QUANDO IL MITÙ CADE DALLA PARTE SBAGLIATA

Se l’accusato è democratico, il #MeToo non vale più

Leone Grotti 16 maggio 2020

Non è un periodo facile per il movimento #MeToo, quello che ha fatto del motto «credere alle donne» il proprio grido di battaglia e che da anni ormai trasforma ogni accusa di molestie in una prova e ogni assembramento su twitter in un tribunale digitale. Fino a quando a essere accusati di palpatine o avance indesiderate sono personaggi invisi al mondo progressista, all’interno del quale il movimento è nato, come il presidente Donald Trump o il giudice della Corte suprema Brett Kavanaugh, è tutto semplice. Il problema è quando il comandamento «crediamo alle sopravvissute» va applicato a donne che hanno malauguratamente accusato la persona “sbagliata”. Allora gli ingranaggi del sistema, che devono immediatamente portare a dimissioni o perdita della faccia dell’accusato secondo la Bibbia neofemminista, si inceppano.

CHE GUAIO PER JOE BIDEN

È il caso di Tara Reade, ex assistente del candidato alla Casa Bianca per il partito democratico, Joe Biden, che ha accusato di molestie sessuali il suo ex principale, che il mondo progressista americano ha nominato (anche se in modo un po’ riluttante) a suo nuovo paladino nella lotta contro il nemico di tutti i nemici: Trump.
Ora il candidato presidente si trova davanti a un bel guaio, avendo dichiarato in passato al pari di quasi tutti i candidati o elettori democratici: «Se una donna esce alla luce del sole esponendosi a livello nazionale, bisogna partire dal presupposto che l’essenza di quello che dice è vero». Anche nel caso dell’ex vicepresidente di Barack Obama? Beh, in questo caso è necessario fare qualche distinguo. Non basta più la parola della “vittima” e anche le femministe del #MeToo invocano un’indagine dei “fatti”.

LA RISCOPERTA DEI «FATTI»

Lo stesso Biden ha reinterpretato le sue stesse parole sulla necessità di «credere alle donne»: «Credere alle donne significa prendere sul serio coloro che fanno un passo avanti. Poi però bisogna guardare alle circostanze e ai fatti», ha dichiarato in una recente intervista con assoluto buon senso, lo stesso che non aveva utilizzato quando a essere sul banco degli imputati erano altri maschi bianchi ma di fede repubblicana.
Anche Fatima Goss Graves, presidente del National Women’s Law Center, improvvisamente si sente in vena di distinguo: «Parlando di “credere alle sopravvissute” non abbiamo mai inteso che le loro parole erano l’inizio e la fine di un’indagine. Intendevamo solo dire che vanno prese seriamente».

«ASCOLTIAMO LE DONNE, MA IO CREDO A BIDEN»

Stacey Yvonne Abrams, membro del Partito democratico molto attiva nella difesa delle donne, è arrivata a operare una completa giravolta nel caso Reade-Biden: «Credo che le donne meritino di essere ascoltate e credo sia necessario ascoltarle, ma credo anche che le accuse vadano investigate. E in questo caso credo a Joe Biden».
Contorcimenti che per Shaunna Thomas, fondatrice del movimento in favore dei diritti delle donne Ultra Violet, sono come una pugnalata: «È difficile per delle sopravvissute vedere che una donna ha più prove di qualunque altra prima di lei in situazioni simili ma viene gettata via da attori politi cinici».

«ACCUSE TERRIBILI, MA VOTERÒ PER LUI LO STESSO»

La verità è che martedì 3 novembre gli Stati Uniti eleggeranno il nuovo presidente e i democratici non possono permettersi che una Reade qualunque metta in discussione il loro candidato. «Le accuse a Biden sono terribili e il suo comportamento, stando alle accuse, non può essere scusato», ammette la democratica Stephanie Sims, tra i pezzi grossi di Lei vota Illinois, movimento a favore della rappresentanza politica femminile Ma aggiunge come scrive la Bbc: «Questo non cambia il fatto che voterò per lui».
È lo stesso ragionamento che farebbe con Trump? «Come elettrice devo guardare a un quadro più ampio. Devo guardare a ciò che l’amministrazione Biden farà per il paese. Altri candidati sono stati accusati da 25 donne. Lui solo da una». Così il movimento #MeToo, dalla sera alla mattina, scopre la ragion di Stato, fa propria la lezione di Machiavelli e accetta di essere un puro mezzo verso un fine più grande: la vittoria dei democratici alle elezioni. Con buona pace delle donne. (qui)

@LeoneGrotti

Questa fulgente nonché fulgida pagina che resterà negli annali della storia del femminismo, mi ha riportato alla memoria un episodio di tredici anni fa, di cui ho dato conto in un post che potete trovare qui, ma siccome il cannocchiale funziona a manovella per cui richiede lunghe pause per dare moto al manovellatore di riprendere fiato, ve la metto anche qui integralmente (ma se il cannocchiale funziona andate anche lì: ci sono alcune cose interessanti anche nei commenti, oltre alla foto).

