AMERICA, QUALCHE FATTO E QUALCHE RIFLESSIONE

Per partire dal principio bisogna ricordare la feroce guerra scatenata contro Trump fin dal momento in cui, nel 2016, ha annunciato di volersi candidare alle elezioni presidenziali: guerra senza quartiere, condotta con tutti i mezzi leciti e illeciti – soprattutto illeciti – da parte dei mass media, del mondo dello spettacolo (vogliamo ricordare la “marcia delle donne contro Trump” guidata da una signora che aveva promesso pompini a chi avesse votato la Clinton? Vogliamo ricordare l’intensa partecipazione di quell’altra signora che sul palco si fa agguantare la passera dagli spettatori? E si potrebbe continuare a lungo), mentre i politici hanno passato tutti interi questi quattro anni a fabbricare macchinazioni e inventare favole, per sostenere le quali hanno pagato testimoni e coinvolto innocenti a cui hanno distrutto carriera ed esistenza – al costo di decine di milioni di dollari – per poterlo esautorare. E bisogna ricordare come la metà abbondante dell’America che stava dalla sua parte è stata trattata da fascista, troglodita, ignorante, mentre il consenso per Trump aumentava di pari passo con l’aumento dell’occupazione nera e ispanica e dei loro salari. E bisogna ricordare come, per danneggiarlo, siano state scatenate le rivolte delle bande razziste e terroriste degli Antifa e dei Black Lives Matter. Bisogna ricordare, in poche parole, come la politica dem – e solo quella – abbia letteralmente spaccato l’America in due.

E come alla fine, sapendo benissimo che la maggioranza era per Trump, abbia messo in piedi la gigantesca macchina dei brogli che abbiamo visto, e come la magistratura e la pubblica amministrazione abbiano semplicemente rifiutato di prendere in esame tutte le documentazioni che in questi due mesi sono state presentate in merito ai brogli – cosa che non si spiegherebbe se non col fatto che tutti sapevano esattamente che cosa sarebbe successo se quei documenti fossero stati studiati in maniera onesta e se fosse stato verificato il funzionamento delle macchine di voto.
Alla fine la corda troppo tirata si è rotta. E come sempre, i mass media semplicemente capovolgono i fatti, o li addomesticano, come la famosa telefonata di un’ora dalla quale sono stati selezionati ed estratti quei quattro minuti da dare in pasto al pubblico – tipo noccioline alle scimmie dello zoo, che se le mangiano di gusto senza che venga loro in mente di chiedersi e chiedere da dove vengano quelle noccioline – sistema col quale è un gioco da ragazzi far dire a chiunque qualunque cosa. E uno splendido esempio di disinformazione e capovolgimento dei fatti lo abbiamo da Paolo Guzzanti sul Giornale:

I membri del Congresso e il presidente eletto hanno chiesto invano al Presidente di richiamare la folla. Si sa che il Presidente, ancora per pochi giorni, si sarebbe limitato ad un blando invito a «calmare gli animi». Lo stato delle cose purtroppo non consente di evitare il sospetto di una insurrezione armata contro lo Stato federale, sostenuta da un presidente che già viene dai media definito traditore [che i manifestanti NON fossero armati è, ovviamente, un dettaglio di nessuna importanza]. Biden ha implorato Trump di andare davanti alle telecamere e richiamare la rivolta, ma finora nulla del genere è accaduto. (qui)

E infatti

Per non parlare di Mentana

che come se non bastasse si compiace del bando decretato a Trump da FB, e qualcuno, giustamente…

Diciamo che il rapporto fra i fatti e la rappresentazione dei fatti che danno i mass media è sostanzialmente questo

Per quanto riguarda i fatti di sangue:

Cullà: è certo che a sparare sia stata la Capitol Police, la donna era una manifestante trumpiana, 14 anni nell’Areonautica, e disarmata.
Myollnir: Non so voi, io ho fatto in tempo a vedere il video dello sparo, prima che lo facessero sparire (forse si può ancora trovare su zerohedge o simili). Impressionante, un colpo al collo da un metro di distanza. Volontario, una cosa alla Jack Ruby. Impressionante.

Ma il pericolo viene da Trump e dai suoi sostenitori, naturalmente. E quanto all’irruzione in Campidoglio

Nino Pepe

Non credo che chiedere di ricontare i voti sia un atto eversivo. A Washington c’è stato il trappolone. Con quella marea impressionante di persone, mettere a guardia del Campidoglio soltanto una ventina di agenti, che poi si sono fatti da parte e hanno fatto entrare delle persone comunque disarmate, mi puzza di cosa organizzata dai democratici. Domanda retorica: a quale scopo?

E magari non sarà stata programmata e organizzata in anticipo, ma per puzzare puzza proprio, eccome se puzza.
Aggiungo una risposta di Giovanni Bernardini a una sua lettrice, ma che risponde anche a tanti altri.

Giovanni Bernardini

1) Le prove non si riducono affatto a semplici dichiarazioni di Trump e dei sui legali. Ci sono filmati, centinaia di affidavit, dichiarazioni scritte giurate (e chi mente in un affidavit finisce in galera) pareri di tecnici, testimonianze prestate di fronte ai parlamenti di vari stati (che hanno convinto tali parlamenti a non convalidare i voti per Biden). C’è l’incredibile andamento della notte elettorale, con il blocco dello spoglio in tutti gli stati contestati e la ancora più incredibile rimonta di Biden.

2) Ovviamente il rifiuto dei giudici di prendere in esame le montagne di materiale probatorio si basa su leggi e regolamenti, ma di certo i magistrati potevano interpretare leggi e regolamenti in maniera tale che si potesse entrare nel merito delle varie contestazioni. Nessuno era obbligato a fare il muro di gomma. Due giudici della corte suprema del resto si sono espressi affinché si entrasse nel merito delle contestazioni del Texas e di altri 19 stati. Se il materiale non è stato esaminato è solo, a mio parere, perché i giudici non volevano assumersi una responsabilità troppo grossa.

3) Se fossero entrati nel merito la soluzione sarebbe stata molto più soddisfacente per tutti, non ci sarebbe stata nessuna serie infinita di ricorsi. Se ad esempio le macchine dominium fossero state esaminate da un team di tecnici e trovate affidabili il discorso si sarebbe chiuso. E ora non ci sarebbe mezza America che si ritiene truffata.

4) Concordo sull’assalto al parlamento, un atto inqualificabile, ma di certo non è stato Trump ad organizzarlo. Tra l’altro gli si è rivoltato contro, cosa ampiamente prevedibile.

