ANCORA SU SABATO 9 OTTOBRE 2021

Ancora qualche dettaglio sulle dirette, pesantissime responsabilità del ministero dell’Interno in quanto è accaduto.

Lamorgese nei guai. Un dossier conferma: l’assedio alla Cgil fu “permesso”

L’annotazione della Digos di Roma certifica la “trattativa” con Forza Nuova a Piazza del Popolo. Fdi all’attacco: “Lamorgese si dimetta”

Un’annotazione riservata, scritta dalla Digos, rivelerebbe due verità su quanto successo sabato a Roma in occasione della manifestazione anti green pass. Primo: che le autorità deputate avrebbero incredibilmente sottovalutato il pericolo Forza Nuova. Secondo: che il corteo verso la Cgil sarebbe stato addirittura “permesso”, dando così il “La” all’assalto alla sede del sindacato. Poi distrutta.
La notizia è clamorosa. E mette sul banco degli imputati il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, di fatto responsabile – almeno politicamente – della gestione dell’ordine pubblico sul suolo italiano. Non si capisce perché, però, oggi Repubblica nel rivelare il dossier utilizza la prova regina dell’impreparazione del Viminale per “smentire” il presunto “complotto ai danni della destra politica del Paese”. Che c’azzecca? Nulla. A ben vedere Meloni nel suo intervento alla Camera aveva accusato il ministro di essere a conoscenza delle pregresse attività criminali di Giuliano Castellino e di “non aver fatto nulla” per fermarlo. Ma soprattutto aveva osato dire che quanto “accaduto sabato” era stato “volutamente permesso”. Certo: poi ha parlato di “strategia della tensione”. Ma il punto qui è un altro: è vero o non è vero che il blitz verso la Cgil è stato “concesso” dalle autorità ai leader di Forza Nuova? Secondo l’avvocato degli arrestati, la risposta è “sì”. “C’era un accordo con la Digos”, ha spiegato, “Se avessero detto ‘non ci rompete le scatole’, alla Cgil non sarebbe andato nessuno”. Una versione smentita da fonti di polizia sentite dall’Agi, secondo cui i manifestanti sarebbero partiti “ben prima di una qualsiasi forma di autorizzazione”. Ma confermata dall’annotazione redatta della I sezione della Digos della Questura di Roma (II Settore Destra Antagonista).

Il video choc: assalto annunciato. Gli errori di Lamorgese

Tutto inizia a Piazza del Popolo dove si radunano almeno 15mila manifestanti, molti di più – troppi – rispetto a quelli attesi da questore e prefetto [se se ne aspettavano di meno, vuol dire una cosa sola: non sanno fare il loro mestiere, e vanno licenziati]. Gli agenti in strada sono pochi, come spiegato dal sindacato della Celere al Giornale.it, e viene anche sottovalutata l’intenzione dei leader del gruppo violento [quello noto alle forze dell’ordine e al ministero dell’interno per azioni violente in precedenti manifestazioni, tanto che la partecipazione a manifestazioni gli è interdetta, programma di andare e lo lasciano andare – credo che questa cosa si chiami complicità con l’autore di un reato -, annuncia che assalterà la CGIL ma loro “lo sottovalutano”, cioè dopo un’infinità di assalti violenti sono convinti che questa volta dirà ma no, ho scherzato. Randellate sulle gengive]. Nelle chat interne da tempo si parlava del progetto di assaltare i palazzi del Potere. E dal palco di Piazza del Popolo, di fronte a agenti, dirigenti, giornalisti e telecamere, Castellino annuncia urbi et orbi il progetto di attaccare la sede della Cgil. Cosa fa il Viminale per impedirlo? Nulla. Anzi: pare abbia autorizzato il “corteo dinamico” verso la sede del sindacato di Landini. “Verso le 17.30, attesa l’insistente richiesta dei numerosissimi manifestanti attestati in piazza del Popolo – si legge nell’annotazione – viene loro permesso di effettuare un percorso dinamico verso la sede della Cgil”. Secondo gli arrestati, il responsabile della Digos prima avrebbe promesso di parlare con i suoi superiori. E dopo mezz’ora avrebbe comunicato il semaforo verde.

