Memoria corta 1
Germania 1918. La prima guerra mondiale è finita, e chi si è trovato dalla parte sbagliata devo pagare un prezzo molto alto: l’impero asburgico viene smembrato e cessa di esistere, l’impero ottomano viene smembrato e cessa di esistere, ma il prezzo più alto lo paga la Germania: la Germania, oltre che per la guerra voluta e persa, deve pagare anche per un’altra “colpa”: quella di essere lo stato contro cui nel 1870 la Francia era partita al grido di “A Berlino! A Berlino!” e una settimana dopo i tedeschi erano a Parigi. E alla Francia non bastava la punizione per i danni provocati dalla prima guerra mondiale, e non bastava neppure la vendetta: la Francia ha preteso, e ottenuto, l’umiliazione totale, la perdita totale della faccia, la perdita di ogni dignità. Il nazismo è figlio di quell’umiliazione. Hitler è figlio di quell’umiliazione. La Germania pressoché compatta intorno a lui è figlia di quell’umiliazione perché nessuno stato, e nessun cittadino di uno stato, può convivere con una simile umiliazione. Farebbe bene a ricordarlo chi non si accontenta di fermare Putin (anzi, a fermarlo non ci pensa neppure: al contrario, non fa altro che buttare benzina sul fuoco, a secchiate, per far divampare la guerra nel modo più virulento, e farla durare il più a lungo possibile, e renderla il più cruenta e sanguinosa possibile), non si accontenta di punirlo, non si accontenta di vendicarsene, ma cerca ogni modo possibile per umiliarlo. Con la riscossa della Germania non è andata a finire troppo bene.
Memoria corta 2
Unione Sovietica 1941. I lager disseminati in tutta la Siberia e le prigioni sparse in tutta l’Unione Sovietica traboccano di prigionieri. Molti sono innocenti arrestati e condannati con un pretesto, a volte senza neppure quello, ma non pochi sono dissidenti veri, odiano il comunismo, odiano Stalin, odiano tutta la baracca. Ma nel momento in cui Hitler sferra l’attacco, l’intero stato si compatta, non ci sono pacifisti a oltranza, non ci sono renitenti, molti prigionieri del Gulag chiedono di essere mandati al fronte a combattere per la Santa Madre Russia aggredita. Farebbe bene a ricordarsene chi si augura caldamente e insistentemente che qualcuno faccia fuori Putin in modo da risolvere il problema una volta per tutte: tolto di mezzo Putin, resta il popolo russo, quello di Stalingrado e Leningrado, quello che va a teatro vestito da lavoro, appena uscito dalla fabbrica, anche se provvisto unicamente di studi elementari, quello che nella metropolitana legge. Chi ha sfidato la Russia, sotto lo zar o sotto il Soviet Supremo, si è sempre trovato di fronte, oltre all’esercito, tutto il popolo russo compatto, dissidenti compresi.
Memoria corta 3
Israele 1967. Israele è accerchiato, tutto intorno ha nemici che lo odiano e vogliono distruggerlo. Nel Sinai ci sono i caschi blu dell’Onu per impedire scontri fra Egitto e Israele, ma Gamal Abdel Nasser, quando – dopo anni di guerriglia e scaramucce e attacchi terroristici e incursioni di ogni genere – si sente pronto per attaccare il vicino e dargli la botta finale, ordina all’Onu di rimuoverli e l’Onu, nella persona del Segretario Generale U’Thant, obbedisce immediatamente. Quando tutto è pronto per attaccare Israele, allo scopo dichiarato di distruggerlo e “ributtare i sionisti a mare”, quest’ultimo anticipa di qualche ora le mosse del nemico e attacca per primo, salvando così l’esistenza dello stato e la sopravvivenza degli ebrei che ci vivono. Da allora, da 55 anni, continuiamo a sentire il mantra che “Israele è l’unico colpevole della guerra perché ha sparato per primo”. La situazione non è identica, la Russia non stava correndo pericoli immediati (sono però identici i precedenti, di attacchi sistematici con molte migliaia di morti), ma credo che chi da una vita segue le vicende di Israele e combatte contro la sistematica disinformazione su di esso, dovrebbe almeno usare qualche cautela nei confronti di chi argomenta l’assoluta ed esclusiva colpevolezza della Russia col fatto che “ha sparato per prima”.
