreso il suo presidente anche se ebreo. La sentenza di assoluzione nel 2020 è stata considerata una vittoria per l’intera Ucraina. Markiv tornato nel suo paese è stato accolto come un eroe. È rientrato nella Guardia nazionale con un ruolo di spicco nel gruppo di contatto con gli eserciti Nato. Evviva!

E una volta non solo si sapeva, ma si poteva anche dire

Prova a dirlo oggi e ti ritrovi bandito da tutti i contesti sociali.

E sciacalli i membri della cricca che governa gli Stati Uniti, che ha provocato la guerra per distruggere la Russia – ma per fortuna sembra che le cose non stiano andando come avevano previsto.

Milizie armate e obiettivi russi: cosa fa acqua nei piani degli Usa

Le mosse di Biden non si stanno rivelando efficaci e la Nato ne sta risentendo
Come molti, anche noi siamo stati sorpresi sia dalla pesantezza delle sanzioni contro la Russia (fino a sequestrare i suoi bonds all’estero) sia dallo spettacolo delle forze russe “impantanate” intorno a Kiev. Abbiamo sentito di generali russi uccisi, di 300 o più carri armati distrutti, di armi nuove ed efficaci in mano agli ucraini e abbiamo visto l’incredibile successo mediatico di Zelenski in tutta Europa.
Di conseguenza, negli articoli precedenti ci siamo espressi con cautela sui possibili esiti: abbiamo evidenziato il fatto che fuori dell’Occidente la Russia non era isolata, ma anche i rischi per Putin e la Russia. Adesso però il quadro si sta delineando e proviamo allora ad evidenziare una serie di fatti che indicano come forse siano gli Usa, ancora una volta – come in Siria, Afghanistan e Iraq – ad aver sbagliato a fare i loro calcoli.

Il ruolo dei “paramilitari”

Partiamo da un ottimo reportage di Reuters del 2018 sulla guerra strisciante da anni in Ucraina tra il governo nazionalista post-Maidan e le province di etnia russa a est come il Donbass. Come si può vedere, a differenza di ogni altro paese occidentale, le forze armate ucraine sono costituite per un terzo da “paramilitari” e – come spiega Reuters – sono state dopo il 2014 armate e istruite da Usa e altri paesi Nato.
Negli anni tra il 2014 e il 2018 questa guerra strisciante è stata deludente per i nazionalisti ucraini perché l’esercito regolare soffriva di percentuali di diserzione fino all’80%, senza contare che intere unità erano passate agli indipendentisti russi. Di conseguenza, la scelta degli Usa è stata non solo di rafforzare l’esercito regolare, ma di armare le milizie nazionaliste (che già erano state finanziate con 5 miliardi di dollari per favorire il rovesciamento del governo eletto di Janukovich nel 2014).
Oggi, quindi, ci sono da 100 mila a forse 130 o 150 mila paramilitari, fuori dall’esercito ucraino, addestrati e armati. Questo è molto simile a quanto gli Usa fecero in Afghanistan contro i russi negli anni Ottanta, quando armarono anche Al Qaeda e Bin Laden stesso. Poi, con più successo, armando i kurdi contro Saddam e infine in Siria, armando e finanziando assieme a Turchia, Israele e Qatar le milizie che volevano rovesciare Assad. Nel caso della Siria in questo modo si è scatenata una guerra civile durata dal 2010 al 2019.
Questa terribile guerra è finita solo quando proprio i russi sono intervenuti a sostegno di Assad. Non è un caso che Putin questo mese abbia citato più volte il bombardamento di Raqqa da parte di Usa e Francia, che è costato più di 1600 vittime civili secondo Amnesty.
Ci sono somiglianze inquietanti tra la vicenda della Siria, un paese che era pacifico fino a quando Usa e Uk non hanno dichiarato che bisogna rovesciare Assad, e quello che è successo in Ucraina dal 2014. Prima c’è stata una insurrezione di fatto finanziata dagli Usa contro un governo eletto democraticamente, poi una guerra strisciante nelle province ad est del paese e un rafforzamento militare continuo da parte di Usa e alleati Nato, un rafforzamento che alla fine ha scatenato la reazione di Putin. La Russia è intervenuta militarmente in modo che è sembrato debole o confuso (o meglio questa è la versione che è stata data in Occidente), anche se ha in realtà occupato un’area pari all’Italia. Si sono moltiplicati i report sui successi degli ucraini e le sanzioni a tappeto contro i russi che hanno fatto pensare ad una probabile sconfitta finale. Si è ventilata persino la possibilità di rovesciare Putin.