L’inchiesta Forza nuova-Cgil: “C’era l’accordo con la Digos”

Stando a Rep, le autorità avrebbero autorizzato il corteo nella speranza di alleggerire la pressione su Piazza del Popolo, di dirigere i violenti lontano dai palazzi del governo e infine di “separare” i forzanovisti dal resto dei no green pass. Errore tremendo: i manifestanti scaldano gli animini in pizza del Brasile, si dividono in due gruppi e arrivano davanti alla Cgil prima che la questura riesca a inviare i rinforzi ai pochi celerini presenti sul posto [cioè almeno un’ora dopo che era stata annunciata la decisione di assaltare la sede della CGIL: dovevano farli arrivare da Reggio Calabria i rinforzi?]. Lo sbaglio, probabilmente, sta tutto nell’essersi fidati di Castellino, uno che in quella piazza non doveva esserci per via dei suoi numerosi provvedimenti restrittivi: secondo l’annotazione “il fine del percorso dinamico, così come richiesto dal leader romano di Forza Nuova” era “un incontro con un rappresentate della Cgil”. Poi però si è trasformato in un assalto. Chi e perché si è fatto fregare? E poi: a scongiurare l’autorizzazione non bastava l’invito di Castellino agli “italiani liberi” ad “assediare la Cgil”? Non a caso Fdi già mette nel mirino il ministro Lamorgese: “Si tratta dell’ennesima conferma che il responsabile dell’Interno ha grandi responsabilità – dice Emanuele Prisco – riteniamo che per lei non ci sia altra soluzione se non quella delle immediate dimissioni”.
Giuseppe De Lorenzo,15 Ottobre 2021, qui.

Dissento sulla formulazione dell’ultima frase: le immediate dimissioni di quella donna non sono una soluzione per lei: sono una soluzione per noi, per salvare l’Italia dai suoi maneggi.
Poi c’è la faccenda del fascismo, dei rigurgiti fascisti, del pericolo fascista, dell’emergenza fascista, degli squadristi con manganelli e olio di ricino in agguato sotto ogni portone.

Antifascismo a orologeria in vista dei ballottaggi, ma Fratelli d’Italia è radicato nell’arco costituzionale

Il partito di Giorgia Meloni guarda a Washington, non a Salò, per il futuro del centrodestra italiano

