MI SPIACE DIRVELO, MA…

Miei cari amici, ebrei d’Israele e della diaspora, mi spiace dirvi che gli attacchi terroristici che ci colpiscono oggi come ieri, da una settimana, da un mese, da un anno, da un decennio e da un secolo, sono tutti parte della stessa guerra, della stessa lotta, della stessa Jihad condotta contro di noi dai nostri vicini da ormai oltre un secolo.
A volte è una guerra su vasta scala con carri armati, fragori, fiamme, aerei e navi, a volte invece è una guerra di bassa intensità, conosciuta come “terrorismo”, con sparatorie, esplosioni, accoltellamenti. In arabo è sempre Jihad, l’obiettivo sono gli ebrei solo perché sono ebrei.
Mi dispiace inoltre dovervi ricordare che questa guerra è iniziata molto prima della creazione dello Stato ebraico proclamato nel 1948. Le aggressioni e i massacri degli anni 1920, 1921, 1929, dal 1936 al 1939 ed altri ancora, non erano certo avvenuti a causa di uno Stato ebraico o per quella che i nostri nemici chiamano l’ “occupazione” del 1948, di certo non per l’ “occupazione” del 1967.
Nel 1929 l’orrendo massacro degli ebrei di Hebron era stato perpetrato contro degli ebrei che non facevano parte del movimento sionista, anzi. Vi ricordo che il Movimento di Liberazione della Palestina (Fatah) è stato fondato nel 1959 e che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è nata nel 1964, dunque alcuni anni prima dell’ “occupazione” del 1967, risultato della vittoria di Israele nella Guerra dei Sei Giorni.
Voglio farvi notare che le grida che sentivamo, soprattutto nella Guerra di Indipendenza del 1948, erano (in arabo) “Itbach al Yahud” ovvero “Massacrate gli ebrei” e non gli “israeliani” o i “sionisti”, perché il loro vero problema sono gli ebrei, che si rifiutano di essere sottomessi all’Islam, non accettano di vivere come dhimmi, ovvero “persone protette” come l’Islam impone a loro e ai cristiani.
Ancora oggi nel mondo arabo i bambini cantano: “La Palestina è il nostro paese e gli ebrei sono i nostri cani”. Il cane, nella tradizione islamica, è un animale impuro.
La Sharia stabilisce che se un musulmano sta pregando e davanti a lui passa un cane, un maiale, una donna, un ebreo o un cristiano, le sue preghiere verranno respinte e lui deve ricominciare a pregare dall’inizio.
Non è piacevole dirvi questo, ma sappiate che il canto più popolare tra i nemici di Israele è “Khyber, Khyber o Giudei, l’esercito di Maometto ritornerà di nuovo”. Khyber è un’oasi nella penisola arabica popolata da ebrei fino a quando Maometto non li ha massacrati nel 626 d.C. Il canto ricorda quell’evento e minaccia una replica.
Gli ebrei, secondo il Corano (Sura 5, versetto 82) sono i nemici più ostili dei musulmani. Il versetto 60 afferma che la maledizione e la furia di Allah ricadranno su di loro, trasformandoli in scimmie e maiali. Da quando in qua scimmie e maiali hanno diritto ad uno Stato? Da quando hanno il diritto di sovranità? Nonostante quello che pensate, la pace con l’Egitto è stata raggiunta solo dopo che Sadat si rese conto che, malgrado gli sforzi degli arabi di distruggere Israele nella Guerra di Indipendenza del 1948, nella Campagna del Sinai del 1956, nella Guerra dei Sei Giorni del 1967, nella Guerra di logoramento del 1970, e persino nella Guerra dello Yom Kippur del 1973 in cui aveva attaccato di sorpresa Israele, lo Stato ebraico era riuscito a respingere tutti gli eserciti arabi e a portare la guerra nel loro territorio.
Sadat, per questi fatti, aveva capito che Israele era invincibile e che non c’era altra scelta che fare la pace, anche se questa pace sarebbe stata temporanea e analoga alla precedente Pace di Hudabiya del 628 d.C. Allora Maometto aveva concesso un periodo di pace di 10 anni agli infedeli abitanti alla Mecca, ma l’aveva spezzata dopo solo due anni. Yasser Arafat firmò gli accordi di Oslo non perché credeva nella pace, ma perché, definendoli la “Pace di Hudabiya “, aveva visto gli accordi come un cavallo di Troia che avrebbe ingannato gli ebrei. L’unico obiettivo degli accordi di Oslo era quello di creare una entità palestinese con esercito e armi, che a tempo debito avrebbero distrutto Israele. Arafat l’aveva sempre ribadito, ma la nostra dirigenza politica aveva spiegato che lui lo stava dicendo solo per un suo uso interno, e quando gli attentatori suicidi si sono fatti esplodere nelle nostre strade, le vittime sono state chiamate “vittime della pace”.
Da quando la pace richiede vittime? E i fucili che gli abbiamo consentito di avere spareranno su di noi?
Mi rattrista dirvi che sono falliti tutti gli sforzi di Israele per compiacere Hamas, che da organizzazione terroristica è diventato uno stato terrorista. Razzi mortali, tunnel per attaccarci, attentatori suicidi, sono tutti considerati legittimi agli occhi del governo jihadista di Gaza, così al diavolo la vita di uomini, donne e bambini che vivono nella Striscia, e al diavolo il loro benessere, la loro salute, la loro sicurezza e le loro proprietà.
Gli abitanti di Gaza sono pedine nelle mani di Hamas, della Jihad e dei salafiti: tutti autonominatisi collegamento tra Gaza e il Paradiso, avendogli già dato un assaggio dell’inferno sulla terra.