L’altra faccia di Zelensky

Quello che però succede negli ultimi 15 giorni è che il governo Zelensky ha di fatto creato nel Paese una dittatura chiudendo non solo tutti i media e i partiti diversi da quelli di governo, ma arrestando centinaia di oppositori accusati di alto tradimento. Dieci anni di prigione ai maschi ucraini che non si presentano alla leva. Il capo della polizia è scappato all’estero, due generali sono stati destituiti, il capo del principale partito di opposizione è stato arrestato. Sono apparsi molti video, citati anche su questo sito, di torture e uccisioni a sangue freddo di prigionieri russi e molte testimonianze di caccia ai sospetti, traditori e complici dei russi. Ci sono molte testimonianze ed analisi (riportate alcune anche su questo sito) che indicano che sia i morti di Bucha sia il missile sulla stazione possano essere di provenienza ucraina. Televisioni e giornali insistono invece solo su presunti massacri commessi dai russi.

Negoziati in panne

Intanto i colloqui di pace sono finiti in un vicolo cieco e i russi impiegano ora le loro forze verso il grosso di quelle ucraine schierate a est contro le province di lingua russa, dove si combatte di continuo. A Mariupol si è combattuto casa per casa e i paramilitari del battaglione Azov sono circondati, assieme ad alcuni militari Nato con loro, secondo fonti peraltro non si sa sino a che punto attendibili. La Russia finora, come riconosciuto da esperti militari Usa, ha bombardato molto meno dei paesi Nato in circostanze simili (ci sono state più bombe nel primo giorno di invasione dell’Iraq che nel primo mese di guerra in Ucraina). Putin sostiene che la guerra è lenta per questo e che bombardando come usano gli americani potrebbe avere successi più rapidi. Ma lui non lo fa per risparmiare civili da massacri.
Ritorniamo al punto iniziale: l’esercito ucraino è composto per una grossa parte di milizie paramilitari perché era soggetto a diserzioni massicce nella guerra contro gli indipendentisti russi a est. I nazionalisti invece sono molto motivati, ma usano metodi simili all’Isis, con torture in video e caccia ai sospetti e comunque non costituiscono un esercito regolare. Ora che la guerra si sposta nelle province in maggioranza di lingua russa, i paramilitari nazionalisti si fanno dei nemici tra la popolazione con il loro fanatismo di “Slava Ukraina” (Gloria all’Ucraina) e i loro massacri. Non è difficile trovare interviste a residenti russi di Mariupol, ad esempio, che dicono che pur di liberarsi dai nazionalisti vale la pena di soffrire queste distruzioni.

Il vero obiettivo di Putin

Un conto, insomma, era se i russi avessero occupato Kiev, dove non hanno nessun supporto e un conto è se nelle province di lingua russa si scontrano paramilitari nazionalisti e l’esercito russo. Quest’ultimo offre sistematicamente ai militari regolari ucraini il ritorno alle loro case, e mostra dozzine di video a riguardo, se si arrendono. Al contrario i soldati russi hanno visto in alcuni video terribili – stile Isis – che se si arrendono i paramilitari nazionalisti li massacrano. Tutto questo ha consolidato l’esprit de corps russo. Se la guerra, quindi, continua e anzi si accerchiano le truppe regolari che Zelensky tiene davanti al Donbass è probabile che si disgreghi il fronte interno ucraino.
L’obiettivo russo non è l’occupazione di Kiev e dell’Ucraina, ma è limitato ad una porzione a sud ed est di province di lingua russa. I nazionalisti che vogliono combattere fino all’ultimo uomo con il sostegno Usa e della Nato possono col passare dei mesi perdere il sostegno del resto dell’esercito e anche della popolazione. Come abbiamo ricordato all’inizio, negli anni di guerra strisciante nel Donbass l’esercito regolare ucraino era demotivato e appunto per questo gli Usa hanno fatto ricorso alle milizie paramilitari, anche se erano ultranazionaliste e composte da fanatici. Questo schema di intervento americano è lo stesso per il quale hanno sostenuto prima Al Qaeda in Afghanistan e milizie islamiste in Siria che poi sono diventate entrambi terroristi anche antiamericani.
Putin e i russi conoscono la situazione certamente meglio dei vari Blinken, Nuland e altri strateghi di politica estera Usa che hanno creato guerre civili e disastri dalla Libia all’Iraq. Può essere quindi che i russi continuino lentamente ad avanzare ma solo nelle province di lingua russa, offrendo allo stesso tempo una via di uscita all’esercito regolare. La maggioranza degli ucraini, di lingua ucraina, se vedono che le loro città non vengono invase e distrutte e però la guerra continua, perché i nazionalisti e gli Usa (e Nato) la spingono, possono stancarsi di sopportare una tale situazione.
Può essere, insomma, che gli Usa e la Nato abbiano ancora una volta sbagliato i loro calcoli nello spingere per la sconfitta dalla Russia. E che questa, spalleggiata dalla Cina, con la neutralità di buona parte del resto del mondo, vinca alla fine una guerra che lascerà una lunga scia di morti, morti che si sarebbero potuti evitare se l’Ue invece di pensare su mandato americano ad armare gli ucraini contro i russi avesse svolto un ruolo di mediazione diplomatica tra Mosca e Kiev.
Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, qui, con alcune immagini.

