È così che la solita Premiata Ditta ce l’ha confezionata, e dato che le menzogne che funzionano meglio sono quelle che contengono almeno un frammento di verità, andiamo a cercare questo frammento per ricostruire e risistemare poi il resto. E partiamo dalle immagini. Ecco, qui vediamo il supermercato che è stato colpito, come ci hanno raccontato, ma lì vicino, proprio vicino vicino, c’è anche qualcos’altro, che non ci hanno raccontato
Davvero dobbiamo credere che l’esercito russo abbia scelto di bombardare un supermercato ignorando le vicinissime strutture militari? Dopo averci raccontato che sono criminali, spietati, crudeli, infami, perfidi, satanici peggio di Satana in persona, adesso pretendono di raccontarci che sono anche ritardati e talmente autolesionisti da sprecare preziosi missili ad alta precisione per demolire un supermercato?! Cari ragazzi, voi siete in totale malafede e per giunta deficienti, ma noi no! Quindi la dinamica appare perfettamente chiara: i missili hanno centrato le strutture militari, e a causa della loro criminale vicinanza a diverse strutture civili, qualcuna di queste è rimasta inevitabilmente coinvolta nell’esplosione. A questo proposito
“Il Tribunale dell’Aja considera convenzionalmente legittima la distruzione – non intenzionale – di obiettivi civili dentro 200 metri dagli obiettivi militari. Con il supporto di questa tesi vengono presentate due foto satellitari. La prima foto mostra che lo “spazio legittimo” si trova entro i 200 metri: 100 metri dall’impianto militare di Artem o a 187 metri dall’officina 27, che produce missili aria-aria. Il supermercato era a 90 metri circa.” (Qui, con tutti i dettagli e ulteriore documentazione fotografica)
Ecco dunque le foto
Quest’ultima la sdoppio, in modo che le immagini e le didascalie appaiano più chiare.
Ora, se riguardate un momento la prima foto, vedrete in alto un albero, icona che indica la presenza di un parco, che potete vedere meglio in quest’altra foto
Quello che segue è un video che mostra in sequenza le riprese delle diverse telecamere presenti nel parco al momento dell’esplosione:
Come possiamo chiaramente vedere, l’esplosione è molto vicina, decisamente più vicina rispetto al supermercato, e le cose che si vedono volare non fanno precisamente pensare a cose provenienti da un supermercato. E in ogni caso, ecco qui un brevissimo video dell’impianto militare distrutto dai missili russi:
Quello vicino al supermercato – l’unica cosa che la propaganda nazista ci fa vedere. E ora vediamo un’ulteriore documentazione dei crimini di guerra ucraini, ossia l’esecuzione di civili grazie a Patrick Lancaster
Altre distruzioni operate dall’esercito ucraino documentate da Graham Phillips in questo video del 27 giugno
E da Vittorio Rangeloni il 28 giugno
E infine, nel caso qualcuno ancora si ostinasse a nutrire dei dubbi, la prova documentale che la NATO sta accuratamente e sempre più aggressivamente perseguendo la terza guerra mondiale:
“Le politiche ambiziose e coercitive della Cina minacciano i nostri interessi, sicurezza e valori”. Così testualmente si apre il punto 13 del documento strategico sottoscritto dal vertice NATO di Madrid. I guerrafondai in malafede che ancora parlano di una alleanza difesa sono smentiti da un documento che dichiara guerra a gran parte del mondo. Non sola la Russia vi e definita nemico principale, evidentemente da sconfiggere. Ma tutto il pianeta viene sottoposto all’’intervento del Patto EuroAtlantico. Dall’Africa, al Medio Oriente, all’Indocina, ovunque nel mondo la NATO proclama la su intenzione di intervenire a sostegno dei propri interessi, sicurezza, valori, contro tutti i paesi ed i regimi che considera nemici. Altro che difesa dell’Europa. Il documento strategico proclama l’impegno al confronto mondiale su tutti i piani militari compreso quello nucleare. Il cui rischio però viene definito, bontà loro, “remoto”. Giorgio Cremaschi, qui.
