E TORNIAMO ALLE COSE SERIE

Cioè alla nostra guerra contro la Russia con cannoni nostri e carne da cannone ucraina. Il post è scandalosamente lungo, ma d’altra parte non si può fare informazione con quattro frasette tipo “Non vedo l’ora di ballare sul cadavere di Putin” come fa la controparte. Quindi armatevi di pazienza e cominciate a leggere.

Un grafico rivelatore sui fondi dei contribuenti statunitensi inviati all’Ucraina nel 2022

A quanto ammonta l’aiuto finanziario degli Stati Uniti al regime di Kiev che agisce come operatore sul campo nella guerra mossa alla Russia?
Quanti sono i dollari dei contribuenti statunitensi che finiscono all’Ucraina, come evidenzia Zero Hedge?
Il grafico sottostante illustra in un video di due minuti l’ammontare totale degli aiuti statunitensi promossi o proposti per l’Ucraina nel 2022, a dieci mesi dall’avvio da parte della Russia di un’operazione militare speciale per smilitarizzare e denazificare il regime di Kiev. 

(Mi raccomando: guardatelo fino alla fine)

Nel video, che negli ultimi giorni è stato ampiamente condiviso, ogni punto rappresenta 100.000 dollari dei contribuenti statunitensi ed è suddiviso in base al tipo di sostegno, con gli aiuti militari (in rosso) che rappresentano di gran lunga la spesa più consistente, specifica Zero Hedge. 
Ancora lo scorso venerdì l’amministrazione Biden ha reso noti altri 275 milioni di dollari in armi ed equipaggiamenti di difesa per l’Ucraina, tra cui in particolare altri sistemi missilistici antiaerei, che verranno forniti tramite l’autorità presidenziale di drawdown, il che significa che il Pentagono preleverà armi dalle proprie scorte per soddisfare il pacchetto.
Per comprendere alcune delle cifre sopra riportate, è importante ricordare che il modo in cui la Casa Bianca annuncia quasi di routine i pacchetti di aiuti può creare confusione. Questi annunci hanno più che altro lo scopo di descrivere come l’amministrazione intende utilizzare il denaro già stanziato dal Congresso. 
Come si vede nel grafico seguente, c’è anche la distinzione chiave tra ciò che è stato proposto e ciò che è già stato promulgato.
I miliardi aggiuntivi “proposti” nel grafico precedente sono stati approvati con la recente approvazione del National Defense Authorization Act per l’anno fiscale 2023.
Prima dell’approvazione del NDAA, “il Congresso ha già approvato 65,9 miliardi di dollari per l’assistenza all’Ucraina attraverso tre distinti pacchetti di finanziamenti supplementari dall’invasione della Russia a febbraio”, secondo Defense News.
“Se il Congresso finanziasse la quarta richiesta, l’importo totale degli aiuti all’Ucraina approvati dai legislatori raggiungerebbe i 104 miliardi di dollari in meno di un anno”. 
Nel frattempo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in una telefonata di domenica, ha “ringraziato” il presidente Joe Biden per “l’assistenza finanziaria e di difesa senza precedenti che gli Stati Uniti forniscono all’Ucraina”, secondo quanto si apprende. Ma nonostante i miliardi inviati e le decine di altri miliardi promessi, ha chiesto di più e ha “sottolineato l’importanza” soprattutto di rafforzare le difese aeree dell’Ucraina. La Casa Bianca starebbe attualmente valutando l’invio di sistemi di difesa antiaerea Patriot, come annunciato ieri dalla CNN, che se approvati segnerebbero una significativa escalation con la Russia.
I repubblicani sono sul piede di guerra e lo scorso novembre hanno polemicamente chiesto alla Casa Bianca se l’Ucraina fosse diventata il “51° Stato degli USA”. 
A tal proposito hanno infatti presentato alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti una risoluzione per realizzare un audit sui mastodontici fondi che il Congresso ha assegnato all’Ucraina. 
La repubblicana Marjorie Taylor Greene aveva affermato: “Dobbiamo controllare ogni dollaro dei contribuenti statunitensi inviato in Ucraina. Gli americani meritano di sapere perché l’ amministrazione Biden e il Congresso sono così interessati a finanziare la sicurezza dei confini dell’Ucraina e non quella del loro Paese”, per poi aggiungere che “il popolo statunitense merita di sapere dove vanno i soldi delle loro tasse guadagnate duramente per una nazione straniera che non è membro della NATO”. 
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il senatore del Kentucky Rand Paul, il quale ritiene che gli Stati Uniti non dovrebbero spendere miliardi per l’assistenza militare all’Ucraina. In un articolo apparso su The Federalist, il senatore ha osservato che l’economia USA non è nelle migliori condizioni e l’assistenza militare e finanziaria al regime di Kiev colpirà ancora più duramente i contribuenti. 
La Redazione de l’AntiDiplomatico, qui, con le immagini dei grafici.Fine modulo

Ma non facciamoci prendere dal complesso di inferiorità: ci siamo anche noi!

Armi italiane in Ucraina. Il “segreto di stato” aggirato dall’annuncio dell’ambasciatore francese a Kiev

Il governo italiano ha posto il segreto di stato sulle nuove armi che verranno inviate in Ucraina. Per fortuna l’ambasciatore francese a Kiev Etienne de Ponsin non è tenuto a rispettare il segreto di stato italiano e ha dichiarato ieri che uno dei due sistemi antiaerei SAMP-T in arrivo in Ucraina sarà inviato dall’Italia.
Il sistema antiaereo SAMP-T è un sofisticatissimo sistema missilistico dal costo (cadauno) di circa 800 milioni di euro (circa 3 ospedali, di primissimo livello) prodotto dalla francese MBDA e dall’italiana Thales Leonardo. Anche gli USA si apprestano ad inviare due sistemi Patriot per dire.
Io spero che qualcuno non abbia la pretesa che se inviamo per esempio armi nucleari all’Ucraina la Russia non ci consideri “non belligeranti” tanto a spararle sarebbero gli ucraini. No, perchè tra i nostri politici “sacchettisti” (riempitori di banconote in sacchette) ci sarebbe qualcuno in grado di sostenerlo.
Del resto, sempre più soldati appartenenti ai Paesi NATO stanno combattendo contro i russi in Ucraina. Si tratti di mercenari o di truppe regolari poco importa. L’Occidente è direttamente coinvolto nel conflitto che, ogni giorno, appare sempre più indirizzato verso l’internazionalizzazione. Il metodo per assuefare l’opinione pubblica europea all’inevitabilità e alla normalità dell’innesco di un conflitto mondiale NATO-Russia è, come al solito, quello della rana bollita.
L’asticella dell’escalation viene alzata gradualmente, poco alla volta, per fare in modo che non ci si accorga di stare irrimediabilmente scivolando nel baratro senza possibilità di ritorno. Spero di sbagliarmi ma l’impressione è che solo un miracolo possa riportare indietro le lancette della Storia. L’obiettivo della NATO è quello di smembrare la Federazione Russa in vari protettorati etnici da porre sotto controllo occidentale. I media europei e americani parlano apertamente di un futuro smembramento della Russia e sono già state pubblicate delle bozze di carte geografiche con la Russia divisa in 6-7 tronconi. La NATO non rinuncerà a questo piano, che coltiva da molti decenni e che, nel 1991, con lo smembramento dell’URSS, è riuscita in parte a realizzare. Il 1991 è stato il primo tempo, il 2022 il secondo. Naturalmente, la NATO ha fatto i conti senza l’oste. Vedremo come andrà a finire…
Giuseppe Masala, qui.

Gli effetti? Eccoli.

Donbass. La lista completa di tutti i massacri con armi NATO sui civili

La NATO ha dato il via libera alla distruzione mirata degli obiettivi civili e degli abitanti delle Repubbliche mediante le sue armi ad alta precisione

Il primo utilizzo dell’Himars MLRS sul territorio del Donbass è stato documentato il 28 giugno nell’insediamento di Pereval’sk (LNR).
Da quel giorno fino al 10 dicembre 2022 (5 mesi), sono stati effettuati un totale di 185 attacchi missilistici dall’Himars MLRS esclusivamente su obiettivi civili:

  • 34 attacchi mirati a obiettivi d’infrastrutture sociali, industriali e civili sul territorio della DNR
  • 151 attacchi mirati a obiettivi d’infrastrutture sociali, industriali e civili sul territorio della LNR:

 L’M-142 “Himars” (High Mobility Artillery Rocket System) è un avanzato sistema di lanciarazzi, dotato di un modulo con sei missili di precisione GMLRS, basato su un camion FMTV da cinque tonnellate dell’esercito americano.
Per l’“Himars” sono stati creati più di 20 tipi di munizioni, il cui raggio di tiro, a seconda del tipo, può variare da 30-80 chilometri in modalità MLRS (Multiple Launch Rocket System ndr.), fino a 300 o più chilometri (missile ATACMS), come tattica operativa di un sistema missilistico (Army Tactical Missile System ndr.).
L’“Himars” appartiene alla classe delle armi ad alta precisione, i missili hanno un sistema di guida inerziale e sono in grado di raggiungere qualsiasi bersaglio alle coordinate trasmesse dal raggruppamento satellitare statunitense.
Secondo i dati dell’intelligence, indirettamente confermati da fughe di notizie nel segmento pubblico ucraino, sul territorio ucraino è presente personale militare straniero, apparentemente per assistenza tecnica. Questi specialisti coordinano l’implementazione delle informazioni di intelligence ricevute dai satelliti e caricano precise coordinate nel software MLRS, oltre a monitorare l’efficacia dell’installazione.
Da fonti accessibili è noto che gli Stati Uniti forniscono all’Ucraina solo: missili unitari HIMARS M30 GMLRS e la sua modifica M30A1, nonché M31 GMLRS.
Il presidente degli Stati Uniti nelle sue dichiarazioni pubbliche sostiene che gli americani presumibilmente non forniranno alle Forze Armate ucraine missili a lungo raggio in grado di raggiungere il territorio della Federazione Russa (per gli Stati Uniti s’intende il territorio prima dell’annessione delle regioni DNR/LNR, Zaporozhye e Kherson) al fine di evitare il coinvolgimento diretto della NATO in un conflitto militare.
Il divieto degli americani all’uso degli “Himars” MLRS in Russia è stato confermato anche dal ministro della Difesa ucraino Reznikov in un’intervista al servizio ucraino della BBC. Funzionari americani affermano che le autorità ucraine hanno dato garanzie che questi sistemi non saranno usati contro il territorio russo.
Il 1° giugno 2022, il presidente degli Stati Uniti ha annunciato la fornitura di un pacchetto di aiuti militari da 700 milioni di dollari all’Ucraina. Era in questo pacchetto che, in particolare, erano inclusi i primi sistemi di razzi a lancio multiplo “Himars”.
Secondo informazioni provenienti da fonti accessibili, al momento sono state consegnate all’Ucraina 20 di queste installazioni.