Una volta, Silvio Berlusconi parlava di “giustizia a orologeria” per descrivere le azioni dei giudici nei suoi confronti e nei confronti degli esponenti del suo partito in prossimità delle elezioni. Oggi, in particolare dopo la manifestazione di sabato a Roma, si può parlare di “antifascismo a orologeria”, con i ballottaggi dietro l’angolo e Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni sotto attacco costante della stampa mainstream e della sinistra.
Nulla di cui preoccuparsi: lunedì, miracolosamente, il fascismo uscirà dai nostri radar. Lo stesso capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha espresso convintamente il suo sgomento di fronte al vile attacco alla Cgil ma ha sottolineato che si è trattato di un “episodio isolato” e di “non essere preoccupato” per la tenuta del Paese. Di fronte alle frasi autorevoli di un capo dello Stato non certo vicino alla destra, la sinistra ha scelto di rispondere con un’aggressione fuori dalle righe. Beppe Provenzano ha anche affermato che “Fratelli d’Italia è fuori dall’arco costituzionale”. Un’affermazione ridicola, volta a delegittimare chi, secondo gli ultimi sondaggi di SWG, rappresenta il primo partito italiano nelle intenzioni di voto degli elettori.
Fratelli d’Italia è un partito fondato nel dicembre 2012 da una scissione dell’allora Popolo della Libertà (PdL), il contenitore berlusconiano del centrodestra italiano. Insieme alla Lega e a Forza Italia governa in 14 delle regioni italiane – tra cui alcune di primissimo piano dal punto di vista economico come la Lombardia, il Veneto e il Piemonte – e in centinaia di comuni italiani. Già nel 2008, quando erano ancora nel PdL, l’attuale leader, Giorgia Meloni, e un altro esponente di spicco del movimento, Ignazio La Russa, furono nominati da Giorgio Napolitano rispettivamente ministro per le politiche giovanili e della difesa, giurando fedeltà alla Costituzione italiana. Conoscendo la storia dell’allora presidente della Repubblica è da ritenere improbabile che egli conferisse il mandato a pericolosi estremisti filo-fascisti.
Nella legislatura che ha visto i suoi albori dopo le elezioni del 4 marzo 2018, Giorgia Meloni è sempre restata all’opposizione. Sia dei governi di Giuseppe Conte, sia di quello di Mario Draghi, rivendicando una sua linea di coerenza e affermando che “tornerà al governo quando sarà il momento con tutto il centrodestra dopo avere vinto le elezioni”. Non sembrano queste le parole di una estremista che si pone fuori dall’arco costituzionale. Né sembra il suo l’atteggiamento di chi cerca in ogni modo di ottenere posti di governo e sottogoverno o brama per il potere: dalla sua nascita FdI non è mai stata nella cosiddetta “stanza dei bottoni”.
Dopo l’ultima crisi di governo, Fratelli d’Italia ha scelto, ancora una volta, la strada dell’opposizione. Unico partito a opporsi all’esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. Se Matteo Salvini ha compiuto la scelta di sostenere l’ex presidente della Bce anche sotto la spinta delle roccaforti nordiste della Lega in vista dell’attuazione del PNRR, Meloni ha potuto compiere una scelta diversa che sembra pagare a livello elettorale. Lo scorso 3 e 4 ottobre, nelle principali città al voto FdI ha quadruplicato i suoi consensi e il partito è salito a oltre il 20 per cento su scala nazionale. Un particolare su cui molti non si soffermano è che sia la leader di FdI sia Matteo Salvini riescono a incanalare il dissenso verso le politiche governative mantenendolo dentro il Parlamento. Da questo punto di vista essere all’opposizione – oggi come non mai – rappresenta un fattore fondamentale per la tenuta del sistema politico e dello stesso sistema-Paese. Forse qualcuno vorrebbe che il 20 per cento di Meloni e quello di Salvini finissero nelle mani del generale Pappalardo, di Forza Nuova e di Casa Pound? Forse qualcuno vorrebbe il tanto meglio tanto peggio?
Dopo l’assalto alla Cgil, il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati si è recato nella sede del sindacato per portare la sua solidarietà a Maurizio Landini e agli iscritti al movimento. Anche se il fatto ha trovato poco spazio nei giornali della Triade – CorRepStamp – si è trattato di un gesto che da solo mostra la distanza del partito di Meloni da certi movimenti che, peraltro, in passato non hanno mai fatto venire a mancare dichiarazioni di disprezzo per i leader della destra democratica italiana, da Gianfranco Fini alla stessa Meloni.
È ancora lunga la strada che potrebbe portare Fratelli d’Italia al governo e, magari, Giorgia Meloni a essere la prima premier donna della storia del nostro Paese. Il deputato FdI Marco Osnato ha affermato recentemente in un’intervista a il Giornale che la destra sta lavorando per creare una classe dirigente politica all’altezza del compito. L’apertura verso sensibilità politiche che provengono dal mondo liberale, popolare e liberalconservatore darebbero certamente al partito maggior titolo per tentare di rappresentare stabilmente la variegata galassia del centrodestra italiano. Giorgia Meloni è stata l’unico politico italiano a parlare – per giunta in inglese – all’American Conservative Union due anni fa: sicuramente dalla big tent repubblicana avrà tratto un’esperienza significativa da mettere in pratica qualora dovesse guidare il Paese. La destra italiana guarda a Washington, al gollismo e a Londra, non a Salò. Con tutto il rispetto per l’onorevole Provenzano.
Daniele Meloni, 13 Ott 2021, qui.