Mi duole dire a tutti voi operatori di pace, pacifisti, anime deboli e stanche in Israele e nel mondo, che il cemento e il ferro che ci avete costretto a dare ai jihadisti di Gaza al fine di ricostruire le loro case distrutte, sono stati invece utilizzati per costruire dei tunnel portatori di morte sia per gli abitanti di Gaza che per gli israeliani. Invece di costruire ospedali, scuole e infrastrutture, i jihadisti hanno costruito un’infrastruttura di morte, sofferenze e disastri. Avete sbagliato ancora una volta, basando la vostra politica su sogni irrealizzabili, delusioni e speranze invece che su fatti e cifre.
Gli analisti, me compreso, non sono del tutto senza colpa: hanno pensato in buona fede che quando Hamas si fosse assunta la responsabilità per il benessere di Gaza, i suoi dirigenti sarebbero diventati più moderati, realistici e pragmatici.
Niente di più sbagliato: Hamas, nonostante abbia lasciato l’opposizione per governare, non ha cessato il jihad contro Israele, non l’ha tolto dalla cima della sua lista delle priorità, né ha modificato minimamente il suo progetto genocida dell’ “entità sionista”.
Non vorrei distruggere il sogno dei “due stati per due popoli”, ma devo farlo, perché ciò che sta accadendo a Gaza oggi è esattamente ciò che accadrà al secondo stato palestinese che si sta tentando di instaurare in Giudea e Samaria.
Hamas sarà il vincitore delle elezioni, come lo fu a Gaza nel gennaio 2006, e vincerà pure quelle presidenziali. Se così non fosse, prenderebbe comunque tutta la Giudea e la Samaria con un colpo di stato violento, proprio come ha fatto a Gaza nel 2007.
E quando ciò accadrà, che cosa si dirà? “Ooops … non sapevamo … non potevamo immaginare…?”
Adesso lo sapete e non è necessario fare previsioni! Questo dovrebbe essere il punto di partenza, la vostra ipotesi di lavoro. Se l’Hamas di Gaza sta scavando oggi tunnel di morte nella sabbia, scaverà domani nelle rocce per costruirne in Giudea e Samaria – e vorrei proprio vedere come li troverete e li farete saltare in aria, quando ciò accadrà.
E a tutti voi che avete la memoria corta, permettetemi di aggiornarvi: nel mese di luglio del 2014, con il lancio di razzi da Gaza, Hamas era riuscito a far chiudere per un giorno l’aeroporto Ben Gurion. Se e quando otterrà il controllo della Giudea e della Samaria, sarà perfettamente in grado di far cessare l’attività dell’aeroporto con una semplice catapulta, dalle colline di Beit Arye potrà dominare tutte le piste dall’alto. Chi non mi crede dovrebbe salire in auto e guidare fino alla cima delle colline ad est del Ben Gurion, che si trovano in “territori conquistati, occupati”. Per le condizioni del vento in Israele, la maggior parte degli aerei che atterrano scendono al Ben Gurion da est, volando a velocità moderata proprio sopra quelle stesse colline.
Hamastan permetterà agli aerei diretti in Israele di volteggiare in cerchio sul suo territorio per prepararsi all’atterraggio?
Che prezzo sarà costretto a pagare Israele dopo che un RPG (lancia-granate anticarro portatile) o una mitragliatrice avrà abbattuto, D-o non voglia, un aereo della El Al? Offriremo loro Gerusalemme, per calmarli? E dato che stiamo già parlando di Gerusalemme, cosa farete quando lo Stato di Hamas si presenterà con un ultimatum: Gerusalemme o guerra? Il Monte del Tempio oppure vi facciamo chiudere il Ben Gurion? E quando il mondo appoggerà la loro richiesta di Gerusalemme, lasciando che sia Israele a pagare il prezzo per calmare l’Islam estremista, che cosa direte? E quando i cecchini torneranno al tiro a segno sui passanti nelle strade di Gerusalemme dalle mura della città vecchia, come i loro fratelli giordani hanno fatto fino al 1967, dove vi andrete a nascondere? Dietro muri di cemento? Una barriera di sicurezza? Oppure sposterete semplicemente la capitale di Israele a Tel Aviv?
Mi dispiace deludervi, ma la cosa peggiore che sia mai successa alle speranze di Israele per la pace, è stato l’aumento dei movimenti per la pace, coloro che incolpano Israele di volere uno stato di terrore in Giudea e Samaria e per questo deve rinunciare a Gerusalemme Est.
In Medio Oriente, chi esprime un desiderio di pace, chi manifesta la sua bramosia di pace e offre la sua terra e il paese in cambio di un pezzo di carta con su scritto la parola “pace”, è considerato come uno che ha perso la guerra e sta mendicando per il resto della sua vita. I movimenti per la pace hanno cambiato l’immagine di Israele in quella di un paese rinunciatario debole e timoroso, l’esatto opposto del tipo di paese che può ottenere la pace in Medio Oriente.
Nella regione violenta e fanatica in cui Israele sta cercando di sopravvivere, chiunque sia considerato debole viene preso a calci e pugni ed è inviato nel migliore dei casi all’inferno, o macellato e decapitato sul posto.
In Medio Oriente, pace significa che i tuoi nemici ti lasciano in pace perché sei troppo forte, minaccioso e pericoloso per prendersela con te. In Medio Oriente solo chi vince ottiene la pace. Chi non accetta questa realtà, chi non è pronto per “sangue, sudore e lacrime”, colui che con impazienza chiede “Peace Now”, non appartiene al Medio Oriente. Qui, abbiamo posto solo per i coraggiosi, i forti, i determinati e quelli che credono nella giustizia della loro causa. Chiunque sia privo di questi qualità può trovarsi una casa adatta da qualche altra parte, dove la vita è più tranquilla, silenziosa, prospera e sprizzante gioia. Possiamo suggerire Parigi, Bruxelles, Madrid, Boston o San Bernardino ….
Auguri di un felice Pesach a tutti i figli di Israele!
Mordechai Kedar (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz, pubblicato su Informazione Corretta)
http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/18770