PER SOLE DONNE

Ho cinquantasei anni, come sa chi mi conosce. Sono cresciuta in tempi in cui le donne che guidavano si contavano sulle dita, e se per la strada si vedeva un’auto parcheggiata male potevi giurarci che immediatamente partiva il coro “Scommettiamo che è una donna?”. Sono cresciuta col vicino di casa che non è mai riuscito a capacitarsi che mio padre mi facesse studiare, visto che tanto poi, essendo una donna, dovevo sposarmi e stare a casa a fare figli. Sono cresciuta con le mamme delle mie amiche e compagne di scuola – in classi rigorosamente femminili alle elementari e alle medie – che nella quasi totalità facevano le casalinghe. Sono cresciuta sentendo dire in famiglia – e in molte altre famiglie – “sta’ zitta tu che sei una donna”. Sono cresciuta sentendo dire che noi non siamo affidabili perché abbiamo il ciclo che ci rende instabili, che il nostro unico posto adatto è a casa a fare la calza e pulire il culo ai bambini, che il nostro unico valore è quello di avere un buco in cui infilarsi.
Sono cresciuta combattendo contro branchi di maschi stronzi, bastardi e deficienti: con le unghie, coi denti – e non metaforicamente; all’occorrenza anche a calci sui coglioni – neanche questi metaforici. Sono andata avanti combattendo da sola tutte le mie battaglie. Sono partita senza chiedere prima se ci fosse qualcun altro a partire con me. Ho percorso la mia strada senza mai far conto sugli uomini.
Chiarito questo, passiamo a quanto successo oggi: donne che decidono di dire basta alla violenza sulle donne. Donne che decidono di marciare tutte insieme per chiedere … beh, non lo so. A questo punto davvero non so più che cosa volessero chiedere. Perché la prima cosa che hanno deciso le organizzatrici della manifestazione è stata quella di escludere gli uomini: manifestazione per sole donne, così sta scritto nel loro sito. E io ho provato una violenta scossa alle budella – e no, neanche questa era metaforica. Perché, scusate, che cazzo vuol dire manifestazione per sole donne? Stiamo dicendo che gli uomini sono tutti stupratori assassini massacratori? O che altro? E con quali motivazioni si giustifica questa esclusione pregiudiziale? State un po’ a sentire.

Noi donne (tante, diverse) abbiamo bisogno di ricostituirci come soggetto politico forte e di rendere visibile questa forza, abbiamo bisogno per farlo di riflettere insieme. Un gruppo di donne quest’anno ha organizzato la manifestazione del 24 ed ha ritenuto fosse importante che ci fossero le donne per le donne…e non credo ci sia la volontà di imporre una pratica sulle altre, tutte sicuramente valide, c’è solo la volontà di affermare una presenza politica e culturale e come tale sarebbe auspicabile che venisse riconosciuta e valorizzata con la presenza di tutte.
Sono le donne ad essere impegnate nella lotta alla violenza maschile, abbiamo acquisito competenze personali e professionali negli anni, lavorando nei centri di accoglienza per donne vittime di violenza, organizzando convegni, portando avanti progetti, corsi di formazione e di sensibilizzazione (parola che mi piace poco) e quindi ci meritiamo che tutto questo sia visibile, ci meritiamo la Nostra Manifestazione! Per chi non volesse riconoscere tutto questo, faccia pure, visto che evidentemente non è in grado di fare altro!

Per esempio, si parla tanto di superare le logiche dicotomiche e poi nel momento in cui si organizza una manifestazione di donne per le donne si pensa all’esclusione (inclusione/esclusione, non è dicotomico questo?) fraintendendone e stravolgendone il senso.
é necessario un tessuto di relazioni (politico) per dare forza alle azioni di ognuna e avere il giusto riconoscimento per l’impegno e l’intelligenza di tutte.
Uno degli strumenti per agire violenza sulle donne è proprio l’isolamento e la contrapposizione con le altre…è sempre stato così, è una dinamica tipica!

Penso che le donne abbiamo ben altro da fare che sensibilizzare al “fenomeno” della violenza. Dobbiamo riflettere sulla nostra soggettività e sui nostri desideri, sugli investimenti affettivi, sulle aspettative, abbiamo ancora bisogno di una seria e continua decostruzione e ricostruzione critica e consapevole dei nostri spazi fisici e di riflessione…la strada è lunga ma la percorriamo ben volentieri.

Mi fermo qui coi deliri delle organizzatrici, per passare a quello che è successo oggi. Al grido di “Fuori i fascisti” sono state cacciate dal corteo Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna, tanto per cominciare: dobbiamo capirla così, che le donne del centro-destra si possono tranquillamente stuprare, seviziare, assassinare? Poi sono state cacciate anche Barbara Pollastrini e Livia Turco: fasciste anche loro? E per farla completa sono stati cacciati anche due cronisti e un fotografo che stavano facendo il loro mestiere, ossia “coprendo” la manifestazione, con l’unica motivazione che “siete uomini”. E garantisco che anche stavolta non è in senso metaforico che vi informo che ho avuto un conato di vomito. Da quant’era che non c’era una iniziativa così grandiosa contro la violenza sulle donne? Se ne poteva fare uno strumento di lotta prezioso, se ne poteva fare un trampolino di lancio per un’infinità di altre iniziative, e un branco di galline isteriche cui il padrone – rigorosamente maschio, beninteso! – non ha ancora dato il contrordine compagni lo ha distrutto. E questa occasione sprecata, mi sa, la pagheremo per anni. (Qui, per chi abbia voglia e stomaco di leggersi il delirio completo). [purtroppo il sito non esiste più: che abbiano avuto un rigurgito di vergogna? Viste le premesse dubito che sia nelle loro capacità]

La contestazione delle ministre. (E mi mancava solo di dover rivedere quel gesto schifoso, che speravo morto e sepolto)

La cosa consolante è che non solo gli uomini, ma anche le donne che hanno commentato questo post si sono trovate d’accordo con me nella condanna senza mezzi termini di questo abominio. Quando ero a Heidelberg, nell’89, c’erano stati due stupri, uno in pieno centro, di sera ma non tardi, l’altro di giorno in un alloggio per studenti. È stata organizzata una manifestazione, a cui ho partecipato insieme a una compagna di classe, e la cosa che entrambe abbiamo trovato più avvilente è stato il fatto che gli uomini presenti nel corteo si contavano sulle dita (numerosi erano invece quelli che, lungo il percorso del corteo, ci sbeffeggiavano mostrandoci, con le due mani a mezzo metro una dall’altra, le dimensioni che secondo loro erano in grado di soddisfarci e che, a quanto pare, erano generosamente pronti a offrirci. Da vomito), ma non per tutte, evidentemente, la solidarietà degli uomini è qualcosa di apprezzabile e desiderabile. Tornando alla porcata del mitù, di cui ho abbondantemente trattato in questo blog, credo che si potrebbe dire delle cosiddette femministe la stessa cosa che Abba Eban ebbe a dire dei palestinesi: non perdono mai l’occasione di perdere un’occasione – non per niente quelle di quella parte politica sono tutte filopallestinare, guarda caso.

barbara

L’IMPLACABILE GHIGLIOTTINA DEL METOO

Se spesso hanno effetti tanto catastrofici le crociate partite con le migliori intenzioni, figuriamoci quando partono dalle intenzioni più meschine e abbiette.

