la serie di documenti sulla guerra in Ucraina per dare conto di un avvenimento di almeno pari gravità denunciato in consiglio comunale dal noto politico Mattia Santori. Ascoltiamolo dalla sua viva voce
Spero siate toccati quanto me – e quanto l’ottimo Mattia – dal drammatico evento e vorrete mobilitarvi per far sì che mai più simili tragedie funestino la nostra società (in effetti, fra due cani e due oche, che cosa meglio di una sardina?).
PS: NOTA PER LE TESTE DI CAZZO ANALFABETE Non ho MAI accostato la parola “traditore” al nome di Rabin. Quello che ho detto è che è stato una delle tre peggiori sciagure capitate a Israele. E naturalmente, a differenza delle teste di cazzo che lanciano proclami a vanvera, non mi sono limitata a dirlo, bensì l’ho rigorosamente documentato (e chi sa l’ebraico potrà anche ascoltare dalla sua viva voce le mostruosità uscite dalla sua bocca).
PPS: Naturalmente ho sempre saputo quello che quell’individuo pensa e dice in giro di me: come tutti sanno, noi del Mossad abbiamo le nostre talpe sguinzagliate in giro, che perlustrano il territorio e poi vengono a rapporto.
PPPS: Come detto sopra, non ho mai accostato la parola traditore al nome di Rabin, neppure tra di me ho mai pensato a lui in questi termini. Ho continuato a non pensarlo dopo averlo letto, da quell’individuo, per la prima volta. E ho continuato a non pensarlo dopo la seconda volta. Ma la terza volta che, sempre da lui, sono tornata a leggerlo, vista l’insistenza sono stata spinta a rifletterci su e alla fine ho dovuto riconoscere che sì, traditore è proprio la definizione giusta: Rabin è stato un traditore. Grazie infinite ed eterna riconoscenza per avermi aperto gli occhi.
Cartoline dal manicomio Italia: l’odio non è più un problema se viene da sinistra
Cartoline dal manicomio Italia. Un lanciatore di frisbee, uno di quegli eterni fuoricorso della vita che a 32 anni ancora bazzicano i centri sociali, vien messo a dirigere un collettivo di parigrado chiamato “sardine” e si monta la testa: “Piaccio a tutte, mi cercano tutti” dice mentre gli fanno mangiare piatti di sardine in continuazione. Gli chiedono che idea abbia della prescrizione, e lui dice che i bambini autistici non possono giocare a pallacanestro. Poi difende il sistema Bibbiano, atroce, infernale, con queste parole: “Tutte balle, solo uno slogan”. Secondo una cantante di alterne fortune, Paola Turci, questo capo sardina è “il migliore politico degli ultimi anni” e alla sua corte riparano rottami musicali in cerca di gloria residua.
Un coetaneo del Sardina, ex bibitaro allo stadio, promosso capo politico di una setta fondata da un comico e un informatico, finisce a fare il ministro degli esteri: confonde i Paesi sul mappamondo, chiama il presidente cinese Xi Jinping “mister Pin”, le faide interne lo fanno cadere in disgrazia nella nomenklatura e lui commenta, in un accesso di modestia, è la fine di un’epoca. Tra i sostituti, gaffeur, incapaci, distratti, lunatici e l’ombra lunga di un competitore, ex intrattenitore in villaggi turistici formalmente uscito dalla setta per darsi ai viaggi esotici, ma sempre incombente.
Un ex ministro dell’interno, lanciato in campagna elettorale, citofona a un tunisino sospetto e chiede: scusi, lei spaccia? Si scatena il canaio, la destra lo difende in nome della lotta alla droga (sic!), la sinistra difende il nordafricano risorsa in nome del sospetto spaccio e si distingue, per furibondi attacchi, uno scrittore di romanzetti sentimentali. Un allenatore con la leucemia si espone a favore del politico al citofono e i buoni, gli umanitari commentano: che possa non arrivare a domenica, tanto un cancro ce l’ha già. Sono le sardine di cui sopra, le stesse che vogliono imporre il bando agli odiatori su internet. Sempre sul politico citofonatore, arriva una presa di posizione del Vaticano che in sostanza spiega: noi non facciamo politica, non parliamo delle persone, però quello è un pezzo di merda.
Un presidente del Consiglio per caso, o per allegria, o per decreto presidenziale, sgomita ai vertici internazionali, ma lo accompagnano per le spicce all’ultima fila, a margine della fotina di rito.
“Siamo tornati a contare in Europa”, commenta lui tutto orgoglioso.
A Sanremo un conduttore sponsorizzato da un impresario legato a un politico di sinistra pretende una giornalista esotica a sinistra della rivoluzione cinese che odia “il maschio bianco” in quanto tale. Anche lei sponsorizzata dallo stesso impresario del presentatore. La prendono, poi ci ripensano, poi cambiano idea e l’arruolano. Lei, per festeggiare, in nome del popolo si fa ospitare nella villa di una di una dinastia industriale. Sempre a Sanremo chiamano un rapper che in vita sua ha praticamente avuto successo con una filastrocca in cui vuole scuoiare un’amica che si chiama Gioia e “prima beve e poi ingoia”.
La sinistra femminista prima si indigna, poi si accorge che anche il politico citofonatore protesta e allora passa a difendere il rapper misogino in nome della sacralità artistica. La setta fondata dal comico perde pezzi, sembra sul punto di sfaldarsi e il Sardina commenta autorevolmente: non è una sorpresa, hanno perso la barra. Adesso ci siamo noi, adesso tocca a me.