Per chi ha la memoria corta su come funziona la NATO, ecco qui un piccolo promemoria.

Per avere invece un’idea di che genere di persone sta dall’altra parte, leggete un po’ qua:

Paolo Porsia

Urgono CAMPI DI RIEDUCAZIONE per “dopo” se il 17% di questo paese persiste nell’essere PUTINISTA IRRIDUCIBILE…

Capito? I filonazisti ci stanno già preparando i campi di rieducazione per il dopo, quando per noi si apriranno due sbocchi possibili: campo di concentramento, o guerra civile. Io in campo non ci vado, e so sparare molto bene, voi fate un po’ come vi pare. Prima di chiudere, una chicca dell’ultima ora:

Zelesky: “Se città cade stop ai negoziati”

Perché finora ha negoziato a tutto spiano. Esattamente come i palestinesi, che minacciano di abbandonare il tavolo dei negoziati – al quale non si sono quasi mai seduti, e le poche volte che lo hanno fatto, hanno violato da subito gli accordi appena firmati – se Israele farà questo o quest’altro.

E adesso godiamoci questo meraviglioso pattinatore russo che interpreta un meraviglioso compositore russo che i buoni di professione hanno provveduto a boicottare in cielo in terra e in mar.

barbara

NARRATIVA BATTE REALTÀ DIECI A ZERO

Su tutti i media e quasi tutti i social leggiamo continuamente della mostruosa disinformazione diffusa dalla Russia, veniamo messi in guardia dal credere alle menzogne russe, si grida allo scandalo per l’odiosa disinformazione russa… Ora, io e alcuni altri abbiamo inoppugnabilmente documentato molte bufale ucraine, alcune delle quali veramente criminali, come quella del  bombardamento del memoriale della Shoah di Kiev, criminale e pienamente consapevole, perché chi ha ripreso la “notizia” qui può anche ignorare come stiano realmente le cose (anche se non è mai del tutto innocente chi fa girare una notizia senza un minimo di verifica), ma il buffone che da attore di professione consumato annuncia sconvolto al mondo – e soprattutto al mondo ebraico – lo scempio antisemita (“è stato colpito intenzionalmente come atto di antisemitismo”), il memoriale lo ha in casa: lui ha mentito intenzionalmente sapendo perfettamente che il memoriale era intatto. Altre invece, come il videogioco spacciato per bombardamento che la televisione italiana si è bevuta come il peggiore dei polli, sono semplicemente cretine. Ecco: dove sono le documentazioni della disinformazione russa? Intendiamoci: non mi passa neanche per la testa di pensare che uno stato in guerra dica la verità, sempre la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità: la disinformazione è parte integrante sia della tattica che della strategia; ma il punto non è questo, il punto non è se e quanto menta la Russia: il punto è che la disinformazione ucraina è stata documentata, quella russa è stata raccontata: ossia, siamo a livello di chiacchiere da bar sport, e ciononostante tutti continuano a riprendere e diffondere tutte le notizie di fonte ucraina con l’assoluta certezza che si tratti di verità assodata e garantita. E, a proposito: com’è che tutti parlano dei mercenari chiamati da Putin e nessuno di quelli chiamati da Zelensky? Come mai si inorridisce per il fatto che Putin ha mandato a combattere – almeno così è stato raccontato – i militari di leva (“ragazzini di vent’anni”. E chi altro dovrebbe essere mandato a combattere se non i militari, scusate? E invece che ragazzini di vent’anni dovrebbe mandare gli ottantenni che tanto fra poco muoiono lo stesso?) e si parla con ammirazione del fatto che Zelensky mandi a combattere i civili, sorvolando sul fatto che i civili in fuga vengono setacciati e gli uomini mandati indietro perché devono andare a combattere?

