QUALCHE VOCE RAGIONEVOLE

che vale la pena di ascoltare

LISTE DI PUTINIANI E VERI PROBLEMI

10 GIUGNO 2022

Chiedo scusa a tutti quelli coinvolti ma le varie e ormai famose “liste dei putiniani”, al netto delle miserie giornalistiche, sono una vera fregnaccia. Ci sono, per quanto riguarda l’informazione e la propaganda, problemi ben più seri di cui occuparsi. Faccio una premessa personale: ho scritto spesso, fino alla vigilia dell’invasione russa in Ucraina, che non ci sarebbe stata alcuna guerra. Era l’epoca in cui moltissimi, me appunto incluso, pensavano (io ancora lo penso) che una guerra sarebbe stata (anche) contro gli interessi della Russia e che per questo un leader razionale e cinico come Vladimir Putin non l’avrebbe intrapresa.  Lo scrivevo in settimane in cui a dirlo e ripeterlo, oltre a tantissimi ucraini e russi, c’erano anche osservatori più o meno insigni e, per fare solo un paio di nomi, leader politici come Macron (“Non ci sarà alcuna escalation militare”, disse il presidente francese dopo la visita a Mosca) e Volodymyr Zelensky. Previsione sbagliatissima, come si vede.
C’è però un’enorme differenza tra sbagliare una previsione e distorcere i fatti. Perché di questo dovremmo occuparci, altro che delle liste dei putiniani. Per tre mesi il sistema mediatico italiano ci ha raccontato una guerra in cui i russi, crudeli e imbecilli, non ne azzeccavano una e venivano ridicolizzati e massacrati sul campo dagli ucraini. Ci è stato detto e ripetuto che le armi occidentali avrebbero spezzato le reni ai russi. Che Putin sarebbe stato presto spodestato dalle contestazioni, da un golpe o da una malattia. Che Putin non sapeva più quale ministro (Shoigu, quello della Difesa) o comandante (quello di stato maggiore Gerasimov, quello delle operazioni sul campo Dvornikov) silurare. Che le sanzioni avrebbero ridotto la Russia a pezzi. Tutto può ancora succedere. Ma dopo tre mesi la realtà è una sola: la Russia, che PRIMA della guerra controllava (tra Crimea e Repubbliche del Donbass) il 7% del territorio ucraino, OGGI ne controlla più del 20%. Le armi occidentali stanno finendo e quelle russe no. Le sanzioni colpiranno ma per ora non bastano a fermare la Russia. Putin sembra saldo in sella. E per dirla tutta, Zelensky e i suoi sembrano invece sull’orlo della disperazione.
Altro che quattro veri o presunti putiniani. Truppa in cui peraltro ogni tanto gli zeloti in cerca di visibilità e collaborazioni provano ad arruolare a forza e a mettere nelle liste anche rispettabilissimi personaggi come Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, o Lucio Caracciolo, direttore di Limes, colpevoli solo di essere un poco più intelligenti della marmaglia. È di tutto il resto che dovremmo preoccuparci.
Ma se a pontificare su Ucraina e Russia ci sono gli stessi (e con gli stessi argomenti) che nel 2003 pontificavano su quanto fosse bella e buona l’invasione dell’Iraq, un problema ci sarà o no? Se il 95% di quelli che partecipano ai talk show non sono mai stati in Ucraina, un problema ci sarà o no? Se il 99% di quelli che ce la spiegano non sono mai stati in Ucraina negli anni Novanta, e non hanno quindi visto il nazionalismo montante a Ovest e l’eredità sovietica vivissima a Est, un problema ci sarà o no? Se il 90% di quelli che “raccontano” la Russia oggi non sono mai usciti da Mosca, e quando sono a Mosca parlano (quando va bene) solo con i circoli della borghesia liberale e occidentalizzata, è un problema o no? Se la stampa italiana per mesi ha riportato come se nulla fosse le notizie selezionate dalla stampa ucraina, cioè dai media di un Paese che già prima della guerra era al 106° posto (su 180) nella classifica della libertà di stampa, dove le Tv dell’opposizione venivano chiuse per decreto (7 in un anno e mezzo) e dove dall’inizio dell’invasione russa tutti i media (comprensibilmente) sono stati di fatto accorpati in un solo organismo alle dipendenze del Presidente e dei suoi collaboratori, un problema l’abbiamo o no? Se uno che va nel Donbass è ipso facto “putiniano” e uno che che ha passaporto americano, casa e incarichi retribuiti negli Usa è un osservatore obiettivo, un problema ce l’abbiamo o no?
Che il sistema mediatico abbia deciso di schierarsi per la vittima contro l’aggressore, per il piccolo contro il grande, insomma per l’Ucraina contro la Russia, peraltro in perfetta coincidenza con il mandato politico di un premier che fin dal primo discorso disse che l’ancoraggio agli Usa e alla Ue era per l’Italia fondamentale, ci sta pure. Ma che il risultato reale, a prescindere dagli schieramenti, sia un’inaffidabile pseudo-informazione è sotto gli occhi di tutti. Per cui, delle liste dei presunti “putiniani” bisogna altamente fregarsene. Al massimo considerarle per ciò che sotto sotto sono, cioè un modo per buttare la palla in tribuna, per parlar d’altro, per mimetizzare il clamoroso scollamento tra la realtà e la sua narrazione.
Fulvio Scaglione, qui.