Non c’è molto da aggiungere a questo lucidissimo articolo, se non l’invito a leggere quest’altro articolo, scritto durante la guerra di Gaza del 2014.

barbara

E LO DICE ANCHE MORDECHAI KEDAR

Che ne sarà di Gaza?
di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz, Informazione Corretta )

I sogni separati dalla realtà non si realizzeranno mai.

Che cosa succederà a Gaza?
Chiunque abbia a cuore la sicurezza d’Israele si domanda: come finirà l’Operazione Margine Protettivo e cosa riserba il futuro di Gaza a breve e lungo termine? I media sono ricchi di relatori israeliani e stranieri che, secondo il proprio punto di vista, sanno quel che succederà a Gaza. In quest’articolo cercheremo di valutare le previsioni in base alla logica di Hamas. Cominciamo ad analizzarne alcune:

1. Hamas avrà bisogno di un aiuto esterno su vasta scala per ricostruire dalle rovine
Ne sarebbe riprova il fatto che Hamas si sia rivolto alle nazioni del mondo per aiutarlo nella ricostruzione. Solo che la leadership di Hamas non vuole minimamente la ricostruzione: in realtà vuole sfruttare le rovine per continuare a spremere fondi al mondo per molti anni ancora. È nell’interesse di Hamas lasciare le cose come stanno, la ricostruzione non lo è di certo. Faranno venire giornalisti, politici, attivisti per i diritti umani e semplici turisti a guardare, li indurranno ad aprire i loro cuori e il loro portafoglio e versare miliardi nelle mani di Hamas. Questo denaro è necessario per ricostruire le infrastrutture militari, per scavare tunnel che conducano a Israele, per fabbricare armi, per ricostruire le fabbriche di razzi e continuare a costruire sotterranei a Gaza.
2. Gaza deve essere smilitarizzata
Smilitarizzare Gaza è una chimera che un pugno di persone in Israele e nel mondo crede possa diventare realtà, sebbene una smilitarizzazione su così vasta scala, in presenza di una resistenza locale, non sia mai riuscita. Non c’è esercito al mondo che sia disposto a venire a Gaza per combattere Hamas, la Jihad islamica palestinese e altre organizzazioni che si rifiutano di cedere le armi. Questa missione porterebbe a uno spargimento di sangue degli uomini che solo provassero a sequestrare l’ampia e svariata quantità di armi di cui dispongono i gruppi terroristici. E anche se un esercito riuscisse a disarmare alcuni gruppi, questi comprerebbero nuove armi con i finanziamenti del Qatar e di altri paesi che non hanno controllato quello che i palestinesi hanno fatto con i soldi ricevuti prima dell’operazione militare israeliana.
3. Hamas dovrà cambiare per il bene della popolazione civile di Gaza
Anche questa è una chimera. I movimenti jihadisti ascoltano solo Allah e il comandamento di fare Jihad in suo nome, non si preoccupano di tutelare uomini, donne o bambini. Allah e la Jihad sono superiori a tutte le esigenze umane, e il benessere degli abitanti di Gaza non interessa i jihadisti più della vita degli abitanti di Gaza, che sono stati i loro scudi umani. Al contrario, più la gente soffre, più facile è portare i media e i politici ad assistere allo spettacolo e quindi spremere ulteriori fondi internazionali per “scopi umanitari” – come scavare tunnel e acquistare altri razzi.
4. Gli abitanti di Gaza si ribelleranno al governo di Hamas
La probabilità che la popolazione di Gaza contesti il governo di Hamas o agisca contro l’organizzazione è molto bassa, perché il governo di Hamas non è diverso da tutti gli altri Stati islamici: i terroristi non hanno alcun problema a uccidere, torturare e umiliare chi agisce contro di loro o anche soltanto dimostri contro di loro. Lo stato di paura e di terrore che Hamas ha costruito a Gaza fin dalla sua conquista nel 2007 è ancora forte e continuerà anche in futuro, in nome di Allah e del popolo palestinese, naturalmente.