E a proposito di chiacchiere da bar sport, una delle barzellette più strepitose in merito è che il motivo vero per cui Putin ha attaccato l’Ucraina (cazzo, loro conoscono IL motivo vero!!!!) è che l’Ucraina sarebbe una democrazia (HAHAHAHAHAHAHA) e allora (HAHAHAHAHAHAHA. Scusate, ma non riesco a smettere di ridere) Putin ha paura che la democrazia ucraina (HAHAHAHAHAHAHA) contagi anche la Russia e che questa a sua volta pretenda di diventare uno stato libero e democratico: non è spettacolare?
E a proposito di Ucraina democratica:

Ucraina e Democrazia, l’ossimoro che trascina l’Europa verso la catastrofe nucleare

Di Maurizio Merlo

L’ultimo momento di mobilitazione popolare internazionale che si ricordi contro una guerra, è del 2003, in occasione dell’invasione militare dell’Iraq ad opera degli Stati Uniti e dei loro alleati, sulla base di notizie inventate di sana pianta, ovvero che Saddam fosse in possesso di armi di distruzione di massa [beh, no, questa non era una notizia inventata, anche se i pacifisti hanno scelto di credere che così fosse] e fosse pronto ad utilizzarle. Allora milioni di persone marciarono in tutto il mondo per chiedere agli Usa di non intervenire in Iraq. Eppure in quei tragici momenti nessun corteo pacifista al mondo osò sfidare la propaganda di guerra, sventolando bandiere irachene o chiedendo di armare il popolo iracheno contro l’invasore.
Oggi invece i cortei “pacifisti” chiedono apertamente di fornire armi a Kiev o, in alternativa di intervenire con la Nato per creare una No fly zone, scatenando così una guerra mondiale.
Poco importa se il presidente ucraino abbia fatto tutto il possibile per far precipitare il paese in guerra con la Russia, con azioni irresponsabili, sempre più sprezzanti nei confronti della sicurezza del paese confinante, tanto da arrivare a dichiarare, durante la conferenza sulla Sicurezza, tenutasi a Monaco il 20 febbraio 2022, che l’Ucraina avrebbe abbandonato il patto di non proliferazione nucleare, dotandosi così di armi atomiche. Se ciò non fosse sufficiente, l’8 marzo arriva la conferma sia dagli Usa che dalla Russia che in Ucraina sono presenti laboratori militari per la produzione di armi batteriologiche di distruzione di massa. Altro che paese aggredito, l’Ucraina si stava preparando ad aggredire, prima il Donbass e poi la Russia.
Il problema però non è solo Zelensky, ma il sistema politico repressivo estremamente violento e razzista ucraino, che coltiva l’odio nei confronti dei russi e dei russofoni, con un progetto chiaro: ripulire etnicamente il paese da qualsiasi influenza russa. Subito dopo il colpo di stato del 2014, la prima legge approvata riguardava la lingua ucraina e poneva forti limitazioni all’uso di quella russa, nonostante l’est del paese fosse abitato prevalentemente da russofoni. Un’ulteriore spaccatura, in un paese ancora scioccato dal massacro di Odessa e dalla violenta presa del potere dei nazisti.
Se la narrazione ufficiale dipinge l’Ucraina come una democrazia aggredita dall’imperialismo russo, beh in tutta onestà bisogna dire che Ucraina e democrazia sono un ossimoro, l’una esclude l’altra. Come potrebbe esserci democrazia in un paese che ha riabilitato i carnefici nazisti della seconda guerra mondiale, che ha legalizzato le squadre fasciste che per otto anni, hanno seminato il terrore in tutto il paese, sequestrando e torturando, a volte uccidendo, oppositori politici? La guerra del regime di Kiev al Donbass ha provocato circa 14000 morti e probabilmente, senza l’intervento russo, avremmo assistito ad una invasione su larga scala dell’esercito ucraino già alla fine di febbraio. A testimonianza di questa ipotesi, c’è l’alto numero di effettivi dell’UAF al confine con le due repubbliche indipendentiste e il fitto lancio di colpi di artiglieria sulle città orientali nei giorni precedenti l’operazione militare russa.
