ANCORA UNA VOLTA LA POLITICA INFANGA LO SPORT

“La mia famiglia minacciata”
Il ciclista turco lascia la Academy

“Una decisione che ci ha spezzato il cuore”.
Con queste letterali parole la Israel Cycling Academy ha comunicato, nel tardo pomeriggio di ieri, la risoluzione del contratto con il corridore turco Ahmet Orken.
Ad interrompersi è un sodalizio davvero speciale, che prometteva di andare ben oltre la dimensione agonistica. Un atleta turco (e musulmano) ingaggiato dalla prima squadra professionistica israeliana, alla vigilia dell’anno che porterà il Giro d’Italia a Gerusalemme (e con la Academy in lizza per una wild card, che molto probabilmente otterrà). In un Medio Oriente sempre più in frantumi, un messaggio in controtendenza che aveva avuto un forte impatto sull’opinione pubblica.
La richiesta di risoluzione è arrivata da Orken ed è stata motivata, così ha sostenuto l’atleta, “dall’effetto che i recenti eventi hanno avuto su di me e sulla mia famiglia”. Dove per “recenti eventi”, spiega la Academy in una nota, va inteso lo scenario di crisi che si è aperto dopo l’annuncio di Trump su Gerusalemme delle scorse settimane. Tra i paesi più apertamente ostili proprio la Turchia, con il premier Erdogan che si è lasciato andare a dichiarazioni di estrema gravità guidando tra l’altro il fronte che ieri alle Nazioni Unite ha fatto sì che fosse rigettata dall’assemblea (con il sì dell’Italia, insieme ai principali paesi europei) l’iniziativa dell’inquilino della Casa Bianca.
Non a caso, senza entrare troppo nel dettaglio ma lasciando intendere scenari particolarmente inquietanti, Orken ha riferito di “situazioni terribili” che hanno riguardato la madre e il fratello (che vivono in una città dell’Anatolia, Konya).
Ci ha provato in tutti i modi, la Academy, a far cambiare idea all’atleta. Addirittura inviando il proprio general manager Ran Margaliot a casa Orken, dove ha avuto luogo un confronto con i familiari. “La decisione ci rattrista, naturalmente – commenta Margaliot – ma le porte della Academy rimarranno sempre aperte in caso di un suo ripensamento. La nostra sfida andrà comunque avanti, e così il messaggio di dialogo e coesistenza che vogliamo promuovere attraverso lo sport”.
Proprio Orken era stato uno dei protagonisti della cerimonia al Centro Peres per la Pace di Tel Aviv nel corso della quale, lo scorso novembre, i corridori della Academy (tra cui l’italiano Kristian Sbaragli) erano stati insigniti del titolo di “ambasciatore per la pace”.
Il volto sorridente e disteso. La voglia di lanciare messaggi di normalità. “Entrare a far parte di una squadra israeliana non l’ho mai visto come un problema. Al contrario tutti intorno a me hanno sostenuto questa decisione con entusiasmo” raccontava Orken a Pagine Ebraiche, invitata dalla squadra a prender parte al raduno con cui ha preso avvio la più importante stagione di sempre per il ciclismo israeliano.
Aggiungeva Orken: “Aspettavo da tempo la possibilità di gareggiare con un team in crescita e con delle ambizioni. La più grande motivazione che mi ha spinto qui è stata quella di aggiudicarmi delle corse, ma sono anche consapevole dell’importanza di questa iniziativa su un altro piano: lanciare un segnale di pace e fratellanza”.
I suoi occhi parlavano chiaramente. Era una sfida che sentiva, non uno slogan privo di contenuti. Cercava l’abbraccio dei compagni, e i compagni cercavano lui.
Una bella storia, ora drammaticamente interrotta. E una triste pagina per tutto il mondo del ciclismo.

Adam Smulevich, 21/12/2017, Moked

(Foto di Brian Hodes – Velo Images)
Ahmet Orken

E nel frattempo la famiglia della povera miss Iraq, a causa di questa foto
miss Israel-Iraq
voluta in nome dell’amicizia e della pace, è costretta alla fuga per le minacce ricevute.

barbara

MENO DI COSA?