5) Un presidente dovrebbe esser garante della legalità, non assumere atteggiamenti eversivi. Beh…il primo attacco alla legalità è avvenuto nella notte fra il 3 ed il 4 novembre. Quanto ai toni accesi di Trump, come dimenticare che questi è da 4 anni costantemente sotto assedio? Che è stato fatto di tutto per impallinarlo? Che abbiamo assistito allo spettacolo questo si unico, di un presidente censurato, addirittura oscurato, da social e reti televisive? C’è molto poco di legale nel modo in cui per anni i dem hanno tentato tutto pur far fuori il loro nemico…

6) Non credo proprio che Trump avesse, o abbia in mente di tentare un golpe. Lo dimostra tra l’altro l’appello di oggi affinché i suoi seguaci tornino a casa. E poi, se vuoi un golpe organizzi per bene le cose, mobiliti l’esercito, non quattro imbecilli scalmanati.

Direi che basta… 

E una di

Flavio Gastaldi

In sintesi:

– il conteggio dei voti viene bloccato per ore e quando riprende i voti sono stati attribuiti al 100% ad uno solo dei candidati
– c’è il sospetto gravissimo di brogli elettorali
– il potenziale danneggiato chiede di verificare i voti, come dovrebbe avvenire in tutte le democrazie, vari tribunali non glielo concedono senza entrare mai nel merito e dichiarandosi tutti fondamentalmente incompetenti
– la gente si sente defraudata e protesta
– le autorità locali fanno entrare senza alcuna resistenza in Campidoglio chi protesta salvo freddare una giovane disarmata con addirittura accanto decine di militari con mitra spianati

Risultato:

– l’eversivo è quello che ha semplicemente chiesto di ricontrollare i voti.

(Alfonso Maria Avitabile, trovato e riproposto grazie a Betta Maselli)

In molti dicono: se aveva le prove doveva portarle in tribunale, non fare la rivoluzione. Giusto, ma se anche da Berlino sono spariti tutti i giudici, cosa si deve fare? Rassegnarsi a restare cornuti e mazziati?

Aggiungo ancora questa riflessione

Noi con Trump

LA NOSTRA RIFLESSIONE SULL’INCREDIBILE GIORNATA DI IERI

Abbiamo modificato il post che avevamo scritto a caldo perché la situazione nel frattempo si è evoluta, abbiamo riflettuto e al netto che confermiamo ciò che pensiamo, ci è sembrato doveroso riscrivere facendo delle distinzioni e delle precisazioni.
Come associazione

Noi con Trump 

abbiamo dato fin dal primo giorno il nostro supporto al presidente

Donald J. Trump

e alla sua amministrazione perché crediamo fermamente che la sua sia stata una politica straordinariamente rivoluzionaria e che i risultati ottenuti non sarebbero stati possibili con nessun’altra persona al posto di comando in USA.
Noi quindi ci occupiamo di politica e di proposte politiche rivoluzionarie, osservandone gli effetti nella più grande e antica democrazia del mondo. Quel che sta succedendo in queste ore, però, non ha nulla a che vedere con la politica. Questa è qualcosa che somiglia più ad una guerra.
Soprattutto, abbiamo la certezza di come questo scontro fosse incredibilmente difficile da evitare. Noi siamo convinti che ci siano stati dei brogli elettorali ma, anche prendendo per buoni i risultati, in America ci sono quasi 160 milioni di persone che hanno espresso il proprio voto, una percentuale incredibilmente alta, un numero mai raggiunto da nessun’altra elezione nella storia del paese, il tutto con dei dubbi che serpeggiano e spesso evidenziati da logiche di numeri. Il risultato è un’America spaccata a metà, lacerata, con oltre 70 milioni di persone che hanno visto il proprio sogno infrangersi nel giro di poche ore, quello di avere altri 4 anni di benessere e di crescita, di sicurezza e di opportunità, attraverso un secondo mandato del presidente Trump.
Quello di ieri è stato un evento catastrofico, mortificante per la democrazia americana, ma è comunque solo uno dei sintomi di questo malcontento diffuso in tutto il paese. Ci sono persone che hanno dato tutto quel che avevano fiduciosi nella rielezione di Trump, hanno lottato, hanno resistito agli attacchi e alle critiche. Trump ha rappresentato per loro l’unica vera salvezza in un panorama politico che ha perso sempre più interesse per i più deboli. Questo è successo perché Trump ha reso forti quei deboli, ha dato loro speranza, li ha fatti rialzare e reagire e lo ha fatto attraverso delle politiche di tutela del cittadino. Oggi quelle persone si sentono tradite, truffate, in pericolo e sono arrabbiate e sono pronte a combattere con la propria vita perché grazie a Trump hanno scoperto che non fa bene avere paura ma che bisogna “stand your ground”.
Trump ha emancipato un’intera fascia sociale completamente abbandonata dalla politica e queste persone sono prima tornate alle urne per la prima volta dopo decenni e oggi sono pronte a fare una rivoluzione.
Come associazione, vi invitiamo a non lasciare che sia solo la narrazione dei media mainstream a spiegarvi cosa stia davvero succedendo in America ma di provare a sentire anche altri punti di vista, cercando di schivare gli sciacalli delle fake news e chi oggi vuole sfruttare il sensazionalismo degli eventi in corso.
Stiamo assistendo ad una delle pagine più importanti, controverse ed articolate della storia contemporanea mondiale.
Noi ci impegneremo, come sempre, a riportare gli eventi dal punto di vista dei supporter di Trump perché mai come oggi siamo stati convinti che questo possa essere uno spunto di confronto necessario per tutti.

E un articolo di Fiamma Nirenstein

“Questo finale rovina tutta la storia di una presidenza diffamata per anni”. Intervista a David Wurmser