5. La richiesta di Hamas di togliere il blocco marittimo è chiara e motivata
Ci sono persone al mondo, alcune anche in Israele, che pensano che la popolazione di Gaza abbia diritto ad accedere al mare, importare ed esportare liberamente merci, come la maggior parte delle nazioni che si affacciano sul mare. Anche Hamas reclama questo ‘giusto diritto’, ma per un motivo completamente diverso: i terroristi devono avere i loro “canali d’irrigazione” dall’Iran, il cemento dalla Turchia, e le materie prime per la produzione di “beni di carattere umanitario” dalla Corea del Nord. Quelle anime sensibili che hanno fiducia nella rimozione dello stato di assedio si comportano come se non sapessero perché Hamas vuole che sia tolto il blocco marittimo.
Ma la cosa peggiore è che Israele ha diverse organizzazioni, la maggior parte delle quali è finanziata dal New Israel Fund, che hanno avviato cause legali e pubbliche per facilitare ad Hamas la preparazione delle proprie infrastrutture militari. Per esempio:
a. L’Organizzazione per i Diritti Civili ha pubblicato un documento: “Un anno dopo l’Operazione Piombo Fuso: un assedio atto a colpire una popolazione civile, che impedisce la ricostruzione”.
b. Una causa in difesa del libero trasferimento delle merci a Gaza, intentata presso la Corte Suprema, dalla stessa Organizzazione e da Medici per i Diritti Umani, dal Centro per la Difesa dell’Individuo fondato dalla Dr.ssa Lota Zalzberger, da B’tselem – il Centro israeliano per le informazioni sui diritti umani nei Territori -, dalla Commissione Pubblica contro la Tortura in Israele e dal Gisha – Centro Legale per la Libertà di Movimento.
c. Il Gisha si era rivolto al Primo Ministro, al Ministro della Difesa, al Ministro della Giustizia e al Procuratore Generale con un documento in ebraico intitolato: “L’abbassamento del livello di trasferimento di beni a Gaza come pressione politica è una forma di punizione collettiva illegale ”.
d. I Medici per i Diritti Umani – Israel, Adallah, Yesh Din -, il Centro per la Difesa dell’Individuo, Gisha e il Comitato contro la Tortura in Israele avevano redatto e presentato un documento per la famigerata Commissione Goldstone delle Nazioni Unite.
e. Quanto tempo ci vorrà perché queste organizzazioni e altre analoghe, tornino a lavorare sul piano giuridico, politico e pubblico in Israele e all’estero, cercando di “facilitare la vita degli abitanti di Gaza” mediante lo sblocco dell’importazione di “beni umanitari” per il pacifico esercito di Hamas? Qualcuno dirà che invece del cemento, si potrebbe lasciare entrare lastre di lamiera, in modo da poter ricostruire le case. Vale la pena ricordare che un tunnel dei terroristi può essere costruito con un soffitto di lamiera sorretto da assi verticali. È così che una volta l’IDF costruiva le sue fortificazioni, e Hamas è in grado di farlo in futuro.
6. Dobbiamo portare l’Autorità Palestinese a Gaza a sostituire il governo di Hamas
Questa, forse, è l’affermazione più grossolana di tutte. In contrasto con il mantra ripetuto dai sostenitori dell’accordo di Oslo, che “Arafat si occuperà del terrorismo, senza doversi preoccupare di B’tselem (vedi le organizzazioni di cui sopra, ndr.) o della Corte Suprema”, l’Autorità Palestinese guidata da Mahmoud Abbas non ha mai dovuto impegnarsi ad eliminare le Organizzazioni terroristiche. L’Autorità Palestinese ha lavorato sempre solo per “calmare” le Organizzazioni terroristiche, che hanno sfruttato il tempo di tregua per diventare più forti e meglio armate. In Israele e nel mondo c’era chi conosceva la verità, avendo letto i libri di Ronen Bergman e Kenneth Levine.