Adatto a chi ama i paragoni.

L’Ucraina, la crisi globale e la propaganda di guerra

«La guerra [ucraina] sta portando a un’impennata globale dei costi alimentari ed energetici e a una massiccia distrazione dalla risoluzione dei problemi a lungo termine. Alcuni governi stanno aumentando la spesa militare e probabilmente spenderanno meno, nel breve periodo, per lo sviluppo sostenibile».
«Nel frattempo la guerra e le sanzioni potrebbero finire per provocare una stagflazione o una vera e propria crisi economica globale. Naturalmente, la distruzione in Ucraina è devastante e anche la contrazione dell’economia russa quest’ anno sarà molto dura. La chiave per superare questi costi è porre fine alla guerra attraverso negoziati in settimane, non mesi o anni». Così Jeffrey Sachs, autorevole economista della Columbia University in un’intervista a La Stampa.
Sulla guerra, un interessante osservazione di Jacob G. Hornberger pubblicato dalla Fondazione americana Future of Freedom: «Supponiamo che l’Ucraina fosse guidata da un regime filorusso. Dopo ripetuti tentativi falliti di assassinarne il leader da parte della CIA, il Pentagono decide finalmente di invadere l’Ucraina allo scopo di determinare un cambio di regime, cioè estromettere il regime filo-russo dal potere e sostituirlo con un regime filo-USA».
«Quale sarebbe la risposta dell’establishment americano, in particolare della stampa mainstream statunitense?».
«Non ci sono dubbi sulla risposta. Sarebbe tutto diverso da come oggi viene rappresentata l’invasione russa dell’Ucraina. I media avrebbero orgogliosamente supportato le forze d’invasione dell’esercito americano. I giornali più autorevoli avrebbero riferito e commentato il coraggio delle truppe statunitensi. Non si vedrebbero foto o video di civili ucraini uccisi e sarebbero tutti etichettati come “danni collaterali”».
«La Chiesa avrebbero esortato le sue congregazioni a pregare per le truppe. Gli esponenti dell’establishment [politici e media] di tutta la terra farebbero a gara per trovare qualche soldato da ringraziare per il servizio reso […] L’establishment condannerebbe i “cattivi”, cioè quegli ucraini che si permettono di sparare contro i soldati americani».
«Come sappiamo che l’establishment americano reagirebbe in questo modo a un’invasione dell’Ucraina da parte del Pentagono?».
«Due risposte: Afghanistan e Iraq. È così che hanno reagito quando è stato il Pentagono a invadere quei due paesi. Da questo sappiamo che è così che reagirebbero se fosse stato il Pentagono e non la Russia a invadere l’Ucraina».
A conferma di tale suggestione, una suggestione indiretta. L’eroina del momento in America è Liz Cheney: le sue foto campeggiano orgogliosamente su tutte le prime pagine dei giornali mainstream, i Tg inondano le case dei cittadini statunitensi con le sue immagini, le sue parole sono riferite con devoto ossequio.
L’eroina in questione è tale perché è l’esponente di punta di quel manipolo di repubblicani che da sempre fa guerra a Trump. Da quando poi ha accettato di far parte della Commissione d’inchiesta sull’assalto a Capitol Hill, conferendo a un’indagine politicamente orientata una artificiosa patina di terzietà, le sue azione solo volate alle stelle.