 Il Giornale, 08 gennaio 2021

Seduti uno di qua e uno di là dall’Oceano, da Washington e da Gerusalemme, contempliamo con la testa fra le mani, insieme a David Wurmser, il disastro di Capitol Hill, la parabola del presidente che ha trasformato la conclusione del suo mandato in un circo di leoni impazziti. David è uno dei migliori intellettuali conservatori degli Stati Uniti, è stato consigliere speciale al Dipartimento di Stato di John Bolton, e prima di Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti, membro dell’American Enterprise Institute.
Cos’è successo a Capitol Hill? «E successo un disastro. Tutta la storia della presidenza Trump sarà ricordata soprattutto per questa conclusione, e la sua memoria ne sarà interamente compromessa».
Le critiche a Trump erano già insistenti, asfissianti… «Di più, ed è stata proprio la persecuzione totalizzante del personaggio e dei suoi che ha portato al discorso scandaloso di due giorni fa. Trump è stato sempre un’antenna dello stato d’animo della sua folla, non di violenti, ma di cittadini su cui il fatto di non essere di sinistra è diventato un’accusa di essere una sorta di “nazisti”. Una parola che non ammette replica, perché implica storicamente la sua totale indecenza. Trump e la sua gente in questi anni sono stati bombardati da accuse di ignominia: ci sono stati licenziamenti, fratture familiari, messe al bando di vecchi amici, odio, disgusto e shaming sui media, attacchi fisici al ristorante, per la strada ai trumpiani. La legittimazione appartiene a gruppi che per altro negli ultimi 8 mesi hanno distrutto migliaia di negozi, ferito cittadini, sparato ai poliziotti…».
La campagna elettorale ha peggiorato molto. «Non è stata nemmeno una campagna elettorale, ma un coro di diffamazione mentre agli altri tutto veniva condonato, la violenza, i rapporti del figlio di Biden coi cinesi».
Ma Trump ha sbagliato a reclamare ancora la vittoria e a chiederla alla folla. «Sì ha sbagliato, ha compiuto svariati errori, anche col Covid mentre faceva politiche giuste proclamava posizioni sbagliate. E induce oggi con gli ultimi fatti all’oblio dei molti errori storici che aveva curato con azioni giuste: aveva sgominato la paura paralizzante della Cina, l’ubbidienza ai no palestinesi promuovendo una serie di processi di pace; aveva posto fine alla pretesa che con l’Iran qualsiasi accordo sia migliore di un non accordo e alla passività di fronte all’ostilità di Onu ed Europa. E in politica interna ha promosso la riabilitazione in base alle regole di un mercato libero ma nazionalista di una larghissima classe sociale vilipesa. Da questa via Trump ha guadagnato sempre più consensi».
Adesso possiamo dire che siamo in mezzo a un disastro? «I disastri sono due: il primo è quello legato agli scontri, il secondo è quello della Georgia. E’ una tragedia per Biden non avere un Senato conservatore dietro cui nascondersi per bloccare l’estremismo del suo partito».
Il problema è la democrazia americana: si potrà ricostruire una situazione in cui governo e opposizione si confrontano serenamente? «C’è sempre stato molto in comune nelle due parti politiche, nell’idea che ogni individuo è un depositario di “diritti inalienabili” dati da Dio o dalla Storia o dalla natura, cda qualcosa di più grande di lui. Ma ora la sinistra si è staccata da questa sponda, la sua propensione è verso una deriva socialista alla Bernie Sanders».
Pensi che nei prossimi giorni Trump possa fare ancora qualcosa che possa sconvolgere il mondo? «Non direi. Trump ha abdicato all’interventismo Usa, lasciando a ciascuno i suoi guai e le sue scelte. Ha anche posto fine alla scelta politica di un inutile restraint internazionale. E così ha avviato parecchi cambiamenti positivi, ma…».
Ma ha rovinato tutto. «Diciamo danneggiato».

E infine la conclusione.

Gerardo Verolino

Attenzione, il famoso colpo di Stato messo in atto, a Washington, dai Village People, gli indiani Arrapaho di Ciro Ippolito, i trapezisti del circo Togni, i mandriani, gli hillibilly, Buffalo Bill e i guerrieri vichinghi con le corna di Bisonte, (come sostenevano tutti quelli che avevano preso un colpo di sonno o un colpo di Sole) è già finito. È durato la bellezza di cinque ore: meno del tempo di un reality show e più di una puntata di Dallas. Informiamo allora i telespettatori che non è stata istituita la corte marziale, non girano i carri armati per le strade, non esistono i dpcm di Conte né i proclama del generale Jaruzelsky, non c’è coprifuoco e non esiste la polizia politica a controllarti. Ieri, l’Aula ha lavorato come sempre e ha decretato l’elezione del presidente e della sua vice.
La notte nera della democrazia americana, l’ora più buia, la dittatura, la fine della democrazia liberale sono rinviate a data da destinarsi. Augh!

Ecco, sull’ultima frase ho purtroppo qualche dubbio: La notte nera della democrazia americana, l’ora più buia per l’America e per il mondo intero, stanno in realtà cominciando adesso. E chissà se dalle macerie, alla fine, sarà ancora possibile ricostruire qualcosa. (Se vi resta ancora un po’ di tempo e di energia e di pazienza, suggerirei di leggere anche questo e questo)

barbara

SCENE DA UN MANICOMIO

Perché siccome i manicomi sono stati chiusi, il manicomio è rimasto tutto fra noi. Cominciamo con il caso Lamorgese, che possiamo far rientrare a pieno titolo nella categoria pezo ‘l tacon del buzo. Succede dunque che la signora fa il tampone, senza conoscerne l’esito partecipa a un’ammucchiata di ministri, e mentre è lì arriva il referto di positività, che se lo faccio io (no, non coi ministri, certo: sono una vecchia signora con l’ulcera, come tutti sanno, e ho lo stomaco delicato per via della gastrite che mi accompagna da molti decenni; potendo scegliere, preferirei aiutare un contadino a pulire il letamaio) mi manda tutti i settantamila militari e una dozzina di droni. E questo è il buzo. Poi arriva il tacon: il referto, dice, il referto di questo tampone sicuro sicurissimo, affidabile affidabilissimo, infallibile in fallibilissimo, era un falso positivo. Gli errori sono rarissimi, più o meno uno ogni quarantasette miliardi di casi. E quell’un quarantasettemiliardesimo a chi ti va a capitare? Alla lucianona nostra. E perché è un tacon pezo del buzo? Perché non cambia i fatti di una virgola: aveva fatto il tampone? Sì. Conosceva l’esito? No. Aveva il diritto di andare ad ammucchiarsi? NO. Punto. Anzi, per dirla in Biden-style, PERIOD. PERIOD. A parte questo, come mai dopo il tampone positivo ne ha fatto immediatamente un altro? E come mai con uno positivo e uno negativo non si è sentito il bisogno di farne un terzo per vederci più chiaro?

Poi abbiamo lo scemo di guerra che oltre a non ricordare di avere detto, non ricorda neppure di non avere ricordato.

Noi con Trump

IL KOMPAGNO TONINELLI HA LA MEMORIA CORTA, NOI PATRIOTI NO

Oggi si è tenuta la seconda udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio per sequestro di persona dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini per i ritardi nello sbarco da nave Gregoretti di 131 migranti ad Augusta il 31 luglio 2019.
Alla precisa domanda dell’Avv. Buongiorno: “C’è anche la sua firma su questo episodio, la può riconoscere la sua firma?” il “kompagno” Danilo Toninelli ha prontamente risposto: “Non ricordo se ho firmato il divieto di ingresso per Open Arms”, proseguendo: “Non esiste alcuna mia dichiarazione su una fantomatica firma del decreto relativo alla nave Gregoretti. Non esiste alcun mio ‘non ricordo di aver firmato il decreto’ per il semplice fatto che non vi è mai stato un decreto per tale vicenda. Il mio ‘non ricordo’ si riferiva ai decreti di divieto di sbarco per la nave dell’ong Open Arms. Fatti, questi, intorno ai quali ho deposto in termini di verità e trasparenza”. Peccato che esiste anche un video del 18.05.2019 dove il buon Toninelli affermò: “Fino ad oggi, non Salvini, ma Salvini insieme al sottoscritto e al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, abbiamo diminuito con una cifra veramente enorme il numero degli sbarchi”.
La pochezza morale e politica di questi uomini è veramente a livelli irraggiungibili. Questi mezzi uomini non hanno i coraggio di assumersi alcuna responsabilità. I CONFINI DELLA PATRIA VANNO SALVAGUARDATI. Favorire politiche di integrazione e immigrazione con logiche globaliste è un qualcosa di terribile che non crea alcuna uguaglianza, ne equità.

