QUALCHE POSTILLA AL POST PRECEDENTE

Postilla in merito al contenuto del post

Domenica sera a teatro. Decine (molte molte decine) di persone con la mascherina: non la banale chirurgica, bensì la più “sicura” ffp2. Per inciso c’erano anche un sacco di persone che dopo avere messo lo smartphone in modalità silenziosa, continuavano ad attivarlo per leggere l’ultimo messaggio su FB o sulla posta e rispondere, fregandosene del fastidio provocato da quello schermo luminoso nel buio della sala. In particolare ne avevo due nella fila davanti e la signora di fianco a me, quella ha praticamente continuato quasi ininterrottamente per tutte le due ore dello spettacolo (mentre suo marito ha passato più o meno metà del tempo a guardarsi le mani). Gli uni e gli altri da ricovero coatto.

Postilla in merito a tutto ciò che ci è stato imposto con covid e altro

con l’argomentazione che “ce lo chiede l’Europa”:

E poi direi che ci sta bene anche questo

Postilla in merito al contenuto di alcuni commenti

Sabato sera all’inaugurazione di una mostra fotografica. Mostra molto bella, che partendo dall’isolamento in parte imposto e in parte autoimposto quando è esploso il covid con la motivazione della difesa dal contagio, spazia poi ad altre forme di isolamento nella società. Ad un certo punto uno degli autori, invitato a dire qualcosa sull’insieme delle opere, nell’illustrare una foto dice: “Qui vediamo un uomo, o meglio, diciamo una persona, non vogliamo essere sessisti”. Ora, quella persona che era nella foto, per il messaggio che la foto voleva dare, poteva essere chiunque, uomo o donna, giovane o vecchio, adulto o bambino, quindi se avesse detto “diciamo una persona perché può essere chiunque” avrebbe detto una cosa vera, giusta, sacrosanta. Ma se mi dici che preferisci dire persona perché non vuoi essere sessista, sei una testa di cazzo, perché quella persona – senza volto perché in tutte le foto in cui compare è sempre ripresa di spalle – aveva la corporatura di un uomo, era inconfondibilmente un uomo, e oltretutto era anche presente all’inaugurazione ed è stato indicato come il soggetto ripreso, e oltre alla corporatura, aveva anche la faccia da uomo, con la barba rasata ma visibile, e con moglie al seguito, se, dicevo, quest’uomo lo chiami persona per non essere sessista, sei una mastodontica testa di cazzo al soldo della lobby di merda del politically correct.

Postilla in merito alla postilla del post

con l’omaggio a Tatiana Totmianina scesa in pista da incidentata col ginocchio ancora non guarito e dolorante. Ecco, ne ho trovata un’altra:

Non è fenomenale?

barbara

NEI DINTORNI DEL GOVERNO MELONI

Da dove vogliamo partire? Visto che c’è tanta gente che ama raccontarsi favole, io partirei proprio da quelle:

resta da capire chi potrebbero essere i sette nani. Vogliamo provare a fare qualche nome? Boldrini potrebbe andare? E quello – unico – che sta in aula con la mascherina: non ho bisogno di dire chi è, vero?

Poi ci metterei Serracchiani, Ronzulli, Draghi, Letta… Siamo a sei, e mi fermo, perché a me, e sicuramente anche a voi, ne verrebbero in mente a non finire, e quindi ognuno completi la lista come preferisce. A proposito di Serracchiani, nel caso vi fosse sfuggita, sentite questa che spettacolo (in rete potete trovare anche altri video ripresi da altre angolazioni che mostrano per tutto il tempo o quasi  la faccia della destinataria della replica):

Poi passerei a questo

a cui io secondo me manca una bella soppressa morbida tagliata a fette grosse co un bel goto de grinton, ma insomma la sostanza è quella, ci siamo capiti. Poi arriva il genio che dice

Riferite agli idioti rossobruni “sovranisti” (probabilmente sanno scrivere ma non leggere) che l’Italia produce appena:

– il 36% del grano tenero che le serve;
– il 53% del mais;
– il 51% della carne bovina;
– il 56% del grano duro per la pasta;
– il 73% dell’orzo;
– il 63% della carne di maiale e i salumi;
– il 49% della carne di capra e pecora;
– per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento. 