Se poi non si riescono a trovare prove che Giorgia Meloni sia visceralmente fascista, nostalgica del ventennio, ammiratrice del duce, basta fabbricarle: cosa ci vuole?

Per concludere, non posso rinunciare a dire due parole su quei geni dei novax – perché è noto e notorio che i novax sono quelli intelligenti, quelli che non se la bevono, quelli che si pongono domande, quelli che nutrono dubbi. Ecco questi geni non trovano di meglio che pubblicare questo

Peccato che poi arrivi qualche guastafeste, sicuramente un fetente vaccinofilo, che fa presente che quella è una foto della Street Parade di Zurigo del 2019 con 850.000 persone. Infatti cercando “ponte sul lago di Zurigo” in google immagine si trova questa foto

Una nota a proposito di questa foto: guardate l’immagine e segnatevi il numero delle persone (che, come si può vedere, sono inquadrate solo in parte), e ricordatevene quando vi racconteranno che a una qualche manifestazione in qualche piazza italiana hanno partecipato un milione, due milioni (se il cannocchiale funziona, se no riprovate più tardi: ne vale la pena), tre milioni di persone.

barbara

TUTTI IN PIAZZA PER LA LIBERTÀ E PER LA DEMOCRAZIA!

Sabato sera alle ore 22 avrà luogo al teatro Elfo Puccini di Milano uno spettacolo del cantante israeliano Idan Raichel. Naturalmente i soliti diversamente intelligenti, diversamente democratici, diversamente amanti della giustizia, della libertà, della pace e – decidiamoci a dirlo chiaro e forte, una buona volta – dei palestinesi (con le loro coraggiose azioni hanno messo sul lastrico novecento famiglie palestinesi che lavoravano a Maalè Adumim, per dirne solo una) si sono mobilitati per boicottarlo (qui, per chi non sia debole di stomaco, uno dei loro deliri).
Poiché noi, a differenza di loro, non amiamo la violenza, non amiamo gli scontri, non amiamo le provocazioni, non andremo a scontrarci con loro nel corso della loro manifestazione, ma andremo a far sentire la nostra presenza, la nostra voce a favore della democrazia, della pace e della libertà e, non ultimo, la nostra solidarietà a Idan Raichel, la sera alle ore 20.30 (cioè – NOTA per gli ebrei osservanti – dopo l’uscita di Shabbat), davanti al teatro.
Boicott
stop
odiano la democrazia
zittire
barbara

I PACIFISTI

Cioè quelli buoni. Quelli di sinistra. I progressisti. Gli antifascisti. Quelli che, a differenza degli individualisti conservatori retrogradi guerrafondai di destra hanno a cuore il bene dell’umanità. Loro.

Qualche giorno fa a Tel Aviv ha avuto luogo una manifestazione per commemorare due gay assassinati nel 2009, manifestazione che ha acquistato particolare significato alla luce dell’aggressione assassina all’ultimo gay pride (il cui autore, Yishai Shlissel – sarà bene ricordarlo per chi tende a fare di tutta l’erba un fascio – non è un ultranazionalista fanatico, bensì un appartenente alla setta Neturei Karta,
Yishai Shlissel
che non riconosce lo stato di Israele – ma se ne pappa spudoratamente tutti i benefici -, aspira alla distruzione di Israele, è finanziata dall’Iran, ha collaborato e collabora con tutti i nemici di Israele, ha partecipato alle conferenze negazioniste della Shoah organizzate da Ahmadinejad eccetera eccetera).

Qui di seguito il resoconto di Tobia Zevi sulla manifestazione.