A completamento del post con le immagini dei bambini ucraini addestrati dai nazisti del battaglione Azov, guardatevi questo tenero bambino (per qualche motivo che ignoro, postando direttamente il video, questo non risulta accessibile).
A un amico che ha ripreso dal mio blog alcune di quelle foto, una banda di buontemponi hanno scritto nei commenti: “Ma per piacere. Piantatela con queste str… dove è scritto che si addestra? Diffondete odio inutile e pericoloso”, “Sta al lunapark”, “evidentemente gli piace far figure di emme!”, “siete voi che fate una propagansa filorussa vergognosa. Si vede benissimo che è un luna park” “è un luna park”, “E’ evidente che quel bambino si sta divertendo in un Luna Park. Basta osservare attentamente tutt’intorno. Il resto è mala fede condita di forte risentimento ideologico” “È in un luna park mi sa…” “È un luna park”. Bene, ora vi porto a fare un giro al luna park. Il titolo del film, del 2017, è “Azovets”: Figli della Grande Ucraina. La didascalia recita: Un cortometraggio sul campo di Azov. Chi sono i “cadetti”? Perché i bambini escono con le mitragliatrici? Come viene costruita la Grande Ucraina in questo momento?
Qualche differenza rispetto alla gioventù hitleriana? Da questo film sono passati quattro anni e mezzo: quanti di loro sono stati mandati a farsi ammazzare? A quanti di quei genitori fieri dei figli che imparano la disciplina e il patriottismo, adesso non è rimasta che una foto? E, cosa importante da ricordare: quando vengono armati i civili – cosa ammiratissima dai coglioni di casa nostra – questi cessano automaticamente di essere civili: in base alle convenzioni di Ginevra e dell’Aja, una persona con un’arma NON è un civile, con l’aggravante di non avere una divisa che lo contrassegni specificamente come combattente; il che comporta che il nemico, sapendo che ci sono civili armati, nel momento in cui ne vede uno davanti a sé non aspetta di vedere se quello gli spara addosso per sapere se è armato o no. Il secondo obiettivo del soldato è sconfiggere il nemico e vincere la guerra, il primo è cercare di restare vivo. Se sai che ci sono combattenti privi di divisa e di qualunque segno di riconoscimento, tu spari, legittimamente, su tutto quello che si muove. A proposito, sento da ogni parte che chi riconosce le ragioni della Russia, o anche, molto più semplicemente, si pone domande su cose ambigue propinate dai mass media, odia l’occidente. Beh, gli altri non so, ma io non mi sogno minimamente di odiare l’occidente. Sono semplicemente allergica ai cretini, tutto qui.
Poi una (ennesima) testimonianza di una ragazza ucraina russofona in fuga dalle milizie ucraine
L’immancabile Soros
Un piccolo promemoria per gli smemorati
Un altro video importantissimo. Vedo continuamente sbeffeggiare quelli che “credono” all’esistenza di laboratori sotterranei per lo sviluppo di armi batteriologiche. Ecco, questo video lo dedico a loro. Non perché mi illuda che qualcuno di loro sia capace di aprire gli occhi, ma semplicemente per togliergli l’alibi dell’ignoranza in buona fede.
Poi, per distrarci un attimo dalle tragedie, ammiriamo l’uomo che ha scatenato la guerra in Ucraina e che ha in mano i codici nucleari, mentre porge la mano al suo angelo custode che però è timidissimo e ha preferito eclissarsi
After Biden finished his speech, he turned around and tried to shake hands with thin air and then wandered around looking confused pic.twitter.com/ZN00TLdUUo
Due parole sull’informazione scientifica che viene propinata dai mass media: uno, e due.
Poi, sempre a proposito di palle stratosferiche, avrete sicuramente sentito quella dei forni crematori portatili che i russi usano per far sparire le prove dei propri crimini (salvo dimenticarne qualche centinaio sulla strada, ma non stiamo a sottilizzare), il tutto dimostrato dalle foto. Peccato che queste risalgano al 2013 (come cantava l’immortale George Brassens, co uno zé mona, el zé mona). E infine un altro po’ di sbufalamenti.