In Israele e altrove alcuni hanno illuso se stessi e il mondo pensando che l’Autorità Palestinese fosse sulla giusta strada. Nel frattempo Hamas ha vinto la maggioranza dei seggi nelle elezioni indette dall’Autorità Palestinese nel gennaio del 2006, con la forza – e sanguinosamente – ha acquisito il controllo di Gaza nel giugno 2007, istituendo uno stato di terrore.
L’Autorità Palestinese accetterà di riavere indietro Gaza? Molto probabilmente sì, ma non per smilitarizzare Hamas. Farà in modo di essere il terminale che riceverà il denaro inviato da Europa, America, Qatar, Nazioni Unite e donatori privati per ricostruire Gaza. Quello che questi donatori non sanno, è che i leader dell’Autorità Palestinese dirotteranno, prima di acquistare un solo mattone per Gaza, una buona parte del denaro verso i conti della loro banca privata, come hanno già fatto in passato. Alcuni diranno che ci possono essere dei controlli al fine di evitare ciò, come se i tentativi di supervisione fatti in passato abbiano mai realizzato qualcosa di buono.
È possibile che, arrivata a Gaza l’Autorità Palestinese, la Forza di Dayton istituita dagli Stati Uniti combatta i jihadisti nelle gallerie? Saranno le “Forze di Sicurezza” dell’Autorità Palestinese a scoprire i tunnel e distruggerli? Saranno in grado di scontrarsi con i combattenti di un’organizzazione terroristica che si rifiuti di consegnare i loro razzi e le loro armi? Sarà Abbas a chiudere le fabbriche di razzi? La risposta a queste domande è più chiara e luminosa del sole di mezzogiorno in agosto: NO e ancora una volta, NO. Accadrà il contrario: la presenza dell’Autorità Palestinese a Gaza renderà più difficile per Israele agire contro il terrore e si aggiungerà un altro fattore di “mediazione” che presto diventerà un’entità terroristica mascherata, le cui decisioni nei confronti di Israele saranno prese con una pistola di Hamas puntata alla testa. C’è qualcuno in Israele che possa promettere che non è questo ciò che accadrà?
7. Deve essere aperto il “passaggio sicuro” da Gaza verso la Giudea e Samaria?
Anche questa è un’idea idiota che ha lo scopo – sia che sia venuta a proposito o per ingenuità totale – di consentire a Hamas e alle altre Organizzazioni terroristiche di stabilire un Hamastan in Giudea e Samaria; uno Stato di terrore che sarà in grado di incombere su tutta la lunghezza e larghezza di Israele, da Beer Sheva e Dimona nel sud, da Afula e Beit Shean nel nord, compresa la pianura costiera da Ashkelon a Haifa, Tel Aviv e la sua periferia.
Nessuna compagnia aerea, israeliana o internazionale, permetterà di mettere a repentaglio i suoi aerei e passeggeri durante l’atterraggio e il decollo all’Aeroporto Ben Gurion, quando jihadisti arroccati sulle colline di Beit Aryeh punteranno su quegli aerei le loro armi leggere (quelle date loro da Israele).
L’apertura del “passaggio sicuro” permetterà il trasferimento di armi da guerra e delle conoscenze pratiche necessarie per la loro fabbricazione, da Gaza in Giudea e Samaria, e consentirà a tutti i nemici di Israele, quando vogliono, di mirare su Tel Aviv, Dimona e Afula, paralizzando l’economia israeliana. Cosa diranno allora quelle anime stanche, quando Hamas si occuperà dell’Autorità Palestinese senza preoccuparsi di B’tselem e dell’Alta Corte? C’è qualcuno in Israele e nel mondo che può dare la propria parola che questo scenario non si verificherà? Qualcuno può impedire a Hamas di vincere, ancora una volta, la maggior parte dei seggi con elezioni democratiche? E cosa faranno i Paesi d’Europa, l’America o l’ONU quando Hamas controllerà la Giudea e la Samaria nello stesso modo in cui controlla Gaza?