Tutti questi fatti sono stati semplicemente censurati dai media occidentali, che hanno l’esigenza di arruolare i popoli europei contro il popolo russo. Negli ultimi giorni, molti eventi hanno dimostrato ancora una volta il carattere fascista del governo e delle istituzioni ucraine, ma i media li hanno ignorati o, nella peggiore delle ipotesi, hanno rilanciato la propaganda di Kiev.
Il 5 marzo avviene l’esecuzione di uno dei mediatori ucraini, Denis Borisovich, ucciso nel centro di Kiev dagli uomini del servizio segreto ucraino, per presunto tradimento. Immaginiamo se ciò fosse avvenuto a Caracas o a Mosca.  La stampa occidentale però, ha ripreso senza alcuna analisi critica, la versione di Kiev, giustificando l’omicidio del banchiere. Se Borisovich fosse una spia russa non lo sapremo mai con certezza. Nessun processo verrà mai celebrato per appurarlo, nessuno si chiederà più perché quell’uomo fosse nella delegazione ucraina.
All’omicidio di Borisovich, si aggiunge il sequestro di un parlamentare ucraino il 4 marzo scorso, Nestor Shufrich, già più volte colpito dalla violenza fascista per le sue posizioni di contrasto al pensiero unico nazionalista. Etichettato come spia russa, Nestor Shufrich è stato tratto in arresto e allo stato attuale non si hanno sue notizie.
Un’altra vittima presunta del regime di Kiev è il sindaco del villaggio di Kremennayam, Vladimir Struk trovato morto il primo marzo scorso. Aveva proposto ai deputati locali di avviare comunicazioni con la Russia. Secondo la moglie, è stato sequestrato da uomini armati. Il suo corpo è stato ritrovato con un colpo di arma da fuoco al cuore.
Un altro caso è quello dei fratelli Mikhail e Aleksander Kononovich dell’Unione Giovanile Comunista Leninista dell’Ucraina, arrestati il 7 marzo dal regime neofascista ucraino e accusati di essere spie russe e bielorusse. Probabilmente saranno uccisi nelle prossime ore.
Questo è quello che sappiamo, ma gli omicidi mirati, i sequestri di persona, le torture, rappresentano un fenomeno molto più ampio, ormai fuori controllo dopo la distribuzione di armi alla popolazione e la dichiarazione della legge marziale che hanno aumentato a dismisura le violenze sulla popolazione russofona. Chiunque sia solo sospettato di essere una spia, viene spesso ucciso sul posto o incarcerato e torturato senza alcun processo. Inoltre le città sono teatro di saccheggi e scorribande di gruppi criminali, che esercitano violenza su chiunque.
A dispetto della propaganda occidentale che mostra presunti civili ucraini che rifocillano i soldati russi catturati, sul campo si assiste al pestaggio, alla tortura e all’esecuzione dei prigionieri. Le autorità ucraine utilizzano gli avversari catturati come vessilli di propaganda, costringendoli a chiamare i propri congiunti per spingerli a protestare contro il governo russo.
A questi episodi, non certo isolati, si aggiungono le documentate pratiche dei battaglioni nazisti, di utilizzare i civili come scudi umani, per impedire l’avanzata russa nei centri urbani, anche attraverso il sabotaggio dei corridoi umanitari, l’esecuzione di intere famiglie che cercano di scappare, di disertori o di uomini che cercano di evitare l’arruolamento. Una pratica più che logica, dato che dopo l’evacuazione dei civili, i coraggiosi combattenti fascisti dovrebbero vedersela con le truppe regolari russe. L’esito sarebbe scontato.
Tutti questi eventi non disegnano i tratti di una democrazia matura sotto attacco, ma di una feroce dittatura fascista, pronta a tutto pur di combattere la Russia e trascinare il mondo in una terza guerra mondiale. I popoli dell’Ucraina sono utilizzati come agnello sacrificale in uno scontro tra Russia e Nato, già in atto sin dai primi giorni di conflitto e presto o tardi, la narrazione hollywoodiana del coraggioso popolo che lotta contro l’occupante cadrà come un castello di carte, al primo soffio di vento. (Qui)