Chi gestisce il funzionamento dell’Himars MLRS?

Quindi, abbiamo già capito che si tratta di armi NATO ad alta tecnologia che richiedono un addestramento tecnico speciale da parte dei loro operatori. È logico supporre che, come minimo, almeno nella fase iniziale, i militari delle formazioni armate ucraine non possedessero un tale addestramento.
Secondo dati attendibili, gli equipaggi delle installazioni arrivate ????in Ucraina in estate erano composti da militari della NATO in congedo. È inoltre noto che la guida sull’obiettivo, che fornisce un attacco estremamente preciso, viene effettuata utilizzando i satelliti militari statunitensi.
Allo stesso tempo, il gruppo di hacker ucraini “Beregini” ha pubblicato informazioni secondo cui dal 10 ottobre al 23 ottobre, 90 militari delle Forze Armate ucraine sono stati addestrati all’uso in combattimento, al funzionamento e alla riparazione degli “Himars” MLRS nei campi di addestramento della Bundeswehr in Germania.

Cosa si sa della tattica dell’uso degli “Himars” nella zona dell’Operazione Speciale Militare?

Analizzando i fatti sull’uso degli “Himars” MLRS nel territorio del Donbass, si possono fare alcune osservazioni.
Spesso il lavoro  di collocazione è coperto da delle scariche di sistemi più semplici (artiglieria o MLRS di stile sovietico), il cui compito è distrarre ed esaurire la difesa aerea con bersagli “collaterali” al momento del lancio degli “Himars”.
Ad esempio, questo è stato il caso del primo bombardamento sull’edificio dell’Amministrazione del Capo della DNR quando all’inizio il nemico ha sparato due serie di sistemi di artiglieria da 155 mm contro questa posizione e, pochi minuti dopo, i missili “Himars”.
Secondo gli specialisti della difesa aerea, dopo ogni lancio l’installazione viene operativamente spostata in un riparo e il lancio successivo viene effettuato da una posizione diversa.
Di norma, il movimento e il funzionamento degli impianti avviene di notte.
Pertanto, il territorio della Repubblica Popolare di Donetsk è stato attaccato 21 volte di notte, 13 volte di giorno, il territorio della Repubblica Popolare di Lugansk è stato attaccato 81 volte di notte, 70 volte di giorno.
Vi sono tutte le ragioni per ritenere che tali tattiche vengano utilizzate esclusivamente per ridurre al minimo i rischi di distruzione dell’installazione e non per scopi “umanitari”. A riprova di ciò, di seguito presentiamo un impressionante elenco dei fatti documentati, più eclatanti, delle tragiche conseguenze dell’uso degli “Himars” MLRS su infrastrutture sociali, civili, industriali e su infrastrutture critiche.
E nonostante l’Ucraina affermi che tutti i missili “Himars” raggiungono il loro obiettivo distruggendo solo depositi militari, punti di direzione e di ammassamento di uomini ed equipaggiamento dell’esercito russo nel Donbass – la verità è tutt’altra.
Sì, certo, tra gli obiettivi degli “Himars” MLRS ce ne sono di abbastanza selettivi: strutture militari e oggetti convenzionalmente “a doppio uso”: depositi di carburante, strutture del sistema di alimentazione energetica, strutture ferroviarie.
È il momento di ricordare che ad iniziare la guerra contro le infrastrutture critiche, per l’appunto, è stata l’Ucraina. Più precisamente ha continuato. Sono le formazioni armate dell’Ucraina che molto prima dell’inizio dell’operazione di liberazione speciale, precisamente dall’aprile 2014, distruggono intenzionalmente e metodicamente le infrastrutture dell’indomito Donbass con un unico obiettivo: terrore, intimidazione, attuazione di condizioni di vita insopportabili per i civili del Donbass. Per l’ottavo anno, gli abitanti del martoriato Donbass sopravvivono per migliaia di ore senza acqua, gas, riscaldamento e luce.
Considerando l’elevata precisione del sistema “Himars”, l’elenco seguente indica l’uso mirato e indiscriminato di armi, che l’Ucraina dichiara come impiegate per scopi militari.
Ecco l’elenco dei fatti, documentati dagli uffici di rappresentanza della DNR e LNR nel JCCC (Centro Congiunto per il Controllo e il Coordinamento sul cessate il fuoco e la stabilizzazione della linea di demarcazione ndr.) con le tragiche conseguenze dell’uso degli “Himars” MLRS su infrastrutture produttive, sociali, civili e su infrastrutture critiche: 

28 giugno, centro abitato di Pereval’sk (LNR), a seguito del bombardamento non sono state registrate vittime o danni;
4 luglio, centro abitato di Snezhnoe (DNR), sono stati registrati danni all’impresa statale “Snezhnyanskkhimmash”, alla scuola materna n. 6 e n. 2, e ad edifici abitativi;
9 luglio, centro abitato di Alchevsk (LNR), sono stati danneggiati 6 edifici abitativi, l’impresa per lavori di costruzione e d’installazione “Kommunarskstroj”;
10 luglio, centro abitato di Stepano-Krynka (DNR), durante il bombardamento di un centro di volontariato, 7 civili sono stati uccisi e 39 feriti;
12 luglio, centro abitato di  Stakhanov (LNR), a seguito del bombardamento 2 civili sono morti e 2 civili sono rimasti feriti; i vetri di 11 edifici abitativi a più piani, l’asilo “Skazka” e la scuola di specializzazione n. 10 di Stakhanov sono stati danneggiati;
17 luglio, centro abitato di  Alchevsk (LNR), 2 civili sono stati uccisi, 6 edifici abitativi a più piani, un deposito di autobus e filobus e il sanatorio-profilattico “Druzhba” sono stati danneggiati;
24 luglio, centro abitato di  Krasnij Luch (LNR), a seguito dei bombardamenti, l’amministratore dell’hotel “Krasnij Luch” è rimasto ferito, lo stesso hotel “Krasnij Luch” è stato distrutto; 7 edifici abitativi, una farmacia, 4 strutture di vendita al dettaglio, un mercato cittadino, e delle linee elettriche sono state danneggiate;
29 luglio, centro abitato di  Elenovka (DNR), bombardamento su una colonia penale nel villaggio di Elenovska, dove erano detenuti i prigionieri di guerra del battaglione nazionalista “AZOV”, risultato: 47 morti e 74 feriti;
23 agosto, Donetsk (DNR) è stato distrutto un edificio amministrativo;
23 agosto, centro abitato di  Gorskoe (LNR), 4 edifici abitativi, l’edificio del Ministero delle Situazioni di Emergenza e la Casa della Cultura cittadina sono stati distrutti; 28 edifici abitativi, la sottostazione elettrica “Gorskaya” e una farmacia sono rimasti danneggiati;
25 agosto, Donetsk (DNR), è stato registrato un danno al terminal doganale “Donetsk”;
12 settembre, centro abitato di  Dokuchaevsk (DNR), sono stati registrati danni critici alla filiale n. 3 dello Stabilimento “Dokuchaevskij Flux-Dolomite” e alla società “DMZ”;
13 settembre, centro abitato di  Lisichansk (LNR), 2 civili sono stati uccisi e uno è rimasto ferito; 6 edifici abitativi multi-appartamento, una centrale termica e una struttura commerciale sono stati danneggiati;
16 settembre, centro abitato di  Nizhnyaya Duvanka (LNR), la Casa della Cultura e un granaio sono stati distrutti; 5 edifici abitativi, la scuola materna “Zvonochek”, una scuola secondaria, i vigili del fuoco, una farmacia sono rimasti danneggiati;
21 settembre, centro abitato di  Novoajdar (LNR), un civile è stato ucciso e uno è rimasto ferito. Un edificio abitativo, un edificio scolastico, il convitto del College “Novoajdar agro”, un granaio, un magazzino per fertilizzanti e macchine agricole, 8 unità di macchinari agricoli, 2 auto e un camion sono stati distrutti; 4 edifici abitativi sono rimasti danneggiati;
27 settembre, centro abitato di  Bryanka (LNR), 4 civili sono stati uccisi e due sono rimasti feriti, la sezione Bryankovskij dell’impresa statale “Luganskgaz” è stata distrutta; 12 edifici abitativi multi-appartamento, il “Bryankovskij Electromechanical College”, la scuola d’arte per bambini n. 1 e un negozio di alimentari sono rimasti danneggiati;
3 ottobre, Donetsk (DNR), è stato registrato un colpo diretto sul tetto del complesso commerciale “Continent”; la vetrata della sala dell’impresa municipale di controllo del traffico “Donelektroavtotrans”, la farmacia centrale “Ol’viya”, un edificio abitativo multi-appartamento sono rimasti danneggiati;
4 ottobre, centro abitato di  Dokuchaevsk (DNR), sono stati registrati danni alla filiale n. 3 del “DFDK”, a una serie di strutture sociali, e ad edifici abitativi privati ??e multi-appartamento;
16 ottobre, Donetsk (DNR), a seguito dei bombardamenti, 5 civili sono rimasti feriti; un edificio amministrativo, oltre a una serie di negozi e a 4 edifici abitativi multi-appartamento sono rimasti danneggiati;
19 ottobre, centro abitato di  Makeevka (DNR), a seguito dei bombardamenti, sono stati registrati danni ad un edificio privato;
28 ottobre, centro abitato di Pervomaisk (LNR), una ragazza è stata uccisa, un edificio abitativo è stato completamente distrutto, altri 8 edifici abitativi e 3 auto sono rimasti danneggiati;
3 novembre, centro abitato di Gorlovka (DNR), a seguito di un bombardamento sono stati registrati gravi danni agli edifici dell’impresa operativa unitaria statale DNR “Stirol”, una delle principali imprese chimiche della Repubblica impegnata nella produzione di fertilizzanti minerali e di prodotti in polimero;
4 novembre, centro abitato di  Makeevka (DNR), a seguito dei bombardamenti una donna nata nel 1954 è stata uccisa, un uomo nato nel 1954 è rimasto gravemente ferito. Sono stati registrati danni a 4 edifici abitativi;
5 novembre, Donetsk (DNR), sono stati registrati danni multipli ad edifici abitativi e ad infrastrutture civili;
6 novembre, centro abitato di  Stakhanov (LNR), un civile è stato ucciso, 2 edifici abitativi sono stati distrutti e 16 sono rimasti danneggiati, così come la scuola di Stakhanov n. 3, la piscina “Delfin”, una linea elettrica, un gasdotto e un sistema di approvvigionamento idrico sono stati danneggiati;
7 novembre, Donetsk (DNR), è stato registrato un colpo diretto su un edificio amministrativo seguito da un incendio, la vetrata del Hotel “Central” e 2 edifici abitativi sono rimasti danneggiati;
10 novembre, centro abitato di Gorlovka (DNR), a seguito di un bombardamento è stata registrata la distruzione dell’edificio amministrativo della KP “Società di gestione di Gorlovka” e il danneggiamento di un edificio abitativo multi-appartamento;
11 novembre, centro abitato di  Krinichnaya (LNR), 2 dipendenti della miniera “Krinichanskaya” sono stati uccisi, altri 4 civili sono rimasti feriti; le strutture della miniera sono state danneggiate;
11 novembre, centro abitato di  Rozovka (DNR), a seguito di colpi diretti, sono stati registrati gravi danni alla “Scuola secondaria dei minatori del villaggio di Rozovka” e all’editore “Unione culturale-ricreativa”;
11 novembre, centro abitato di  Dokuchaevsk (DNR), sono stati registrati colpi diretti sugli stabilimenti produttivi della filiale n. 3 dello stabilimento “Dokuchaevskij Flux-Dolomite”;
12 novembre, centro abitato di  Stakhanov (LNR), 3 dipendenti di una pasticceria sono rimasti feriti, un ristorante, un club sono stati distrutti e 8 edifici abitativi, un negozio di alimentari e una pasticceria sono stati danneggiati;
12 novembre, centro abitato di  Gorlovka (DNR), a seguito di un bombardamento è stato registrato un colpo diretto al Palazzo della Cultura “Shakhter”, sono stati danneggiati i vetri del “Gorlovka Motor Transport College”, 4 edifici abitativi multi-appartamento e un negozio di alimentari;
16 novembre, centro abitato di  Yasinovataya (DNR), a seguito di un bombardamento sono stati registrati danni alla facciata e alla vetrata del Palazzo della Cultura “Mashinostroitelej”;
16 novembre, centro abitato di  Zimogor’e (LNR), un civile è stato ucciso e 2 sono rimasti feriti. Un edificio abitativo a più piani, i locali industriali del punto di ricezione del grano di Zimogoryevsk, una scuola secondaria intitolata all’Eroe dell’Unione Sovietica I.S. Mal’ko, la scuola materna “Ivushka”, la stazione ferroviaria, e le linee elettriche sono state danneggiate.
17 novembre, centro abitato di  Stakhanov (LNR), 2 civili nati rispettivamente nel 1950 e nel 1951 sono stati uccisi e 3 sono rimasti feriti; un edificio abitativo multi-appartamento è stato distrutto;
18 novembre, centro abitato di  Bryanka (LNR), una donna nata nel 1949 è rimasta ferita; un edificio abitativo multi-appartamento è stato distrutto e 2 danneggiati. Un edificio residenziale e 7 costruzioni annesse sono stati danneggiati, danneggiati anche l’edificio dell’organizzazione pubblica DOSAAF, un gasdotto e una linea elettrica;
20 novembre, centro abitato di  Kremennaya (LNR), 2 edifici abitativi, 4 annessi, 2 negozi e una linea elettrica sono stati danneggiati;
21 novembre, centro abitato di  Alchevsk (LNR), 2 civili sono stati uccisi e uno è rimasto ferito, 2 edifici abitativi sono stati distrutti e 5 sono stati danneggiati;
24 novembre, centro abitato di  Stakhanov (LNR), sono stati distrutti un edificio residenziale, uno studio d’arte per bambini e in parte l’edificio di una società di trasmissione radiofonica, radiocomunicazione e televisione; sono stati danneggiati un edificio residenziale, il cinema “Mir”, un centro culturale e una torretta televisiva e radiofonica;
4 dicembre, centro abitato di Alchevsk (LNR), l’Istituto industriale “DonGTI” (Istituto Tecnico Statale del Donbass ndr.) e il rispettivo convitto sono stati danneggiati;
5 dicembre, centro abitato di Alchevsk (LNR), 7 persone sono state uccise, 27 ferite; il padiglione didattico, il convitto e la biblioteca dell’Istituto Tecnico Statale del Donbass, il ristorante “Krugozor” e 5 edifici abitativi sono rimasti danneggiati;
6 dicembre, centro abitato di Starobel’sk (LNR), 3 dipendenti dell’impresa municipale “Starobelskij Elevator” sono rimasti feriti; magazzini e un impianto di pesatura sono stati danneggiati;
8 dicembre, centro abitato di Pervomajsk (LNR), un edificio abitativo multi-appartamento e due distributori di benzina sono stati danneggiati;
10 dicembre, centro abitato di Svatovo (LNR), danneggiato un collegio scolastico.

