VENUTO AL MONDO

la polvere il sangue le mosche l’odore
per strada, fra i campi la gente che muore

Se Non ti muovere era un libro duro, Venuto al mondo è una interminabile serie di cazzotti allo stomaco. Perché qui, oltre ai sentimenti, oltre alla vita a volte bastarda, oltre agli errori e ai fallimenti, c’è la guerra, che con quei sentimenti e quella vita inestricabilmente si intreccia. Quella guerra che non troppo tempo fa – chi non è proprio ragazzino può ricordarla in prima persona – si è svolta alle porte di casa nostra (e alcune scene, alcuni episodi narrati qui ricordano da vicino quest’altro bellissimo libro). E gli sciacallaggi infami, più o meno così

(questo video è un film, le persone che vi si muovono sono attori, ma queste cose succedevano davvero – tranne l’ultima scena, sicuramente estranea alla maggior parte dei protagonisti – e anche di peggio).
Venuto al mondo, è il titolo, e non potrebbe essere più adeguato perché lui, Pietro, ci mette proprio tutto il libro, a venire al mondo, dalla prima all’ultima pagina, e ad ogni capitolo dici ah ecco com’è andata; poi giri pagina e scopri che invece no, non era andata così (non cedete alla tentazione di correre in fondo per scoprire come va a finire: senza le fasi intermedie non capireste niente). Finché arrivi all’ultimo capitolo, quello in cui tutte le tessere del mosaico vengono ricomposte e tutti i conti finalmente tornano, e quello non è un cazzotto allo stomaco, bensì un calcio alla bocca dello stomaco (vi è mai capitato? A me sì), quello che vi lascia boccheggianti, tramortiti, annichiliti – soprattutto per la consapevolezza che, se questo è un romanzo, le cose raccontate sono però tutte vere. E d’altra parte ti rendi conto che quella tessera del mosaico che completa la storia, per quanta sofferenza possa avere causato e ancora causare, è non solo l’unica logica, non solo l’unica possibile, ma anche l’unica veramente giusta.
All’inizio vorresti leggere in fretta, ma non ci riesci, perché hai bisogno di fermarti, di digerire, di assimilare quello che hai letto. Poi, ad un certo momento, cominci ad andare a rotta di collo, perché finirlo e metterlo giù diventa una necessità a cui non puoi più sottrarti.
Per chi ha letto migliaia di libri è materialmente impossibile dire “questo è il libro più bello che abbia mai letto”, e dunque non lo dirò. È certo, tuttavia, che in una eventuale classifica occuperebbe una posizione alta. Molto alta.

Margaret Mazzantini, Venuto al mondo, Mondadori
venuto al mondo
barbara

NON TI MUOVERE

Non ti muovere, perché sei lì, sospesa tra la vita e la morte – non hai rispettato lo stop, e non avevi allacciato il casco – e non so quale direzione potresti prendere, se dovessi muoverti.
È il padre che, dentro di sé, lo intima alla figlia, mentre la guarda impotente, mentre attende impotente che la natura decida quale direzione prendere. E in questa angosciante e impotente attesa comincia a snodarsi un intrico di ricordi, sepolti ben lontano dalla coscienza, che non venissero a disturbare il tranquillo tran tran della vita quotidiana. Ricordi di quell’amore che tutto sembrava tranne che amore, e forse, invece, era amore davvero. E anche allora, proprio allora mentre stava nascendo questa vita che ora sta rischiando di spegnersi, anche allora, anche lei non doveva muoversi, non avrebbe dovuto muoversi, e invece poi è andata come è andata – come se la vita non fosse già stata abbastanza crudele con quella donna, come se gli uomini non fossero già stati abbastanza crudeli con quella donna – e resta la devastante, annichilente coscienza delle proprie colpe, e il dovere di guardarle in faccia, almeno questo, una buona volta. E chissà se la figlia, almeno lei, sarà risparmiata.
È un libro duro, spietato (la vita lo è, dura e spietata, e se la vuoi raccontare non puoi scrivere un romanzo Harmony). Però bellissimo. O forse, proprio per questo bellissimo.

Margaret Mazzantini, Non ti muovere, Mondadori 

Non ti muovere
barbara