Non capita spesso che un hashtag si trasformi in una rivoluzione ma, come ogni rivoluzione, capita invece spesso che questa finisca per consumare se stessa. Pochi giorni fa il #MeToo ha affossato la carriera di una grande icona di sinistra, Ronald Sullivan, il primo professore di colore decano di facoltà a Harvard, ex braccio destro del senatore Barack Obama sulla giustizia penale, difensore di casi mediatici eclatanti di ingiustizia razziale come a Ferguson nel Missouri, cui è appena costato il posto da decano alla prestigiosa università americana per aver difeso in aula proprio lui, il primo imputato del #MeToo, Harvey Weinstein. “Nemico del #MeToo”, avevano scandito gli studenti alla volta di Sullivan, il cui caso arriva pochi mesi dopo quello di Roland G. Fryer, il più giovane economista di colore di ruolo a Harvard, travolto dalle accuse di sexual harassment. Sull’Atlantic di questa settimana Tom Nichols, autore del bel libro “La conoscenza e i suoi nemici” (Luiss University Press), scrive che questo fanatismo settario gli ricorda gli eccessi della Rivoluzione culturale in Cina. Perché ogni rivoluzione finisce per divorare i propri figli. Così è stato per la Rivoluzione d’ottobre, con la pletora di funzionari e di idealisti comunisti gettati nel Gulag, e la Rivoluzione culturale cinese, terminata con la distruzione dei quadri zelanti che l’avevano iniziata.
Il #MeToo è diventato un meccanismo di repressione in cui non è ammessa cautela o ammenda, dubbio o distinguo, e che ha finito per travolgere coloro che ne avevano alimentato le basi culturali. Mark Halperin, icona della Nbc, ha appena ripreso a tuittare. Charlie Rose mangia da solo al ristorante dove un tempo era una stella. La Hollywood del Big Entertainment, i celebrity chef come Mario Batali ora disgraced, il mondo della stand up comedy dei vari Aziz Ansari, i fotografi del super fashion come Terry Richardson e Bruce Weber, l’industria dei cartoni animati di John Lasseter e il Big Money, il silicio 2.0 con i tanti amministratori delegati sotto accusa.
Ma anche il Big Media e con esso il mondo dei grandi editori, come Hamilton Fish di New Republic. E la grande direzione d’orchestra, puro sound of music newyorchese. Prima il grande direttore d’orchestra James Levine ha concluso la sua carriera al Metropolitan di New York, dopo che tre uomini lo hanno accusato di molestie. Poi c’è stato il caso della leggenda del New York City Ballet, Peter Martins, abbattuto da accuse retrodatate come spesso accade nel #MeToo (poi decadute dopo un’inchiesta interna durata due mesi, ma il danno era fatto).
Infine, il musicista svizzero Charles Dutoit, rimosso dalle orchestre sinfoniche di San Francisco e Boston e dalla Canadian Broadcasting Corporation, la radio pubblica canadese famosa in tutto il mondo per le sue trasmissioni di musica classica, che ha deciso di continuare a trasmettere le registrazioni di Dutoit, ma senza più nominare il maiale di maestro. Dopo essere stato scagionato dalle accuse lo scorso dicembre, Dutoit è finito a dirigere orchestre in Francia e in Russia, un esito simile all’autoesilio europeo di Woody Allen, rimasto senza editore e senza Amazon.
Capita che il #MeToo distrugga il senatore Al Franken, accanito promotore di buone legislazioni femministe, e una femminista “cattiva” come Camille Paglia, da settimane al centro di un caso allo University of the Arts di Philadelphia, dove insegna da trent’anni e dove ora una fazione di professori e studenti censori vorrebbe licenziarla, sempre in nome del #MeToo, che Paglia avversa. “Camille Paglia dovrebbe essere rimossa dalla facoltà e sostituita da una persona gay di colore”, dichiara una petizione online.
“E’ forse la dimostrazione più letterale di come la rivoluzione consuma se stessa, come è stato detto per la prima volta durante il terrore rivoluzionario francese”, ha scritto Melanie Phillips sul Times.
Margaret Atwood, la più importante scrittrice canadese e autrice di “Handmaid’s Tale”, il romanzo distopico su un futuro in cui le donne fertili sono assegnate come schiave sessuali e diventato simbolo del #MeToo, ha accostato l’attuale clima da #MeToo alle “purghe di Stalin in Urss, le Guardie rosse in Cina, il regno dei generali in Argentina e gli inizi della Rivoluzione iraniana”. Queste cose, scriveva Atwood, “sono sempre fatte con lo scopo di inaugurare un mondo migliore. A volte sono usate come scusa per nuove forme di oppressione”.
Il #MeToo si è rivelato una gigantesca purga di liberal che Donald Trump neanche si potrebbe sognare. Non si fa in tempo a tenere la conta dei nomi che se ne aggiungono di nuovi in questo falò delle vanità.
II corrispondente del New York Times dalla Casa Bianca, Glenn Thrush, aveva appena finito di scrivere una lettera sulla sua pagina Facebook, incoraggiando i giornalisti maschi a difendere le donne, che il post gli si è ritorto contro e una serie di giornaliste lo hanno accusato.
La francese Catherine Deneuve lo aveva detto, #MeToo è diventato un cult, una setta, non un movimento di difesa delle donne abusate, ma una faida.
Leon Wieseltier, leggendario editor letterario di New Republic che si preparava a lanciare una nuova rivista, è stato accusato di avances inappropriate, baci non richiesti e osservazioni un po’ crude. Mentre le accuse ancora dovevano venire alla luce, Laurene Powell Jobs, la filantropa della Emerson Collective pronta a finanziare la nuova rivista di Wieseltier, ha deciso di staccargli la spina. E anche la Brookings Institution lo ha messo alla porta. Da due anni, Wieseltier è “non persona”. Il suo nome è appena riapparso sotto forma di blurb per un libro sulla storia ebraica, è stato “avvistato” mentre assisteva a un evento letterario a Washington e ha scritto un editoriale su Israele per Bloomberg.
Ha perso il lavoro come direttore della New York Review of Books l’anglo-olandese Ian Buruma, reo di aver pubblicato un articolo critico sugli effetti del #MeToo. Proprio Buruma, il darling dei ceti colti liberal urbani di qua e di là dall’oceano che hanno perorato il #MeToo, “professore di diritti umani” al Bard College, global thinker. Ha perso il posto un altro direttore di giornale, Lorin Stein, che dirigeva la Paris Review, da sessant’anni un faro del gusto letterario internazionale, un giornale che aveva lanciato le carriere di scrittori come Rick Moody, Jack Kerouac, Philip Roth e Adrienne Rich. “A volte in passato, ho offuscato il personale in modi che erano, ora riconosco, irrispettosi dei miei colleghi e dei nostri collaboratori, e questo li ha fatti sentire a disagio”, ha scritto Stein in una lettera alla redazione. La sua colpa è essere stato “occasionalmente coinvolto in comportamenti sessuali in ufficio”, ma ha detto che in tutti i casi, “il contatto sessuale era consensuale” e che sono avvenuti quando era ancora single. Stein, noto come il “paladino di nuovi talenti” letterari, ha inoltre rassegnato le dimissioni dalla sua posizione nella grande casa editrice Farrar, Straus e Giroux.