Invece di una sintesi, ricordiamo che in una riunione del Consiglio permanente dell’OSCE, la Russia ha già dichiarato che è l’Alleanza e, in particolare, gli Stati Uniti, ad avere la personale responsabilità delle vittime civili, della popolazione e della distruzione delle infrastrutture sociali e civili.
Buyakevich (vice rappresentante permanente della Russia presso l’OSCE ndr.): “Dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale, i militari americani sono stati attivamente coinvolti nella pianificazione e nella effettiva gestione delle ostilità. I rappresentanti ucraini hanno riconosciuto che non un solo colpo, ad esempio, dall’Himars MLRS avviene senza il consenso degli americani. Di recente, questo, infatti, è stato ufficialmente riconosciuto dal Pentagono, a conferma che in Ucraina si trovano truppe americane.
È abbastanza ovvio che i curatori occidentali, che sponsorizzano l’Ucraina per il nono anno e, di fatto, la governano, sono pronti a combattere la Russia esclusivamente sul suolo straniero e fino all’ultimo ucraino, utilizzando i mezzi più sporchi e senza regole, violando tutte le norme del diritto umanitario internazionale, le convenzioni internazionali, che regolano le questioni relative alla condotta della guerra e alla protezione della popolazione civile in tempo di guerra.

Fonte: Centro Congiunto per il Controllo e il Coordinamento sul cessate il fuoco e la stabilizzazione della linea di demarcazione 

Traduzione di Eliseo Bertolasi, qui.

E in attesa che il sole torni a splendere sul nostro fosco futuro

barbara

LORO, COMUNQUE, NON CI BOICOTTANO

e continuano a regalarci di questi spettacoli di inestimabile bellezza

musica di Ennio Morricone per il film 72 metri, immagino ispirato alla vicenda del sottomarino affondato e diventato la tomba dell’intero equipaggio

E infine sboicottiamo il grande, superboicottato, Ciaikovsky con questo delizioso Pas de deux, piccolo anticipo sul balletto che andrò a vedere questa sera a teatro.

Aggiungo questo strepitoso articolo dell’osannatissimo politologo Edward Luttwak del 27 Febbraio 2022

“Putin cadrà”: la rivelazione sulla fine della guerra in Ucraina [giustamente: le religioni coi dogmi sono, appunto, quelle rivelate]

Edward Luttwak prevede che la Russia perderà la guerra a causa dei pochi mezzi di Mosca: sul Cremlino aleggia anche l’ombra di un colpo di stato

Il politologo americano Edward Luttwak ha esposto le sue teorie sulla fine della guerra in Ucraina, spiegando che il cessate il fuoco sarebbe molto vicino. A premere su Vladimir Putin non sarebbero tanto le sanzioni dell’Occidente, quanto problemi strutturali dell’esercito della Russia, troppo poco numeroso e potente per conquistare davvero Kiev e instaurare un nuovo ordine.

Perché la Russia potrebbe perdere la guerra in Ucraina

L’esperto ha dichiarato che i russi “sono destinati a inciampare” in Ucraina. Il numero uno del Cremlino avrebbe dato vita a un’operazione su larga scala senza averne i mezzi. La campagna in Ucraina è destinata a finire molto presto. Vladimir Putin “è stato un bravo giocatore di poker”, ma adesso “sta giocando alla roulette”.
Questo perché da Mosca è partita l’invasione di un Paese più grande della Francia con un “numero bassissimo di truppe”, circa 120 mila. Circa la metà di quelle di cui si è parlato negli scorsi giorni, prima dell’attacco. In un’intervista pubblicata su Il Giorno ha spiegato che la Russia “non può permettersi una guerra di logoramento, lunga, città per città. Non la reggerebbe economicamente e politicamente”.
Per questo molte zone dell’Ucraina non potranno essere, secondo Edward Luttwak, controllate dai russi, che finiranno “per cadere vittime delle imboscate” dei militari locali e addirittura dei civili armati, che sono in possesso di “100 mila fucili” [il superesperto signor Luttwak evidentemente ignora che se sono armati e combattono NON SONO CIVILI, non possono essere considerati tali da nessun punto di vista] e hanno l’appoggio logistico della Nato, e possono dunque contare sulle armi occidentali.

Vladimir Putin cadrà? Lo scenario per porre fine alla guerra

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sarà bloccata, prevede il politologo, su più fronti. Sul campo a opera della resistenza, con il governo di Kiev che potrebbe dirigere le operazioni da Ovest, in esilio. E anche a Mosca, dove gli oligarchi russi, appesantiti dalle sanzioni, potrebbero organizzare un colpo di stato, o comunque deporre Vladimir Putin.
C’è “solo un modo” per fermare la distruzione economica della Russia, ha cinguettato su Twitter. Ovvero “la rimozione di Vladimir Putin da parte di Sergej Naryshkin”, direttore del Servizio di intelligence internazionale russo, “e altri funzionari che si sono opposti alla guerra”. (Qui)

Per favore, qualcuno provveda a informare Putin che è inutile che continui a combattere, perché sono nove mesi e dodici giorni che ha perso la guerra. Sembra anche ignorare, il superesperto signor Luttwak, che c’è, effettivamente qualcuno che potrebbe decidere di estromettere (se ci riesce, beninteso) Putin con la forza: i falchi, che fin dall’inizio continuano a fare pressione su di lui affinché si decida a combattere sul serio e a farla finita una volta per tutte con quella banda di nazisti, e alle cui pressanti richieste Putin sta continuando strenuamente a resistere. Se Putin cade, la guerra la prendono in mano loro, e saranno cazzi acidi per un bel po’ di gente. Caro Luttwak, faccia una bella cosa: vada a cagare.

Nel frattempo ieri, giornata mondiale del calcio dell’Onu…

https://t.me/letteradamosca/10932

barbara

CONTINUANO INESORABILI,

implacabili, insaziabili, i crimini ucraini contro la popolazione civile del Donbass. Ero partita con l’idea di farne una rassegna, ma mi servirebbero almeno dieci ore per metterli insieme e sistemarli, per cui mi limito a questo articolo.