DA MARIUPOL/ “Bombe, fake news, corridoi umanitari: vi racconto quello che ho visto”
“L’esercito russo sta combattendo con le mani legate: non vuole causare troppe distruzioni”. Da Mariupol, parla il fotografo Giorgio Bianchi
Da quando è cominciata la guerra in Ucraina si sente continuamente dire che la prima vittima è la verità. Le fake news da una parte e dall’altra sarebbero innumerevoli, tanto che c’è anche chi è convinto che i civili massacrati nelle città occupate dai russi sarebbero una invenzione o più semplicemente “vittime collaterali”. In fondo in tutte le guerre i civili sono vittime. Per questo abbiamo raggiunto a Donetsk Giorgio Bianchi, giornalista e fotoreporter, inviato di guerra per Visione TV in Ucraina: “Gli ucraini sono condannati a combattere perché l’Occidente ha messo a disposizione l’apparato propagandistico: la vera arma in mano a Zelensky non sono i carri armati o i missili, ma l’apparato propagandistico, che però è un’arma a doppio taglio. Sono condannati a stare dentro la narrazione che è stata costruita”, ci ha detto in questa intervista.
Hai notizie precise da Mariupol? Gli indipendentisti hanno detto di aver occupato il porto commerciale. Ti risulta? Sì, da quello che so il porto è stato preso; tornerò a Mariupol nei prossimi giorni.
Ma la città non è circondata? Si può entrare? In realtà, a Mariupol si entra e si esce come si vuole. Ci sono andato alcuni giorni fa, dovevo girare delle riprese in un carcere dove gli ucraini, da prima dell’invasione, tengono i prigionieri politici, ma ci siamo dovuti fermare, perché erano in corso combattimenti troppo violenti e la strada era bloccata.
In altre occasioni sei riuscito a entrare a Mariupol? Sì, sono stato in un palazzo alto tredici piani, da lassù si vedevano tutti i combattimenti in corso, si scorgeva la grande acciaieria, che è una delle basi ucraine, andata in fumo per i bombardamenti massicci dei russi.
Che cosa hai visto in quella città? A Mariupol ormai vivono solo donne, anziani e bambini. Ci sono ancora cellule di soldati ucraini, che cercano di confondersi con i civili, ma è difficile passare inosservati se sei un uomo, perché vieni subito fermato per controlli.
Mariupol è davvero stata rasa al suolo come viene detto? No. Quando sono andato la prima volta mi avevano inviato una infografica in cui si diceva che il 90% della città era distrutto. Ho tentato di sapere da dove avessero estrapolato quel dato e si sono giustificati dicendo che allora poteva essere il 70%. Una seconda volta, usando dei dati ritenuti ufficiali dal sindaco ucraino, mi hanno parlato di 5mila civili morti, sostenendo che era stato distrutto il 50-60% della città. Si diceva che a Mariupol c’erano ancora 250mila civili, un altro dato che contraddice quello di chi parla di 100mila persone. Era evidente che usavano solo dati parziali, a seconda di come fa loro comodo.
Ma tu cosa hai visto direttamente? Sicuramente la periferia è devastata, perché i suoi edifici vengono utilizzati come se fossero le mura di una fortezza, con palazzi alti dodici o tredici piani di cemento armato, in cui le finestre sono delle feritoie. Gli ucraini hanno messo i civili nelle cantine o li hanno spostati in altri quartieri. Hanno usato i palazzi civili come mura difensive, quindi sono stati colpiti e distrutti. La gente che ho intervistato afferma che ci sono state discussioni accese con i militari. Dicevano loro: ma se mettete un carro armato all’angolo del palazzo, poi sparate e ve ne andate, è chiaro che i russi rispondono e colpiscono le nostre case.
