che vale la pena di ascoltare
LISTE DI PUTINIANI E VERI PROBLEMI
10 GIUGNO 2022
Chiedo scusa a tutti quelli coinvolti ma le varie e ormai famose “liste dei putiniani”, al netto delle miserie giornalistiche, sono una vera fregnaccia. Ci sono, per quanto riguarda l’informazione e la propaganda, problemi ben più seri di cui occuparsi. Faccio una premessa personale: ho scritto spesso, fino alla vigilia dell’invasione russa in Ucraina, che non ci sarebbe stata alcuna guerra. Era l’epoca in cui moltissimi, me appunto incluso, pensavano (io ancora lo penso) che una guerra sarebbe stata (anche) contro gli interessi della Russia e che per questo un leader razionale e cinico come Vladimir Putin non l’avrebbe intrapresa. Lo scrivevo in settimane in cui a dirlo e ripeterlo, oltre a tantissimi ucraini e russi, c’erano anche osservatori più o meno insigni e, per fare solo un paio di nomi, leader politici come Macron (“Non ci sarà alcuna escalation militare”, disse il presidente francese dopo la visita a Mosca) e Volodymyr Zelensky. Previsione sbagliatissima, come si vede.
C’è però un’enorme differenza tra sbagliare una previsione e distorcere i fatti. Perché di questo dovremmo occuparci, altro che delle liste dei putiniani. Per tre mesi il sistema mediatico italiano ci ha raccontato una guerra in cui i russi, crudeli e imbecilli, non ne azzeccavano una e venivano ridicolizzati e massacrati sul campo dagli ucraini. Ci è stato detto e ripetuto che le armi occidentali avrebbero spezzato le reni ai russi. Che Putin sarebbe stato presto spodestato dalle contestazioni, da un golpe o da una malattia. Che Putin non sapeva più quale ministro (Shoigu, quello della Difesa) o comandante (quello di stato maggiore Gerasimov, quello delle operazioni sul campo Dvornikov) silurare. Che le sanzioni avrebbero ridotto la Russia a pezzi. Tutto può ancora succedere. Ma dopo tre mesi la realtà è una sola: la Russia, che PRIMA della guerra controllava (tra Crimea e Repubbliche del Donbass) il 7% del territorio ucraino, OGGI ne controlla più del 20%. Le armi occidentali stanno finendo e quelle russe no. Le sanzioni colpiranno ma per ora non bastano a fermare la Russia. Putin sembra saldo in sella. E per dirla tutta, Zelensky e i suoi sembrano invece sull’orlo della disperazione.
Altro che quattro veri o presunti putiniani. Truppa in cui peraltro ogni tanto gli zeloti in cerca di visibilità e collaborazioni provano ad arruolare a forza e a mettere nelle liste anche rispettabilissimi personaggi come Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, o Lucio Caracciolo, direttore di Limes, colpevoli solo di essere un poco più intelligenti della marmaglia. È di tutto il resto che dovremmo preoccuparci.
Ma se a pontificare su Ucraina e Russia ci sono gli stessi (e con gli stessi argomenti) che nel 2003 pontificavano su quanto fosse bella e buona l’invasione dell’Iraq, un problema ci sarà o no? Se il 95% di quelli che partecipano ai talk show non sono mai stati in Ucraina, un problema ci sarà o no? Se il 99% di quelli che ce la spiegano non sono mai stati in Ucraina negli anni Novanta, e non hanno quindi visto il nazionalismo montante a Ovest e l’eredità sovietica vivissima a Est, un problema ci sarà o no? Se il 90% di quelli che “raccontano” la Russia oggi non sono mai usciti da Mosca, e quando sono a Mosca parlano (quando va bene) solo con i circoli della borghesia liberale e occidentalizzata, è un problema o no? Se la stampa italiana per mesi ha riportato come se nulla fosse le notizie selezionate dalla stampa ucraina, cioè dai media di un Paese che già prima della guerra era al 106° posto (su 180) nella classifica della libertà di stampa, dove le Tv dell’opposizione venivano chiuse per decreto (7 in un anno e mezzo) e dove dall’inizio dell’invasione russa tutti i media (comprensibilmente) sono stati di fatto accorpati in un solo organismo alle dipendenze del Presidente e dei suoi collaboratori, un problema l’abbiamo o no? Se uno che va nel Donbass è ipso facto “putiniano” e uno che che ha passaporto americano, casa e incarichi retribuiti negli Usa è un osservatore obiettivo, un problema ce l’abbiamo o no?