Il centro di Donetsk è quasi completamente crivellato

Da settimane, quasi quotidianamente, le unità ucraine sparano indiscriminatamente contro i distretti Voroshilovsky e Kievsky. I bombardamenti effettuati casualmente non perseguono alcuno scopo militare, poiché i proiettili colpiscono spesso hotel, edifici residenziali, uffici, ospedali, fermate dei trasporti pubblici, un’impresa di pompe funebri, lo stadio Donbass Arena e dintorni e altri oggetti civili come il mercato (colpito due volte, come si vede nel video del reporter Rangeloni).
Gli arrivi di missili e artiglieria si verificano più volte al giorno. Gli attacchi si verificano al mattino, pomeriggio, sera e notte. In qualsiasi momento possono arrivare i razzi Grad MLRS o i proiettili da 155 mm forniti dai paesi occidentali. Nello stesso tempo, è difficile dire che gli artiglieri ucraini stiano mirando in modo specifico. La sensazione è che non ci sia un obiettivo specifico dove i soldati delle Forze Armate dell’Ucraina vogliano colpire. È come se l’ordine fosse di sparare in direzione di Donetsk ma non importi dove i proiettili colpiscano esattamente.
Ad esempio, la notte del 5 dicembre, i proiettili ucraini sono caduti nel distretto di Voroshilovsky. Sono stati danneggiati l’edificio del “salone dei servizi rituali”, locali per uffici all’indirizzo di via Artem 7, così come è stata anche colpita la Chiesa della Natività di Cristo nell’area del centro città vicino al centro commerciale Continent. E la sera del 4 dicembre, le forze armate ucraine hanno nuovamente sparato su Pushkin Boulevard e 25 RKKA Street. Due giorni prima, i militari ucraini avevano già colpito lo stesso posto, poi hanno colpito il negozio di alimentari Moskva. Diversi proiettili da 155 mm sono caduti vicino allo stadio Donbass Arena.
Non c’è dubbio che i combattimenti continueranno l’anno prossimo. Donetsk rimarrà ovviamente nella zona di distruzione dell’artiglieria delle Forze armate ucraine, e gli scontri vicino alla città continueranno, ma è probabile che la linea del fronte inizi ancora a cambiare, ma molto probabilmente ciò accadrà dopo le Vacanze di Capodanno.
Non è noto quanto durerà Donetsk in questo stato. Dubito che i bombardamenti si fermeranno nel prossimo futuro, dal momento che le unità ucraine sono ancora vicine alla città e ci sono modi per colpire non solo nel centro della capitale della DPR, ma anche nella parte posteriore profonda dell’ex confine con la Federazione Russa. Di conseguenza, non sarà sufficiente riconquistare gli insediamenti adiacenti a Donetsk dalle forze armate ucraine, l’esercito ucraino sarà comunque in grado di colpire la DPR sfruttando i lanciarazzi occidentali.
Al momento, le battaglie principali si stanno svolgendo intorno ad Artemovsk. Le forze armate ucraine non sono ancora circondate, i militanti ucraini possono continuare a fornire al loro gruppo tutto ciò di cui hanno bisogno e la città sta diventando sempre più simile a Mariupol, ma Artyomovsk non può essere presa così rapidamente come la città portuale, a causa di 8 anni di opere di trinceramento e fortificazione. Inoltre, sono in corso scontri a Maryinka e nelle vicinanze di Avdiivka, da dove le forze armate ucraine sparano più spesso su Donetsk. Ma è troppo presto per dire che questi insediamenti saranno presto liberati.
Una soluzione negoziale del conflitto continua ad essere scartata categoricamente da parte occidentale. Il presidente Macron che nel recente viaggio negli USA ha incontrato Biden ed ha ottenuto piccole aperture, è fortemente ostacolato dalla dirigenza europea ed ha ricevuto le critiche di Kiev.

La verità sparisce dai radar, se la cronaca diventa teologia

Ricordo che il contributo più grande che tutti noi possiamo dare per la pace, è informarci. Ovvero esercitare la nostra libertà di giudizio. Perciò riporto una citazione di un pezzo di Giorgio Cattaneo, “Teologia della guerra, ieri come oggi” che mi sembra significativo:

“Più ancora che i missili, a spaventare – francamente – è il non-pensiero che sovrasta ogni possibile disamina, ogni sguardo proteso ad esplorare aspetti necessariamente sfaccettati della realtà, in cui – come sappiamo – le responsabilità degli eventi storici sono sempre largamente distribuite. Qualsiasi essere umano non può che ripudiare il ricorso alla guerra: che può essere eventualmente comprensibile, ma mai giustificabile. Eppure: piuttosto che sforzarsi di comprendere, per poi disinnescare i conflitti, si preferisce criminalizzare la controparte, fino a demonizzarla. Ed è proprio qui che sembra riaffiorare una tentazione antica: travisare la “testualità” fattuale della storia e sostituirla con una sorta di distorsione quasi teologica, un’interpretazione sommaria e basata su una narrazione invariabilmente unilaterale, spesso minacciosa, sempre restia a confrontarsi con l’altrui verità“.

VPNews

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nota a margine: siccome la conoscenza dei fatti è fondamentale, per vedere in modo specifico cosa succede a Donetsk, consiglio i reportage di Rangeloni che trovate su Youtube (vedi qui) o su Telegram (vedi qui). Per quanto riguarda la cronaca della parte ucraina, questa è riportata molto efficacemente dai grandi media, anche se spesso inquinata dalla propaganda di guerra.
Patrizio Ricci, qui.

Aggiungo un paio di cose di alcuni giorni fa.

FUCILAZIONI – La Russia non ha ancora ricevuto alcuna risposta dagli organismi internazionali per i diritti umani rispetto all’esecuzione di prigionieri di guerra russi da parte dei soldati ucraini. Lo ha sottolineato Gennady Gatilov, rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite a Ginevra. “Aspettiamo di vedere come valuteranno gli appelli e le note che abbiamo inviato. Finora non abbiamo ricevuto alcuna risposta”. (Qui)

KIEV – Manifestazione a Kiev dei parenti dei soldati ucraini che risultano ufficialmente “dispersi”. I parenti chiedono notizie, sospettando che i “dispersi” siano in realtà morti ma che le autorità, nel tentativo di rendere meno pesante il bilancio delle operazioni, non vogliano dichiararlo.

https://t.me/letteradamosca/10511

ATTENZIONE IMMAGINI IMPRESSIONANTI – Dopo le sollecitazioni di parte russa (https://t.me/letteradamosca/10509), e una settimana dopo, le Nazioni Unite hanno reagito alla fucilazione dei prigionieri russi da parte degli ucraini e hanno chiesto un’indagine sui fatti. L’Alto Commissario per i diritti umani Volker Türk ha detto che le circostanze dell’esecuzione dei soldati russi a Makiivka dovrebbero essere indagate e i responsabili puniti. Türk inoltre ha affermato di ritenere che le immagini dell’esecuzione siano autentiche. La missione di monitoraggio delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani è giunta alla stessa conclusione, ha osservato. E in precedenza, anche il New York Times aveva scritto di ritenere autentico il video.

https://t.me/letteradamosca/10516

UCRAINA – A Vinniza la strada prima intitolata al grande scrittore russo Lev Tolstoj è stata reintitolato a Stepan Bandera (foto), leader del movimento nazionalista ucraino e collaboratore delle SS.

https://t.me/letteradamosca/10526

Qui la prova che l’Ucraina sta vincendo la guerra e la Russia è ormai in ginocchio

Qui.

https://t.me/letteradamosca/10494

E infine un emulo di John Lennon

Qui.

Loro, comunque, non ci boicottano!

barbara

VITA DI UN TRANQUILLO VILLAGGIO DEL DONBASS

A essere in vena di citazioni, verrebbe voglia di titolare “Pomeriggio di un giorno da cani”, ma non puoi, perché qui è mattina pomeriggio sera notte, tutti i giorni, da otto anni, anzi ormai un po’ di più.

Il video precedente è dell’altro ieri, in quello che segue la prima parte è di ieri mentre la seconda parte riprende quello dell’altro ieri, quindi non avete bisogno di riguardarlo.

Come si può vedere, più la guerra si mette male, più si accaniscono sui civili del Donbass, come se avessero paura di non fare in tempo ad ammazzarne abbastanza prima che la guerra finisca, esattamente come i nazisti con gli ebrei verso la fine della guerra quando ormai era chiaro che di speranze di vincerla non ce n’erano più e che il tempo era agli sgoccioli.
Poi voglio mostrarvi questa foto, commentata dal solito micidiale “Osho”,

nella quale vedo due elementi particolarmente degni di attenzione:
1) tre signori in completo blu, camicia bianca, cravatta, scarpe nere di pelle ben lucidate, essendo tre primi ministri in visita a un capo di stato, e un buzzurro in pantaloni e maglietta simil-militari e scarpe da ginnastica perché “lui sta combattendo”. E miracolo che non si è messo anche il giubbetto antiproiettile e l’elmetto.
2) Draghi guarda Zelensky a cui sta stringendo la mano. Zelensky guarda Draghi a cui sta stringendo la mano. Scholz guarda Draghi e Zelensky che si stanno stringendo la mano. La guardia del corpo guarda i quattro della cui sicurezza è responsabile. Cicciobello, con la giacchettina (sbottonata) da Cicciobello e in posa da Cicciobello guarda in camera con un radioso sorriso da Cicciobello.
Quanto a voi, se per caso stesse cominciando a venirvi a noia quel disco da cui state ascoltando sempre la stessa strofa, non avete che una cosa da fare: girarlo.

barbara

HANNO OCCHI E NON VEDONO, HANNO ORECCHI E NON ODONO

E qualunque cosa gli si metta davanti, continueranno e non vedere e non sentire. Mi viene in mente un’amica che a ogni attentato particolarmente feroce in Israele diceva: stavolta non possono non capire, stavolta devono vedere di chi è la colpa. E invece no, non capivano, non vedevano, non si accorgevano. Zero. E ricordo Lamberto Dini che dopo l’attentato del Dolphinarium, il primo giugno 2001, mentre gli israeliani erano ancora intenti a raccattare brandelli di carne e pezzi di cervello dei ragazzini fatti a pezzi spiaccicati su per muri, marciapiedi, finestrini di automobili, invitava entrambe le parti alla moderazione. Questi qui di oggi sono se possibile ancora peggio: questi armano chi da otto anni massacra e bombarda civili innocenti (oltre il 10% dei morti sono bambini) e intimano lo stop alla controparte. Ma veniamo agli ultimi fatti. Per cominciare vi affido al nostro Vittorio Rangeloni che vi porta a vedere l’ospedale pediatrico bombardato

Poi a Patrick Lancaster che vi ci porta dentro, nel rifugio in cui sono ammassate 200 donne tra puerpere coi bambini e prossime partorienti.

E infine ancora  a Lancaster per il  bombardamento successivo.

Anche chi non dovesse cavarsela troppo bene con l’inglese, potrà notare che quando i suoi interlocutori dicono che a bombardarli sono gli ucraini, regolarmente lui spiega che in America e in Europa dicono che a fare questo sono i russi, e la reazione degli interpellati è sempre la stessa, identica per tutti.

A proposito di Lamberto Dini, ho ripescato questo mio post di sedici anni e mezzo fa, che contiene diversi spunti interessanti.