Per favore, sentite anche se tali idioti intendono campare con un terzo di panino con sopra spalmato del sovranismo, grazie.

A cui io rispondo: mi scusi signor genio, ma se stessimo producendo il 100% del nostro fabbisogno, le pare che a qualcuno potrebbe venire in mente di fare un ministero apposta per perseguire l’autosufficienza alimentare? Andiamo, su!
Naturalmente anche su questo la setta nana boldrinessa ha da dire la sua e anche questo è pane per i denti di Giorgia

La quale boldrinessa ha da dire la sua anche sulla scelta di Giorgia Meloni di essere chiamata il Presidente del Consiglio dei Ministri oltre che per il nome del partito che “dimentica le Sorelle”

(evidentemente la signora boldrinessa ignora l’origine delle parole “Fratelli d’Italia”); già in tanti le hanno risposto, e ora voglio farlo anch’io.

La parola presidentessa esiste (presidenta no), ma la presidentessa è quella del patronato, quella del gruppo che organizza la sagra della castagna, del comitato per la manifestazione di beneficenza, ma il Presidente del Consiglio dei Ministri è una funzione specifica e unica, è un ruolo specifico e unico, e va declinato con l’articolo relativo al ruolo. Così come abbiamo la direttrice della scuola, dell’asilo, della biblioteca, ma il direttore d’orchestra è una cosa diversa, è un ruolo specifico e unico. E non trovo molto senso nel dire la presidente, dal momento che il femminile specifico di questa parola esiste, sarebbe come dire il dottore e la dottore. Vero che etimologicamente è un participio presente e come tale indeclinabile e “ambosesso”, in cui il sesso è indicato dall’articolo, ma come molti participi (docente, cantante) viene usato come sostantivo, e quindi vale quanto detto sopra in relazione al ruolo, cioè la questione non è grammaticale, bensì semantica. Allo stesso modo c’è una differenza sostanziale fra il segretario e la segretaria: la segretaria è SEMPRE al servizio di una persona: la segretaria del direttore, dell’avvocato, del dentista, del notaio (ovviamente anche il segretario maschio quando svolge lo stesso tipo di servizio). Il segretario generale invece, ma anche il semplice segretario comunale, è al servizio di un’istituzione, cioè è una funzione, un ruolo, una carica, che prescinde dal sesso di chi lo svolge. Aggiungo che in diversi ambiti, anche se oggi probabilmente sempre più in disuso, i termini colonnella e generalessa indicano la moglie dell’ufficiale in questione, e tale denominazione non può essere usata per la donna che fa carriera militare e raggiunge il grado di colonnello o generale: suonerebbe come una presa in giro. E per favore, non mi si venga a parlare della Treccani (che qualcuno ha, non del tutto inopportunamente, suggerito di ribattezzare Treccagne, così le femministe saranno soddisfatte): se ci sono testi “scientifici” che affermano che il sesso biologico non conta nulla e che la persona è rappresentata unicamente dal genere che “si sente” in quel determinato momento e che può benissimo cambiare nel quarto d’ora successivo, perché adesso va di moda sostenere questo, pretendete che io prenda per vangelo un testo anch’esso sempre più prono alle mode del momento? O la Crusca: dopo che è stato proposto petaloso, ne vogliamo ancora parlare? Andando poi all’estero, quando ancora la gente era dotata di buon senso e parlava in maniera normale, avevamo Le (maschile) Premier (maschile) Ministre (maschile) Madame Cresson. In inglese non c’è articolo distinto e avevamo the Prime Minister Mrs Thatcher, cioè c’è ugualmente modo di sapere di che sesso è la persona che ricopre il ruolo in questione. Sempre che sia importante sapere se chi ricopre il ruolo ha il pisello o la patata, il che è tutto da discutere. Salvo ovviamente il caso in cui la donna che occupa quel ruolo vi sia stata chiamata per via delle quote rosa: in questo caso sì, il fatto di essere detentrice della patata è di primaria importanza, ma non mi sembra il caso di nessuna delle tre donne in questione, Thatcher, Cresson, Meloni. E concludo con una domanda: voi direste che Giuseppina Maria Fragoletti è un arbitro severo, un arbitro severa o un’arbitra severa? E non tiratemi fuori l’argomento che arbitra non esiste: non esistono neanche ministra sindaca architetta ingegnera e tutta l’infinita serie di puttanate di recente invenzione. E d’altra parte, come giustamente fa presente l’amico Cullà, non risulta che qualche uomo abbia rivendicato il diritto di ricevere biglietti con su scritto “Il Signorio Vostro Illustrissimo è cordialmente invitato” – o magari “Il Signoria Vostra ecc.”.