E i soldati cosa rispondevano? Dicono che c’è la legge marziale e possono fare quello che vogliono. Ho intervistato una signora che mi ha raccontato di una coppia andata dai militari a chiedere spiegazioni. Un soldato ha detto al marito: fai stare zitta quella c…, se no ci pensiamo noi. Un’altra donna è stata colpita in faccia con il mitra. Mariupol non è tutta a fianco degli ucraini, buona parte della popolazione è russa, è una città particolare, in cui molti aspettavano i russi come liberatori.
In realtà, un tuo collega che si trova anche lui nel Donbass ha dichiarato alla televisione italiana che anche i russofoni sono delusi da come si comportano i russi: non si aspettavano bombardamenti e attacchi così violenti, tanto da colpire anche loro. È così? Non è vero, sono tutti a favore dei russi, si aspettavano di essere inglobati nella Federazione Russa, come è successo in Crimea. È chiaro che dopo un mese senza luce, acqua e gas, staccati dagli ucraini, non siano contenti. Ma anche il Washington Post ha rivelato che gli ucraini usano i civili come scudi umani. Chi vuole andare via deve essere messo in condizione di andare via e chi vuole restare resti.
I corridoi umanitari, però, non ci sono o vengono bombardati e si parla anche di migliaia di ucraini deportati in Russia, è vero? Questa è una cosa assurda. All’inizio dicevano che non c’erano corridoi umanitari, ma non è vero, c’è gente che entra ed esce in continuazione. Chi afferma che i russi bombardano i corridoi umanitari verso ovest e lasciano liberi quelli verso la Russia, sempre ammesso che sia vero, non tiene conto che l’importante è mettersi in salvo. In un attacco in cui si prevede che anche la zona occidentale del Paese possa essere invasa, meglio scappare a oriente, perché i russi sono più forti.
Meglio cioè mettersi in mano agli invasori pur di non morire? Solo in Italia si dice che l’esito della guerra non è scontato. In realtà, se i russi volessero, potrebbero vincere e chiudere la guerra in una settimana. Se questo non è stato fatto, è perché c’è un legame con il popolo, visto che 17 milioni di ucraini sono russi e Mosca non vuole fare un massacro. Non si può definire deportazione il legittimo desiderio di fuggire dove è più facile.
Da quanto vedi e senti gli ucraini combatteranno fino all’ultimo? Gli ucraini sono condannati a combattere, perché non possono fare altrimenti.
In che senso? L’Occidente ha messo a disposizione il suo apparato propagandistico: la vera arma in mano a Zelensky non sono i carri armati o i missili, ma l’apparato propagandistico. Però è un’arma a doppio taglio e ormai gli ucraini sono condannati a stare dentro questa narrazione. Prendiamo l’esempio delle trattative: l’Occidente non vuole che si facciano. L’esempio del diplomatico ucciso dopo il primo giro di incontri è emblematico: era uno che non ci stava a questo gioco ed è stato fatto fuori.