Il caso del direttore della Paris Review ha messo sotto i riflettori i famosi cocktailparty letterari, un altro classico come i concerti della vita culturale newyorchese. E’ caduto anche un altro cacciatore di talenti letterari, David Guillod dell’agenzia Primary Wave Entertainment. E’ saltata la poltrona di Garrison Keillor, il fondatore della Minnesota Public Radio, che adesso può essere visto esibirsi in un nightclub di musica jazz, il Crooners, alla periferia nord di Minneapolis. La radio aveva cancellato anche tutto l’archivio online di Keillor e il giornalista ha ottenuto che fosse rimesso su Internet.
Tutto qui. Damnatio memoriae per un’altra voce storica della radio newyorchese WNYC, Leonard Lopate, reo di qualche battuta sulle colleghe formose. Il mondo radiofonico americano è stato scosso nel profondo. Come con il caso di Michael Oreskes, direttore della National Public Radio. John Hockenberry, la voce della radio pubblica americana, ha avuto la “colpa” di mandare e-mail un po’ spinte a una collega. “Ho affrontato la rabbia implacabile di colleghi, il loro silenzio di pietra e, a mio avviso, codardo”, ha scritto Hockenberry su Harper’s. “Per quasi un anno ho vissuto da paria affrontando un silenzio glaciale o una aperta ostilità. Ho visto svanire presunti amici. Ho ascoltato colleghi, avvocati e professionisti di pubbliche relazioni dirmi che non sono assumibile. `Non sei più una persona, sei un archetipo’, mi ha detto un amico. `Sei coinvolto nella correzione di questa rivoluzione’, mi ha detto un’amica. Nell’ultimo anno ho trovato impossibile fare incontri di lavoro. Anche le proposte di lavoro sotto falso nome o anonimato sono state rifiutate. Per un certo periodo, l’unica occupazione che ho potuto contemplare era in una e-mail in cui si cercavano persone disabili per i negozi Walmart nello Utah e in Georgia”.
Ryan Lizza è stato licenziato dal New Yorker e poi dalla Cnn. L’accusa è di “condotta sessuale scorretta”. La Cnn lo ha reinserito, ma le sue lezioni alla Georgetown University sono saltate. Il sito Vox ha licenziato il direttore Lockhart Steele per “condotta inappropriata”. Ha subìto una clamorosa battuta d’arresto la carriera del giornalista politico Mark Halperin, dopo che sulla Cnn è stato accusato da alcune donne. La Nbc News lo ha sospeso, poi Hbo ha annunciato che non avrebbe più proseguito con una miniserie pianificata sulle elezioni presidenziali e basata su un libro di Halperin. Anche Msnbc ha rescisso il contratto di Halperin con la rete. Dall’inizio del 2019, Halperin ha ripreso a tuittare senza nuocere a nessuno, a metà aprile ha lanciato un nuovo blog politico e ora lavora con una associazione di ex carcerati.
Simile la vicenda di Matt Lauer, la star della Nbc caduta in disgrazia, e del direttore di riviste come National Enquirer e Us Weekly, Dylan Howard, che si è licenziato. #MeToo ha travolto la famosa rivista d’arte ArtForum, con il suo storico editore Knight Landesman che si è dimesso sulla scia delle accuse di cattiva condotta sessuale.
Si è dimesso anche il direttore della rivista, Michelle Kuo, in risposta alla gestione dell’affare.
E’ finito malissimo Stephen Henderson, il premio Pulitzer columnist del Detroit Free Press scelto come giornalista afroamericano dell’anno, dopo le accuse di comportamento inappropriato da parte di alcune sue colleghe. Henderson si è scusato, ma ha detto che era coinvolto solo in “conversazioni a sfondo sessuale”. Ma più che sufficienti.
Poi è stata la volta dello sceneggiatore premio Oscar di “Trash”, Paul Haggis. E’ letteralmente scomparso lo sceneggiatore Max Landis. William Jacoby si è dimesso nel frattempo da direttore della celebre rivista di politologia American Journal of Political Science dopo le accuse di due colleghe.
Travolta anche l’insospettabile Avital Ronell, la celebre filosofa femminista, docente di Letteratura comparata alla New York University, dove è stata accusata di molestie sessuali da uno studente, Nimrod Reitman. Per la Ronell si erano schierati tanti blasoni accademici, da Judith Butler a Slavoj Zizek, i maestri del postmoderno più postmoderno che ci sia. Ronell è stata dichiarata colpevole di molestie da parte della commissione accademica e l’università l’ha sospesa per un anno. Per lei si era battuto da Strasburgo anche Jean Luc Nancy, uno dei padri del decostruzionismo. Alla fine anche la paladina del #MeToo è stata decostruita e metooizzata. Ma è di pochi giorni fa l’annuncio che Ronell tornerà in autunno a insegnare. Donna, di sinistra e femminista militante, per lei è valsa un po’ di presunzione di innocenza (anche ideologica) in più.
Sono stati licenziati in tronco invece due editor del New York Daily News, Rob Moore e Alexander “Doc” Jones. Poca cosa, certo, rispetto alla fine che ha fatto Charlie Rose, uno degli anchorman più famosi d’America, cacciato in tronco dalla Cbs (via anche un altro giornalista della rete, Steve Chaggaris). Hollywood Reporter è andato a vedere che fine ha fatto Rose dopo essere caduto in disgrazia. “Rose una volta trasudava `l’atmosfera socialista della vecchia scuola di New York’, dice un dirigente dei media che lo conosce da un decennio, aggiungendo: `Quando Charlie va da Michael’s, gli ci volevano dieci minuti per arrivare al suo tavolo perché la gente andava da lui”. Oggi, quando Rose entra in quel noto ristorante newyorchese “si dirige verso il tavolo da solo e completa la cena da solo in meno di un’ora. Nessuno nel ristorante si avvicina a Rose né sembrò notarlo”.
Per sfuggire a questa dannazione c’è infine chi, come Benny Fredriksson, si è tolto la vita. Era stato accusato senza prove di “cattiva condotta sessuale”. Aveva perso il lavoro come capo del blasonato centro delle arti di Stoccolma, accusato di essere un porco.
Perché in questo gigantesco confessionale non si aspettano i processi né la fine delle inchieste, ci sono soltanto sospetti e delazioni, la cacciata senza perdono dei peccati e poi la dannazione eterna. Lenin diceva che come per fare una frittata si devono rompere delle uova, così per fare una rivoluzione è necessario qualche sacrificio. Questo orrendo backlash, le carriere distrutte di chi ce l’aveva messa tutta per pensare e dire sempre la cosa giusta, nella “logica” del #MeToo sono soltanto uova rotte sulla strada della redenzione rivoluzionaria di genere. La nuova guerra dei sessi.