Sul Corriere della Sera di oggi Gianna Fregonara un po’ intervista e un po’ racconta Lamberto Dini, l’uomo che possiede la risposta a tutte le domande. Innanzitutto Dini non crede che siano risolutivi «atti unilaterali da parte degli Stati Uniti o di Israele dopo le odiose dichiarazioni del presidente iraniano». Anzi, è convinto che chiedere sanzioni all’Iran da parte del Consiglio di Sicurezza «rischierebbe di spaccare la comunità internazionale di fronte a un problema così complicato come è l’Iran di Ahmadinejad». Lamberto Dini è un pragmatico, ci spiega la signora Fregonara, e ha sempre perseguito la via del dialogo con i Paesi islamici del Medio Oriente, ed è convinto che anche oggi il dialogo rimanga la migliore via d’uscita: e fin qui siamo nel campo delle opinioni, balorde finché si vuole, pericolose, quando a nutrirle è persona con responsabilità di governo, finché si vuole, ma pur sempre opinioni. Poi però il signor Dini pretende di passare ai dati di fatto: «Quando cominciammo la collaborazione economica c’era Khatami che pubblicamente riconosceva l’esistenza dello Stato di Israele e si dichiarava disposto ad accettare una pace purché andasse bene ai palestinesi» e qui non ci siamo proprio, perché il nostro, a quanto pare, ignora che Khatami, esattamente come Ahmadinejad, non ha mai pronunciato la parola Israele, ha continuato a costruire il nucleare, ha sempre scritto sui missili delle parate militari che erano destinati a Israele, ha sempre finanziato i gruppi terroristici attivi in Israele. E che dire di quando a Roma, durante una conferenza stampa, si rifiutò di rispondere a una domanda di un giornalista perché israeliano? A questo poi va aggiunto che il vero padrone dell’Iran, oggi con Ahmadinejad come ieri con Khatami, è Khamenei, la Suprema guida, e Khamenei si è sempre detto favorevole all’eliminazione di Israele e ha detto più volte che quando avranno i missili nucleari li utilizzeranno, perché se anche Israele dovesse rispondere, varrebbe comunque la pena di perdere milioni di vite islamiche in cambio della fine dello Stato di Israele. Ma di tutto questo il nostro lungimirante ex ministro degli Esteri non ha mai avuto sentore, e dunque «Abbiamo fatto un grande sforzo anche a livello di Unione Europea di convincere il governo iraniano che va bene il nucleare civile ma non hanno alcuna necessità di sviluppare ordigni nucleari. Abbiamo avuto alterni successi» anche se, bontà sua, «il dubbio sulle reali intenzioni dell’Iran non è mai cessato». Ciononostante «Durante i governi del centrosinistra i rapporti con l’amministrazione del presidente Khatami incrementarono i rapporti economici […] Finanziammo molti progetti per le infrastrutture […]». Ma adesso che Ahmadinejad ha detto quello che ha detto e nessuno si può più permettere di chiudere gli occhi, qual è la soluzione? Niente paura, all’immarcescibile la risposta non manca: «Se le parole di Ahmadinejad sono sconcertanti e tali da generare forti tensioni in Medio Oriente e nei rapporti con l’Europa e gli Usa, porre sanzioni potrebbe essere più pericoloso delle parole del presidente iraniano». Chiaro, no? E vediamo come si sia costruito quell’abito di “pragmatico” che la signora Fregonara gli attribuisce. Vi ricordate Camp David, luglio 2000? Già allora oltre il 90% della popolazione palestinese di Gaza e Cisgiordania viveva sotto amministrazione palestinese e non più sotto occupazione israeliana, e in quell’occasione Israele aveva proposto la consegna del 97% del territorio palestinese, la compensazione del 3% mancante con territori israeliani più densamente popolati da arabi e Gerusalemme est come capitale. La risposta di Arafat, come sappiamo, era stata la guerra. E che cosa suggerisce il nostro per uscire da questa situazione? Israele sta sbagliando tutto, dice: dovrebbe smettere di combattere e fare qualche proposta concreta. Vi ricordate l’attentato alla discoteca “Delfinario” di Tel Aviv, brandelli di ragazzini di tredici quattordici anni spiaccicati su per i muri? L’attentato è stato «un’atroce manifestazione di odio» scrive Dini nel suo messaggio di condoglianze al suo omologo israeliano Shimon Peres. E ora «È necessario un coraggioso e lungimirante sforzo da entrambe le parti in causa, per porre fine alla spirale di lutto e violenza, frutto di fanatismo ed esasperazione». E un anno più tardi, in un’intervista al Corriere: «Il governo Sharon sbaglia se pensa di mettere fine agli attacchi suicidi con la forza e l’occupazione militare. Finché i carri armati israeliani continuano a distruggere uomini, cose e infrastrutture, finché continuano a bruciare il futuro dei palestinesi, gli attacchi continueranno e potrebbero intensificarsi anche al di fuori della regione»Peccato che quando l’ondata di attentati era cominciata non ci fossero né carri armati, né occupazione. Anche in quel caso l’ineffabile aveva la soluzione pronta: «Una conferenza internazionale guidata da Usa, Europa e Russia, come a Oslo [che ha portato a un’impennata del terrorismo]. Alla presenza degli Stati arabi dovrà fissare confini sicuri per Israele e creare uno Stato palestinese, con regole che ne garantiscano il rispetto». Assolutamente perfetto: peccato che questo sia esattamente ciò che le risoluzioni Onu 242 e 338 chiedevano già dal tempo delle guerre dei Sei giorni e del Kippur, e che gli arabi le abbiano categoricamente respinte. E bisogna inoltre «ripartire dall’ultima risoluzione dell’Onu e dal piano di pace del principe saudita Abdallah, approvato all’unanimità da tutti i Paesi arabi». Assolutamente perfetto anche questo: peccato solo che fosse esattamente ciò che era stato proposto a Camp David, e che Arafat aveva rifiutato. Risparmio il resto dell’intervista, perché qualcuno potrebbe non avere una sufficiente scorta di Maalox sottomano, e aggiungo solo un’ultima perla: «Israele non ha mai fatto una proposta di pace». Ecco: questo è l’uomo che oggi ci offre la propria sapienza per risolvere la crisi iraniana.

E, a proposito di sanzioni: come mai a nessuno sono venute in mente negli otto ani in cui L’Ucraina massacrava e bombardava gli abitanti del Donbass?

E poi, quando gli anni saranno passati, e i capelli imbiancati, e le forze disperse…

barbara

SGRANOCCHIANDO PISTACCHI 2

Sgranocchiando pistacchi è un post di tre anni e mezzo fa che ne riprendeva uno scritto tredici anni prima (guardatelo, non prende più di due minuti, e serve per capire quello che segue). E dunque, abbiamo continuato a sgranocchiare pistacchi mentre, per un intero quarto di secolo, la NATO violava tutti gli impegni formalmente presi. Abbiamo continuato a sgranocchiare pistacchi mentre Putin, periodicamente, avvisava che si stavano pericolosamente avvicinando a quella linea rossa che la Russia non si poteva permettere di lasciar loro oltrepassare – e quando da un pezzo avevano superato quella che fin dall’inizio Biden aveva indicato come estremamente pericolosa e foriera di tempeste. Abbiamo continuato a sgranocchiare pistacchi quando, per otto anni, il Donbass veniva bombardato, devastato, massacrato.  E abbiamo continuato a sgranocchiare pistacchi mentre in quella “democrazia” per la quale oggi ci si strappano le vesti

Beatrice Carpenito

BREVE STORIA TRISTE :

Il 9 maggio in Ucraina si festeggiava la giornata della “Liberazione dal Nazismo”, era l’equivalente del nostro 25 aprile. Per tradizione, tutti i “veterani” scendevano in piazza, assieme alle famiglie e sfilavano in divisa, con le proprie bandiere, i propri simboli ed in mano le foto dei compagni e dei parenti caduti nella guerra di liberazione contro i Nazifascisti.
Dal 2015 questa ricorrenza è severamente vietata, perché considerata “fortemente divisiva”, in quell’anno il Parlamento ucraino ha infatti emanato una legge che, oltre a prevedere la cancellazione del 9 maggio come “festa della Vittoria”, ha vietato anche l’attività del partito comunista e l’uso di simboli comunisti in Ucraina.
Da quel momento in poi è stato impedito con la forza dalla polizia (con la collaborazione dei militanti ultranazionalisti “pro-ucraina”) ai veterani di andare in piazza con simboli e bandiere . Qualsiasi tentativo di scendere in strada, nonostante il divieto, è stato duramente represso. Da quel momento la festa ha cambiato nome, ora si chiama festa “della memoria e della riconciliazione” (sic).
A partire dal 1 gennaio 2019, il parlamento di Kiev ha invece deciso di celebrare ufficialmente il compleanno di Stepan Bandera, leader dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (Oun) e stretto collaboratore dei nazisti. Bandera aveva guidato l’Oun dal 1941 al 1956.
Durante la Seconda guerra mondiale l’Oun (attraverso il suo braccio militare, l’Upa) aveva partecipato, assieme ai tedeschi, alle operazioni di guerra contro l’unione sovietica e, a partire dal febbraio del 1943, aveva cominciato ad aggredire militarmente anche la popolazione civile soprattutto nella zona dell’oblast di Volyn’, attaccando tutti i villaggi e sterminando oltre centomila persone (in maggioranza donne, bambini e anziani polacchi) in una sorta di vera e propria azione pianificata di pulizia etnica. Dopo la liberazione aveva continuato a combattere contro i soldati dell’Armata rossa e l’attività delle divisioni dell’Oun-Upa era cessata formalmente il 3 settembre 1949, ma piccoli gruppi indipendenti rimasero attivi fino all’inizio del 1956.
In Polonia Bandera è considerato un criminale di guerra, nel 2016 il parlamento polacco ha emanato una disposizione in cui i crimini dell’Oun vengono riconosciuti come genocidio.
A dispetto di quanto sopra, a partire dal gennaio 2019, Stepan Bandera, viene solennemente commemorato, con tanto di benedizione da parte del capo di Stato ucraino, in occasione della festa a lui dedicata nel giorno della sua nascita. Nella risoluzione del parlamento ucraino che la istituisce si legge: “Stepan Bandera fu figura di rilievo e teorico del movimento di liberazione”. È considerato eroe nazionale ucraino.

Poi un bel giorno, prima che quell’ultima linea rossa venisse superata, Putin ha detto basta, e improvvisamente i pistacchi sono finiti. Solo quelli di una marca, però. Perché mentre i nostri mass media e social uniti come un sol uomo ci raccontano dell’eroica resistenza all’invasore del popolo ucraino con le armi che gli abbiamo generosamente fornito,

Julia Samarina

Ukrainian army is still bombing Donbass heavily as Ukrainian Army was going to attack Donbass in the beginning of March in a very special way, they’ve congregated the largest part of Ukrainian Army over there to kill everybody in Donbass, but Russian Army has prevented that – although Ukrainian army is still bombing it is nearly in a circle and doesn’t want to let civilians go to defend itself and continue bombing. That’s a kind of last evil to bomb everything in this region before the end.

e anche questo (continuando a sgranocchiare pistacchi).