Che il sistema mediatico abbia deciso di schierarsi per la vittima contro l’aggressore, per il piccolo contro il grande, insomma per l’Ucraina contro la Russia, peraltro in perfetta coincidenza con il mandato politico di un premier che fin dal primo discorso disse che l’ancoraggio agli Usa e alla Ue era per l’Italia fondamentale, ci sta pure. Ma che il risultato reale, a prescindere dagli schieramenti, sia un’inaffidabile pseudo-informazione è sotto gli occhi di tutti. Per cui, delle liste dei presunti “putiniani” bisogna altamente fregarsene. Al massimo considerarle per ciò che sotto sotto sono, cioè un modo per buttare la palla in tribuna, per parlar d’altro, per mimetizzare il clamoroso scollamento tra la realtà e la sua narrazione.
Fulvio Scaglione, qui.
Adatto a chi ama i paragoni.
L’Ucraina, la crisi globale e la propaganda di guerra
«La guerra [ucraina] sta portando a un’impennata globale dei costi alimentari ed energetici e a una massiccia distrazione dalla risoluzione dei problemi a lungo termine. Alcuni governi stanno aumentando la spesa militare e probabilmente spenderanno meno, nel breve periodo, per lo sviluppo sostenibile».
«Nel frattempo la guerra e le sanzioni potrebbero finire per provocare una stagflazione o una vera e propria crisi economica globale. Naturalmente, la distruzione in Ucraina è devastante e anche la contrazione dell’economia russa quest’ anno sarà molto dura. La chiave per superare questi costi è porre fine alla guerra attraverso negoziati in settimane, non mesi o anni». Così Jeffrey Sachs, autorevole economista della Columbia University in un’intervista a La Stampa.
Sulla guerra, un interessante osservazione di Jacob G. Hornberger pubblicato dalla Fondazione americana Future of Freedom: «Supponiamo che l’Ucraina fosse guidata da un regime filorusso. Dopo ripetuti tentativi falliti di assassinarne il leader da parte della CIA, il Pentagono decide finalmente di invadere l’Ucraina allo scopo di determinare un cambio di regime, cioè estromettere il regime filo-russo dal potere e sostituirlo con un regime filo-USA».
«Quale sarebbe la risposta dell’establishment americano, in particolare della stampa mainstream statunitense?».
«Non ci sono dubbi sulla risposta. Sarebbe tutto diverso da come oggi viene rappresentata l’invasione russa dell’Ucraina. I media avrebbero orgogliosamente supportato le forze d’invasione dell’esercito americano. I giornali più autorevoli avrebbero riferito e commentato il coraggio delle truppe statunitensi. Non si vedrebbero foto o video di civili ucraini uccisi e sarebbero tutti etichettati come “danni collaterali”».
«La Chiesa avrebbero esortato le sue congregazioni a pregare per le truppe. Gli esponenti dell’establishment [politici e media] di tutta la terra farebbero a gara per trovare qualche soldato da ringraziare per il servizio reso […] L’establishment condannerebbe i “cattivi”, cioè quegli ucraini che si permettono di sparare contro i soldati americani».
«Come sappiamo che l’establishment americano reagirebbe in questo modo a un’invasione dell’Ucraina da parte del Pentagono?».
«Due risposte: Afghanistan e Iraq. È così che hanno reagito quando è stato il Pentagono a invadere quei due paesi. Da questo sappiamo che è così che reagirebbero se fosse stato il Pentagono e non la Russia a invadere l’Ucraina».
A conferma di tale suggestione, una suggestione indiretta. L’eroina del momento in America è Liz Cheney: le sue foto campeggiano orgogliosamente su tutte le prime pagine dei giornali mainstream, i Tg inondano le case dei cittadini statunitensi con le sue immagini, le sue parole sono riferite con devoto ossequio.
L’eroina in questione è tale perché è l’esponente di punta di quel manipolo di repubblicani che da sempre fa guerra a Trump. Da quando poi ha accettato di far parte della Commissione d’inchiesta sull’assalto a Capitol Hill, conferendo a un’indagine politicamente orientata una artificiosa patina di terzietà, le sue azione solo volate alle stelle.