GIULIO MEOTTI, Il Foglio, 18 maggio 2019

Del resto era già stato abbondantemente dimostrato qui che l’obiettivo non è mai stato quello di ottenere giustizia, neppure secondario, neppure marginale, neppure in ultima istanza, ma unicamente quello di distruggere il maschio. Oltre, beninteso, alle donne che si azzardassero a difendere spudoratamente qualche maschio col ridicolo pretesto che la colpevolezza non sarebbe provata, o che addirittura sarebbe provata l’innocenza, come se potesse esistere un maschio innocente, che razza di assurdità!

P.S.: ma sarà un caso che una decina abbondante di quei cognomi sono sicuramente ebraici, più un altro paio su cui non sono del tutto sicura?

barbara

L’ANGOLO DEL CINISMO

Perché io scusate ma a me queste cose mi risvegliano la vipera che sonnecchia in me – e al diavolo l’italiano. Non so se i grassetti siano del tizio o del giornale, comunque non sono miei. I miei commenti invece li metto con altro colore.

L’OMICIDIO IN MAROCCO

La lettera alla ragazza uccisa in Marocco: «Cara Louisa eri speciale perché volevi scoprire il mondo»

Glen Martin

Pubblichiamo in versione integrale la lettera che Glen Martin, l’ex fidanzato di Louisa Vesterager Jespersen, la turista norvegese di 24 anni uccisa in Marocco, le ha dedicato su Facebook.

«Migliaia di candele possono essere accese da una singola candela». Tu eri quella singola candela, Louisa.
Ecco, queste banalità e frasi fatte avresti, oggettivamente, fatto molto meglio a risparmiarle.
Sono stato molto incerto se pubblicare qualcosa qui su Facebook. Perché non appena premerò il pulsante quello che ti è accaduto diventerà reale. Nelle ultime notti, sono andato a letto sperando di svegliarmi da un brutto sogno. Ma ecco la mia lettera a te, Louisa Vesterager Jespersen.