Poi ci sarebbe questa roba qui, in cui il livello di delirio è tale da escludere la possibilità di commentarlo.

E vogliamo parlare di questo signore, che fa parte dei buoni, dei giusti, dei salvatori del mondo?

Ora, a parte l’abiezione morale della sua affermazione e il delirio del paragone, c’è ancora una cosa da dire: credo sia legittimo il sospetto che il motivo per cui Mussolini è stato giustiziato senza processo, è il timore di quello che avrebbe potuto rivelare se fosse stato interrogato in un regolare processo, che sarebbe potuto risultare scomodo per un bel po’ di gente, e mi chiedo: quali sono le cose scomode che il signor Toscani teme Salvini possa dire se viene processato invece che giustiziato sui due piedi?

E poi i nostri ragazzi in Libia: la sapevate questa?

L’esercito per controllare se al pranzo di Natale faccio cin cin, perché è stato irrefutabilmente documentato che il virus, sto bastardo figlio di ignobile madre, se ne sta lì sull’orlo del bicchiere in posizione da centometrista in attesa della partenza, e appena il bicchiere ne tocca un altro, come al colpo di pistola dello starter schizza fulmineo dall’orlo del mio bicchiere all’orlo dell’altro bicchiere per venire immediatamente bevuto dall’altro commensale e ucciderlo seduta stante (momento: ma il cin cin non si fa PRIMA di bere? E allora come fa il mio virus stare sull’orlo del bicchiere se non l’ho ancora toccato? Come diavolo ci è arrivato?), l’esercito per questo, dicevo, c’è, coi droni e tutto il resto, per liberare i nostri concittadini prigionieri di uno stato straniero niente, neanche parlarne.

Leggermente manicomiale direi che è anche il fatto che un comunista tutto d’un pezzo quale Marco Rizzo, si metta a dire cose sensate e totalmente condivisibili, cosa che ultimamente sta succedendo con una certa frequenza

E non posso lasciami sfuggire l’occasione per aggiungere due parole su questa donna dall’espressività di un asparago scondito,

con due assurde tette gonfiate in maniera spropositata,

dalla postura di un manichino in vetrina,

con delle orrende borsette che sembrano il cestino della merenda dell’asilo

(e mai riuscirò a capacitarmi che qualcuno possa spendere decine di migliaia di euro per una cosa dal valore materiale che non arriva al mezzo centinaio, oltre a essere tremendamente brutte), che si presta a fare da donna immagine per far credere che all’amichetto del casolino piacciano le donne: che cosa penosa ragazzi.

Poi c’è ancora questa cosa, che non riguarda l’Italia ma potrebbe benissimo succedere anche qui.

Luca Donadel

Vi ricordate Mila Orriols? Ve ne avevo parlato lo scorso febbraio. È la liceale francese di 16 anni, omosessuale, che aveva fatto un video su Instagram in cui denunciava gli insulti ricevuti dopo aver rifiutato delle avance indesiderate ricevute da un ragazzo musulmano, spiegando che, al di là delle proprie preferenze sessuali, riteneva aggressiva e liberticida la religione di lui, l’islam. Aveva usato parole forti, blasfeme, ma non più forti degli slogan atei che si possono ascoltare o leggere in giro. Il suo problema è che si è sfogata con l’islam anziché con il cristianesimo.
Da allora vive nascosta, minacciata dagli islamisti. A febbraio Mila ha dovuto lasciare il suo liceo ed è stata ospitata nel pensionato di un liceo militare che aveva acconsentito a riceverla a condizione che non usasse mai più il telefonino. «Che è come obbligare qualcuno aggredito per strada a non uscire mai più di casa», scrive il padre.
A settembre i suoi genitori hanno cercato di iscriverla di nuovo in una scuola normale, ma nonostante l’insistenza del governo tutte si sono rifiutate di accoglierla per paura di attentati. Qualche giorno fa si è lasciata sfuggire il nome dell’istituto ad un amico ed è stata per questo cacciata anche da lì. Un liceo militare e quindi l’esercito francese si piegano alle minacce degli islamisti. «Ma se neanche l’esercito può permetterle di proseguire gli studi, che cosa possiamo fare noi genitori? Per noi è un film dell’orrore». scrive il padre in una lettera pubblicata ieri da Le Point.
Il caso di Mila parla della violenza degli islamisti e della propensione ad abbassare la testa delle istituzioni occidentali.
È una guerra che abbiamo già perso.

E concludo con una cosa che non c’entra niente, ma bisogna proprio che lo dica: secondo me portare in giro una faccia come questa dovrebbe essere reato penale, ecco.

barbara

E ORA PARLIAMO DELLA FAMIGERATA APP

Che personalmente non mi riguarda, dato che non possiedo uno smartphone, ma che non scaricherei, se lo avessi, perché la ritengo pericolosissima: pericolosissima di per sé, e pericolosa al cubo con questa specie di governo di un uomo che si è imposto come unico detentore del potere legislativo e ha instaurato uno stato di polizia. Ma dato che in materia sono totalmente analfabeta, lascio parlare gli altri.