Al supermercato ho trovato una cosa che non c’era mai stata prima: un nuovo snack. Sul sacchetto c’è scritto: “GUSTOSO SNACK AllA Cipolla Non Fritto & Senza Glutine  50% DI GRASSI IN MENO”. La domanda è quella che dà il titolo al post: meno di cosa? Poi mi sono accorta che dopo “meno” c’è un asterisco, e in fondo al sacchetto si trova il richiamo: “*rispetto ai tradizionali snacks estrusi”. Ora, io non so che cosa sia uno snack estruso, lo ammetto, il mio campo di conoscenze è di una grandezza da vertigine, ma poi arriva il momento che finisce, e gli snack estrusi si trovano al di là del campo, non proprio là dove campeggia la scritta hic sunt leones, perché una qualche idea sul significato di estrudere tutto sommato ce l’ho, e poi c’è, notoriamente, quello che Gadda chiama l’estruso, ossia il prodotto dell’ultimo atto del processo digestivo, il che concorda con l’idea che ho io di estrudere, e quindi il termine in sé proprio arabo non è, ma gli snack estrusi proprio non ho idea di che cosa siano (a meno che, in accordo con Gadda, non si voglia significare che tutti gli altri sono degli snack di merda, ma per quante oscenità la pubblicità continui a propinarci – ricordo ancora con orrore e raccapriccio un video con la pubblicità di un rasoio per la depilazione “intima” in cui una squadra di gallinelle su un prato maneggiano abilmente dei tosaerba cantando allegramente in coro “rasa il pratino, rasa il pratino”, brrrrrr! (qui, per i più masochisti, giusto per documentare che non sto esagerando a parlare di raccapriccio) – per quante oscenità continuino a propinarci, dicevo, sarei un pelino restia a credere che siano arrivati a questo punto, anche perché dalla concorrenza si beccherebbero una tale vagonata di denunce da restare in ginocchio). E dunque sono andata a chiedere aiuto al solito san Google, che mi ha raccontato storie di metalli e plastiche che, anche trascurando la trascurabile questione della commestibilità, non mi risulta siano particolarmente ricchi di grassi – per non parlare poi del glutine. Restando invece in campo alimentare, e in quello degli snack noti, credo siano intensamente tradizionali i mini brezl che, pur non essendo esperta in materia, per cui prendete pure le mie affermazioni in merito con un prudente grano di sale, non mi sentirei di dire che siano propriamente delle bombe caloriche, delle badilate di colesterolo e via grasseggiando. E insomma, in conclusione, non sono riuscita a sapere meno di cosa.
Il fatto è che la gente – e i pubblicitari lo sanno – molto spesso legge ma non si preoccupa minimamente di interrogarsi su ciò che sta leggendo, e così succede, per dirne una, che un’acqua minerale venga reclamizzata con l’annotazione che “contiene 0% di grassi” (grazie al cazzo, mi verrebbe da dire se fossi usa al linguaggio scurrile), e nessuno li manda a produrre estrusi. Oppure legge che Israele è uno stato di apartheid e si precipita a protestare manifestare boicottare, evitando accuratamente di connettere quanto letto con le informazioni tratte da altre letture, per esempio quella sul giudice (presidente di tribunale) arabo che ha condannato alla galera il presidente ebreo israeliano dello stato di Israele (e quello ci è andato, in galera, perché quella è Israele, mica l’Italia), o quella della miss Israele araba, o della vincitrice di Voice of Israel araba, o degli arabi in parlamento (quanti negri c’erano nel parlamento sudafricano?). Eccetera. Oppure legge di Gaza afflitta dal black out provocato dall’infame embargo israeliano e si indigna per questi provvedimenti nazisti, trascurando di guardare mezzo metro più in là. O legge delle terrificanti carneficine eseguite dai malefici soldati israeliani e grida al genocidio, senza neppure accorgersi che qualche morto, stufo di stare lì a fare il morto, ha pensato bene di tirarsi su a sedere. Che mondo di estrusione, ragazzi!
miracolo Qana
barbara