Da quanto sopra si può giungere a tre conclusioni principali:

La prima è che non dobbiamo giungere a un accordo con Gaza. La sola cosa che può portare tranquillità a Gaza è la paura basata sulla certezza che a ogni provocazione – e non importa quale sia l’Organizzazione che esegue la provocazione – sarà risposto con una risposta non proporzionata. L’idea di rimuovere il blocco marittimo non dovrebbe nemmeno essere presa in considerazione, e certamente non quella di un aeroporto. Israele può continuare a vendere a Gaza cibo, acqua, medicine, benzina ed elettricità per evitare una tragedia umanitaria.
La seconda è che è importante iniziare a muoversi verso l’unica soluzione che può risolversi in sicurezza, stabilità e tranquillità per Giudea e Samaria, ossia costituire sette Emirati per le “hamulot” (tribù della famiglia) che vivono nelle città arabe di Ramallah, Gerico, Kalkilya, Tul-Karem, Sichem (Nablus), Jenin e Hebron araba. Israele deve rimanere nelle zone di campagna, offrendo la cittadinanza israeliana ai residenti dei villaggi.
In nessun caso Israele può accordare un altro Stato palestinese in Giudea e Samaria, dato che in breve tempo diventerebbe un Hamastan. Israele e il mondo devono smontare l’Autorità Palestinese e sulle sue rovine stabilire gli 8 Emirati, che comprendono Gaza – che può rimanere sotto il governo di Hamas, fino a quando si asterrà da azioni ostili contro Israele.
La terza è che Israele e il mondo devono capire che in Medio Oriente si raggiunge la pace solo attraverso la vittoria. Può godere di tranquillità solo colui che cerca di convincere i suoi vicini a lasciarlo in pace solo per il loro bene. Non ci sono baci e abbracci in Medio Oriente, solo dispute e lotte, basta guardare quello che sta succedendo in Siria, Iraq, Libia, Sudan, Yemen e ovunque. In Medio Oriente c’è una sola regola, quella formulata da Helene Ensign Maw: “La libertà è per coloro che sono disposti a difenderla”.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all’ Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E’ studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.

Concludendo: se qualcuno ti fa la guerra, la pace si ottiene con la vittoria. Se ti trovi in guerra, la vittoria si ottiene menando botte da orbi, e non avvicinandosi in punta di piedi per non disturbare. E ricordati che di guance ne hai solo due: se te ne hanno già fracassata una, vedi di evitare di mettere a repentaglio anche l’altra.

barbara