Vi invito ora a guardare questo video, che probabilmente avrete già visto (qui articolo con riflessione)

Ora, vedendo questo video che, se non sapessimo che si tratta di propaganda, potremmo benissimo prendere per un vero bombardamento su Parigi, e avendo visto decine di immagini e video che pretendono di raccontare le distruzioni perpetrare dall’esercito russo in Ucraina e che sono in realtà fotomontaggi, videogiochi o immagini rubate da altri scenari, quale strana follia dovrebbe indurci a credere che tutte le immagini e tutti i filmati che ci vengono quotidianamente ammanniti siano autentici?

Spostando leggermente il bersaglio, leggo anatemi e parole di fuoco contro Luciano Canfora. Luciano Canfora non l’ho mai frequentato, il suo nome è l’unica cosa che conosco di lui, ne ignoro posizioni, opinioni e parte politica. Adesso ho letto l’intervista incriminata e, perplessa, continuo a chiedermi: che cosa c’è in questa intervista che non va?

“Zelensky salito al potere con un colpo di Stato, guerra è tra Russia e Nato”, intervista a Luciano Canfora

Una voce fuori dal coro. Per “vocazione”. Controcorrente, anche quando sa che le sue considerazioni si scontrano con una narrazione consolidata, mainstream. Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni), è così. Sempre stimolante, comunque la si pensi. E le sue riflessioni sulla guerra d’Ucraina ne sono una conferma.

Professor Canfora, in queste drammatiche settimane, in molti si sono cimentati nel definire ciò che sta avvenendo ad Est. Qual è la sua di definizione?
Punto uno, è un conflitto tra potenze. È inutile cercare di inchiodare sull’ideologia i buoni e i cattivi, le democrazie e i regimi autocratici… Ciò che sfugge è che il vero conflitto è tra la Russia e la Nato. Per interposta Ucraina. Che si è resa pedina di un gioco più grande. Un gioco che non è iniziato avanti ieri ma è cominciato almeno dal 2014, dopo il colpo di Stato a Kiev che cacciò Yanukovich. È una guerra tra potenze. Quando i vari giornaletti e giornalistucoli dicono ecco gli ex comunisti che si schierano… Una delle solite idiozie della nostra stampa. Io rivendico il diritto di dire che le potenze in lotta sono entrambe lontane dalla mia posizione e dalle mie scelte, perché le potenze in lotta fanno ciascuna il loro mestiere. E né gli uni né gli altri sono apprezzabili. Nascondere le responsabilità degli uni a favore degli altri è un gesto, per essere un po’ generosi, perlomeno anti-scientifico.

C’è chi sostiene che per Putin la vera minaccia non era tanto l’ingresso dell’Ucraina nella Nato o la sua adesione all’Ue, quanto il sistema democratico che in quel Paese ai confini con la Russia si stava sperimentando. Lei come la pensa?
Usiamo un verso del sommo Leopardi: “Non so se il riso o la pietà prevale” dinanzi a schemi di questo tipo…

Dalla poesia alla prosa…
Se dobbiamo ritenere che sia democratico chi arriva al potere dopo un colpo di Stato, perché quando in Ucraina fu cacciato il governo in carica quello era un golpe, come quello di al-Sisi in Egitto contro i Fratelli Musulmani. Ognuno è libero di dire le sciocchezze che vuole ma adoperare queste categorie per salvarsi la coscienza, è cosa poco seria. Il figlio di Biden è in affari con Zelensky. Zelensky è un signore che dice di voler combattere per degli ideali, ma questi ideali hanno anche dei risvolti meno idealistici…

Vale a dire?
Il Guardian, non la Pravda, nell’ottobre del 2021 fece un ritratto di Zelensky, dal punto di vista affaristico, molto pesante. Incitiamo i nostri simpatici gazzettieri ad andarsi a leggere il Guardian dell’anno passato per avere un ritratto realistico di Zelensky. Dopodiché non mi scandalizzo, perché quando si usano le parole libertà e democrazia c’è odore di propaganda lontano un miglio. O parliamo seriamente o facciamo propaganda. La propaganda peraltro è cosa molto seria, basta non crederci.

C’è chi accusa la Russia di disinformatia…
Beh, anche il nostro apparato informativo è spaventoso, da quel punto di vista lì. Non ho nessuna tenerezza per la disinformatia russa, però lo spettacolo della nostra stampa, cartacea e televisiva, è peggio del Minculpop. A confronto il Minculpop è un’Accademia dell’Arcadia. Una stampa con l’elmetto, in cui dalla mattina alla sera non si fa altro che blaterare, urlare, protestare, piangere, sentenziare, per creare una psicosi di massa. Devo confessarle che nonostante ne abbia viste tante in vita mia, sono rimasto piuttosto stupito di cotanta prontezza, che fa pensare ad a ordini precisi, con cui la stampa si sia messa l’elmetto. Una cosa francamente penosa. Anche nella psicologia diffusa. Le racconto questa: l’altro ieri ho incontrato un tizio per la strada che mi ferma e mi dice: “Professore, ma lei cosa pensa di quel pazzo di Putin?”. “Qualche responsabilità c’è anche dall’altra parte”, gli rispondo. “Ah”, dice, “ma allora lei la pensa come me”. Questo è un episodio emblematico. Siamo arrivati all’autocensura per timore di scoprirsi. Come durante il fascismo, quando si diceva ma allora anche Lei è contro… Siamo ridotti a questo. Lanciamo almeno un campanello d’allarme affinché la stampa ridivenga dignitosa. Se ce la fa.

I pacifisti che hanno manifestato sabato scorso a Roma, sono stati additati da più parti come dei “filo-Putin”…
È maccartismo puro. Non mi stupisce questo, una volta si diceva sono pagati per questo. È talmente in malafede dire una cosa del genere che non merita neanche un’argomentazione complessa. Perché rivela da sé la natura maccartistica, persecutoria, isterica, di falsa coscienza di una tale valutazione. È chiaro che tutti auspichiamo che si torni a una vera situazione pacifica. Ma ricordiamoci il passato, però…

Ricordiamolo, professore.
Gorbaciov auspicò la Casa comune europea. E fu respinto. Aggiungiamo anche che dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, nacque la Comunità degli Stati Indipendenti, di cui facevano parte l’Ucraina, i Paesi baltici, l’Asia centrale russa, la Georgia. La Comunità degli Stati Indipendenti è un concetto. Comunità vuol dire qualche cosa. Se tu dopo un colpo di Stato, quello del 2014, cominci a chiedere di entrare nella Nato, stai disattendendo un impegno preso non molti anni prima. Ci vuole una Conferenza per la sicurezza europea. Una via di uscita. Se esistesse l’Unione Europea, che purtroppo non esiste, la soluzione sarebbe quella di prendere una iniziativa per una Conferenza per la sicurezza in Europa. Di cui gli Stati Uniti non fanno parte. Invece l’Europa è ingabbiata dentro la Nato il cui vertice politico e militare sta negli Stati Uniti. Il comandante generale della Nato per statuto deve essere un generale americano. Il segretario generale della Nato per entrare in carica, anche se si chiama Stoltenberg ed è norvegese, deve avere il placet del governo degli Stati Uniti. Imbavagliati così, balbetteremo sempre.

In queste settimane di guerra, ci si è molto esercitati nella decodificazione dei vari discorsi pronunciati da Putin, nei quali il presidente russo ha evocato la Grande Guerra Patriottica, la Madre Terra Russia, il panrussismo etc. Da storico: non c’è da temere quando un politico, soprattutto se questo politico ha in mano una potenza nucleare, sembra voler riscrivere la Storia?
Questo mi pare evidente. Solo che il paragone storico più calzante sarebbe un altro…

Quale?
Quello che un ottimo studioso italiano, Gian Enrico Rusconi, quando la Nato si affrettò a disintegrare la Jugoslavia, intitolò un suo libro, un bel libro, a riguardo Rischio 1914. Ci siamo dimenticati che dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, la Nato ha voluto, pezzo a pezzo, mangiarsi lo spazio intermedio fino ai confini della Russia? E il primo ostacolo era la Jugoslavia. E quando ci fu la secessione della Croazia, analoga se vogliamo alla secessione del Donbass, il primo a riconoscere il governo croato fu il Papa e il secondo fu il governo federale tedesco. E tutti applaudivano. La secessione della Croazia era un gioiello, una bellezza. Adesso la secessione del Donbass è un crimine. Rischio 1914. Lo dico con allarme. Sul Corriere della Sera, una voce sensata, quella di Franco Venturini, dice: ma ci rendiamo conto che Zelensky sta continuando a chiedere l’intervento militare della Nato, cioè vuole la Terza guerra mondiale…Ce ne rendiamo conto o no?

Lei come giudica la decisione del governo italiano di inviare equipaggiamenti militari all’Ucraina?
L’Unione europea, che purtroppo non esiste, avrebbe dovuto avere una politica unica su questo come su altri terreni. È piuttosto sconcertante e politicamente sbagliato che ognuno vada per conto suo. Nel caso particolare l’Italia vuole fare la prima della classe. Spero che si mantenga entro limiti accettabili per la controparte, stante che noi abbiamo in casa le basi Nato. Se continuiamo a scherzare col fuoco, facciamo quello che Zelensky insistentemente chiede. A questo proposito mi permetto di raccontare una cosa che peraltro è verificabile. Giorni fa, sulla Rete Tre della televisione, in un talk show c’è in studio una studiosa ucraina, e viene mandato in onda un discorso di Zelensky che viene tradotto, in simultanea, in italiano. A un certo punto, la studiosa ucraina dice “attenzione, la traduzione è sbagliata”, perché lui sta dicendo altro. “E che sta dicendo, le chiede la conduttrice?”. “Sta dicendo che bisogna che la Nato intervenga militarmente”. La traduzione voleva occultare questo. Figuraccia della televisione italiana. Rischiamo di raccontarle queste cose, perché tra breve, non so, leggeremo il Vangelo secondo Riotta? Spero di no.

Se qualcuno alzasse l’indice accusatorio e dicesse: ecco, il professor Canfora ha svelato di essere un nostalgico del tempo che fu… Come risponderebbe?
Io non credo di aver manifestato nostalgie nel momento che mi sono più volte espresso intorno agli scenari conseguenti alla sconfitta dell’Unione Sovietica nella Guerra Fredda. Nessuno, però, può toglierci il diritto di dire quello che ha scritto, poco prima di morire, Demetrio Volcic. E cioè che la situazione di equilibrio esistente al tempo delle due super potenze, garantiva la pace nel mondo. Demetrio Volcic. Spero che sia considerato al di sopra di ogni sospetto.
Umberto De Giovannangeli — 12 Marzo 2022, qui.