Quindi, secondo te, si andrà avanti a oltranza? L’esito della guerra è scontato, vinceranno i russi. I soldati russi combattono con le mani legate dietro la schiena, non devono ammazzare i civili, non devono causare troppa devastazione. La Russia ha ancora diverse marce a disposizione, per ora stanno usando solo la prima. Mosca potrebbe, ad esempio, chiedere aiuto alla Bielorussia per occupare Kiev, visto che hanno un esercito motivato e ben addestrato, ma la Bielorussia non sarebbe in grado di sostenere le sanzioni economiche imposte dall’Occidente. (Qui)
E dopo le foto del modello cicciobello in posa da grullo
e una serie di domande senza risposta,
(e, ultim’ora, l’ipotesi che a colpire la nave russa possa essere stato un missile inglese o americano, nel qual caso la guerra mondiale sarebbe davvero alle porte) concludo con una bella tempesta russa
Inizierò questo post con qualche nota personale. Da quando è iniziata la guerra, sulla quale fin dal primo giorno ho preso una posizione molto netta, parecchi dei miei lettori si sono riposizionati – non tutti allo stesso modo. Qualcuno “non mi riconosce” (il motivo è molto semplice: non mi conosceva, anche se credeva di sì). Qualcuno non mi capisce, mi critica, e occasionalmente me lo dice, educatamente (le mie risposte lo sono state un po’ meno, oggettivamente, e me ne scuso. A proposito, se sei interessato a conoscermi, qui di fianco c’è un indirizzo email). E poi c’è chi, a causa della posizione che ho preso e del tipo di documenti che pubblico, ha smesso di leggermi. Ovviamente il fatto di perdere un lettore è l’ultima cosa al mondo a preoccuparmi, la qualità mi interessa molto più della quantità. Quello che non solo mi preoccupa, ma proprio mi fa paura, è la quantità di gente che si rifiuta di affrontare qualunque cosa che contrasti con la vulgata: vedo il rifiuto totale della discussione, del confronto, il rifiuto totale di qualunque microscopica divergenza dall’unico pensiero consentito; vedo gente che banna a dozzine per volta dai propri profili coloro che osano scrivere commenti scomodi perché “non voglio dover leggere idiozie”; vedo giornalisti che fanno quello che dovrebbe essere l’unico compito di un giornalista, ossia porsi e porre domande, indagare, mettere in discussione qualunque verità preconfezionata, li vedo, dicevo, derisi, sbeffeggiati, insultati, cacciati dai programmi che li ospitavano e dalle università in cui insegnano, intimati a riconsegnare premi ricevuti per la loro attività di indagine e ricerca della verità come inviati di guerra, inviti a metterli a tacere (come Mussolini per Matteotti?), chiudere loro la bocca, silenziarli. E ho visto amicizie pluridecennali chiuse con un lapidario “non posso continuare a dialogare con te”. Nessun argomento ha diritto di cittadinanza al di fuori di quelli conformi al Verbo stabilito, perché quello, e solo quello è LA Verità. E c’è stato chi è addirittura arrivato all’infamia di tirare fuori il termine negazionismo (giuro, mi viene freddo a scriverlo) nei confronti di chi sottolinea le palesi incoerenze e contraddizioni. Qualcuno ha citato Katyn, per dire che i russi sono stati capaci di commettere una tale mostruosa strage attribuendone poi la paternità ai tedeschi, e quindi perché non dovremmo credere che adesso abbiano fatto quella di Bucha? Ecco, Katyn mi sembra un ottimo esempio: uno dei belligeranti ha perpetrato un orribile eccidio e poi ne ha attribuito la responsabilità al nemico, e dato che quel nemico era l’invasore, il colpevole, il cattivo per definizione, la menzogna è stata creduta. Le successive indagini, effettuate prima dall’accusato, poi da fonti indipendenti, hanno poi dimostrato che l’attribuzione dell’eccidio era falsa. Adesso abbiamo dei morti civili sulle strade di una città ucraina, e una delle due parti in causa ne incolpa l’altra. E nonostante i numerosissimi elementi che contrastano con la versione ufficiale, nonostante