Quanto all’improvvisa inaspettata immotivata aggressione, questo spezzone di un’intervista di quattro ore di Oliver Stone è di cinque anni fa

E ancora:

Più o meno come dire che Lorena Bobbit ha depisellato il marito così, perché un bel giorno le è saltato il ghiribizzo di dedicarsi all’arte del découpage.

E tornando alla questione della democrazia

E ora vorrei tornare ancora un momento al fatidico 2014. Con una precisazione: non amo granché byoblu: è un canale totalmente libero, vale a dire che chiunque può andare lì e dire quello che gli pare, senza nessun controllo né verifica, e non è raro che vi si sentano giganteschi complottismi e ciarlatanerie. Ma a volte vi si trovano anche cose interessanti  che non trovano spazio altrove. In questo caso il giornalista presenta fatti confermati da altri testimoni e ripresi qui in diretta, per cui ho deciso di proporlo.

E ora vi faccio fare un salto a casa nostra e vi propongo, con qualche giorno di ritardo, il discorso del nostro draghetto preferito, nel caso ve lo foste perso.

“Putin come i nazisti nel ’39”. Cosa ha detto Draghi in Senato

Il duro intervento del premier in Senato sulla situazione della guerra in Ucraina. L’attacco a Putin
Signor Presidente,
Onorevoli Senatrici e Senatori,
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea.
Negli ultimi decenni, molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa. Che gli orrori che avevano caratterizzato il Novecento fossero mostruosità irripetibili.
Che l’integrazione economica e politica che avevamo perseguito con la creazione dell’Unione Europea ci mettesse a riparo dalla violenza. Che le istituzioni multilaterali create dopo la Seconda Guerra Mondiale fossero destinate a proteggerci per sempre [ehm… dal 1945 a oggi ci sono state 82 guerre con diverse decine di milioni di morti, signor presidente, di cui 24 negli ultimi due decenni: lei dov’era?]. In altre parole, che potessimo dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza, benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici.
Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Maripol e dalle altre città dell’Ucraina in lotta per la libertà dell’Europa segnano la fine di queste illusioni. L’eroica resistenza del popolo ucraino, del suo presidente Zelensky, ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili. Voglio ribadire, ancora una volta, tutta la mia solidarietà, quella del Governo e degli italiani [li hai interpellati? Tutti 60 milioni?] al Presidente Zelensky, al Governo ucraino e a tutte le cittadine e cittadini dell’Ucraina.

L’aggressione premeditata di Putmin

L’aggressione – premeditata e immotivata [di cui TU sei tanto cieco e ottuso da non vedere i motivi] – della Russia verso un Paese vicino ci riporta indietro di oltre ottant’anni, all’annessione dell’Austria, all’occupazione della Cecoslovacchia e all’invasione della Polonia. Non si tratta soltanto di un attacco a un Paese libero e sovrano [chiedere a Biden per chiarimenti], ma di un attacco ai nostri valori di libertà e democrazia e all’ordine internazionale che abbiamo costruito insieme. (…) L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte.
Il disegno revanscista del Presidente Putin si rivela oggi con contorni nitidi, nelle sue parole e nei suoi atti. Nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea con un referendum illegale [illegale in che senso? In base a quale legge?], e ha incominciato a sostenere dal punto di vista finanziario e militare le forze separatiste nel Donbass.
La settimana scorsa, ha riconosciuto – nel più totale sprezzo della sovranità ucraina e del diritto internazionale [come quando parlate di diritto internazionale a proposito di Israele?] – le due cosiddette repubbliche di Donetsk e Lugansk. Subito dopo, in seguito a settimane di disinformazione, ha invaso l’Ucraina con il pretesto di “un’operazione militare speciale”. Le minacce di far pagare con “conseguenze mai sperimentate prima nella storia” chi osa essere d’intralcio all’invasione dell’Ucraina, e il ricatto estremo del ricorso alle armi nucleari, ci impongono una reazione rapida, ferma, unitaria. Tollerare una guerra d’aggressione nei confronti di uno Stato sovrano europeo vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la pace e la sicurezza in Europa. Non possiamo lasciare che questo accada. (…) [Pare di sentire i film Luce del fascismo: stessa roboante retorica, stessa vagonata di falsità, stesso vuoto di contenuti]

La risposta militare dell’Italia

In seguito all’intensificarsi dell’offensiva russa, abbiamo adottato una risposta sempre più dura e punitiva nei confronti di Mosca. Sul piano militare, il Comandante Supremo Alleato in Europa ha emanato l’ordine di attivazione per tutti e 5 i piani di risposta graduale che ho illustrato la settimana scorsa. Questo consente di mettere in atto direttamente la prima parte dei piani e incrementare la postura di deterrenza sul confine orientale dell’Alleanza con le forze già a disposizione. Mi riferisco al passaggio dell’unità attualmente schierata in Lettonia, alla quale l’Italia contribuisce con 239 unità. Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione e sotto il comando NATO. Le nostre forze aeree schierate in Romania saranno raddoppiate in modo da garantire copertura continuativa, assieme agli assetti alleati. Sono in stato di pre-allerta ulteriori forze già offerte dai singoli Paesi Membri all’Alleanza: l’Italia è pronta con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità. (…) [nel caso qualcuno avesse ancora qualche dubbio sul fatto che abbiamo dichiarato guerra alla Russia; tipo che mi arrabbio con Mike Tyson e faccio la faccia cattiva cattiva cattivissima e poi gli do anche un pestone su un piede]
L’Italia ha risposto all’appello del Presidente Zelensky che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa. È necessario che il Governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all’invasione e difendere l’indipendenza del Paese.
A un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre democrazie, non è possibile rispondere soltanto con incoraggiamenti e atti di deterrenza. Questa è la posizione italiana, dell’Unione Europea, dei nostri alleati. (…) [E poi hanno anche la faccia da culo di mandare da Putin il gigetto in missione diplomatica][E adesso arrivano le randellate sulla testa degli italiani]