Poi, sempre in ambito boldriniano, c’è anche questa ennesima figura di merda  – no, non è analfabeta funzionale: è analfabeta e basta – d’altra parte, che cosa aspettarsi da una che si fa comandare quando sorridere?

E infine c’è la questione del famigerato merito (vade retro Satana!), su cui risponde da suo pari questo signore

al quale mi permetto di osservare che la preposizione “a” seguita da “assediare” richiede obbligatoriamente la d eufonica, tranne alcuni pochi casi eccezionali, e questo non lo è; forse il signor professore e scrittore avrebbe bisogno di qualche lezione di italiano. Naturalmente contro il merito si è scagliata l’Oca Signorina – e la cosa non ci stupisce -, dal cui post estraggo alcuni esemplari commenti dei suoi cicisbei, ovviamente in piena sintonia con lei.

visione classista e pericolosissima. Uno che non può pagarsi gli studi perché in difficoltà economiche non merita di essere trattato degnamente? E uno che semplicemente non è un cervellone?

Ecco, questo avrebbe urgente bisogno di qualcuno che gli spiegasse che cosa significa merito

preferisco Marx quando dice “da ciascuno secondo le sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni”. È orribile vivere in un mondo di eterna e rigida competizione.

Che una bella citazione di Marx fa sempre figo. Ma se uno deve dare secondo le sue capacità, secondo lui che cosa potrà mai voler dire?

“meritocrazia” è esattamente la stessa cosa della competizione, che è la base della società capitalista in cui viviamo. Insegnare già ai bambini che se non combinano nulla non sono nessuno e sono destinati a rimanere nei margini della società, ignorando che le capacità di uno sono determinate non dalla libera volontà del soggetto, ma da fattori esterni, o interni, in entrambi i casi incontrollabili e ingestibili da parte del soggetto. La meritocrazia è una menzogna per mascherare il conservatorismo, altrimenti non avremmo figli di papà inetti inseriti in ruoli di spicco a farci la morale del “bisogna essere imprenditori di sé stessi”.

Capito bambini? Se non fate un cazzo non è colpa vostra, voi non avete il controllo sul vostro fare o non fare e quindi non potete farci niente, E quindi sedetevi e aspettate che la vita vi passi davanti, che qualcuno il cibo ve lo procurerà comunque, grazie ai coglioni che si fanno il culo a lavorare.

ma chi premia la nostra società? Chi porta più grana, o chi si impegna di più? Perché io posso sforzarmi di studiare astrofisica, che per me è al limite dell’incomprensibile, studiare giorno e notte, sforzarmi fino a perdere la vista, e continuare comunque a non capirla, mentre un “genio” impara tutto in un lampo. In quel caso la società non mi riconosce un bel nulla, anzi, mi chiama parassita e incapace, mentre premia l’altro perché meritevole, anche se magari non si è sforzato un minimo nel suo lavoro.
La squadra che vince la partita è quella che segna perché più forte, non quella che ci prova e si sforza correndo fino all’ultimo secondo.

Esatto caro: tu SEI (non “ti si chiama”: tu proprio SEI) un parassita e incapace e anche deficiente, non perché non capisci l’astrofisica, ma perché pretendi a tutti i costi di studiare una cosa per la quale sei negato senza neppure renderti conto che non fa per te, e lo sai perché non sei capace di rendertene conto? Perché nella tua educazione è sempre stato escluso il concetto di merito. Per questo sei e sempre resterai un fallito, ai margini della società, un parassita. Quanto alla squadra che vince perché è più forte, prova a fare uno sforzo di fantasia e immaginare per quale bizzarro caso del destino si trova a essere più forte. No, eh? Proprio non ce la fai. Eh, capisco.

Aggiungo due splendidi confronti fra Giorgia Meloni e la gallina di plastica Lillifascisi Gruber

Sempre più cafona che mai.

E concludo con questa cosa spettacolare.