Sharon Nizza mi porta a una manifestazione nel giardino Meir, al centro di Tel Aviv. Si tratta della commemorazione di due gay uccisi nel 2009 da un estremista che fece fuoco all’interno del centro sociale nel parco, ferendo molte altre persone. L’iniziativa assume un significato particolare alla luce degli attentati della settimana scorsa, in particolare quello al Gay Pride che ha ucciso Shira Banki. Fa un caldo pazzesco e l’odore non è proprio il massimo. Parla Shimon Peres, l’impressione è che la gente si attacchi a questo padre della patria per coltivare l’illusione della continuità, per rimuovere l’evidenza della frattura prodottasi. Salgono sul palco militanti e politici. L’atmosfera è tesa: si è sparsa la voce che Naftali Bennett sia in arrivo. Un giornalista autorevole agli occhi dei manifestanti prova a spiegare che la sua presenza è importante, che un esponente radicale come Bennett va incalzato ma non cacciato. Si capisce che non è aria. Sale sul palco Yuval Steinitz, Ministro dell’Energia del Likud con un passato in “Pace Adesso”. La folla rumoreggia, i più scalmanati si avvicinano al palco, qualcuno suona il tamburo. La contestazione si organizza: qualche decina di persone indossa guanti bianchi sporchi di sangue finto. Impossibile ascoltare, Steinitz prosegue il suo intervento sotto lo sguardo vigile e apprensivo delle guardie del corpo. Alcuni manifestanti provano a difenderlo, spiegando che gli alleati nel Governo sono utili: la situazione non è più sotto controllo. Scoppiano tafferugli, la povera Sharon si prende un pugno da una ragazza che brandisce un cartello con scritto “L’odio uccide”. Bennett non viene più, ufficialmente perché non ha firmato la piattaforma sui diritti LGBT. […] Tobia Zevi (4 agosto 2015)

Aggiungo un paio di annotazioni inviatemi privatamente da Sharon Nizza (la quale ha precisato che non si è trattato di un pugno bensì di un poderoso ceffone).

Io, Sharon nizza, militante lgbt da 10 anni, sono stata menata da fascisti dell’antifascismo!!! […]
Quando steiniz ha finito, io ho detto a una di quelle due punkabbestia che si vedono nel video che ti allego che se ne sarebbero pentite perché abbiamo bisogno di esponenti del governo dalla nostra parte, e quella mi ha urlato e imbruttito e appunto dato pezza allucinante in faccia […]
A seguito di queste cose ho scritto un post in ebraico in sostanza dico che non parteciperò più alle manifestazioni lgbt dello “Stato di tel aviv” che non mi accetta (la cosa che più mi ha scandalizzato non è mica la pizza, ma il fatto che nessuno di quanti intervenuti dopo questi fatti dal palco, e in primis Zahava Galon che invece se ne compiaceva, ha pensato di condannarli).
Cmq guarda il video che è abbastanza rappresentativo.

E questo è il video (prima di guardarlo procuratevi un po’ di Maalox)

Questo è accaduto a Tel Aviv, ma la questione non è Tel Aviv, la questione sono i pacifisti. Se andiamo a vedere in azione i pacifisti antifascisti buonisti eccetera eccetera a Roma Milano Parigi Londra New York o Trebaseleghe, vediamo esattamente le stesse identiche cose. Perché loro sono fatti così: a fare i pacifisti, se non sono pronti a menare le mani, non ce li vogliono.

D’altra parte chi è più amante della pace e delle buone cause di quelli dell’ISM? ISM