Liz è la figlia di Dick, che gestì la presidenza Bush in nome e per conto dei neoconservatori, organizzando l’invasione dell’Afghanistan prima e dell’Iraq poi, che autorizzò la tortura di presunti terroristi tramite waterboarding, spianando la strada gli orrori di Abu Ghraib etc etc.
Liz ha sempre difeso il padre, giustificando tutte le sue decisioni come legittime e necessarie, a iniziare dall’invasione dell’Iraq. Lei l’eroina del momento, ci ricorda appunto l’ipocrisia che si cela dietro certe rappresentazioni della realtà.
E a proposito di bizzarre rappresentazioni della realtà, ricordiamo come abbia fatto il giro del mondo, ma non sui media mainstream, la destituzione della commissaria parlamentare ucraina per i diritti umani Lyudmila Denisova da parte della Rada di Kiev.
Una decisione presa dal partito di Zelensky a motivo del suo strano attivismo, che l’aveva portata anche ad accusare i soldati russi di stuprare donne e bambini in quantità industriale. Accuse che il parlamento ucraino ha dichiarato non fondate dichiarando la suddetta inadeguata a ricoprire una carica tanto delicata (ma nonostante questo, le sue accuse sono state ugualmente rilanciate da tutti i media d’Occidente: nella propaganda di guerra non si butta niente, un po’ come si fa per il maiale).
In un’intervista a un giornale ucraino, la Denisova, pur difendendosi a spada tratta, ammette di aver “esagerato” le accuse contro la Russia. Interessante una specifica che ci riguarda da vicino: «Quando, per esempio, ho parlato alla commissione per gli affari esteri del parlamento italiano, ho sentito e visto tanta reticenza riguardo l’Ucraina, sai? Ho parlato di cose terribili per spingerli in qualche modo a prendere le decisioni di cui avevano bisogno l’Ucraina e il popolo ucraino. Lì  [in Italia – SK ] c’era un partito, i “Cinque Stelle”, che era contrario alla fornitura delle armi, ma dopo il mio intervento uno dei leader del partito ha espresso sostegno all’Ucraina e ha detto che ci avrebbe sostenuto, anche sul provvedimento riguardante le armi». Simpatico retroscena.

Ps. Riguardo il blocco del grano dai porti ucraini, questione alla quale abbiamo dedicato una nota e che rischia di affamare il mondo, una novità importante: la Francia si è detta pronta a partecipare all’operazione che potrebbe consentire lo sblocco della situazione. (Qui)

Quest’altro articolo lo dedico a quelli che sghignazzano su Putin “che si aspettava che la popolazione accogliesse i russi a braccia aperte” (testo in russo letto col traduttore automatico).

La più grande bandiera russa nella storia della città è spiegata a Mariupol

Mariupol, 12 giugno – DAN. Il tricolore russo di 2400 m² viene schierato oggi in occasione della Giornata della Russia a Mariupol, riporta il corr. Agenzia di stampa di Donetsk da una città di mare.
L’azione si è svolta in piazza Leninsky Komsomol nel distretto di Primorsky. È stato organizzato dagli attivisti della Young Guard of United Russia e dalla Volunteer Company. All’evento hanno partecipato anche i cittadini.
“Con questa azione, non solo ci siamo congratulati con i residenti per la Giornata della Russia, ma abbiamo anche sostenuto i nostri militari, che stanno partecipando a un’operazione militare speciale per proteggere il Donbass”, ha affermato Ivan Dziuban, vicepresidente della MGER.
Secondo DAN, non c’è mai stata una bandiera russa così grande in città. 

