I BEDUINI (11/12)

Trattandosi di un tour eno-gastronomico, abbiamo gustato le specialità delle varie popolazioni e culture che convivono in Israele: armeni, drusi, circassi, arabi, beduini. E tanto erano squisite, per non dire paradisiache, le specialità, che di foto, in queste occasioni, ne sono state scattate ben poche, perché era davvero impossibile distrarsi dal piacere regalato da tutti quei sapori e colori e profumi a tutti i nostri cinque sensi. Solo per la visita al villaggio beduino ho trovato un po’ di foto da farmi girare e dunque, di tutte le nostre strepitose visite e altrettanto strepitose mangiate, dovrete accontentarvi dei soli beduini.
Questa è la tenda sotto la quale siamo stati accolti, seduti sui cuscini tutto intorno,
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e questo è il braciere sul quale è stato tostato il caffè con cui darci il benvenuto
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(che poi magari non sarà stato proprio quello, ma è stata carina lo stesso la dimostrazione), mentre il signore beduino
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ci spiegava che l’ospite va sempre accolto; poi se si comporta bene gli si offrono tre tazzine con un sorso di caffè ciascuna, e questo significa che è gradito e può rimanere, mentre se si comporta male, gliene viene offerta una sola, piena, e questo significa che non è gradito. E ci ha spiegato come funziona la società beduina, la famiglia eccetera. In realtà è emerso che questo, a differenza di quest’altro – non era un vero villaggio beduino, bensì una cosa per turisti. Tanto è vero che ci ha raccontato di avere tre mogli, da buon musulmano, dai 23 ai 46 anni, e le figlie a casa, ma poi a tu per tu con qualcuno del gruppo ha rivelato di averne una sola, mentre la figlia studia all’università ebraica. Il cibo in compenso era proprio cibo beduino, supersquisitissimerrimissimo, oltre che scandalosamente abbondante. Qui si vedono gli ultimi rimasugli.
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Quanto a me, se ci sono foto a tavola, impossibile riprendermi con la faccia verso l’obiettivo perché sono sempre intensamente intenta a mangiare.
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In fondo a destra si vedono i due musicisti che hanno delicatamente accompagnato la nostra cena.

barbara

 

VABBÈ, ALLA FINE CE L’HO FATTA

Sono andaataaa lontaaanooo, lontaa-aaa-aaaa-nooooo e sono tornata con tutti gli altri alla naturale conclusione del viaggio. Ho visto cose mozzafiato. Ho mangiato come una porcella – e infatti, nonostante le fatiche sostenute, sono tornata ingrassata, come sempre quando vado in Israele. Ho scattato, contrariamente alle mie abitudini, centinaia di foto. I buchi nella carne delle gambe provocati dalle cadute casalinghe e da quella stradalinga non hanno dato segni di vita nel mar Morto, il che significa che sono perfettamente cicatrizzati, anche se orrendissimi da vedere. Un paio di volte sono stata sul punto di crollare ma non sono crollata. Ho recuperato energie riposando durante le visite a cose che avevo già visto, il che mi ha aiutata a reggere fino alla fine.
Poi stamattina sistemando la valigia sul treno a Milano devo avere fatto un movimento falso e mi sono presa uno strappo o qualcosa del genere alla schiena, probabilmente alla vertebra con l‘ernia, e ad ogni minimo sforzo mi attraversa una fitta di dolore che mi paralizza, mentre i movimenti (sedermi, alzarmi, girarmi) mi provocano un dolore intenso ma non paralizzante. Alzarmi dal letto invece appartiene alla prima categoria (lo diceva Richard Bach in Biplano che la maggior parte degli incidenti accadono a meno di 40 miglia dalla base). Vabbè, non si può avere tutto dalla vita.

barbara