La app Immuni sarà la nostra fine

Questo “sgoverno” se ne deve andare. Ha sbagliato tutto il possibile. Ha promesso ed ha mentito. È stato incapace di cogliere una pandemia nel suo evolvere. Ha fatto prevalere l’ideologia al buon senso. Si dimostra incapace oggi di concepire una uscita dalla reclusione di massa, detta Fase 2, con la necessaria lucidità. Ha stretto sempre più le maglie del controllo, in una escalation delirante. Ha investito le forze dell’ordine di compiti odiosi, istigandone il lato aggressivo e irragionevole. Ha consegnato la politica nelle mani di virologi influencer, dimostratisi incompetenti, arroganti, ambiziosi. Ha lasciato un paese in un limbo allucinante per due mesi, così che chi non crepa di contagio rischia di crepare di inerzia e di inedia. Ha moltiplicato le task force, forze inconsistenti, che servono solo a moltiplicare prebende, farcite di competenti assai presunti, di maneggioni, di intriganti, di carrieristi, di parassiti, di marxisti d’accatto e di risacca. Ha puntato non sull’efficacia ma su una comunicazione reality, patetica, odiosa, falsa.
Ha usato la reclusione coattiva per arrendersi all’Europa usuraia nel modo più umiliante, castrando le (debolissime, e confuse) opposizioni, incamiciando qualsiasi protesta eventuale. Ha messo contro le regioni, i poteri decentrati, non si è assunto la minima responsabilità del disastro, ha aizzato i media contro i governatori avversi continuando a flirtare coi politici amici che mangiavano involtini e cercavano cinesi con cui fare sesso solidale, fino a che, come sempre accade quando le nullità comandano, non sono finiti a divorarsi tra loro. Ha aspettato paziente il fatale esito giudiziario per gli oppositori.
E alla fine, per mano del solito Mattarella, cui si deve molto dello sfascio attuale, ha imposto un tecnocrate che sta a Londra, il manager di telefonia Colao, col compito di imporci una app. “Sarà volontaria”, avevano mentito sapendo di mentire. E lo sapevano perché sapevano che i cittadini, già provati dalla lunga cattività, esasperati, sbigottiti al cospetto di tanta inconsistenza, si sarebbero ribellati in massa ad un programma dal controllo globale, che ovviamente sarebbe rimasto anche a pandemia smaltita.
La app “Immuni”, frutto di un trust fra i soliti arcinoti, non serve alla nostra salute, serve a sconfiggerci definitivamente come cittadini, come individui, come uomini dalla libertà almeno residuale. Serve a cinesizzarci, il sogno di questo “sgoverno” realmente comunista. E adesso, implacabile, arriva la conferma. Liberi di obbedire. Liberi di assumere la app. Altrimenti, destinati al braccialetto elettronico. Altrimenti in galera. Colpevoli di niente, condannati a vita per non aver commesso alcun fatto. E lo saremo, colpevoli, lo saremo tuttavia, se non ci ribelleremo a tutto questo.
Saremo complici della nostra rovina. Volonterosi carnefici di noi stessi. Saremo gli zimbelli del mondo libero e gli stracci di quello prigioniero. Saremo senza più dignità, legittimando ogni disprezzo tedesco, francese, eurodittatoriale. Saremo quello che ci siamo meritati. Già adesso l’informazione mainstream, di sinistra, proveniente da generazioni di piombo, di fanatici del potere e del controllo sotto le mentite spoglie dei rivoluzionari, già adesso questa sporca informazione di commissari del popolo, di spioni, di delatori, di leninisti spinge, sforma, stravolge: così come chi non mangiava involtini primavera era un razzista, chi restava a casa uno stragista (oggi lo sei se ti azzardi a uscire), chi non sottoscriveva l’immunità genetica dei migranti era un nazista, chi non vuole sfondare a calci Trump o Salvini è un violento, chi non scommette sul ripensamento del capitalismo, cioè una bella e sana società paleocomunista, è un porco da annientare, allo stesso modo chi non smania per infilarsi la app come una supposta è un miserabile, un verme, un sovranista, un infame, un monatto, un untore, la cimice borghese di cui parlava Gramsci, e merita l’eterno anatema di Marx: “Io ti schiaccerò”.
Ma noi non possiamo lasciarci schiacciare, dobbiamo ribellarci. Questa volta sì, questa volta cedere non ci è dato. Ne va della nostra decenza di uomini e donne; di esseri umani. Perché noi siamo l’ultima cosa che ci rimane, e dobbiamo esserne consapevoli. Mentre è questo che ci dicono quando ci insegnano che tutto dovrà cambiare, che noi dovremo cambiare: ci stanno già cambiando, siamo il loro esperimento sociale, siamo i criceti sulla ruota. Pagheremo per la nostra rovina. Pagheremo anche la app che ci immunizza. E invece non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo arrenderci né alla app, né al bracciale elettronico, né alle catene del controllo altrimenti, del conformismo, della sudditanza a un Paese di virologi che si divertono a mandare la morte a Trump o Boris Johnson, si insultano per una ospitata televisiva, come l’ultima delle troniste, e noi dovremmo prenderli sul serio.
Non dobbiamo sottovivere col peso addosso di un peccato originale mai commesso, ma che giustifica la nostra sudditanza concentrazionaria. Questa volta dobbiamo resistere. Noi da loro. In modo non violento, ma dobbiamo farlo, non importa il prezzo. Questa volta in culo no. Che non si arrivi a pensare di noi: potevano scegliere tra il disonore e il controllo, hanno scelto il disonore e hanno avuto il controllo. Questo “sgoverno” di questurini e di burattini, di manichini dai fili tirati dalla Cina, dalla Oms, da virologi vanesi e comici lugubri e comunisti truci, da informatici e manager, da avvocati esaltati, da presidenti distratti, questo “sgoverno” se ne deve andare.
Max Del Papa, 20 aprile 2020 (qui)

Poi vi metto una considerazione e un’altra considerazione di carattere tecnico ad opera di chi è del mestiere e un video di Luca Donadel

Restando ancora un momento al nostro amato governo e alle sue bizzarrissime bizzarrie, vi propongo questo pezzo con considerazioni che ritengo interessanti, e infine vorrei tornare ancora un momento sulla caccia all’uomo messa in atto dalle Forze dell’Ordine, e in particolare a questa foto,
Dronirimini31
sulla quale, da un post di straordinario interesse che vi raccomando di leggere, stralcio due brevi capoversi:

Adesso vorrei chiedermi perché questa specifica immagine ha colpito così tanto. Perché è stata scambiata così spesso sui social, commentata, memerizzata. Quali corde ha toccato. Cosa racconta, al di là delle apparenze. […]

Si tratta dell’inversione fra i fini e i mezzi che è propria dei regimi autoritari. Una comunità consapevole si dà regole utili a raggiungere uno scopo condiviso (difenderci tutti assieme dai rischi del virus) e ammette anche che ci siano sanzioni quando un trasgressore mette in pericolo quello scopo. Uno stato autoritario dà regole che possono anche avere uno scopo, ma applica le punizioni quando viene messa in pericolo l’obbedienza.

E con questo direi che abbiamo detto tutto. Anzi no, manca ancora questo:
comunismo marsigatto
di Marsigatto.

barbara

MUTISMO SELETTIVO

Come già spiegato una volta, Greta intende il suo mutismo selettivo nel senso che “parlo solo quando ho qualcosa da dire” (ehm…) L’osservazione delle sue esibizioni sembrerebbe però dirci qualcosa di molto diverso, è cioè che Greta parla unicamente quando qualcuno le ha scritto un testo da leggere, a volte anche quando si tratta di chiacchierare del più e del meno, ma la capacità di parlare scompare istantaneamente nel momento in cui qualcuno le pone una domanda, una qualsiasi, a proposito del clima o di qualunque argomento serio. L’abbiamo già vista in questo video che ora vi ripropongo

e qui potete leggere l’articolo con le spiegazioni in merito. E rivediamo esattamente la stessa scena ora: assolutamente incapace di rispondere alla domanda più semplice e banale, addirittura incapace, si direbbe, di comprendere la domanda, totalmente persa se non ha un testo davanti:

Perfettamente capace di rispondere alle accuse di Greta sembra invece Luca Donadel

E anche Adriano Scianca.