Cara Incredibile Lulu, divertente (o almeno hai fatto del tuo meglio per esserlo),
nel senso che voleva essere divertente ma non si divertiva nessuno?
piena di energia, fascio di gioia, inclusiva, premurosa. Queste erano solo alcune delle tue qualità sorprendenti.
Senza offesa, caro, sembra un temino di prima media. Di uno scolaro decisamente mediocre.
Eri anche nota per essere distratta, lenta e goffa.
Oddio, come eulogia funebre non mi sembra proprio il massimo.
Eri così curiosa e tutto ti affascinava. Non riesco nemmeno a contare quante volte siamo stati in un viaggio insieme e mi sono voltato mentre tu eri alle mie spalle perché dovevi guardare più da vicino un bel fiore, ammirare un panorama o qualcosa di cui chiunque altro non si sarebbe curato.
E chi te l’ha detto che chiunque altro non se ne sarebbe curato. D’accordo che le volevi bene, ma proprio unica fra sette miliardi e mezzo non ti sembra un po’ esagerato?
Vedevi la bellezza in ogni dettaglio. Louisa, sono stato così fortunato ad essere stato il tuo ragazzo per due anni.
Ci siamo divisi come migliori amici con le lacrime agli occhi perché ci eravamo resi conto che non ci amavamo più. Eravamo molto dispiaciuti, ma abbiamo deciso che era così.
Ma tutte ste robe patetiche personali ti sembrava davvero il caso di metterle in piazza?
Mi spezza il cuore al pensiero che qualcuno ti abbia fatto del male, hai sempre visto il meglio delle persone
non ti sembra un po’ macabro tirare fuori questa sua attitudine nel momento in cui proprio questa le è costata la vita?
e hai tirato fuori il meglio dalle persone intorno a te (A meno che non fossimo in piedi in un corridoio o fossimo in ritardo per qualcosa di importante).
immagino che questo sia un riferimento a qualcosa che solo lei potrebbe capire. Solo che lei, vedi caro, questa cosa non la leggerà, perché è un tantino morta.
La tua vita potrà anche non essere stata lunga,
la sua vita NON È stata lunga. Oggettivamente
ma è stata ricca di esperienze. Se volevi qualcosa, era molto difficile fermarti. Hai viaggiato in tutto il mondo e non ti sei mai fatta fermare dai pericoli. Hai fatto quello che volevi ed eri tosta.
Ehm… non so se te ne sei accorto, ma lei è stata fermata. Sarà anche stata tosta, ma non ha fatto quello che voleva perché appunto qualcuno ha provveduto a fermarla.
Vivrai nel cuore di tutte le persone che hai incontrato attraverso il viaggio della tua vita. Ti porterò con me per il resto della strada e ti accompagnerò sulle montagne e lungo i fiumi che non hai mai potuto vedere.
Avrei sempre un posto speciale nel mio cuore, per il resto della mia vita, spero, lunga. Per farti spazio nel mio cuore, dovevo però darti una parte del mio.
Ma che strazio tutto sto pateticume!
Quindi una parte di me è morta lunedì mattina, ma significa anche che una parte di me è con te ovunque tu sia ora. Non importa quanto tu sia sola, sarò lì con te e tu con me.
Ragazzo, la bimba è stata stuprata, sgozzata, decapitata ED ERA SOLA COME UN CANE. Ha sofferto da sola, è morta da sola, quindi piantala di dire patetiche puttanate auto consolatorie.
Ti auguro buona fortuna nel tuo viaggio più lontano, ovunque ti porti. Non ti dico addio, sarà una riunione tra amici ❤
Eh, tutti allegri allora.
Il tuo Gleno
Voglio finire con una richiesta a noi che restiamo. L’amore ci porterà attraverso questo, non l’odio, l’odio non ci dà altro che rabbia.
Eccerto, come no. Amate coloro che vi sgozzano, aprite loro la porta, accoglieteli senza riserve in modo che possano sgozzarne tante altre ancora, così i loro ex ragazzi potranno scrivere tante altre belle letterine melense e i giornali femminili del cazzo prontamente pubblicarle.
Amate Louisa e il suo ricordo, amate voi stessi e amate le persone intorno a voi. Voglio che tutti quelli che leggono questo post chiamino o mandino messaggi a qualcuno vicino e dicano loro quanto sono importanti.
Darei qualsiasi cosa per dire a Louisa un’ultima volta che era una bellissima persona e quanto lei valesse per me. Mi piacerebbe dunque che anche voi lasciate un commento, un video, una foto per dirglielo.
Eh, sai i salti di gioia che si fa lei quando lo sente.
Lo apprezzerei molto e sono sicuro che lo faranno anche tanti altri! «Non possiamo perdere ciò per cui siamo stati profondamente felici. Tutto ciò che amiamo profondamente diventa parte di noi». (qui)
Caro Gleno, ma vaffanculo, va’.

Ma se c’è uno che sproloquia a vanvera quando sarebbe stato tanto meglio stare zitto, c’è in compenso qualcun altro che a parlare non ci pensa proprio.

Concludo con un’opportuna osservazione dell’amico Shevathas: “l’imprudenza della vittima non giustifica, mai, il carnefice. Ma spesso spiega come mai la vittima sia divenuta tale”, che approfondisce la questione qui.

barbara

PERCHÉ CE L’HO CON ASIA ARGENTO

e con le sue compagne di merende. Innanzitutto ve lo faccio dire dall’ormai mitico Niram Ferretti, che riesce sempre a dire tutto molto meglio di me. Non lasciatevi ingannare dal fatto che all’inizio sembra parlare di tutt’altro: parla esattamente di questo.

Ecco, e ora faccio io la mia parte. Io so che cosa sono le molestie sessuali. Quelle vere. Quelle pesantissime. Quelle persecutorie. Quelle implacabili, spietate, che continuano mese dopo mese, anno dopo anno. Quelle ineludibili, che non lasciano scampo. Lo stupro no, non l’ho vissuto, ma solo perché quando mi ci sono trovata, in parte ho fatto istintivamente le mosse giuste, in parte ho avuto fortuna. Non tutte hanno fortuna. E non tutte hanno il dono di un istinto che nelle situazioni critiche – di qualunque genere – induce a fare, senza doverci pensare, le cose giuste. E si tratta di milioni di donne, ragazze, bambine, decine di milioni, forse anche qualche centinaio di milioni. E non sono disposta a tollerare che un branco di prostitute in disarmo, che quando erano giovani si sono costruite carriere e fama e soldi a palate dandola a destra e a manca e ora, invecchiate e con un corpo non più spendibile, tentano fabbricarsi le condizioni per morire in odore di santità a spese di chi le ha rese ricche e famose, attirino su di sé tutti i riflettori mediatici distogliendoli dalle vittime vere.