Liz è la figlia di Dick, che gestì la presidenza Bush in nome e per conto dei neoconservatori, organizzando l’invasione dell’Afghanistan prima e dell’Iraq poi, che autorizzò la tortura di presunti terroristi tramite waterboarding, spianando la strada gli orrori di Abu Ghraib etc etc.
Liz ha sempre difeso il padre, giustificando tutte le sue decisioni come legittime e necessarie, a iniziare dall’invasione dell’Iraq. Lei l’eroina del momento, ci ricorda appunto l’ipocrisia che si cela dietro certe rappresentazioni della realtà.
E a proposito di bizzarre rappresentazioni della realtà, ricordiamo come abbia fatto il giro del mondo, ma non sui media mainstream, la destituzione della commissaria parlamentare ucraina per i diritti umani Lyudmila Denisova da parte della Rada di Kiev.
Una decisione presa dal partito di Zelensky a motivo del suo strano attivismo, che l’aveva portata anche ad accusare i soldati russi di stuprare donne e bambini in quantità industriale. Accuse che il parlamento ucraino ha dichiarato non fondate dichiarando la suddetta inadeguata a ricoprire una carica tanto delicata (ma nonostante questo, le sue accuse sono state ugualmente rilanciate da tutti i media d’Occidente: nella propaganda di guerra non si butta niente, un po’ come si fa per il maiale).
In un’intervista a un giornale ucraino, la Denisova, pur difendendosi a spada tratta, ammette di aver “esagerato” le accuse contro la Russia. Interessante una specifica che ci riguarda da vicino: «Quando, per esempio, ho parlato alla commissione per gli affari esteri del parlamento italiano, ho sentito e visto tanta reticenza riguardo l’Ucraina, sai? Ho parlato di cose terribili per spingerli in qualche modo a prendere le decisioni di cui avevano bisogno l’Ucraina e il popolo ucraino. Lì [in Italia – SK ] c’era un partito, i “Cinque Stelle”, che era contrario alla fornitura delle armi, ma dopo il mio intervento uno dei leader del partito ha espresso sostegno all’Ucraina e ha detto che ci avrebbe sostenuto, anche sul provvedimento riguardante le armi». Simpatico retroscena.
Ps. Riguardo il blocco del grano dai porti ucraini, questione alla quale abbiamo dedicato una nota e che rischia di affamare il mondo, una novità importante: la Francia si è detta pronta a partecipare all’operazione che potrebbe consentire lo sblocco della situazione. (Qui)
Quest’altro articolo lo dedico a quelli che sghignazzano su Putin “che si aspettava che la popolazione accogliesse i russi a braccia aperte” (testo in russo letto col traduttore automatico).
La più grande bandiera russa nella storia della città è spiegata a Mariupol

Mariupol, 12 giugno – DAN. Il tricolore russo di 2400 m² viene schierato oggi in occasione della Giornata della Russia a Mariupol, riporta il corr. Agenzia di stampa di Donetsk da una città di mare.
L’azione si è svolta in piazza Leninsky Komsomol nel distretto di Primorsky. È stato organizzato dagli attivisti della Young Guard of United Russia e dalla Volunteer Company. All’evento hanno partecipato anche i cittadini.
“Con questa azione, non solo ci siamo congratulati con i residenti per la Giornata della Russia, ma abbiamo anche sostenuto i nostri militari, che stanno partecipando a un’operazione militare speciale per proteggere il Donbass”, ha affermato Ivan Dziuban, vicepresidente della MGER.
Secondo DAN, non c’è mai stata una bandiera russa così grande in città.

La festa è iniziata da pochi giorni nel Donbass: concerti di artisti russi si sono svolti in città e regioni, anche nel territorio liberato . In particolare, Grigory Leps, Alexander Marshal, Denis Maidanov, Olga Kormukhina, Dmitry Dyuzhev, Aglaya Shilovskaya, Viktor Rybin, Natalya Senchukova e molti altri sono venuti a congratularsi con i residenti della DPR.
Il Russia Day è un giorno festivo della DPR e della Federazione Russa. È stato celebrato nella Repubblica popolare di Donetsk dal 2019 .
***
Altre notizie nel canale DAN Telegram
Nel frattempo quell’oscena associazione a delinquere di stampo mafioso che è l’Unione Europea prosegue imperterrita coi suoi infami ricatti
Noi invece dilettiamoci con le cose meravigliose che la Russia ci regala.
barbara