Cara Greta, se cerchi chi ti ha rubato i sogni, guarda al Terzo mondo

Di Adriano Scianca -27 Settembre 2019

Roma, 27 set – Chi ha rubato i sogni di Greta Thunberg? Qualche giorno fa, l’adolescente svedese a cui è stato affidato il compito di neutralizzare ogni discorso serio sull’ambientalismo ha tuonato così davanti ai capi di Stato mondiali riuniti all’Onu: “Mi avete rubato i sogni”. Accettando solo per un secondo questa grottesca impostazione empatico-virale del problema, resta comunque un dubbio: chi ha rubato i sogni di Greta? Chi è responsabile dell’emergenza climatica?  Chi deve cambiare modello? La risposta del qualunquismo ecologico è semplice: “i governanti”. Se non, direttamente, “l’uomo”. Come se tutti i governi, le comunità umane, i modelli di società fossero identici. E invece, elevandosi appena un pochino al di sopra del livello zero del discorso, si scopre che così non è. Proviamo quindi, senza alcuna velleità di completezza, a mettere insieme un po’ di dati in ordine sparso.

I fiumi più inquinati sono in Asia e Africa

Secondo dati della Banca Mondiale, risalenti al 2014, i 10 Paesi (11, in realtà, dato che all’ottavo posto ci sono due Stati ex aequo) del mondo che emettono più anidride carbonica pro capite sono: Qatar, Curaçao, Trinidad e Tobago, Kuwait, Bahrein, Emirati Arabi, Brunei, Arabia Saudita, Saint Martin, Lussemburgo, Stati Uniti. Si tratta di una statistica che lascia il tempo che trova, dato che non si può pensare che il problema del mondo siano le emissioni di Trinidad, ma in cui spicca l’assenza quasi totale di Stati europei. Secondo un recente un rapporto di IQAir AirVisual e Greenpeace, invece, è in India che si trovano 7 delle 10 città più inquinate al mondo, che salgono a 22 se si guarda alle 30 località peggiori.

Passando dall’aria alle acque, sappiamo che ogni giorno circa 8 milioni di tonnellate di plastica entrano negli oceani. Ma, cosa significativa, l’80% di questa materia inquinante proviene da solo 10 fiumi. Che, secondo un report del 2017, sono: lo Yangtze (Cina), lo Hai He (Cina), il Fiume Giallo (Cina), il Mekong (6 Paesi attraversati, tutti in Asia), il Pearl (Cina e Vietnam), l’Indo (Cina, India e Pakistan), il Gange (India e Bangladesh), l’Amur (Russia e Cina), il Nilo (7 Paesi attraversati, tutti in Africa), il Niger (7 Paesi attraversati, tutti in Africa). Ma allora perché si continua a dire che abbiamo un problema con “i politici” o con “l’uomo”, quando è cristallino che in realtà abbiamo un problema con i Paesi emergenti? Forse perché prendersela con i governanti in generale non disturba nessuno, mentre cercare di far cambiare politica ambientale alla Cina richiede qualche risorsa politica che vada oltre le capacità di una liceale indignata?

L’agricoltura italiana emette meno gas serra

Ma non è solo fra macroaree e continenti che si registrano significative differenze nell’impatto ambientale delle attività antropiche. Anche all’interno dell’Ue, per esempio, ci sono modelli e modelli. Con 569 tonnellate per ogni milione di euro prodotto, la nostra agricoltura emette per esempio il 46% di gas serra in meno della media Ue e fa decisamente meglio di Spagna (+25% rispetto al nostro Paese), Francia (+91%), Germania (+118%) e Regno Unito (+161%). Passando a un altro dogma del qualunquismo ambientalista, ovvero l’eterno “mangiamo troppa carne e così facendo distruggiamo il pianeta”, si può rintracciare l’origine di questo tipo di argomento in un rapporto allarmistico della Fao del 2006, in cui si stimava che le produzioni animali contribuissero per il 18% alle emissioni globali di gas serra e che fossero responsabili della produzione del 35-40% del totale di metano generato dalle emissioni legate all’attività antropica. Stime più recenti della stessa Fao, tuttavia, riducono al 14% il contributo degli allevamenti animali alle emissioni globali dovute alle attività antropiche. Laddove esiste una zootecnia tecnologicamente sviluppata (tanto per farla finita con l’idea che la tecnica sia sempre nemica dell’ambiente), gli allevamenti producono dal 2 all’8 % del totale delle emissioni.

Ed è poi vero che ne consumiamo troppa? Gli ultimi studi segnalano che in Italia il consumo reale pro-capite di carni totali corrisponde a 104 grammi al giorno (e non a quasi 300 gr come invece si pensava) pari a 728 g alla settimana e 37,9 kg all’anno. È la metà dei famosi 71 chili che spesso sentiamo citare nelle discussioni allarmistiche. E ben al di sotto dei 125 chili annui attribuiti dalle statistiche a ciascun americano (ma bisognerebbe vedere l’attendibilità della statistica). Considerando solo la carne bovina, il consumo reale scende a 29 grammi al giorno pro capite, una quantità che si piazza al di sotto delle raccomandazioni dell’Oms che fissano a 100 gr il consumo giornaliero di carne rossa.

Contro il qualunquismo ambientalista

E così via, si potrebbe continuare all’infinito. Come detto, non si pretende di voler fornire qui uno studio organico, esauriente e definitivo sull’argomento. Non si vuole nemmeno sostenere la posizione reazionaria che intende negare sic et simpliciter l’esistenza di un problema. Ma la questione resta più complessa di come non la faccia la propaganda ambiental-qualunquista e andrebbe impostata tenendo conto di tutti i dovuti fattori geopolitici. Certamente anche lo stile di vita italiano ed europeo ha bisogno di una rivoluzione integrale. Ma l’insistenza del pensiero unico nel mettere sotto processo solo esso, laddove il cuore del problema ambientale è palesemente altrove, rivela una cattiva fede politica e un vizio di forma spirituale che non possono passare sotto silenzio.

Adriano Scianca (qui)

E per concludere un’interessante riflessione del noto climatologo Franco Battaglia.