barbara

L’ONU HA SACRIFICATO IL CORPO DELLE DONNE SIRIANE: AIUTI UMANITARI IN CAMBIO DI SESSO…

L’Onu sapeva ma ha ignorato volutamente la cosa perché l’utilizzo di funzionari locali era l’unico modo per ottenere aiuti in zone pericolose a cui il personale internazionale non poteva accedere.
La cooperante Danielle Spencer in un’intervista alla Bbc (Guarda il video) nella quale rivela che le donne siriane sono state sistematicamente abusate da operatori umanitari in cambio di aiuti, ha dichiarato senza giri di parole che “L’Onu e il sistema in genere hanno deciso di sacrificare il corpo delle donne”. “E’ un problema che si conosce da sette anni” e, nonostante l’Onu negli anni abbia documentato il fenomeno in diversi rapporti, la questione è stata “volutamente ignorata”. “Qualcuno ha deciso che andava bene che il corpo delle donne fosse sfruttato e violato al fine di consegnare aiuti a più persone”.
Nonostante gli avvertimenti sugli abusi già tre anni fa, un nuovo rapporto mostra non è cambiato nulla in Siria.
Gli operatori umanitari hanno detto alla Bbc che lo sfruttamento è così diffuso che alcune donne siriane si rifiutano di recarsi nei centri di distribuzione perché sanno cosa viene chiesto loro in cambio di cibo, medicine e beni di prima necessità.
Un lavoratore ha affermato che alcune agenzie umanitarie stavano chiudendo un occhio sullo sfruttamento perché l’utilizzo di terzi e funzionari locali era l’unico modo per ottenere aiuti in zone pericolose della Siria a cui il personale internazionale non poteva accedere.
Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) ha condotto una valutazione della violenza di genere nella regione lo scorso anno e ha concluso che l’assistenza umanitaria veniva scambiata con il sesso in vari governatorati in Siria.
Il rapporto, dal titolo “Voices from Syria 2018”, ha rivelato che: “Sono stati forniti esempi di donne o ragazze che sposano funzionari per un breve periodo di tempo solo per “servizi sessuali” per ricevere in cambio semplicemente dei pasti caldi.
“Donne e ragazze ‘senza protettori maschili’, come le vedove, le divorziate, o donne sfollate con i mariti dispersi, erano considerate particolarmente vulnerabili e quindi prese di mira”.
Danielle Spencer, una consulente umanitaria che lavora per un ente di beneficenza, ha raccontato le testimonianze terribili di un gruppo di donne siriane in un campo profughi in Giordania nel marzo 2015.
Le hanno raccontato come gli uomini dei consigli locali in aree come Dara’a e Quneitra avessero offerto loro aiuti per il sesso.
“Le donne e le ragazze devono essere protette quando cercano di ricevere cibo, sapone. L’ultima cosa di cui hai bisogno mentre vivi l’inferno è un uomo di cui dovresti fidarti e da cui ricevere aiuto, che pretende rapporti sessuali in cambio di un aiuto umanitario”.
Ha continuato, la cooperatrice affermando che tutti sapevano: “Queste donne in realtà non potevano andare senza essere stigmatizzate, si presumeva che se andassi a queste distribuzioni, ti saresti prostituita in cambio di aiuti”.
Pochi mesi dopo, nel giugno 2015, l’International Rescue Committee (IRC) ha intervistato 190 donne e ragazze a Dara’a e Quneitra. La sua relazione suggeriva che circa il 40% aveva dichiarato che la violenza sessuale si verificava quando accedevano ai servizi, compreso l’aiuto umanitario.
Difficile commentare l’orrore di uno scandalo simile. Difficile da credere che il desiderio di abusare del corpo di una donna da parte di alcuni uomini non si fermi di fronte a nulla, neppure a chi ha fame e ha perso tutto…

Sebastiano Nino Fezza, Globalist, 27 febbraio 2018, qui.

E questo mi sembra il miglior commento possibile:

Fla Saba

27 febbraio alle ore 22:37 · Roma

Ma un #metoo, un tubino nero, un discorso strappalacrime anche per quelle donne siriane costrette a subire rapporti sessuali in cambio di aiuti umanitari, se poffà?

Signore asie, signore gwynnette, signore angeline, signore rose e signore rosanne eccetera eccetera, voi che sapete quale terribile dramma sia la violenza sessuale, voi che sapete che cosa significa dover scegliere fra sesso violento e morte per fame, voi che avete subito sulla vostra povera carne martoriata le stesse identiche, IDENTICHE, IDENTICHE inenarrabili violenze subite da queste donne, la vostra voce anche per queste donne, no? Le vostre denunce anche per queste donne, no? Le vostre apparizioni di fronte alle telecamere coi riflettori puntati anche per queste donne, no? Un discorsino piccolo piccolo? Tre parole? Dodici secondi? No? Niente niente?

