Il braccio destro intorno alle spalle della figlia. Si avvicina la moglie e lui apre il braccio sinistro, affinché si unisca all’abbraccio, poi avvicina le braccia per stringere il cerchio, in modo che la donna e la ragazza possano abbracciarsi tra di loro. Lento, quasi guardingo, si avvicina il figlio adolescente, ostentando superiorità verso tutto quel tenerume. La madre apre il braccio sinistro, senza parlare, guardandolo. Alla fine si annida anche lui in quell’abbraccio tenerissimo, tutti e quattro con sorrisi vaghi e gli occhi persi in quel tramonto bellissimo, struggente.
Più in là un ragazzo e una ragazza, intrecciati stretti. Talmente stretti che sarebbe arduo capire fin dove arrivi l’intreccio. Forse lo stanno sentendo, il tramonto, ma sicuramente non lo stanno vedendo, persi unicamente l’uno negli occhi dell’altra.
Due bambini, sordi ai richiami della madre, continuano ostinatamente a giocare, per rubare ancora un minuto, ancora un secondo, ancora un respiro all’estate finché dura, finché c’è.
E io continuo nella mia camminata lenta, lentissima, nella luce che a poco a poco svanisce mentre le onde, con sensuale delicatezza, venendo a morire sulla battigia, con l’ultimo respiro mi accarezzano i piedi.
Correvano gli anni Cinquanta – i primi anni Cinquanta – e tanto correvano, quegli sciagurati, che non siamo riusciti ad acchiapparli mai più.
Il presidente della Repubblica Luigi Einaudi è a cena con altri sette commensali. Al momento della frutta viene portato un tavola un vassoio pieno di pere molto grandi. Il Presidente Einaudi ne prende una e, guardandosi intorno, chiede: “Qualcuno vuole dividere una pera con me?” L’invito viene raccolto da Ennio Flaiano, che ricorderà in seguito l’episodio nel suo La solitudine del satiro.
Correvano gli anni Cinquanta – i primi anni Cinquanta – e tanto correvano, quegli sciagurati, che non siamo riusciti ad acchiapparli mai più.
E dato che quei tempi e quei politici e quelle mezze pere non potremo riaverli mai più, concediamoci almeno un piccolo conforto col geniale nipotino di Luigi Einaudi.