La festa è iniziata da pochi giorni nel Donbass: concerti di artisti russi si sono svolti in città e regioni, anche nel territorio liberato . In particolare, Grigory Leps, Alexander Marshal, Denis Maidanov, Olga Kormukhina, Dmitry Dyuzhev, Aglaya Shilovskaya, Viktor Rybin, Natalya Senchukova e molti altri sono venuti a congratularsi con i residenti della DPR.
Il Russia Day è un giorno festivo della DPR e della Federazione Russa. È stato celebrato nella Repubblica popolare di Donetsk dal 2019 .

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Altre notizie nel  canale DAN Telegram

Nel frattempo quell’oscena associazione a delinquere di stampo mafioso che è l’Unione Europea prosegue imperterrita coi suoi infami ricatti
Noi invece dilettiamoci con le cose meravigliose che la Russia ci regala.

barbara

MA INSOMMA, I RUSSI MANGIANO I BAMBINI O NO?

Questione annosa (in realtà nel corso delle carestie create da Stalin col fattivo aiuto del segretario del partito comunista ucraino Nikita Krusciov, l’antropofagia è stata documentata sia da una parte che dall’altra del confine), che oggi si ripropone con una variante adeguata ai tempi.

Ucraina: no, i russi non mangiano i bambini

Lyudmila Denisova, la commissaria ucraina per i diritti umani, è stata rimossa dal Parlamento ucraino. Ieri alla riunione del Partito “Servant of the People” (Servitore del Popolo), guidato dal presidente Volodymyr Zelensky, è stato deciso all’unanimità di sfiduciarla, e il parlamento ha poi ratificato la decisione (Dagospia)
In un post su Facebook il deputato ucraino Pavlov Frolov descrive così le motivazioni di tale allontanamento: “La signora Denisova non ha esercitato i suoi poteri organizzando corridoi umani, proteggendo e scambiando prigionieri, contrastando la deportazione di persone e bambini dai territori occupati, ecc”.
Un po’ di colore a questa parte della  vicenda e l’ulteriore accusa di aver passato troppo  tempo a Davos, Vienna e Varsavia anziché nei luoghi dove avrebbe potuto svolgere utilmente il suo ruolo di aiuto ai rifugiati.
E fino a qui l’accusa, vera o falsa che sia, ha una sua linearità: la Denisova non ha svolto efficacemente il compito che le era stato assegnato, dove l’accusa di non essersi impegnata per realizzare i corridoi umanitari suona terribile, avendo in tal modo condannato a morte persone.
Più curiosa un’altra accusa contro la Denisova riferita dal deputato, alla quale si imputa “la scarsa accuratezza […] riguardo i numerosi dettagli sui ‘crimini sessuali commessi in modo innaturale’ e sullo “stupro di bambini” nei territori occupati, che non potevano essere confermati da prove”, cosa che ha danneggiato l’Ucraina, distogliendo “l’attenzione dei media mondiali dai reali bisogni dell’Ucraina”.
Cioè la commissaria non è stata in grado di trovare prove e confermare le dichiarazioni che nelle scorse settimane avevano fatto il giro del mondo in merito a presunti crimini di natura sessuale perpetrati dalle truppe russe.
“Sessanta minorenni sono stati stuprati, centinaia hanno assistito a orrori disumani come vedere uccidere i propri familiari”.
“Riceviamo circa 700 chiamate al giorno e finora ci sono stati segnalati circa 43mila crimini di guerra. Tantissime negli ultimi giorni le richieste di aiuto dalla zona di Kharkiv. In un’ora due giorni fa sono arrivate dieci segnalazioni di violenze e in otto casi si trattava di minori e in due si trattava di bambini di appena dieci anni”. “Ci sono adolescenti violentate dai soldati russi che sono rimaste incinte…”