Anzi no, concludo con questa, che non c’entra niente ma mi piace un sacco

(Don’t forget: el marinero, el capitano. Y el presidente, desde luego)

POST SCRIPTUM: una cosa comunque è certa: i sinistri hanno finalmente mostrato la loro vera faccia

barbara

UN PICCOLO MEMENTO E ALTRE STORIE

Il Tet impose una tremenda devastazione, distruggendo quarantottomila abitazioni vietnamite e creando quasi mezzo milione di nuovi profughi. La citazione attribuita da un giornalista a un anonimo ufficiale statunitense («È stato necessario distruggere la città per salvarla») la si ritiene ora inventata di sana pianta; la frase sembra tuttavia riflettere accuratamente l’atroce contraddizione insita nella guerra portata dall’America «per preservare la libertà sudvietnamita». Weyand aveva parlato con orgoglio della «difesa riuscita» della capitale discorrendo con Abrams, ma costui, andando via in elicottero dal quartier generale di Westmoreland, vide che «a Saigon si levava il fumo, le fiamme si innalzavano fino al cielo. Ho calcolato che possiamo riuscire a difendere Saigon altre sette volte, e poi ci troveremo di fronte all’imbarazzante situazione che, di città, non ne sarà rimasta più nessuna». (Hastings, Max. Vietnam: una tragedia epica 1945 -1975, p.611, Neri Pozza)

Anche loro, gli americani, per sconfiggere il Nord comunista, erano pronti a battersi fino all’ultimo vietnamita (ma anche fino all’ultimo americano, per la verità, visto l’ingentissimo numero di perdite che continuavano a subire senza che mai li sfiorasse il sospetto di avere sbagliato qualcosa) e a distruggere fino all’ultima casa vietnamita. Alla fine comunque hanno perso, così come hanno perso in Afghanistan, e mi auguro caldamente che sia davvero valido il detto che non c’è due senza tre. Il problema è che un conto è avere a che fare con comandanti cinici, lucidamente cinici, altro è sapere i codici nucleari in mano a un demente che sempre più spesso non sa neppure quello che dice, non sa dove si trova, non sa quello che fa e porge la mano ai fantasmi.
E ora torniamo all’attualità.

“Tutto questo l’hanno fatto i neo-nazisti dell’Azov!” La Rai torna servizio pubblico per una sera con un servizio di testimonianze da Mariupol

La Rai torna servizio pubblico per una sera e apre uno squarcio di verità nel mare di propaganda filo Nato di questi mesi.
E’ bastato che Manuele Bonaccorsi di Report facesse il suo lavoro, telecamera in spalla, e settimane di fake news si sono sciolte all’improvvisto come neve al sole. 
Nel servizio, di cui è altamente consigliata la visione completa [guardatelo: è meno di un quarto d’ora], fatto a Mariupol e nel resto del Donbass emergono le testimonianze dirette dei cittadini.
Ascoltatele, diffondetele e iniziate a porvi alcune domande. Coltivate il dubbio. 
Come l’AntiDiplomatico vi proponiamo due stralci per noi molto significativi. Buona visione.

Primo stralcio.

“I militari ucraini mettevano dei barattoli rossi per segnalare dove mettere le armi sul tetto. Noi lo abbiamo tolto e ci siamo salvati. Chi non l’ha fatto si è trovato il palazzo distrutto.”
“Hanno fatto saltare le rotaie era impossibile lasciare Mariupol prima”.
“Il battaglione Azov ha sparato contro casa mia. Sono sicura che erano loro. Avevano la bandiera ucraina sulla divisa”.
Fonti ucraine hanno parlato di deportazione, chiede il giornalista alle persone in arriva a Donetsk da Mariupol. “Ma smettetela. Nessuno ci ha deportato stiamo lasciando l’inferno. Hanno messo l’artiglieria nei palazzi anche se c’era scritto bambini sui muri. Ci hanno trattato come scudi umani”.
“I militari hanno messo i carri armati al primo giorno di guerra e non era possibile più partire. Solo quando la Russia ha conquistato tutta la costa è stato possibile”.  

“E’ stata l’Ucraina che ci ha bombardato. Tutto questo l’hanno fatto i neo-nazisti dell’Azov. Abbiamo lavorato e vissuto tranquillamente fino al 2014. Poi ci hanno vietato di parlare in russo”.