barbara

DALLA VOSTRA INVIATA SPECIALE A GINEVRA

Eravamo tanti. Eravamo belli. Eravamo variopinti (in tutti i sensi). Eravamo emozionati e commossi. Eravamo felici di essere lì, a testimoniare, con la nostra presenza, in favore della verità e della giustizia: in favore di Israele (e possiamo aggiungere, con orgoglio, che noi dall’Italia eravamo circa la metà di tutti i presenti).
Ginevra 1
Ginevra 2
Ginevra 3
Ginevra 4
Ginevra 5
Ginevra 6
Ginevra 7
Ginevra 8
Dal palco hanno parlato (brevemente, perché tutti coloro che sono intervenuti lo hanno fanno per portare la propria testimonianza e il proprio contributo, non per sbrodolarsi addosso e farsi pubblicità), vari personaggi, fra i quali voglio ricordare lui,
Ginevra 9
il colonnello Richard Kemp, che ci ha ricordato una verità tanto ovvia ed evidente quanto volutamente ignorata: quelli di Hamas sono criminali, sono assassini, sono terroristi, ma non sono scemi; Hamas non pensa minimamente di poter, con le proprie azioni, non dico distruggere, ma neppure indebolire Israele. L’obiettivo dei suoi missili, dei suoi attentati, dei suoi tunnel è quello, non meramente tattico bensì strategico, di costringere Israele a reagire e, inevitabilmente, visti i metodi messi in atto da Hamas stesso, uccidere civili palestinesi; fatto questo, a indebolire Israele provvederà poi il mondo intero, come sta effettivamente facendo, Onu in testa.
E ha parlato lei,
Ginevra 10
Adela Raemer, madre e nonna che vive al confine con Gaza, e ha cercato di far capire a noi che viviamo sicuri nelle nostre tiepide case, che cosa significhi vivere, e soprattutto far vivere i bambini, in quelle condizioni, subire un quotidiano bombardamento di missili, con pochissimi secondi per scappare nei rifugi, e non sempre quei pochi secondi sono sufficienti (e forse, grazie ai due panzer d’assalto di Over the Rainbow di Torino e Milano, Emanuel Segre Amar ed Eyal Mizrahi, dopo i moadim di settembre riusciremo ad averla anche in Italia, nelle due città in questione).
Ed è venuto anche lui,
Ginevra 11
che tanto per cominciare ci ha fatto ammirare il suo splendido inglese, decisamente lontano da quello che altri personaggi nostrani ci avevano a suo tempo propinato. E poi… cosa faccio, lo dico? O forse è meglio che lasci perdere… Vabbè dai, lo dico: quando ha parlato lui ho pianto, ecco. Ma proprio pianto per bene. E non solo io. Sentire, con quella sua parlata sanguigna, “perché Israele è un atto d’amore nella forma nazionale che ha assunto nella  storia e della sua legittimazione politica e costituzionale. Israele è un atto d’amore verso la gioia di vivere e verso il futuro ed un atto di sopravvivenza all’interno di una grande tradizione…” Israele è un atto d’amore: ecco, in queste poche, apparentemente semplici parole, c’è tutta l’essenza di Israele, ed è per questo che ci toccano le nostre corde più profonde.
E qui è quando tutti insieme, alla fine, loro
Ginevra 12
e noi,
Ginevra 13
abbiamo cantato HaTikvah.

Poi, a margine di tutto questo, è anche successa una cosa un tantino spiacevole, ma qui non se ne parlerà, perché i panni sporchi, dopotutto, si lavano in casa.
E poi è anche successo che a Ivrea uno degli autobus provenienti da Milano è dovuto uscire dall’autostrada per entrare nell’adiacente parcheggio a raccattare su diciannove partecipanti torinesi perché il signore e padrone di Italia-Israele di Torino si è rifiutato di far salire sui “suoi” autobus quelli di Over the Rainbow (perché dopotutto c’è un limite alla quantità di sporcizia che si può essere disposti a tenere nascosta in casa).

E questa è la vostra inviata speciale, per l’occasione ribattezzata “Titti”,
inviata 1
e questa è sempre lei,
inviata 2
la suddetta inviata speciale, insieme a un’amica preziosa e sollecita (soprattutto per la mia stramaledetta sciatica che, per quanto imbottita di cortisone e antidolorifici, è stata un’autentica tortura per tutta la giornata. Ma tanto siamo giovani e forti e prima o poi ci riprenderemo)

NOTA: tutte le foto sono di Maurizio Turchet.

barbara

AGGIORNAMENTO: per una migliore documentazione, qui.

RINGRAZI ISRAELE? SEI UN TRADITORE

Un infame, un razzista, indegno di stare fra le persone civili! Questa più o meno la reazione, a una manifestazione contro Assad svoltasi a Londra, a un giovane iracheno presentatosi con una bandierina israeliana e un cartello che diceva: “Un grande grazie a Israele per le cure ai siriani feriti”.
Se siete deboli di stomaco, prima di guardare il video prendetevi un po’ di Maalox.

barbara