“…Serve un tribunale ad hoc come Norimberga per punire i responsabili e chi ha dato gli ordini”. “Dobbiamo parlare e riconoscere che in Ucraina c’è un genocidio in atto. Nelle zone liberate abbiamo ricevuto diverse segnalazioni di crimini di guerra quali stupri, molti su minori, che puntano a fare in modo che le donne non vogliano più avere figli, deportazioni, torture e omicidi. Abbiamo già passato diverse prove ai tribunali internazionali, e fra poco ne consegneremo di nuove per provare i crimini di guerra russi. Abbiamo assistito anche diverse persone che volevano tentare il suicidio, e anche in questi casi molti sono minori” (RaiNews)
Di tutto ciò non vi è quindi lo straccio di una prova. Ovviamente i media che hanno rilanciato queste assurdità senza cercare riscontri, e derubricando a filo-putiniani quanti prendevano tali denunce con le molle, non chiederanno scusa ai propri lettori né metteranno su un errata corrige. Né riferiranno con maggiore cautela accuse successive: quel che viene a Kiev è dogma e come tale indiscutibile fino a contrordine.
Contrordine giunto in questo caso solo perché la Denisova rischiava di far ombra a Zelensky, così che una battaglia interna alla politica ucraina ha svelato magagne che altrimenti sarebbero rimaste in ombra. La responsabile dei diritti umani farà ricorso, ma non sembra avere grandi speranze.
Per inciso si può ricordare che la Denisova fu la prima a denunciare la responsabilità russa per l’eccidio di Kramatorsk, quando un missile cadde sulla stazione ferroviaria facendo strage dei civili in fuga dalla guerra. E per accreditare la sua tesi disse che a colpire la folla era stato un Iskander, usato dai russi.
Solo un caso, il fatto che c’era in zona un giornalista zelante, riuscì a rischiarare l’accaduto, mostrando al mondo l’ordigno usato nell’occasione, un  Tocha-U e non un Iskander.
Per inciso, tanti, tra cui il nostro sito, rilevarono che quel tipo di missile era in uso agli ucraini, tesi contestata dai cacciatori di Fake che hanno asserito, con prove traballanti, che qualcuno di quei missili era ancora in uso all’esercito di Mosca.
Così il dogma della responsabilità russa fu salvato per alcune settimane dopo l’eccidio, nonostante altre letture sembrassero corroborare la pista ucraina (peraltro, nel prosieguo della guerra gli ucraini hanno continuato a usare quel tipo di missili, vedi sul sito dell’Atlantic Council).
Evidentemente la responsabilità di Mosca erano infondate, tanto che da tempo quella strage, etichettata come un crimine di guerra, non viene più ricordata dai media, né tale crimine viene più ascritto ai russi, al contrario di quanto avvenuto a Bucha, la cui relativa narrativa ha resistito alle tante evidenze contrarie.
È la legge della propaganda. Funziona così in ogni guerra. e In una guerra come quella ucraina, più mediatica di altre, certe forzature raggiungono il parossismo. Al tempo della Guerra Fredda si diceva, più o meno scherzando più o meno seriamente, che i russi mangiavano i bambini. Siamo tornati a quei tempi, con tutte le derive del caso. (Qui)

Il troppo stroppia, come si sa, e stavolta ha stroppiato talmente tanto che il boccone è finito per traverso.
Aggiungo questa lucida analisi.