Secondo stralcio.

Che dire? La Rai è tornata servizio pubblico almeno per una sera e complimenti da tutta la redazione de l’AntiDiplomatico per il coraggioso Manuele Bonaccorsi. (Qui)

E a voi, proprio non è ancora suonato un campanello d’allarme? Due domandine non ve le volete porre?

E sbufaliamo un’altra leggenda.

Il “Fantasma di Kiev” che uccide i russi? Non è mai esistito: svelata la bufala

Si sgonfia la leggenda sul pilota che avrebbe abbattuto 40 aerei russi in combattimento

Chissà se il nuovo “Ministero della Verità” di Joe Biden si interesserà anche di questo caso. E di tante altre leggende che in questi due mesi abbondanti di guerra hanno riempito le cronache mondiali. Dopo i martiri dell’isola dei Serpenti ancora vivi e vegeti, dopo le fosse comuni di Mariupol che fosse comuni pare non fossero, dopo le foto dei macellai di Bucha che non erano mai stati a Bucha, adesso arriva l’ultimo capitolo delle “fake news dei buoni“: il fantomatico Fantasma di Kiev, il pilota eroe dei cieli, non esiste. Alla faccia delle bufale.
Lo avevano chiamato così perché pareva fosse in grado di abbattere ogni cosa indossasse una bandiera russa. L’eroe in grado di evitare la supremazia aerea di Mosca sull’Ucraina. Una storia meravigliosa, degna di un film di Hollywood. Peccato che il comando dell’aviazione militare ucraina, passate settimane e settimane, alla fine ha capitolato e ha raccontato su Facebook che questo mito dei cieli tale era. Un mito. Cioè non esiste proprio.
“Il Fantasma di Kiev è un supereroe leggendario creato dalla fantasia degli ucraini”, si legge nel post per smentire le notizie circolate sui media britannici, a partire dal The Times, e poi riprese da buona parte dei giornali italiani. “Esortiamo il nostro popolo a controllare le fonti di informazione, prima di fare circolare una notizia. Più che il record di un singolo uomo, il Fantasma di Kiev è l’immagine collettiva dei piloti della 40esima Brigata Aerea che difendono il cielo sopra la capitale”. Allo spasmodico desiderio di dare un volto a questo “fantasma”, i grandi media internazionali avevano avanzato l’ipotesi che potesse portare il nome di Stepan Tarabalka, decorato come “Eroe dell’Ucraina”. Ma l’Aviazione smentisce: “Non è il ‘Fantasma di Kiev’ e non ha colpito 40 aerei. Il 13 marzo 2022, il maggiore Stepan Tarabalka è stato eroicamente ucciso in un combattimento aereo con le forze degli occupanti russi. Il Fantasma di Kiev invece è un supereroe-leggenda il cui personaggio è stato creato dagli ucraini”. Il comando ucraino ci ha tenuto a precisa anche che i piloti militari di Kiev non si stanno affatto addestrando sugli F-16 all’estero e soprattutto non ci sono caccia Usa che sorvolano l’Ucraina. Di fake news, invece, ne volano eccome. A stormi. (Qui)

E ancora un Paolo Liguori da manuale

(E che spettacolo un intervistato che parla pacatamente, un’intervistatrice che lo lascia parlare, e che esibisce la sua professionalità e non le sue tette e le sue cosce)

E dopo il tango dell’altro ieri, oggi un bel valzer, sempre da quei russi che gli amanti della giustizia escludono dalle gare per vincere più facile.

POST SCRIPTUM molto molto OT (ma non posso aspettare che finisca la guerra per raccontarvelo): oggi ho inaugurato la faccia (ero uscita anche ieri, ma unicamente per cose mediche e quindi con obbligo di bavaglio), e per l’occasione ho messo uno dei miei rossetti più sfolgoranti (la foto allo specchio del bagno non rende granché, ma almeno un’idea la dà):

Mi guardavano tutti stralunati come se stessero vedendo un marziano – e la stragrande maggioranza ancora mascherati.

barbara

PRUDENZA, PRUDENZA, PRUDENZA

Che la prudenza non è mai troppa.
Oggi pomeriggio, videoconferenza su zoom:

Poi, quando sono uscita a fare la spesa, ne ho visti un sacco di mascherati, diversi con la mascherina abbassata, probabilmente avevano fatto la spesa e magari dovevano entrare in qualche altro negozio, ma sei l’avevano ben calzata su bocca e naso, uno dei quali in bicicletta. Tenendo presente che da casa mia al supermercato sono duecento metri.

barbara

IL SOLERTE CITTADINO

Il ponte è per tre quarti transennato, perché ci stanno lavorando, e lo spazio che rimane è davvero abbastanza stretto. Lui mi si para davanti, e quasi mi blocca il passaggio, e fissandomi torvo grida:
– La mascherina! Non ha la mascherina! Deve portare la mascherina! Perché non ha la mascherina?
La cosa giusta da dire sarebbe “Perché non sono uno zombie”, ma siccome mi è appena successa una cosa molto bella e sono ancora tutta euforica preferisco non sciupare lo stato d’animo mettendomi a insultare, e rispondo:
– Siamo in strada, mica in un negozio.
– La mascherina è obbligatoria anche in strada!
– Eh, come no.
– È obbligatoria! E vaffanculo, vecchia rimbambita.
Naturalmente a questo punto, stato d’animo o non stato d’animo, gli ho urlato
– Ma vaffanculo tu.
Purtroppo mi è venuto in mente solo un secondo più tardi che avrei dovuto aggiungere “coglione testa di cazzo pezzo di merda”, e certi attrezzi se li impugni anche con solo un secondo di ritardo non solo più utilizzabili.
Per inciso, proprio pochi minuti prima mi era passata di fianco, venendomi incontro, un’auto dei carabinieri, a passo d’uomo perché eravamo in zona pedonale, quindi mi hanno sicuramente vista e non si sono minimamente sognati di fermarsi e dirmi qualcosa, esattamente come la polizia la notte scorsa. Adesso comunque, se dovessi leggere che qualcuno ha chiamato i carabinieri per denunciare qualche pericoloso assembramento di quattro ospiti in casa del vicino o di tre ragazzotti in strada, so di chi si tratta.
La prossima volta comunque lo meno.

barbara

QUALCHE DOMANDA

Domanda N° 1

Quando, esattamente, ha cominciato a circolare il virus a Wuhan? E quando, esattamente, è arrivato in Italia?

Perché, come è arrivato con questi ragazzi alla fine di ottobre, che cosa ci impedisce di pensare che possa essere arrivato anche prima della metà del mese con qualche imprenditore, o con qualcuno delle centinaia di migliaia di cinesi residenti in Italia, che periodicamente vanno a visitare le famiglie?

Domanda N° 2

Quando ci decideremo a dichiarare l’utero in affitto, ossia la compravendita di bambini al mercato degli schiavi, crimine contro l’umanità? Crimine che è sempre tale, anche in tempi “normali”, ma che in tempo di pandemia assume tinte ancora più orripilanti: succede infatti che in un albergo di Kiev si trovano parcheggiati decine di neonati
neonati
commissionati da ricchi negrieri pratici in compravendite di carne umana, che ora a causa del blocco determinato dalla pandemia non possono andare a ritirare i loro pacchetti di carne. Che cosa ne sarà di questi bambini? Nessuno lo sa. (qui maggiori dettagli)

Domanda N° 3

Davvero per evitare di morire di covid a decine di migliaia (e se non fosse una tragedia, qui ci sarebbe da fare una grassa risata) era necessaria la riduzione in schiavitù di sessanta milioni di cittadini e l’instaurazione di uno stato di polizia con sospensione della Costituzione ed esautoramento del Parlamento?