l’illogicità della cosa, nonostante sia nota e ben documentata l’efferata spietatezza dei nazisti ucraini, nonostante la prudenza che l’esperienza dovrebbe suggerire, tutti ci credono. Ci credono perché si rifiutano di prendere in considerazione le prove contrastanti, o addirittura di leggere i documenti in questione, per non rischiare che i fatti si scontrino con l’ideologia e la verità precostituita. E a me questa gente fa paura. Questa gente è quella che il Duce ha sempre ragione, il Führer ha sempre ragione, il compagno Stalin ha sempre ragione, gli ebrei sono la causa di tutti i nostri mali, lo ha detto lui, i kulaki sono la causa di tutti i nostri mali, lo ha detto lui, i russi sono un pericolo per l’Ucraina e per l’Europa e per il mondo intero, dobbiamo strangolarli economicamente e armare i loro nemici perché Russia delenda est, e se dissenti, anche solo in minima parte, sei un nemico del popolo, da cancellare, da spazzare via. Indegno di esistere. E chissà se questa brava gente – parecchi di loro ebrei, parecchi di loro, anche fra i non ebrei, filoisraeliani – si rende conto che questo è lo stesso, identico giochetto che dal ’67 in poi viene fatto con Israele (a proposito: è iniziato il mese sacro di Ramadan ed è partita la solita mattanza in Israele: ve ne siete accorti? Questa invece è la lotta contro l’apartheid israeliana nei campus americani
Forte, no?). In realtà è tutto sotto gli occhi di tutti, ma siccome abbiamo deciso che non è Francesca, bisogna per forza che sia Filippa Maria. E tuttavia ci sono quelle famose riprese satellitari, che smentiscono irrefutabilmente la vulgata antirussa, ma tranquilli, non è Francesca. E ci sono le foto col bracciale bianco – quei “collaborazionisti” dai quali i miliziani ucraini, appena rientrati, si sono precipitati a ripulire la città
e sui quali Capuozzo, sì, il solito rompiscatole di Capuozzo, si pone qualche domanda, ma non preoccupatevi, non può essere Francesca. E poi c’è questo organo ucraino in cui si lamenta che i russi hanno lasciato mine dappertutto, ma nessun cenno di morti, ma è escluso che possa essere Francesca. E c’è anche questa splendida registrazione, in cui uno dei due interlocutori è incazzato nero perché non è stata messa sulla strada neanche una donna, il che toglie parecchia credibilità alla narrazione del massacro di civili da parte dei russi e l’altro gli assicura che non succederà più – cioè che la prossima volta che insceneranno una strage russa lavoreranno con più attenzione – ma non agitatevi, non è Francesca, garantito. E ci sono quelle foto (un’immagine vale più di mille parole, lo sappiamo, e quindi le guardiamo, le foto, tutte, con molta molta attenzione) coi morti per strada e la gente che ci passeggia in mezzo, con aria del tutto indifferente, come se non ci fossero,
che addirittura ci cammina sopra senza neppure accorgersene, proprio come se non ci fossero,
ma voi dormite i vostri sonni sereni: è chiaro che non può essere Francesca. Ed è anche sempre più chiaro chi e perché ha tutto l’interesse a fomentare la narrazione dei crimini di guerra russi e io, davvero, non capisco come qualcuno abbia potuto inventarsi che fosse Francesca. Poi adesso è arrivato un missile a Kramatorsk,
lanciato naturalmente dai russi, che ha provocato una trentina di morti e un centinaio di feriti Si tratta di un Tochka U, di fabbricazione russa ma non più usato in Russia da tre anni e attualmente in dotazione unicamente all’esercito ucraino. Nella foto sottostante si può vedere un esemplare di questo tipo di missile, i rottami del missile atterrato a Kramatorsk e un missile Iskander, quello usato dai russi.
Inoltre il missile è arrivato da sud-ovest, zona attualmente sotto controllo ucraino, ma Francesca a Kramatorsk non ci è neppure andata, figuriamoci. E arrivati a questo punto, direi che vale la pena di ascoltare anche un po’ di gente che le guerre le ha conosciute da vicino.