Concludo con due piccole cose.
La prima decisamente spassosa: un tizio che da quando ho letto per la prima volta un suo commento ho inquadrato come un cretino integrale, e mai, nel corso dei mesi e degli anni, mi ha dato occasione di ricredermi, ha dottamente spiegato che quelli che stanno dalla parte di Putin non è che lo difendano: è che ne hanno una paura folle e per questo consigliano la resa (e uno che confonde un trattato in cui ognuna delle parti in causa accetta un compromesso rinunciando a qualcosa, con una resa, ho o non ho ragione a definirlo un cretino integrale?) per salvarsi il culo da una guerra mondiale, che ovviamente sarebbe una bazzecola, a occhio e croce non dovrebbe fare più di tre-quattro miliardi di morti e non dovrebbe distruggere più del 50% del pianeta. Cioè, dopo averci doviziosamente spiegato che cosa esattamente c’è nella testa di Putin, adesso ci spiegano anche che cosa c’è nella nostra: fenomeni.
La seconda invece è semplicemente agghiacciante:

Alessandro Perrone

Stiamo selezionando i veri amici in questa circostanza. Se tutto finirà sapremo su chi abbiamo puntato sbagliando clamorosamente. Sarà tutto da rivedere…

Cioè gli “amici” sono dei cavalli su cui puntare, e alla fine della corsa sapremo se abbiamo puntato sul cavallo giusto o su quello sbagliato. E chi ha un’opinione diversa dalla propria su una questione di straordinaria complessità che ha cominciato a snodarsi un quarto di secolo fa e si è via via arricchita di nuovi attori e nuove complicazioni, è né più né meno che un nemico. E mi chiedo: se alla fine “vinceranno” “loro”, verremo giustiziati?

E chiudo definitivamente con la tragedia di Romeo e Giulietto

barbara

INFORMAZIONE, DISINFORMAZIONE, MANIPOLAZIONE DELLINFORMAZIONE, CENSURA SULL’INFORMAZIONE

E incapacità di capire. Impossibilità di capire. E ciononostante, presunzione di capire. E parto da quest’ultima.

One of my hosts, an older gentleman who had been a professor of literature, told me, as so many Russians had, “You can give up writing philosophical articles about Russia. You will never know it.” Ah, yes, this again. My outsiderness. “My sunny disposition doesn’t prohibit me from writing about your country,” I said, a bit too earnestly, in very stilted Russian that I had spent years slaving away at. Speaking slowly to make sure I didn’t miss anything, he replied: “It’s not your sunny disposition. It’s your frame of reference. Your frame of reference is America. But Russia does not want to be America. Russia exists in a parallel universe.” (Qui)

Parlando lentamente per essere sicuro che non mi sfuggisse nulla, ha risposto: “Non è il tuo carattere solare. È il tuo quadro di riferimento. Il tuo quadro di riferimento è l’America. Ma la Russia non vuole essere l’America. La Russia esiste in un universo parallelo”.

Una delle cose che si leggono più spesso in questi giorni è “i piani di Putin”, “i progetti di Putin”, “la resistenza che Putin non si aspettava”, “le cose non stanno andando come Putin immaginava”: gente che non ha la più pallida idea di che cosa passi per la testa al figlio con cui convivono da vent’anni, si mette a fare l’analisi grammaticale, logica, sintattica dei pensieri di Putin, dei progetti di Putin, dei sentimenti di Putin senza la più microscopica conoscenza di che cosa sia l’anima russa, oltre che dello specifico soggetto “Putin”. E dopo avere passato decenni a decidere le mosse nei confronti dei musulmani basandosi sulla propria cultura e interpretandoli con la propria cultura e avere, perciò, collezionato decenni di fallimenti e di micidiali batoste e di decine di migliaia di morti. Decisamente l’attitudine a imparare dall’esperienza non fa parte del nostro DNA.

Sulla censura ce la sbrighiamo presto: è tutta da una parte. Tutte le fonti russe sono state silenziate, per il nostro bene naturalmente (come lo stato di emergenza, come la segregazione, come la mascherina all’aperto, come il coprifuoco, come il divieto di andare in canoa o prendere il sole su una spiaggia deserta, come il green pass per lavorare), per proteggere le nostre fragili menti dalle bugie che vengono da quella parte, nessuna voce, nessuna notizia ci può più arrivare da quella parte (mentre tutto ciò che arriva dalla controparte è verità di vangelo, non importa quanto i fatti la smentiscano). Così come è stato ferocemente censurato tutto ciò che ha preceduto – e determinato – gli avvenimenti di queste ultime settimane, ossia gli eventi di piazza Maidan e il sistematico massacro dei russofoni del Donbass. Ma la verità è testarda, e zittire tutti non è possibile. Chi ha visto, chi sa, chi non si lascia intimidire c’è, e prima o poi arriva a farci sentire la propria voce. Abbiamo già sentito Gian Micalessin, che ha scovato alcuni dei cecchini stranieri che sparavano dall’hotel Ucraina per creare il caos e favorire il colpo di stato, vediamo ora il giornalista britannico Mark Franchetti in questo servizio del 28 giugno 2014

Ed escono anche, finalmente, le notizie complete, sugli eventi e sugli impegni del 1991.

Lo scoop di Der Spiegel sull’impegno Nato di non espandersi a Est si basa su un verbale desecretato, che dà ragione a Putin

I lettori di ItaliaOggi sono stati i primi, in Italia, ad essere informati circa le vere origini delle tensioni politiche e militari tra la Russia di Vladimir Putin e la Nato sulla questione Ucraina. Con editoriali e articoli scritti in base ai fatti e non con la propaganda, il direttore Pierluigi Magnaschi e firme autorevoli come Roberto Giardina e Pino Nicotri hanno ricordato, unici in Italia, che dopo la caduta del Muro di Berlino (1989) i leader dei maggiori paesi della Nato avevano promesso a Mosca che l’Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est «neppure di un centimetro». Una promessa smentita dai fatti, visto che da allora ben 14 paesi sono passati dall’ex impero sovietico all’alleanza militare atlantica. Da qui le contromosse di Putin: la guerra in Georgia, l’occupazione della Crimea, l’appoggio ai separatisti del Donbass, lo schieramento di oltre centomila soldati al confine con l’Ucraina, infine la dura linea diplomatica con cui ha ribattuto alle minacce di sanzioni da parte di Usa ed Ue: «Mosca è stata imbrogliata e palesemente ingannata».
Per tutta risposta, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha ripetuto quella che per anni è stata la linea difensiva di Washington sull’allargamento a Est della Nato: «Nessuno, mai, in nessuna data e in nessun luogo, ha fatto tali promesse all’Unione sovietica». Una dichiarazione smentita dal settimanale tedesco Der Spiegel con uno scoop clamoroso, destinato a lasciare il segno. L’inchiesta, intitolata «Vladimir Putin ha ragione?» e ripresa integralmente negli Usa da Zerohedge, si basa su un’ampia ricostruzione storica dei negoziati tra Nato e Mosca che hanno accompagnato la fine della guerra fredda.
Tra i documenti citati, spicca per importanza quello scovato nei British National Archives di Londra dal politologo americano Joshua Shifrinson, che ha collaborato all’inchiesta del settimanale tedesco e se ne dichiara «onorato» in un tweet. Si tratta di un verbale desecretato nel 2017, in cui si dà conto in modo dettagliato dei colloqui avvenuti tra il 1990 e il 1991 tra i direttori politici dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania sull’unificazione delle due Germanie, dopo il crollo di quella dell’Est. Il colloquio decisivo, riporta Der Spiegel, si è svolto il 6 marzo 1991 ed era centrato sui temi della sicurezza nell’Europa centrale e orientale, oltre che sui rapporti con la Russia, guidata allora da Michail Gorbaciov. Di fronte alla richiesta di alcuni paesi dell’Est Europa di entrare nella Nato, Polonia in testa, i rappresentanti dei quattro paesi occidentali (Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest), impegnati con Russia e Germania Est nei colloqui del gruppo «4+2», concordarono nel definire «inaccettabili» tali richieste. Il diplomatico tedesco occidentale Juergen Hrobog, stando alla minuta della riunione, disse: «Abbiamo chiarito durante il negoziato 2+4 che non intendiamo fare avanzare l’Alleanza atlantica oltre l’Oder. Pertanto, non possiamo concedere alla Polonia o ad altre nazioni dell’Europa centrale e orientale di aderirvi». Tale posizione, precisò, era stata concordata con il cancelliere tedesco Helmuth Khol e con il ministro degli Esteri, Hans-Dietrich Genscher.
Nella stessa riunione, rivela Der Spiegel, il rappresentante degli Stati Uniti, Raymond Seitz, dichiarò: «Abbiamo promesso ufficialmente all’Unione sovietica nei colloqui 2+4, così come in altri contatti bilaterali tra Washington e Mosca, che non intendiamo sfruttare sul piano strategico il ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa centro-orientale e che la Nato non dovrà espandersi al di là dei confini della nuova Germania né formalmente né informalmente».
È innegabile che questo documento scritto conferma alcuni ricordi di Gorbaciov circa le promesse da lui ricevute, ma soltanto orali, sulla non espansione a Est della Nato. In un’intervista al Daily Telegraph (7 maggio 2008), Gorbaciov, ultimo leader dell’Unione sovietica, disse che Helmuth Khol gli aveva assicurato che la Nato «non si muoverà di un centimetro più ad est». Identica promessa, aggiunse in un’altra occasione, gli era stata fatta dall’ex segretario di Stato Usa, James Baker, il quale però smentì, negando di averlo mai fatto. Eppure, ricorda Der Spiegel, anche Baker fu smentito a sua volta da diversi diplomatici, compreso l’ex ambasciatore Usa a Mosca, Jack Matlock, il quale precisò che erano state date «garanzie categoriche» all’Unione sovietica sulla non espansione a est della Nato. L’inchiesta del settimanale aggiunge che promesse dello stesso tenore erano state fatte a Mosca anche dai rappresentanti britannico e francese.
La storia degli ultimi 30 anni racconta però altro: Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, ricorda Der Spiegel, sono entrate nella Nato nel 1999, poco prima della guerra contro la Jugoslavia. Lituania, Lettonia ed Estonia, confinanti con la Russia, lo hanno fatto nel 2004. Ora anche l’Ucraina vorrebbe fare altrettanto. Il che ha scatenato la reazione di Putin: «La Nato rinunci pubblicamente all’espansione nelle ex repubbliche sovietiche di Georgia e Ucraina, richiamando le forze statunitensi ai confini del blocco del 1997». La prima apertura è giunta dal cancelliere tedesco, Olaf Scholz: «L’ingresso dell’Ucraina nella Nato non è in agenda». Parole che confermano la prudenza della Germania verso Putin e l’importanza strategica del Nord Stream 2 per la sua economia. Se alla fine sarà pace o guerra, dipenderà dal vertice Biden-Putin, agevolato da Macron. Un vertice dove Biden, nonostante la martellante propaganda anti-Putin delle ultime settimane, entra indebolito da uno scoop che riscrive la storia. Un’inchiesta così ricca di documenti finora inediti da far pensare all’aiuto di una manina politica, in sintonia con la Spd di Scholz, partito da sempre filorusso.
Tino Oldani, 22, febbraio 2022, qui.