La leggenda metropolitana del lockdown

Una mia regola aurea è che tutto è possibile eccetto ciò che è logicamente impossibile. Una legge della logica è quella della contro-inversa: se A implica B, allora non-B implica non-A. Mancanza di lockdown implica che si hanno più morti? Allora, a parità di condizioni iniziali, avere meno morti implica che s’è fatto il lockdown. Il caso vuole che al giorno 8 marzo le condizioni iniziali di Italia e di Sud Corea fossero le stesse: entrambi i Paesi registravano 7300 infetti. Orbene, al 4 di maggio l’Italia ne registra 212 mila e piange 29 mila morti, la Sud Corea registra 11 mila infetti e piange 250 morti. Ma in Sud Corea non c’è stato il lockdown che abbiamo fatto noi. Per la regola della contro-inversa, non avessimo fatto il lockdown, non avremmo avuto né più casi né più morti.
Massimamente grazie a mezzi di comunicazione che ricordano quelli cinesi, serpeggia una leggenda metropolitana: è vero che le misure del governo hanno dato un colpo mortale all’economia, ma almeno ci hanno salvato la vita e protetto la salute. Se fosse così, dovremmo essere felici, che quando c’è la salute c’è tutto. Ma non è così. È, quella, appunto, una leggenda metropolitana. Di questo è necessario esserne consapevoli, noi e il governo: noi perché si impari a non dare la fiducia agli incompetenti incapaci, e il governo – qualunque governo ­– perché non commetta gli stessi errori. Alcuni dei quali sono imperdonabili.
Condizione necessaria affinché, in assenza di vaccini, siano efficaci misure di contenimento di un virus pandemico, è la velocità e determinazione nell’implementare le misure stesse. Qualunque fosse stata la strategia scelta, il fattore cruciale era la velocità d’azione. Il primo caso diagnosticato d’infezione avvenne l’8 di dicembre in Cina. Il 4 febbraio, quando avevano 15 casi e zero decessi, i sudcoreani chiudevano il Paese agli arrivi dalla Cina. Lo stesso 4 febbraio il sindaco di Firenze, con velleitario pidiota antirazzismo, lanciava l’hashtag #abbracciauncinese (nessun magistrato l’ha toccato, naturalmente, ma questa è un’altra storia).
In perfetta sintonia col pidiota, Conte attendeva il 9 marzo, quando gli infetti registrati erano già 10 mila e 600 i decessi, per attuare il lockdown. Brillante per incapacità, s’è adagiato sul parere dei cosiddetti esperti. I quali – lo sa anche un boy-scout – sono il modo più sicuro per rovinarsi (i cavalli il più veloce e le donne il più piacevole). Una qualunque Giulia Grillo avrebbe saputo discernere i contraddittori pareri di teste d’uovo rivelatesi incapaci di riconoscere la natura pandemica del virus. Cosa non impossibile, visto che i loro colleghi cinesi, sudcoreani, giapponesi, vietnamiti, l’avevano subito capito.
Conte regna su di noi, ma la confusione regna nella testa di Conte. Ci sarebbe da chiedergli perché, se ha chiuso quando c’erano 10 mila infetti attivi, sta aprendo ora che gli infetti attivi sono 100 mila. C’è una logica in questa pazzia? Direi di sì: anche lui sa che chiuderci come ci siamo chiusi non è servito, e men che meno serve oggi.
Né servirà in futuro, ove mai questo virus dovesse rinvigorirsi, come gli esperti paventano. Naturalmente non gli sarebbe salutare ammetterlo, ma si spera che per allora sappia almeno predisporre tutto quanto serve per prendersi cura di chi si ammala. Ma la vedo difficile: altra mia regola aurea è dare a tutti una seconda possibilità, mai una terza.
Franco Battaglia, 5 maggio 2020, qui.

Domanda N° 4

Ma veramente la Russia, quella che, in linea con le graziose abitudini putiniane di far sparire i giornalisti scomodi, si esibisce in intimidazioni in perfetto stile mafioso contro i nostri giornalisti non asserviti, veramente ci è stata d’aiuto?