Memoria corta 4
Onu 1967-giorni nostri. La pioggia, la raffica, la grandine di risoluzioni di condanna da parte dell’Onu, compatta come un sol uomo, contro Israele, è iniziata più o meno con la guerra dei Sei giorni, e a ogni nuova risoluzione di condanna noi, amici e amanti di Israele, mostriamo indignati e inorriditi i tabelloni delle votazioni con quei numeri scandalosi, la quasi totalità a favore della condanna, le decine di astenuti e le unità di contrari, inveendo contro l’osceno baraccone. È passata qualche manciata di mesi dall’ultima di queste vergognose risoluzioni, e vediamo ostentare, trionfalmente, il tabellone che riporta che “141 Paesi a favore, 5 contrari e 35 astenuti: L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato per condannare la Russia”: e dunque l’Onu non è più un osceno baraccone? Le stesse, identiche, percentuali bulgare, sono diventate motivo di vanto? Il voto dell’Onu pilastro portante della giustezza della propria posizione come prima lo era per Paesi islamici e comunisti odiatori di Israele? Occhio ragazzi, che l’amnesia è una malattia pericolosa.
Aggiungo – e poi per oggi mi fermo (quasi) – il discorso del ministro degli esteri della Federazione Russa, Sergej Viktorovič Lavrov pubblicato sul sito dell’Ambasciata russa in Italia
“Per molti anni l’Unione europea, mascheratasi da “pacificatore”, ha generosamente finanziato il regime di Kiev, che è salito al potere come risultato di un colpo di stato anticostituzionale. Ha osservato in silenzio lo sterminio della popolazione nel Donbass e lo strangolamento dei russofoni in Ucraina. L’UE ha ignorato i nostri continui appelli per attirare l’attenzione sul dominio nazista sui vertici dell’Ucraina, sul blocco socio-economico e sull’uccisione di civili nel sud-est del paese. Avendo legato tutte le prospettive delle relazioni con la Russia all’attuazione del pacchetto di misure di Minsk, non ha fatto nulla per incoraggiare Kiev a iniziare ad attuarne i suoi elementi chiave. Allo stesso tempo, ha concesso denari ai vertici di Kiev e l’eliminazione del regime dei visti. Hanno esteso le sanzioni anti-russe con pretesti dubbi. Ha partecipato alle rappresentazioni organizzate da Kiev mettendo in discussione l’integrità territoriale della Federazione Russa.
Ora, però la maschera è caduta. La decisione dell’UE del 27 febbraio di iniziare a fornire armi letali all’esercito ucraino è un’autodenuncia. Segna la fine dell’integrazione europea come progetto “pacifista” per riconciliare i popoli europei dopo la Seconda guerra mondiale. L’UE si è definitivamente schierata con il regime di Kiev, che ha scatenato una politica di genocidio contro parte della sua stessa popolazione.
Nelle sue azioni antirusse Bruxelles è arrivata, senza nemmeno accorgersene, a usare la “neolingua” orwelliana. Ha annunciato che “investiranno” nella guerra scatenata in Ucraina nel 2014 attraverso un meccanismo chiamato Fondo Europeo per la Pace”. La leadership dell’UE non ha esitato a includere missili e armi leggere, munizioni e persino aerei da combattimento tra i mezzi “difensivi”.