Le sanzioni alla Russia

Abbiamo adottato tempestivamente sanzioni senza precedenti, che colpiscono moltissimi settori e un numero importante di entità e individui, inclusi il presidente Putin e il ministro Lavrov.
Sul piano finanziario le misure restrittive adottate impediranno alla Banca centrale russa di utilizzare le sue riserve internazionali per ridurre l’impatto delle nostre misure restrittive. In ambito UE si sta lavorando a misure volte alla rimozione dal sistema SWIFT di alcune banche russe. Questo pacchetto ha inflitto già costi molto elevati a Mosca. Nella sola giornata di lunedì, il rublo ha perso circa il 30% del suo valore rispetto al dollaro. La Borsa di Mosca è chiusa da ieri e la Banca centrale russa ha più che raddoppiato i tassi di interesse, passati dal 9,5% al 20%, per provare a limitare il rischio di fughe di capitali. Stiamo approvando forti misure restrittive anche nei confronti della Bielorussia, visto il suo crescente coinvolgimento nel conflitto. La Russia ha subito anche un durissimo boicottaggio sportivo, con l’annullamento di tutte le competizioni con squadre russe in ogni disciplina. [Così gli facciamo vedere, a quel buzzurro di Putin, cosa significa democrazia e libertà e stato di diritto, tiè]
L’Italia è pronta a ulteriori misure restrittive, ove fossero necessarie. In particolare, ho proposto di prendere ulteriori misure mirate contro gli oligarchi. L’ipotesi è quella di creare un registro internazionale pubblico di quelli con un patrimonio superiore ai 10 milioni di euro.
Ho poi proposto di intensificare ulteriormente la pressione sulla Banca centrale russa e di chiedere alla Banca dei Regolamenti Internazionali, che ha sede in Svizzera, di partecipare alle sanzioni.
Allo stesso tempo, è essenziale mantenere aperta la via del dialogo con Mosca. [E ci vengono a raccontare che questo sarebbe uno statista]
Ieri, delegazioni russe e ucraine si sono incontrate in Bielorussia, al confine con l’Ucraina.
Auspichiamo il successo di questo negoziato, anche se siamo realistici sulle sue prospettive.

Le forniture di Gas

Il governo è inoltre al lavoro per mitigare l’impatto di eventuali problemi per quanto riguarda le forniture energetiche. Al momento non ci sono segnali di un’interruzione delle forniture di gas. [al momento… Ricordiamo che stiamo avendo l’inverno più freddo da decenni, con temperature da gennaio a metà marzo]]
Tuttavia è importante valutare ogni evenienza, visto il rischio di ritorsioni [ah, potrebbe esserci il rischio di ritorsioni? Ma va?] e di un possibile ulteriore inasprimento delle sanzioni. L’Italia importa circa il 95% del gas che consuma e oltre il 40% proviene dalla Russia [un  sentito grazie a tutti i governi che ci hanno sottratto tutte le risorse che avevamo]. Nel breve termine, anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia a partire dalla prossima settimana non dovrebbe comportare problemi. L’Italia ha ancora 2,5 miliardi di metri cubi di gas negli stoccaggi e l’arrivo di temperature più miti dovrebbe comportare una significativa riduzione dei consumi da parte delle famiglie [cioè ci affidiamo alla sorte, come nel medioevo]. La nostra previsione è che saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altra capacità di importazione [e visto che con le previsioni vi siete sempre mostrati dei fenomeni…].
Tuttavia, in assenza di forniture dalla Russia, la situazione per i prossimi inverni rischia di essere più complicata.
Il Governo ha allo studio una serie di misure per ridurre la dipendenza italiana dalla Russia.
Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il grande lavoro che sta svolgendo su questo tema. Le opzioni al vaglio, perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici, riguardano prima di tutto l’incremento di importazioni di gas da altre fornitori – come l’Algeria o l’Azerbaijan; un maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, che non prevedrebbero comunque l’apertura di nuovi impianti.
Se necessario, sarà opportuno adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e quello termoelettrico [cioè?].
La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico è un obbiettivo da perseguire indipendentemente da quello che accadrà alle forniture di gas russo nell’immediato. Non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo Paese [e questa sì che è una scoperta geniale!]. Ne va anche della nostra libertà, non solo della nostra prosperità. Per questo, dobbiamo prima di tutto puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili [VAFFANCULO] – come facciamo nell’ambito del programma “Next Generation EU”. Dobbiamo continuare a semplificare le procedure per i progetti onshore e offshore – come stiamo già facendo – e investire sullo sviluppo del biometano. Il gas rimane un utile combustibile di transizione. Dobbiamo ragionare su un aumento della nostra capacità di rigassificazione e su un possibile raddoppio della capacità del gasdotto TAP [ma vorrai scherzare! Non te l’hanno detto che TAP è Satana in persona?].