Come ormai mi capita di dire spesso non ho più parole per descrivere gli orrori di questa guerra scellerata e non ho più parole per descrivere, anticipandolo, il burrone dentro cui ci sta spingendo Biden con la complicità dei governi europei e di una “stampa” senza più misura nell’accompagnarli per mano, ubbidiente e compatta: non più diplomazia, pressione politica, accordo di pace ma, guerra permanente e ucraini sacrificabili sognando la distruzione della Federazione russa e di conseguenza un’equa ridistribuzione delle enormi riserve di materie prime strategiche presenti nel sottosuolo dello “Zar”. Mi chiedo se gli ucraini ne siano coscienti. Malauguratamente per ora i risultati sono questi: – morte, distruzione, sofferenze e dolore senza una fine prevedibile per il popolo ucraino e presto per quello russo; – seri rischi che la guerra possa estendersi all’Europa o alla meglio che possa trasferire pur a distanza i suoi pesantissimi, inevitabili effetti sociali ed economici; – aver “spinto” forse definitivamente la Cina e la Russia ad abbracciarsi in una alleanza che lascia prevedere il risorgere della guerra fredda di recente memoria, anzi freddissima, perché questa volta non sarà più fra occidente e Russia ma fra occidente e oriente, con tutte le terribili conseguenze che comporterà. Complimenti alla Politica d’occidente! Si poteva fare meglio? Leggete sotto cosa racconta il Wall Street Journal P.S. consigliato a chi è interessato a vedere tutta la storia al di la di Putin boia: oggi il Fatto Quotidiano riporta quello che definisce lo scoop di febbraio del Wall Street Journal. La ricostruzione dei fatti ricorda che cinque giorni prima dell’invasione russa, il cancelliere tedesco propose all’Ucraina un accordo con la Russia che sarebbe stato siglato da Biden e Putin in persona, nel quale Kiev si impegnava a dichiararsi neutrale rinunciando alla Nato: Kiev, cioè Zelens’kyi, non accettò sostenendo “di non credere che Putin avrebbe tenuto fede a un accordo di quel tipo” e perché ” la maggioranza degli ucraini vuole la Nato” Di nuovo, non ho parole!
LETTERA DI 10 EX CORRISPONDENTI DI GUERRA CONTRO LA PROPAGANDA DEI NOSTRI MEDIA
“Ecco perché sull’Ucraina il giornalismo sbaglia. E spinge i lettori verso la corsa al riarmo”: lo sfogo degli ex inviati in una lettera aperta. “Basta con buoni e cattivi, in guerra i dubbi sono preziosi” Undici storici corrispondenti di grandi media lanciano l’allarme sui rischi della narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto: “Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin”. L’ex inviato del Corriere Massimo Alberizzi: “Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni”. Toni Capuozzo (ex TG5): “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori. Trattare così il tema vuol dire non conoscere cos’è la guerra”. “Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male”. Inizia così l’appello pubblico di undici storici inviati di guerra di grandi media nazionali (Corriere, Rai, Ansa, Tg5, Repubblica, Panorama, Sole 24 Ore), che lanciano l’allarme sui rischi di una narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto nel giornalismo italiano (qui il testo integrale sul quotidiano online Africa ExPress). “Noi la guerra l’abbiamo vista davvero e dal di dentro: siamo stati sotto le bombe, alcuni dei nostri colleghi e amici sono caduti”, esordiscono Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Toni Capuozzo, Renzo Cianfanelli, Cristiano Laruffa, Alberto Negri, Giovanni Porzio, Amedeo Ricucci, Claudia Svampa, Vanna Vannuccini e Angela Virdò. “Proprio per questo – spiegano – non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell’era web avanzata. Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi“, notano i firmatari. “Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo”. “L’opinione pubblica spinta verso la corsa al riarmo” – Gli inviati, come ormai d’obbligo, premettono ciò che è persino superfluo: “Qui nessuno sostiene che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. Lui è quello che ha lanciato missili provocando dolore e morte. Certo. Ma dobbiamo chiederci: è l’unico responsabile? Noi siamo solidali con l’Ucraina e il suo popolo, ma ci domandino perché e come è nata questa guerra. Non possiamo liquidare frettolosamente le motivazioni con una supposta pazzia di Putin“. Mentre, notano, “manca nella maggior parte dei media (soprattutto nei più grandi e diffusi) un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo”. Quegli stessi media che “ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l’opinione pubblica e la preparano a una pericolosissima corsa al riarmo. Per quel che riguarda l’Italia, a un aumento delle spese militari fino a raggiungere il due per cento del Pil. Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione. L’emergenza guerra – concludono – sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre”. Alberizzi: “Non è più informazione, è propaganda” – Parole di assoluto buonsenso, che tuttavia nel clima attuale rischiano fortemente di essere considerate estremiste. “Dato che la penso così, in giro mi danno dell’amico di Putin”, dice al fattoquotidiano.it Massimo Alberizzi, per oltre vent’anni corrispondente del Corriere dall’Africa. “Ma a me non frega nulla di Putin: sono preoccupato da giornalista, perché questa guerra sta distruggendo il giornalismo. Nel 1993 raccontai la battaglia del pastificio di Mogadiscio, in cui tre militari italiani in missione furono uccisi dalle milizie somale: il giorno dopo sono andato a parlare con quei miliziani e mi sono fatto spiegare perché, cosa volevano ottenere. E il Corriere ha pubblicato quell’intervista. Oggi sarebbe impossibile“. La narrazione del conflitto sui media italiani, sostiene si fonda su “informazioni a senso unico fornite da fonti considerate “autorevoli” a prescindere. L’esempio più lampante è l’attacco russo al teatro di Mariupol, in cui la narrazione non verificata di una carneficina ha colpito allo stomaco l’opinione pubblica e indirizzandola verso un sostegno acritico al riarmo. Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni e nemmeno chi si informa leggendo più quotidiani al giorno riesce a capirci qualcosa”. Negri: “Fare spettacolo interessa di più che informare” – “Questa guerra è l’occasione per molti giovani giornalisti di farsi conoscere, e alcuni di loro producono materiali davvero straordinari“, premette invece Alberto Negri, trentennale corrispondente del Sole da Medio Oriente, Africa, Asia e Balcani. “Poi ci sono i commentatori seduti sul sofà, che sentenziano su tutto lo scibile umano e non aiutano a capire nulla, ma confondono solo le acque. Quelli mi fanno un po’ pena. D’altronde la maggior parte dei media è molto più interessata a fare spettacolo che a informare”. La vede così anche Toni Capuozzo, iconico volto del Tg5, già vicedirettore e inviato di guerra – tra l’altro – in Somalia, ex Jugoslavia e Afghanistan: “L’influenza della politica da talk show è stata nefasta”, dice al fattoquotidiano.it. “I talk seguono una logica binaria: o sì o no. Le zone grigie, i dubbi, le sfumature annoiano. Nel raccontare le guerre questa logica è deleteria. Se ci facciamo la domanda banale e brutale “chi ha ragione?”, la risposta è semplice: Putin è l’aggressore, l’Ucraina aggredita. Ma una volta data questa risposta inevitabile servirebbe discutere come si è arrivati fin qui: lì verrebbero fuori altre mille questioni molto meno nette, su cui occorrerebbe esercitare l’intelligenza”. Capuozzo: “In guerra i dubbi sono preziosi” – “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori”, argomenta Capuozzo. “Invece è proprio in queste circostanze che i dubbi sono preziosi e l’unanimismo pericolosissimo. Credo che questo modo di trattare il tema derivi innanzitutto dalla non conoscenza di cos’è la guerra: la guerra schizza fango dappertutto e nessuno resta innocente, se non i bambini. E ogni guerra è in sè un crimine, come dimostrano la Bosnia, l’Iraq e l’Afghanistan, rassegne di crimini compiute da tutte le parti”. Certo, ci sono le esigenze mediatiche: “È ovvio che non si può fare un telegiornale soltanto con domande senza risposta. Però c’è un minimo sindacale di onestà dovuta agli spettatori: sapere che in guerra tutti fanno propaganda dalla propria parte, e metterlo in chiaro. In situazioni del genere è difficilissimo attenersi ai fatti, perché i fatti non sono quasi mai univoci. Così ad avere la meglio sono simpatie e interpretazioni ideologiche”. Una tendenza che annulla tutte le sfumature anche nel dibattito politico: “La mia sensazione è che una classe dirigente che sente di avere i mesi contati abbia colto l’occasione di scattare sull’attenti nell’ora fatale, tentando di nascondere la propria inadeguatezza. Sentire la parola “eroismo” in bocca a Draghi è straniante, non c’entra niente con il personaggio”, dice. “Siamo diventati tutti tifosi di una parte o dell’altra, mentre dovremmo essere solo tifosi della pace”.
Quindi è chiaro: è assolutamente escluso che possa essere Francesca.