E Lei, signora Onu, che un giorno sì e l’altro pure si mette in cattedra per condannare Israele per le sue “violazioni”. Lei che ha approvato ben due risoluzioni di condanna contro l’Egitto PER AVERE CONCLUSO LA PACE con Israele. Lei che si è resa responsabile della strage di Srebrenica. Lei che dopo avere scelto di ignorare gli avvertimenti sull’imminente genocidio in Ruanda, ha rifiutato di chiamarlo genocidio per non essere costretta a intervenire, come il Suo regolamento avrebbe imposto. Lei che ha fornito cibo in cambio di sesso, non solo con donne ma anche con ragazzine e bambine in giro per tutta l’Africa. Eccetera eccetera. Lei, signora Onu, è meglio che le sia legata al collo una macina d’asino e la si getti nel mare.

barbara

IN PRINCIPIO ERA IL PROSPERATE E MOLTIPLICATEVI

(versione per credenti)

IN PRINCIPIO ERA L’ISTINTO DI CONSERVAZIONE DELLA SPECIE

(versione per non credenti e categorie affini)

(Buoni e tranquilli, che ormai mi ci sono fatta il dente avvelenato, e non ve la caverete tanto a buon mercato)

Pilastro imprescindibile per la moltiplicazione degli individui e la conservazione della specie, per la maggior parte delle specie animali fra cui quella umana, è il rapporto sessuale. Premessa fondamentale al rapporto sessuale per molte specie animali, fra cui quella umana, è il corteggiamento, la seduzione, il gioco di gesti, di movimenti, nella specie umana anche di sguardi, di parole, di abbigliamento. Da che esiste il mondo. A volte capita che un corteggiamento non sia gradito. Da che cosa dipende il non gradimento? Fondamentalmente dalla persona; per la precisione: dalla mia percezione della persona. Tizio, parlando, mi sfiora una spalla con la mano, e la cosa mi è gradita; Caio, parlando, mi sfiora una spalla con la mano, e la cosa mi lascia indifferente; Sempronio, parlando, mi sfiora una spalla con la mano, e la cosa mi dà fastidio. Con Tizio aumento di un infinitesimo la pressione della spalla sulla sua mano, con Caio rimango immobile, con Sempronio mi sposto di un infinitesimo: nove volte su dieci il messaggio arriva. Se con Sempronio non arriva, alla prossima occasione vedo di essere più esplicita. A volte capita che ancora non capisca, e insista: mi sta disturbando? Sì, indubbiamente. Mi sta usando violenza? NO! Un uomo che ci guarda le tette dà fastidio? Normalmente (tranne il caso che) sì; ma a noi, scusate, non capita mai, proprio mai mai mai che con loro ci sfugga un’occhiata in giù? Siamo porche? Siamo pervertite? Siamo criminali? Siamo da sbattere in prima pagina? (E pensiamo forse che, a differenza di noi che vediamo sempre perfettamente dove stanno guardando, loro non se ne accorgano? E non pensiamo che qualcuno, anziché gratificato ed eccitato, possa sentirsi imbarazzato? Magari, se lo sguardo dovesse farsi insistente, addirittura molestato?) L’unico discrimine è la mia libertà di dire no. Sono libera di dire di no al datore di lavoro che, se non lo accontento, mi licenzia, e fa girare la voce che sono una che pianta rogne e io resto senza lavoro e non posso mangiare? Molto poco. Sono libera di dire di no al vicino di casa al collega al negoziante al medico all’elettricista? Sì, naturalmente. Sono libera di dire di no al regista o produttore che potrebbe non darmi la parte? ASSOLUTAMENTE SÌ. (A Joan Fontaine era stata proposta la parte di Melania in Via col Vento; condizione imprescindibile però era passare per il divano del regista – per il quale TUTTE le attrici passavano – e lei ha rifiutato. Sua sorella Olivia de Havilland, evidentemente più accomodante, ha accettato e ha avuto la parte. Dopodiché la carriera di Joan Fontaine è brillantemente continuata anche senza Via col Vento). Qualcuno mi può spiegare perché un uomo non dovrebbe avere il diritto di mostrarmi interesse, desiderio e magari anche provarci? Per quante generazioni abbiamo combattuto, noi donne, per conquistare il diritto di mostrare a un uomo, anche esplicitamente, interesse, attrazione, desiderio, eccitazione senza essere considerate puttane? (Sì, anche eccitazione: le caste fanciulle di Hollywood, che la danno sempre e solo perché costrette, non so, ma a noi comuni mortali capita di eccitarci, e anche di brutto, lo si sappia). Qualcuno mi può spiegare perché diavolo questo diritto adesso lo dovremmo negare agli uomini? E, a parte la questione dei diritti, davvero desideriamo un mondo in cui un uomo, per paura di finire alla gogna su tutti i mass media, oltre che denunciato, eviti accuratamente di dirci che oggi siamo in forma, che quel vestito ci sta a meraviglia, che il nuovo taglio di capelli ci dona, che si privi e ci privi di uno sguardo, di una carezza, di un abbraccio, di ogni forma di calore e di tenerezza? È questo il mondo che vogliamo?

Poi le vergini cucce si presentano dimessamente vestite di nero, in lutto per il loro pudore offeso.
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E nel frattempo impiegate operaie commesse, le VERE vittime di ogni sorta di abusi con ben poche vie di scampo, si fottano pure, che noi abbiamo le lacrime delle asie e delle guinnette e delle angeline da asciugare (magari con un panno speciale per quelle “costrette” a un rapporto orale che a me, scusate, ma la sola idea fa scompisciare) e non abbiamo tempo per queste sciocchezze.

POST SCRIPTUM: c’è una ex collega, a cui ogni tanto do un’occhiata su FB, che è scatenata di brutto su queste faccende, film dell’orrore, individuo schifoso, destituire, buttare fuori, licenziare [Bellomo] – ma non è previsto dalla legge – non importa, fuori! – ma non è mica ancora provato – il padre di una studentessa (post laurea) lo ha denunciato, che aveva sì avuto una relazione, ma era condizionata… Lei a scuola (media) adescava gli scolari, e quando ci riusciva se li portava a letto. Posso dire che fra le sbraitanti oche del Campidoglio la più pulita ha la rogna?

POST POST SCRIPTUM (pipiesse per gli amici): forse però un sistema c’è: se tutti gli uomini mettessero in atto, nei confronti di ogni tipo di attenzione verso di noi, la ricetta di Lisistrata? Le vorrei proprio vedere, le gallinelle del #anchioanchio a scoppio ritardato.
[E non è finita qui]

barbara