QUANDO LA VITA È PIÙ FORTE DELLA MORTE

Segna il traguardo della maratona di New York, la cicatrice sul lato sinistro della testa è appena percettibile. Aharon Karov, 27 anni, completa il giro in 4:14:31, un risultato impressionante per chiunque. Soprattutto qualcuno che cinque anni fa era stato gravemente ferito in guerra e dato per morto.
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Ma la sua storia inizia nel dicembre 2008, quando a 22 anni sposa l’amore della sua vita, Tzvia, di 19.
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Ballano, cantano e fanno tutte le cose felici come tutte le altre coppie. La mattina seguente intorno alle 7:00, Karov, tenente in un’unità di paracadutisti della IDF, riceve una telefonata dal suo superiore che lo informa che sta per iniziare una guerra a Gaza – l’Operazione Piombo Fuso – e che c’è bisogno di lui. Secondo la legge militare, come anche secondo la halachà (legge ebraica), uno sposo ha il dovere di andare in guerra il giorno del proprio matrimonio soltanto per una “milkhemet hova”, una guerra religiosamente obbligatoria (non ne esistono ai giorni d’oggi). “L’operazione a Gaza non era una di quelle” racconta Karov. Tuttavia, dopo lunghe trattative con sua moglie, decide di andare a Gaza.
“In Israele, se c’è una guerra, tutti vanno perché esiste il senso della collettività, della comunità” – spiega il ragazzo – Era chiaro per me, per noi due, che dovevo andare “. Karov era il comandante di un plotone di 30 soldati che aveva addestrato durante il loro servizio militare. “Non sarei mai riuscito a mandare i miei uomini senza di me”, confessa. “Certo che avrei voluto essere a casa con mia moglie e non a Gaza”, racconta ancora Karov, “Tu non sai quando vedrai di nuovo tua moglie, tu non sai quando potrai parlare con tua moglie di nuovo, ma è necessario mettere tutto il resto da parte – tua moglie, la tua famiglia e anche te stesso”.
Una decina di giorni dopo il suo matrimonio, a Karov e ai suoi uomini viene assegnato il compito di bonificare sei edifici dagli esplosivi. Salito al secondo piano di un palazzo, un ordigno viene fatto esplodere. Karov salta in aria e cade dalla tromba delle scale, mentre l’intero edificio crolla sopra di lui. I suoi uomini, nessuno dei quali viene gravemente ferito dall’esplosione, si precipitano in fretta per rimuovere le macerie e tirano fuori il corpo del comandate. Karov viene effettivamente dichiarato morto. Poco dopo, sentendo un debole impulso, un paramedico dell’esercito fa un’incisione sulla gola del ragazzo moribondo per assicurarsi che avrebbe continuare a respirare.
Ma con otto pezzi di granata nella testa, senza più denti, con l’occhio sinistro smembrato e il lato superiore sinistro del corpo completamente schiacciato, le prospettive di sopravvivenza sembrano pressoché nulle.
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Cinque anni più tardi Karov vince la maratona di New York, per di più con un tempo straordinario per chiunque, e orgoglioso di se stesso rivolge un pensiero al suo plotone: “E’ stata una fortuna che nessuno dei miei soldati è rimasto gravemente ferito dall’esplosione”.
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Il campione dalla scorza dura vince così i 40mila dollari della gara e li devolve al Fondo OneFamily,
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un’associazione che sostiene le vittime del terrorismo e che ha sostenuto la sua famiglia durante questi lunghi anni di riabilitazione. (rubato qui)

Poi, volendo, tanto per restare in zona, ci sarebbe da andare a leggere questo.