NYT: se la guerra non si ferma, la responsabilità è made in Usa

Sul New York Times Christopher Caldwell porta un attacco pesantissimo all’amministrazione americana sulla guerra ucraina, come si nota fin dal titolo dell’articolo: “Potrebbe risultare impossibile fermare la guerra in Ucraina. E gli Stati Uniti hanno gran parte della colpa”.
Riprendendo uno scritto da Henri Guaino, ex consigliere di Nicolas Sarkozy, Caldwell scrive: “Gli Stati Uniti hanno contribuito a trasformare questo conflitto tragico, locale e ambiguo in una potenziale conflagrazione mondiale. Fraintendendo la logica della guerra, sostiene Guaino, l’Occidente, guidato dall’amministrazione Biden, sta dando al conflitto uno slancio che potrebbe essere impossibile da fermare. Ha ragione”.
Il cronista ripercorre quanto avvenuto prima della guerra, a iniziare dal 2014, quando, con la rivoluzione e/o colpo di Stato di Maidan, gli Stati Uniti hanno preso il controllo di Kiev, innescando una guerra locale che si è conclusa con la conquista della Crimea da parte della Russia (va ricordato che l’esercito ucraino fu annientato: se Mosca avesse voluto conquistare l’Ucraina, poteva farlo tranquillamente allora).
“Si può discutere sulle pretese russe riguardo la Crimea – spiega Caldwell – ma i russi le prendono sul serio. Centinaia di migliaia di soldati russi e sovietici morirono difendendo la città di Sebastopoli, in Crimea, dalle forze europee durante due assedi: il primo durante la guerra di Crimea e il secondo nel corso della Seconda guerra mondiale. Negli ultimi anni, il controllo russo della Crimea sembrò assicurare un accordo regionale stabile” avendo guadagnato l’acquiescenza dei Paesi europei.
“Ma gli Stati Uniti non hanno mai accettato l’accordo. Il 10 novembre 2021, gli Stati Uniti e l’Ucraina hanno firmato una ‘carta sul partenariato strategico’ che chiedeva all’Ucraina di aderire alla NATO, condannava ‘l’aggressione russa in corso’ (1) e affermava un ‘impegno incrollabile’ per la reintegrazione della Crimea all’Ucraina. Quella carta ‘convinse la Russia che doveva attaccare o essere attaccata’, ha scritto Guaino. ‘È l’ineluttabile processo del 1914 in tutta la sua terrificante purezza’“.
Non solo tale accordo, ad allarmare la Russia era anche il flusso crescente di armi Nato nel Paese confinante, che ne ha fatto un Paese “armato fino ai denti”. Armi che hanno continuato a fluire copiose anche dopo l’invasione russa, tanto che Caldwell trova “fuori luogo” le narrazioni che descrivono la disfatta della campagna russa.
“La Russia – scrive, infatti, il cronista – non si sta scontrando contro un coraggioso paese agricolo grande un terzo di essa; sta tenendo testa, almeno per ora, contro le avanzate armi economiche, informatiche e da guerra della NATO” (osservazione interessante per tanti motivi).
“Ed è qui  – aggiunge Caldwell – che ha ragione Guaino ad accusare l’Occidente di sonnambulismo. Gli Stati Uniti stanno cercando di mantenere la finzione che armare i propri alleati non sia la stessa cosa che partecipare a una guerra”.
“Oltrepassare il confine tra l’essere un fornitore di armi e l’essere un combattente, è facile quanto oltrepassare il confine tra una guerra per procura e una guerra segreta. Nell’era informatica, questa distinzione sta diventando sempre più artificiale”.
E osserva: “Anche se non accettiamo le dichiarazioni di Putin secondo cui l’armamento americano affluito in Ucraina è stato causa della guerra, è certamente il motivo per cui la guerra ha assunto la forma cinetica, esplosiva e letale che ha adesso. Il nostro ruolo in tutto ciò non è passivo o incidentale. Abbiamo dato agli ucraini motivo di credere che possono vincere attraverso una guerra fatta di escalation”.
Quindi, dopo aver accennato ai tanti “volontari” (leggi mercenari) stranieri presenti in Ucraina, Caldwell elenca tutte le defaillance della comunicazione dell’amministrazione Usa, a iniziare dalle dichiarazioni che chiedevano un regime-change a Mosca per finire alla promessa di sostenere l’Ucraina fino alla “vittoria” sulla Russia. Tutte dichiarazioni il cui “effetto, voluto o meno, è stato quello di precludere qualsiasi via ai negoziati di pace”. Non solo, anche continuare a inviare armi è “un potente incentivo a non far finire la guerra in tempi brevi”.
“Ma se la guerra non finisce presto, i pericoli connessi aumenteranno. ‘I negoziati devono iniziare nei prossimi due mesi’, ha ammonito la scorsa settimana l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, ‘prima che si creino sconvolgimenti e tensioni tali” da rendere difficilissima la risoluzione del conflitto.
“Nel chiedere un ritorno allo status quo ante bellum, [Kissinger] ha aggiunto: ‘Perseguire la guerra oltre quel punto non sarebbe più garantire la libertà dell’Ucraina, ma sarebbe una nuova guerra contro la stessa Russia’”.
“In questo, Kissinger concorda con Guaino – scrive Caldwell – “Fare concessioni alla Russia significherebbe cedere all’aggressione”, ha avvertito Guaino. “Non farne nessuno sarebbe cedere alla follia”.
E conclude: “Gli Stati Uniti non faranno concessioni, perché perderebbe la faccia. Ci sono elezioni in arrivo. Quindi l’amministrazione sta chiudendo le vie dei negoziati e sta lavorando per intensificare la guerra. Siamo in questo gioco per vincere. Con il tempo, l’enorme flusso di armi mortali, comprese quelle provenienti dallo stanziamento di 40 miliardi di dollari appena autorizzato, potrebbe portare la guerra a un livello diverso. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky,questo mese, in un discorso agli studenti ha avvertito che i giorni più sanguinosi della guerra stavano arrivando”.
Quadro fosco quello dipinto, forse troppo, dal momento che sottotraccia qualcosa si muove. Ma è bene tenere presente certe analisi permeate di sano realismo che adagiarsi sulle tante narrazioni consegnate a un vacuo quanto folle ottimismo. (Qui)