Altre due voci che i signori dell’informazione a senso unico non sono riusciti a zittire sono quelle di Pino Cabras e Marcello Foa.

I corifei del potere non vogliono voci dissonanti: il caso Damilano

 Siparietto a Di Martedì, la trasmissione di Giovanni Floris, ieri sera.
L’argomento unico è la crisi ucraina. Tra gli ospiti, il giornalista Marcello Foa, che nella sua brillante carriera è stato anche inviato a Mosca negli anni del crollo dell’Urss e successivi. 
Non appena viene interpellato, il giornalista Marco Damilano esordisce con una grossa inesattezza. Dice infatti che il Parlamento ha approvato «all’unanimità» le misure di guerra del governo. No, stellina! Capisco che nell’universo piallato del tuo giornalismo non si concepisce l’opposizione, ma questa nondimeno esiste.
Alternativa ha infatti votato contro la risoluzione della maggioranza e ha votato una sua diversa risoluzione. Però Damilano si sente su un “alto terreno” morale e deontologico, non si fa distrarre da un dettaglio come la verità. Con il tono di un vice-Torquemada parte ad azzannare Foa, a freddo. Gli rimprovera di aver rilasciato dichiarazioni a organi di stampa russi come RT e Sputnik.
Gioca con le parole, dicendo che “faceva il commentatore”. Come a dire: pagato dai russi e dunque non credibile, nel quadro della nuova russofobia imperante. Foa replica ricordando che quelle erano dichiarazioni rilasciate a testate giornalistiche, non collaborazioni, ma Damilano – l’avete capito – non è tipo che si faccia deconcentrare dai fatti, una volta che concentra la bava nella delazione.
E cosa rimprovera a Foa, per aggiunta? Foa aveva dichiarato che le rivolte di piazza che avevano accompagnato il cambio di regime erano “pianificate e guidate dall’Occidente”. Per Damilano è come bestemmiare in chiesa. E si scandalizza fino a piegare le labbra in una smorfia che solo quelli che si sentono superiori. Abituato com’era a fare da grancassa al PD, non si è mai accorto di John McCain e Victoria Nuland nella piazza di Kiev, né delle intercettazioni autentiche (eh sì, divulgate da RT) in cui la Nuland diceva che “abbiamo speso 7 miliardi di dollari per dare all’Ucraina il futuro che si merita!”. Cioè diceva che la nuova situazione era pianificata e guidata dall’Occidente, con buona pace del verginello delatore.
A questo punto mi autodenuncio. Nel maggio 2014, quando nella città ucraina di Odessa un gruppo di squadracce naziste protette dal governo di Kiev scatenò un pogrom che fece strage di russofoni nella Casa dei Sindacati, io non riuscii a trovare un rigo su questo evento tragico su “L’Espresso”, il giornale di Damilano. Niente. Come non ne trovai su quasi tutti i giornali italiani, che se ne parlarono deformarono pesantemente i fatti. Dovetti ricorrere proprio a RT, che diede una copertura completa. Ebbi modo anche di raccontare i fatti in un servizio di Pandora TV che rivendico al cento per cento. 
Ecco, in poche righe, è bene che sia smascherato un episodio fra i tanti che ammorberanno questa stagione: i corifei del potere non vogliono voci dissonanti e usano trucchi estremamente scorretti per ingannare il pubblico. Demoliamoli criticamente per uscire dalla logica della guerra. Perché la guerra non inizia con le bombe, ma con le bugie e la caccia alle streghe di presunti nemici.
Pino Cabras, 2 marzo 2022, qui.

E in un servizio del 3 maggio 2014 Pino Cabras dà conto della sistematica manipolazione operata dai giornali italiani per disinformare in merito alla strage di Odessa del giorno precedente.

Di video di documentazione ne ho ancora, ma non voglio farvi fare indigestione, quindi con questi per oggi mi fermo qui, e ritorno invece all’assunto di partenza: non capiscono niente, e meno capiscono, e più si mettono in cattedra a giudicare chi sta dall’altra parte (commenti miei in corsivo all’interno dell’articolo)

Il nipote di Gramsci che sostiene Putin: ‘Voi non capite, il Paese è con lui’

Con quel cognome, potrebbe dire quello che vuole. O quasi. Ma non ora, non qui.
Eccerto, lo decide il signor Imarisio che cosa uno può o non può dire, in casa propria oltretutto.

«Mi ritengo un moderato sostenitore di Vladimir Putin». Parlare con Antonio Gramsci, nipote e omonimo del fondatore del Partito comunista italiano, non è una operazione da strano ma vero. Significa anche fare un viaggio nella testa dell’elettore medio russo. Per provarci, a capire davvero.
E per provare a capire, che cosa meglio di un tono di supponenza e un atteggiamento di superiorità morale?

Nato e cresciuto a Mosca, dove nel 1921 il nonno, appena arrivato ammalato di tisi, aveva conosciuto in sanatorio e poi sposato Julia Schucht, da un quarto di secolo è un docente di musica e di biologia che insegna alla scuola in lingua italiana della nostra ambasciata. Ogni giorno in cattedra a insegnare agli adolescenti russi. «Nessuna delle persone con le quali parlo è d’accordo con i media occidentali, che secondo me non ci stanno capendo molto, quando dicono che il presidente ha iniziato questa guerra senza alcuna ragione. Il diavolo è sempre nei dettagli di questi otto anni di tensione continua con l’Ucraina, di un conflitto a bassa intensità nel Donbass che è andato avanti senza che il governo di Kiev facesse nulla per fermarlo». Gramsci junior, 56 anni, l’età media del sostenitore di Putin secondo le analisi dell’ultima elezione per il Cremlino,
Leggi: quelli che votano per Putin sono i vecchi rincoglioniti (come quelli della Brexit, se non ricordo male)

rigetta l’idea di essere anche lui sedotto dalla propaganda martellante dei media statali. «Ma no, passo gran parte del mio tempo sugli spartiti musicali, e per natura sono scettico sulle informazioni dei media. Mi baso sulle testimonianze dirette». Appunto. A domanda diretta, Gramsci risponde. «Nella Russia di oggi non esistono valide alternative a Putin. Questo la gente lo sente, lo capisce. Certo, a ogni elezione esiste un’altra possibilità di scelta, ma nessuna garantisce la stabilità di questo Paese come lui. Per questo l’ho votato e, quando sarà, penso che lo farò ancora». Sul concetto di stabilità, e di come essa viene indotta, ci sarebbe da parlare a lungo.
Giusto: chi meglio di un italiano può sapere di che tipo di stabilità abbia bisogno un popolo di quasi 150 milioni di persone che sta a qualche migliaio di chilometri di distanza, e che cosa quest’ultimo debba intendere per stabilità.

Gramsci si chiama fuori dalla discussione sui metodi autoritari del Cremlino. «II nostro popolo non ha mai conosciuto una vera libertà. Io c’ero ai tempi dell’Urss, ci sono nato. Meglio ora. Esistono ancora povertà e deficit, di soldi nella Russia del ceto medio non ne girano poi molti. Ma la sensazione che solo Putin possa garantire gli interessi del suo Paese, e che quindi quel che decide va bene, le posso assicurare che è molto diffusa». Ha imparato l’italiano da adulto, e nella nostra lingua ha scritto un bel libro sulla storia del filone russo della sua famiglia. Ride quando gli viene chiesto se il nonno avrebbe votato Putin.
Evidentemente il signor Gramsci è una persona molto educata, perché la risposta corretta a quella domanda sarebbe stata: “Che domanda cretina”.

«Ma che discorsi. Parlare di comunismo ormai è come parlare di antiquariato, così come il concetto del proletariato oppresso è superato da tanto tempo. Io poi mi considero un anarchico. E come tale, considero la guerra un disastro, sempre. Anche questa». Alla fine, sostiene il professor Gramsci che esista un nostro errore di prospettiva nella lettura del suo Paese. La lotta di classe è defunta da tempo. L’unica contrapposizione possibile è la solita, che esiste ovunque. «Credo che il mondo guardi alla Russia attraverso la lente delle sue due grandi città. E allora si fanno grandi teorie sulla nostra occidentalizzazione. Ma esiste una grande differenza tra il livello di vita delle metropoli russe e le loro periferie. Chi vive altrove, considera i cittadini come piccolo borghesi che non producono nulla. E in parte ha ragione. Mosca può sembrare una capitale abitata da persone che si divertono e fanno affari, dedite alla finanza e al terziario. Come a Londra o a Milano. Basta spostarsi di cento chilometri appena, ed è tutta un’altra storia. La Russia profonda è tutt’altro che omologata all’Occidente. E quindi, non ne ha tutto questo desiderio. L’isolamento fa più paura agli “occidentali”, i giovani russi abituati a viaggiare.
Marco Imarisio, qui.

Aggiungo ancora una riflessione

Claudia Premi

Zelensky, quegli uomini che hai costretto a restare e a combattere, sono i papà dei bambini che vediamo ammassati sul confine polacco in attesa di partire per una nuova vita. Papà, che con buona probabilità, non rivedranno più. Da donna, NON condivido queste scelte belligeranti che coinvolgono esseri umani e famiglie che sono altro da te, Zelensky!

e una considerazione trovata in rete

Traspare sui giornali italiani lo stupore e lo sgomento per l’inserimento immotivato dell’Italia nella lista dei paesi ostili stilata dal governo russo.
In fondo cosa abbiamo fatto? Ve lo ricordo :
Abbiamo SANZIONATO la Russia. Abbiamo DISCONNESSO il sistema bancario russo dallo Swift. Abbiamo DERUBATO dei loro beni cittadini russi per il solo fatto di essere russi. Abbiamo DERUBATO la banca centrale russa delle sue riserve in valuta depositate nelle banche occidentali. Abbiamo IMBASTITO una campagna di violenza verbale attraverso i mass media che hanno portato a episodi di violenza che hanno visto come vittime cittadini russi. Abbiamo anche CENSURATO Dostoevskij perché russo.
Il nostro ministro degli esteri HA CHIAMATO il Presidente russo con l’appellativo di cane. Infine abbiamo INVIATO armi all’Ucraina affinché siano usate per uccidere soldati russi.
SI… DAVVERO UN ATTO IMMOTIVATO L’INSERIMENTO DELL’ITALIA NELLA LISTA DEI PAESI OSTILI.
CIALTRONI !!!

Se qualcuno ritiene che sia stato giusto farlo, non mi permetto di discutere, però quando si prende una decisione bisogna anche essere pronti a subirne le conseguenze: se scelgo di prendere una curva a 150 all’ora, non devo poi mettermi a frignare se uno stronzo di albero decide di mettersi in mezzo e venirmi addosso. Quanto al cane di Di Maio, nel caso a qualcuno fosse sfuggito potete rivederlo qui, e soprattutto ammirarne l’espressione intelligente e furbetta.

(qui un commento serio all’incredibile episodio)
E concludo, come sempre, con due sboicottamenti

barbara