barbara

A MARGINE DELL’ATTENTATO DI BOSTON

Bruce Mendelsohn ha 44 anni, vive a Boston e si occupa di pubbliche relazioni. Nel primo pomeriggio di quel fatidico 15 aprile si trova nel suo ufficio, che affaccia su Boylston Street, a due passi dalla centralissima Copley Square, dove i maratoneti stanno raggiungendo uno dopo l’altro il traguardo. Sta festeggiando insieme a suo fratello, che ha appena corso la maratona, e a diversi amici e colleghi, quando sente una forte esplosione provenire dalla strada. Tutto si ferma.
Bruce grida a suo fratello: “Fai allontanare tutti dalla finestra. Potrebbe essercene un’altra.” Non ha idea di cosa sia accaduto, ma le sue parole sono provvidenziali, perché nel giro di quei venti secondi in cui tutti i presenti si ammassano verso l’interno del locale, ecco una seconda esplosione. Le persone hanno paura, nessuno sa che fare. Ma Bruce, agendo quasi d’impulso, scende precipitosamente le scale e corre in strada. In mezzo a grida, disordine e un’enorme quantità di fumo, si avvicina ai numerosi feriti.
Nel giro di pochi minuti, prima che nuovi rinforzi di soccorritori arrivino, Bruce è già in azione. Aiuta una madre sconvolta a ritrovare suo figlio, soccorre alcuni feriti caduti che si sono ammassati gli uni sugli altri. Ma soprattutto, lega una maglietta intorno alla gamba di una studentessa universitaria bloccandone l’emorragia – gesto che, stando a quanto hanno riferito i medici, le ha probabilmente salvato la vita.
A pochi giorni dall’attentato, Bruce è diventato uno dei numerosi eroi della tragedia. Attivissimo su Twitter – non a caso fa proprio il PR di lavoro – ha descritto la scena dell’attentato “come una scena da Tel Aviv, o dal Pakistan, o da Baghdad… non da Boston”. Tutti però gli chiedono cosa lo abbia spinto a scendere in strada e a soccorrere i feriti in un momento altamente rischioso per tutti i presenti. “Non so cosa io abbia pensato, dev’essere stata una reazione legata al modo in cui sono stato cresciuto”, risponde lui.
Bruce è ebreo, ma non è particolarmente osservante. Eppure in una situazione così grave come l’attentato terroristico di Boston, ha agito anche in funzione delle sue radici. L’uomo ha infatti dichiarato che, in quei dodici minuti trascorsi in Boylston Street (prima che un poliziotto lo invitasse ad allontanarsi), ha pensato anche alla sua identità religiosa. “Non l’ho fatto perché sono ebreo, ma quando ci penso so che c’era qualcosa di implicito nella mia fede che mi ha spinto ad aiutare le persone”.
Ora si gode il suo momento di gloria. È stato recentemente invitato al Today Show insieme al pompiere Jimmy Plourde, con cui ha salvato Victoria McGrath, la giovane studentessa della Northeastern University. Ma non è solo la fama ad aver cambiato la vita di Bruce. Adesso vive ogni emozione – che sia tristezza, rabbia o gioia – in modo più forte e amplificato. “Noi ebrei studiamo molto sul pikuach nefesh”, ha dichiarato, riferendosi al permesso di violare quasi ogni legge ebraica pur di salvare una vita. “C’è una differenza tra l’ebraismo teorico e l’ebraismo pratico”.
Bruce Mendelsohn oggi ha una maggiore conoscenza di se stesso – non solo come uomo, ma anche come ebreo. E cambiando la vita di altri, ha cambiato anche la propria.
Simone Somekh (che se già è un tale genio ancora prima della maturità, chissà che cosa diventerà)

Questa piccola-grande storia a margine della tragedia dell’attentato alla maratona di Boston mi è piaciuta, e la offro anche a quelli di voi che ancora non la conoscono.
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Bruce Mendelsohn, a sinistra, con il pompiere Jimmi Plourde

barbara

TERRORE E MORTE A BOSTON

Attacco terroristico alla Maratona di Boston. Bilancio provvisorio: 3 morti, 143 feriti, di cui 23 gravi. Due bombe esplose a 12 secondi di distanza a pochi metri dal traguardo. Ne sono state rinvenute altre tre inesplose.
Gli ordigni sono stati depositati in zainetti pieni di sferette d’acciaio, sistemati a 150 metri l’uno dall’altro.
La religione che pratica i sacrifici umani ha colpito ancora.
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Notizie qui e qui. Qui un video.

barbara

AGGIORNAMENTO: video girato da Steve Silva, producer di Boston.com, che si trovava al traguardo


AGGIORNAMENTO 2:
potevamo dubitarne? Clic!

AGGIORNAMENTO 3: beh, sì, Israele effettivamente c’entra

AGGIORNAMENTO 4: Non ci eravamo sbagliati – e come avremmo potuto?

E SE NON PIANGI, DI CHE PIANGER SUOLI?

Un giorno un figlio dice al padre: “Papà, vuoi fare una maratona con me?” e il padre dice: “Sì”, e corrono insieme la loro prima maratona. Un’altra volta il figlio domanda: “Papà, vuoi fare un’altra maratona con me?” e il padre dice: “Sì, figlio mio”. Un giorno il figlio domanda a suo padre: “Papà, vuoi fare con me l’Ironman”? L’Ironman è il triatlon più difficile che esista: nuotare per 4 chilometri, pedalare per 180 chilometri e correre per 42 chilometri. E il padre dice: “Sì”. La storia sembra semplice. Fino a quando non si guardano queste immagini
(Trovato qui)

barbara