Se il Gretinismo fosse nato nel 1920…

Forse possiamo provare a riflettere sul Gretinismo – questa nuova faccia dell’ambientalismo che sembra aver obnubilato le menti del pianeta, comprese quelle più raffinate e insospettabili – guardando le cose da un altro punto di vista. Bisogna essere consapevoli che la legittimità d’esistenza che si dà oggi a Greta e ai Gretini, questi avrebbero potuto averla anche un secolo fa, diciamo nel 1920, quando le emissioni di CO2 erano attive già da almeno mezzo secolo e il possibile problema oggi sollevato da Greta era già allora ben noto.

Supponiamo ora che la richiesta pressante della ipotetica Greta del 1920 di raggiungere le emissioni – zero fosse stata effettivamente esaudita, e nel 1950 si fosse raggiunto l’agognato obiettivo. Oggi non avremmo auto, autobus, metropolitane, autostrade, fabbriche, industrie, televisione, telefonia mobile, internet, ambienti riscaldati d’inverno e rinfrescati d’estate. Non ci sarebbero frigoriferi né lavatrici, aerei o navi da crociera e neanche treni, né lenti né, tanto meno, ad alta velocità (almeno la Tav non sarebbe stata un problema; neanche lessicale di genere, circostanza che ci avrebbe evitato questa caduta nel ridicolo). In pochi anni, l’umanità sarebbe tornata allo stile di vita del 1850. Chissà, forse la schiavitù avrebbe smesso di essere quel tabù che era nel 1920, e che non era tale nel 1850, quando invece era pratica legittima nell’America di allora, popolata da 30 milioni d’abitanti con 4 milioni di schiavi.

Ecco questo è ciò che ci aspetta se davvero dovesse raggiungersi il livello-zero d’emissioni. Perché, piaccia o no, quasi il 90% di ciò che facciamo lo facciamo emettendo CO2. Né sappiamo farlo diversamente. Non è vero, direbbe il Gretino d’oggi: per esempio, col fotovoltaico produrremmo energia elettrica. No, se dovessimo affidarci a esso, le televisioni potrebbero chiudere: i massimi ascolti sono quelli della prima serata, ma di sera il sole non brilla. E anche i treni di notte si fermerebbero. E anche di giorno, in tutti quei momenti che, col cielo coperto, il sole insiste a non brillare. E col vento non è diverso. Se avete mai assistito alla Barcolana, la spettacolare regata di barche a vela che si svolge la seconda domenica d’ottobre a Trieste, avrete visto che se il vento si ostina a non soffiare, le barche biancheggianti sulle acque come branchi di pecore pascenti – direbbe il poeta – rimangono sconsolatamente ferme.

Viste le cose da questa prospettiva, mi chiedo se i vari Gretini che hanno tanto pontificato sugli organi d’informazione d’ogni ordine e grado torneranno in qualche modo sui propri passi. Temo di no, perché l’essenza del Gretinismo è la granitica incapacità a distinguere il sogno dalla realtà. A differenza dei Gretini, la piccola Greta – o chi per lei – se n’è accorta, e s’è definita essa stessa “una che sogna un mondo migliore”. Il verbo è sapientemente pesato: non “desidera”, non “spera”, non “s’impegna per”, ma “sogna”. I Gretini sono quelli che hanno preso per realtà concreta ciò che la loro sacerdotessa li ha avvertiti essere sogno.

Quanto a Greta, quello suo all’Onu non era un discorso accorato e men che meno pensato: parlava una arrabbiata. Indemoniata, direi. Invece di ringraziare la generazione che l’ha partorita e che le ha consentito di stare al caldo in un Paese decisamente inospitale per il freddo che fa, essa inspiegabilmente ha sputato astio e veleno sui propri genitori, nonni e bisnonni. Ma le spiegazioni neanche c’interessano: essa non è così importante da meritare alcuna nostra ricerca nelle làtebre della sua mente per cercare di capire cosa vi è nascosto. Dovrebbero però indagare, a nostro avviso, gli attivisti di Telefono Azzurro e i magistrati, per capire perché nessun adulto protegga dai trafficanti di bambini questa ragazzina, la cui patologia la rende così vulnerabile – ci dice la medicina – a monotematiche fissazioni.

Franco Battaglia, 28 settembre 2019, qui.

Questa espressione, “trafficanti di bambini”, Franco Battaglia l’ha usata anche in televisione, inducendo “NeXt quotidiano” a scrivere: “Il professor Franco Battaglia ha dato spettacolo ieri a “Otto e mezzo” da Lilli Gruber” (La veritààà ti fa maaleee, loo sooooo)

barbara

A MARGINE

A margine dell’eclissi
Quella spettacolare dell’ottobre 1986, a Mogadiscio. E il baccano infernale, per tutta la città, della gente uscita in strada con pentole, coperchi o qualunque altro oggetto capace di produrre rumore, sbattuti freneticamente per spaventare il mostro che stava mangiando la luna e farlo scappare. E non ridacchiate voi moderni progrediti eruditi scientificizzati: si è sempre fatto così, e ha sempre funzionato. Dal che si desume che è scientificamente dimostrata la realtà del fatto che la causa dell’autismo sono i vaccini.

A margine dello smalto
Qualche anno fa un amico mi ha raccontato di una volta che era a pranzo al ristorante con la famiglia. Mentre erano lì è entrata la loro nuova vicina di casa (sposata) insieme a un uomo. Conoscevano pochissimo lei, e per niente le sue frequentazioni, quindi quell’uomo poteva essere chiunque: un parente, un amico, un collega con pausa pranzo in comune, un conoscente incontrato per caso. Se la signora li avesse salutati, avrebbero continuato a ignorarlo; senonché, non appena li ha visti, si è girata dall’altra parte, fingendo di non averli visti o riconosciuti, e a questo punto è stato chiaro chi era l’uomo in sua compagnia.
Se l’articolo sullo smalto fosse stato ignorato; se, a eventuale domanda specifica, si fosse risposto qualcosa come “E che ne so! Ma le pare che in mezzo a un naufragio abbiamo tempo e testa da badare a queste cazzate?!” il tutto sarebbe passato inosservato. Ma, come per la signora al ristorante, qualcuno ha sentito il bisogno di montare tutta una messinscena: nooooo! Non lo aveva quando l’abbiamo raccolta! Gliel’abbiamo messo noi a bordo per distrarla e farla parlare! Poteva bastare questa ridicola spiegazione? Ma neanche per sogno! Bisogna indagare sulla giornalista. La quale a quanto pare collabora anche con il giornale di Casa Pound, il che diventa automaticamente “pagata da Casa Pound” (se Francesco Schettino chiamasse i carabinieri per avvertire che il suo vicino sta massacrando di botte la moglie, è il caso di verificare se è vero o si rifiuteranno di prenderlo in considerazione e gli diranno “chiuda il becco, cazzo!” perché è un delinquente e quindi automaticamente non affidabile?), e poi collabora al sito di Luca Donadel, definito con disprezzo “noto sovranista” e anti immigrati. Ora, a parte il fatto che Donadel si è occupato di islam, brexit, Trump, Kekistan, spot pubblicitari, violenze all’università, Licia Colò, per quanto riguarda il tema in questione ha provveduto a dimostrare che i presunti salvataggi non sono affatto salvataggi, che non avvengono del Canale di Sicilia, e che le Ong non sono figlie degli angeli. Esternazioni contro i migranti, a quanto mi risulta, zero.
E qui, come si suol dire, la domanda sorge spontanea: perché tutto questo polverone sulla faccenda dello smalto, oltretutto alterando quanto scritto dalla giornalista? Perché questo attacco a 360° contro la persona e contro un onesto sbufalatore come Luca Donadel? A me tutto questo giochetto ricorda quello dei prestigiatori: guardate la mia mano destra guardate la mia mano sinistra niente nella mano destra niente nella mano sinistra, il cui unico scopo è quello di non farvi guardare là dove il trucco si sta svolgendo.