Finisce lo show di Putin

Roma. Sono cominciate ieri le operazioni di rimpatrio dei militari russi arrivati in Italia il 22 marzo per l’operazione “Dalla Russia con amore”. Dalla base logistica dentro all’aeroporto di Orio al Serio in Lombardia questa volta si sono diretti verso l’aeroporto di Verona-Villafranca, dove un primo gruppo si è già imbarcato su due grandi aerei da trasporto Ilyushin-76, e non più verso l’aeroporto di Pratica di Mare, nel Lazio, dove erano atterrati quarantasette giorni fa. Orio al Serio dista centodieci chilometri dall’aeroporto di Verona e seicentoquaranta chilometri da Pratica di Mare, e questo suggerisce che ci sia stata la volontà di spettacolarizzare il loro arrivo. L’atterraggio dei primi Ilyushin-76 avvenne alla presenza del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, con una diretta cominciata prima a “Domenica In” in collegamento con Mara Venier e poi proseguita su facebook. Pratica di Mare è una base militare simbolica, è il luogo dove nel maggio 2002 l’allora premier Silvio Berlusconi ricevette il presidente americano George W. Bush e il presidente russo Vladimir Putin per la firma di un trattato di collaborazione tra Nato e Russia che allora fece parlare di “fine della Guerra fredda”. Inoltre da Roma è senz’altro più comoda da raggiungere di Verona o di qualsiasi altro aeroporto del nord, per chi ha partecipato alla coreografia dell’arrivo. La parte più pesante del carico arrivato a marzo su quindici aerei cargo è rappresentata dai mezzi militari dei russi e il costo dello spostamento tra la Russia e l’Italia, andata e ritorno, sarebbe tra il mezzo milione e i due milioni di euro secondo le stime di esperti sentiti dal Foglio. Questo costo sarebbe stato sostenuto dall’Italia e c’è da usare il condizionale perché il governo non ha mai chiarito la questione. I mezzi fatti arrivare dai russi sugli aerei cargo non erano speciali e sono in dotazione anche all’esercito italiano, che infatti nello stesso periodo si è occupato di sanificazione un po’ in tutto il paese, da Verona al Piemonte e da Bergamo alla Sicilia. La Difesa russa ha dichiarato due giorni fa di avere sanificato 114 edifici per un totale di un milione e centomila metri quadri. Un’operazione meritoria ma anche a scadenza molto breve, perché la sanificazione per essere efficace dev’essere ripetuta nel tempo soprattutto in una regione come la Lombardia che ancora produce centinaia di nuovi contagiati al giorno e quindi non si capisce molto il senso strategico di tutta la manovra militare. Inoltre se si vanno a vedere i prezzi fatti dalle imprese private di sanificazione in questo periodo si realizza che è possibile sanificare quello stesso numero di metri quadri per circa trecentomila euro – e volendo anche a prezzi inferiori. E quindi – a meno che non siano chiariti alcuni punti della vicenda – l’impressione che si sia trattato di una costosa (per noi) operazione di propaganda da parte della Russia per sfruttare un periodo di crisi del paese è forte. La televisione russa ha trasmesso con gusto le immagini di chi in Italia toglieva la bandiera dell’Unione europea (dalla quale in questi giorni attendiamo miliardi di prestiti a condizioni incredibilmente favorevoli) per sostituirla con quella russa. I partiti di opposizione spesso chiedono chiarimenti al governo per molto meno, ma in questo caso non lo faranno perché sono ancora più filorussi. Se Mosca ha lanciato un’iniziativa metà di soccorso e metà di propaganda politica sul nostro territorio è perché in politica estera siamo un paese con idee molto confuse. Questo filo diretto del governo italiano con Putin non si sa chi dovesse impressionare alla fine, ma di sicuro non i paesi con cui vorremmo un rapporto più funzionale in Europa e di sicuro non gli Stati Uniti. Nel frattempo i Cinque stelle, partito di maggioranza dentro al governo, un giorno si vantano di avere una relazione speciale con la Cina “da giocare contro l’Unione europea” e un giorno assicurano di essere fedeli all’atlantismo.

Daniele Raineri, 9 maggio 2020, Il Foglio

Domanda N° 5

Ho trovato in rete questa immagine,
probabilità
e mi chiedo:

a) Da quando in qua abbiamo l’abitudine di starnutire direttamente sulla faccia di chi ci sta di fronte, a cinquanta centimetri di distanza?

b) Come sono state stabilite quelle percentuali? Hanno preso 400 positivi e 400 negativi, li hanno messi uno di fronte all’altro a gruppi di cento a mezzo metro di distanza, hanno fatto starnutire i positivi direttamente sulla faccia dei dirimpettai e alla fine hanno contato quanti negativi erano diventati positivi? (Ah no, devono essere il doppio, se no con quel “,5” mi sa che ce la vediamo brutta, anzi, se la vede brutta lui). Ma davvero pretendono di convincerci a usare le mascherine con simili cagate? E oltretutto senza una parola sul tipo di mascherina.

Per ora mi fermo, ma di domande da fare ce ne sarebbero fino a domani.

barbara