E noi, nel frattempo?

Sanzioni contro della Russia: la UE nella sua isteria, si spara sui piedi

Dopo un lungo dibattito, Bruxelles ha accettato un piano preliminare per ulteriori acquisti di petrolio russo . Non si è verificato un fallimento completo, ma è prevista una graduale riduzione delle forniture di petrolio di 2/3. Nello stesso tempo, non ci sono ancora dettagli, il che significa che i negoziati sono ancora in corso.
È probabile che il piano ungherese verrà infine adottato. Budapest chiede di mantenere le forniture di petrolio attraverso l’oleodotto Druzhba, che attraversa l’Ungheria. Allo stesso tempo, l’Europa rifiuterà il petrolio dalla Russia.
Per Mosca, nelle condizioni attuali, la decisione di Bruxelles non è una cosa critica. Le consegne di petrolio russo in altre regioni del mondo stanno crescendo rapidamente. 79 milioni di barili di petrolio dalla Russia vengono spediti via mare tramite le petroliere. Cina e India rimangono i maggiori consumatori. I ricavi della Russia dalla vendita di idrocarburi per il primo trimestre del 2022 hanno stabilito un record , avvicinandosi agli 80 miliardi di dollari.
Secondo le stime di Bloomberg, la Russia potrebbe perdere teoricamente fino a 10 miliardi di dollari se l’Europa rifiutasse l’80-90% del petrolio russo . Tuttavia, questi calcoli sarebbero validi se il prezzo del petrolio non cambiasse. Ma l’Unione Europea stessa ha stimato che i prezzi del petrolio arriveranno sopra i 120 dollari al barile. Quindi, dopo l’inizio di una drastica riduzione degli acquisti di petrolio, è altamente plausibile che i prezzi cresceranno ulteriormente.
Inoltre, c’è da considerare che la carenza artificiale di petrolio generata dall’Europa come sanzione per la Russia, porterà semplicemente a reindirizzare le vendite su altri paesi . Per quanto riguarda l’Unione Europea, ha comunque deciso di spararsi un colpo ai piedi sullo sfondo delle turbolenze del carburante. E sta facendo tutto il possibile per garantire che l’attuale crisi energetica, che trascina l’Europa nell’abisso della recessione, sia inserita nei libri di storia. (Qui)

E gli ucraini, nel frattempo? Niente di nuovo sul fronte orientale: continuano a bombardare il Donbass, come stanno facendo da otto anni. Con una novità, però: adesso usano le bombe a grappolo:

barbara