A margine e basta
Qui.

barbara

SU AQUARIUS E DINTORNI 2

Oggi comincio con l’angolo della bontà: i buoni di professione, i moralmente superiori, quelli sempre dalla parte giusta, antifascisti, antirazzisti, antidiscriminatori, antifrontiere (magari anche antivax, che non stona mai e si porta bene su tutto): insomma, i sinistri. Di cui abbiamo tutti sentito un esemplare campione, che vi voglio riproporre:

C’è una sola cosa, fra quelle dette dal signor Albinati, che non credo neanche morta, e sono sicura di non avere bisogno di dire quale. Ho sempre sostenuto che alle due infinità di Einstein ne va aggiunta una terza: la perfidia dei buoni di professione, e ogni volta che incontro un rappresentante della categoria, la mia convinzione viene ulteriormente rafforzata: sono perfidi, cinici, maligni, malvagi, di una crudeltà sconfinata, anime nere marce putrefatte. Dante ha sbagliato a fermarsi alla quarta zona del nono cerchio: al di sotto di quella c’è una quinta zona, o un decimo cerchio, che li aspetta tutti. Poi magari andate a leggervi queste considerazioni, dal tono decisamente più pacato del mio, del solito mitico Giovanni. Del quale vi propongo anche quest’altro post di qualche giorno fa, pieno, come sempre, di ragionevoli riflessioni.

AQUARIUS

Non so come andrà a finire il braccio di ferro sulla “Aquarius”. Se Salvini fosse costretto cedere molti, fra un saltello di gioia e l’altro, direbbero: “visto? Una cosa sono le promesse elettorali, altra cosa affrontare concretamente i problemi”.

Prima lavorano per rendere in problemi insolubili, poi si fanno forti di questa presunta insolubilità. Per anni hanno lavorato per trasformare l’Italia in una sorta di terra di nessuno, nel campo profughi d’Europa, e ora fanno i saggi. Ogni commento è superfluo.

Ciò detto val la pena di fare alcune telegrafiche considerazioni, per punti.

1) L’Italia non sta violando alcun trattato, alcuna legge internazionale. Non sta scritto da nessuna parte che quelli italiani siano gli unici porti sicuri cui debbano attraccare le varie navi piene di migranti. Nessuna convenzione prevede che navi battenti bandiere tedesca o spagnola debbano attraversare mezzo mediterraneo per approdare sempre e solo in porti italiani, lasciandosi alle spalle altri porti di altri paesi. E’ addirittura successo, in passato, che i migranti si siano rifiutati di sbarcare in porti non italiani costringendo il comandante della nave che li trasportava a far rotta verso l’Italia. Questo sarebbe diritto?

2) Le navi delle ONG non effettuano, nella maggioranza dei casi, alcun salvataggio in mare. Non soccorrono dei naufraghi. Fanno servizio taxi per migranti. Si recano a pochi chilometri dalle coste libiche e lì accolgono i migranti, spesso mettendosi d’accordo con gli scafisti. Lo hanno detto alcuni serissimi magistrati, non dei pericolosi populisti.

3) La gran maggioranza delle persone trasportate nelle navi delle ONG non sono profughi. I profughi rischiano grosso per abbandonare i paesi da cui fuggono. I passeggeri delle navi ONG partono alla luce del sole, indisturbati. I paesi da cui i veri profughi fuggono molto spesso rivogliono indietro i fuggitivi, ne reclamano il rimpatrio. Quelli da cui salpano i migranti invece non vogliono che torni indietro nessuno. Li lasciano partire indisturbati poi dicono: “teneteveli”.

4) E’ triste assistere alle sofferenze di persone in mare da molti giorni. Ma non si può continuare a cedere ai ricatti morali. Il problema non sono i passeggeri della “Aquarius”. Quei passeggeri sono stati preceduti, e potrebbero essere seguiti, da decine, centinaia di miglia di altri. I finti buoni sminuzzano i problemi, li riducono ad una serie di casi isolati e lacrimevoli. Invece bisogna vedere il problema nella sua interezza e complessità, per cercare una buona volta, se non di risolverlo, almeno di renderlo meno acuto.

5) Nessuno stato può delegare a delle organizzazioni private (tali sono le ONG) la gestione di un problema assolutamente fondamentale come quello del controllo dei flussi migratori. Sarebbe come affidare la difesa ad eserciti privati o la giustizia a tribunali privati.

6) In queste ore l’Italia non sta tenendo alcun comportamento particolare. Sta facendo esattamente ciò che fanno praticamente TUTTI gli stati del MONDO. Qualcuno crede sul serio che la “Acquarius” potrebbe approdare in un porto giapponese o statunitense, o australiano? O in un qualsiasi porto europeo non italiano? Perché il signor Macron, tanto bravo nel lodare l’impegno dell’Italia sui migranti, non la fa approdare a Marsiglia?

7) L’Europa non esiste, non ha uno straccio di politica comune su un problema assolutamente fondamentale come quello del rapporto con le migrazioni. La cosa non sorprende nessuno, penso.

8) Al di la di tutti i discorsi e le polemiche una cosa dovrebbe essere chiara: non siamo di fronte ad una serie di emergenze. Quello che è in corso da anni è un autentico trasferimento di popolazioni, una migrazione nel senso storico del termine. Un fenomeno che se non bloccato o controllato seriamente ed in maniera coordinata è destinato a cambiare, e di certo non in meglio, dalle fondamenta la natura sociale, politica, economica, culturale del nostro continente.

E ora, aspettiamo l’evolversi degli eventi…

E concludo (per oggi) con un altro eccellente video del nostro giovane geniaccio Luca Donadel

(continua)

barbara