La difesa militare dell’Ue

L’Europa ha dimostrato enorme determinazione nel sostenere il popolo ucraino. Nel farlo, ha assunto decisioni senza precedenti nella sua storia – come quella di acquistare e rifornire armi a un Paese in guerra [e se ne vanta pure!]. Come è accaduto altre volte nella storia europea, l’Unione ha accelerato nel suo percorso di integrazione di fronte a una crisi. Ora è essenziale che le lezioni di questa emergenza non vadano sprecate.
In particolare, è necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune, per acquisire una vera autonomia strategica, che sia complementare all’Alleanza Atlantica. La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo fatto finora. Possiamo scegliere se farlo a livello nazionale, oppure europeo. Il mio auspicio è che tutti i Paesi scelgano di adottare sempre più un approccio comune. Un investimento nella difesa europea è anche un impegno a essere alleati. (…)
In caso di interruzioni nelle forniture di gas dalla Russia, l’Italia avrebbe più da perdere rispetto ad altri Paesi europei che fanno affidamento su fonti diverse. Questo non diminuisce la nostra determinazione a sostenere sanzioni che riteniamo giustificate e necessarie [tanto non ci stai mica tu al freddo, pezzo di merda. Tanto non resti mica tu con la macchina ferma, pezzo di merda]. È però importante muoverci nella direzione di un approccio comune per lo stoccaggio e l’approvvigionamento di gas. Farlo permetterebbe di ottenere prezzi più bassi dai Paesi produttori e assicurarci vicendevolmente in caso di shock isolati.
La guerra avrà conseguenze sul prezzo dell’energia, che dovremo affrontare con nuove misure a sostegno delle imprese e delle famiglie. È opportuno che l’Unione Europea le agevoli, per evitare contraccolpi eccessivi sulla ripresa. Nel lungo periodo, questa crisi ci ricorda l’importanza di avere una visione davvero strategica e di lungo periodo nella discussione sulle nuove regole di bilancio in Europa. A dicembre, insieme al Presidente francese Macron, abbiamo proposto di favorire con le nuove regole gli investimenti nelle aree di maggiore importanza per il futuro dell’Europa, come la sicurezza, o la difesa dell’ambiente. Il disegno esatto di queste regole deve essere discusso con tutti gli Stati membri. Tuttavia, questa crisi rafforza la necessità di scrivere regole compatibili con le ambizioni che abbiamo per l’Europa [cioè, fammi capire: tu saresti convinto di poterti permettere di avere delle ambizioni?! Ma veramente veramente?].
L’invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l’Ucraina. È un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basata sulle regole e sui diritti [perché non lo hai detto alla NATO in tutti gli ultimi 25 anni in cui ha ininterrottamente violato tutti i patti sottoscritti?] Non possiamo lasciare che in Europa si torni a un sistema dove i confini sono disegnati con la forza. E dove la guerra è un modo accettabile per espandere la propria area di influenza. Il rispetto della sovranità democratica è una condizione alla base di una pace duratura. Ed è al cuore del popolo italiano che, come disse Alcide De Gasperi, è pronto ad associare la propria opera a quella di altri Paesi, “per costruire un mondo più giusto e più umano”. La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro.
Ed è per questo che chiedo al Parlamento il suo sostegno.
Grazie.

Non so a voi, ma a me tutta questa retorica bolsa fa venire il vomito. Comunque prepariamoci, perché una volta che Putin avrà finito di saldare il conto con l’Ucraina, poi tocca a noi. Nel frattempo, in attesa che il Titanic finisca di affondare, balliamo. Balletti russi, naturalmente.

barbara