L’UE ha mostrato quanto vale veramente la supremazia del diritto in Europa ignorando tutti gli otto criteri della propria “Posizione comune” del Consiglio UE 2008/944/CFSP dell’8 dicembre 2008 “Sulla definizione di regole comuni per controllare l’esportazione di tecnologia e attrezzature militari”, che vieta espressamente l’esportazione di armi e attrezzature militari dall’UE nelle seguenti situazioni:
1. inosservanza degli obblighi internazionali da parte del paese di destinazione (Kiev ha ignorato i suoi obblighi derivanti dal pacchetto di misure di Minsk, approvato dalla risoluzione 2202 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite);
2. mancato rispetto dei diritti umani, compreso il rischio che le armi siano usate per la repressione interna (nel Donbass, Kiev stava commettendo un genocidio);
3. conflitto armato nel paese di destinazione e rischi di sua escalation a seguito del trasferimento di armi;
4. minaccia alla pace, alla sicurezza e alla stabilità regionali, compresa la possibilità di un conflitto armato con un paese terzo;
5. rischio per la sicurezza nazionale dei paesi dell’UE (le armi fornite possono essere utilizzate contro gli interessi dei paesi dell’UE);
6. la politica del paese ricevente, compreso il rispetto del principio di non impiego della forza, del diritto internazionale umanitario, così come del regime di non proliferazione nell’ambito del controllo delle armi (non crediamo che Kiev sia stata esemplare nell’adempimento di questi obblighi, anche in considerazione dei noti casi di commercio in nero di armi dall’Ucraina);
7. Il rischio che le armi cadano nelle mani sbagliate, comprese le organizzazioni terroristiche (data la distribuzione incontrollata di armi in Ucraina alla popolazione, è quasi certo che alcune di esse finiranno sul mercato illegale);
8. equilibrio tra militarizzazione e sviluppo economico del paese acquirente (crediamo che Kiev dovrebbe preoccuparsi più dell’economia ucraina che della repressione dei dissidenti con la forza).
I cittadini e le strutture della UE coinvolti nella fornitura di armi letali e di carburante e lubrificanti alle Forze Armate Ucraine saranno ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza di tali azioni nel contesto dell’operazione militare speciale in corso. Non possono non capire il grado di pericolo delle conseguenze.
È stato finalmente sfatato un altro mito che era stato propagato dall’UE in passato e cioè che le restrizioni unilaterali della UE, illegittime secondo il diritto internazionale, non fossero dirette contro il popolo russo. I funzionari di Bruxelles, che fino a poco tempo fa si dipingevano come “partner strategico” del nostro paese, ora non si fanno più scrupoli a dire che intendono infliggere “il massimo danno” alla Russia, “colpire i suoi punti deboli”, “distruggere la sua economia sul serio” e “impedire la sua crescita economica”.
Vogliamo assicurarvi che non sarà così. Le azioni dell’Unione Europea non resteranno senza risposta. La Russia continuerà a perseguire i suoi interessi nazionali vitali a prescindere dalle sanzioni e dalle loro minacce. È ora che i paesi occidentali capiscano che il loro dominio indiviso nell’economia globale è da tempo cosa del passato. (Qui)
Chi dovesse trovare eccessivo l’utilizzo del termine “genocidio”, ascolti queste parole del giornalista Bogdan Butkevich, a una televisione nazionale Ucraina, il 31 luglio 2014
Per chi, oltre che con l’ucraino, avesse problemi anche con lo spagnolo, traduco qui il testo in sovraimpressione:
“Lei mi ha chiesto come è possibile. È possibile perché il Donbass, in generale, non è solo una regione depressiva. Ha un insieme di problemi molto grandi, e il più grande di questi problemi è la brutale quantità di gente inutile. Mi creda, so di che cosa sto parlando. Parlando della regione del Donetsk, la sua popolazione conta approssimativamente 4 milioni di abitanti. Almeno un milione e mezzo di essi sono persone assolutamente inutili. Quello che voglio dire è che non dobbiamo cercare di capire il Donbass. Dobbiamo occuparci degli interessi nazionali dell’Ucraina,e il Donbass dobbiamo utilizzarlo come una risorsa… Quanto alla comprensione del Donbass, io non ho una ricetta di ciò che si può fare lì a breve termine, ma la cosa principale che bisogna fare, per quanto possa suonare crudele, è che esiste una certa categoria di persone che, semplicemente, devono essere assassinate”.
Buon divertimento, amici dell’Ucraina.
E ora, visto che non li fanno più gareggiare (sì, lo so, è solo per una questione di principio, non fatevi la strana idea che sia anche – almeno anche – perché tre quarti delle medaglie le vincono loro), li ospito io.
barbara