di cui il mondo intero si fotte. “Hanno ucciso 5.000 ragazzi, preso le nostre chiese e terre, ma noi armeni non ci arrendiamo”
Intervista per la newsletter a Davit Babayan, ministro degli Esteri dell’Artsakh. “Siamo i primi cristiani della storia. Ma l’Europa che ha perso i suoi valori è stata indifferente alla guerra turca”
Davit Babayan è un ministro degli Esteri molto speciale. Rappresenta nel mondo una repubblica che ha perso l’80 per cento del suo territorio in una guerra terribile. La Repubblica dell’Artsakh, enclave che i sovietici arbitrariamente attribuirono all’Azerbaijan nonostante fosse la culla della storia armena, indipendente dal 1992 dopo la guerra fra armeni e azeri, infine al centro di un’altra guerra terribile nell’autunno 2020. Secondo un rapporto del Caucasus Heritage Watch – composto da accademici americani – dozzine fra chiese armene, pietre sacre, cimiteri e altri beni culturali sono stati distrutti dall’Azerbaigian. 5.000 i morti da parte armena, l’80 per cento dei quali di appena 20 anni, prefigurazione di un disastro demografico. Due terzi del territorio, compresa la storica città di Shushi che sovrasta la capitale Stepanakert, passato nelle mani degli azeri. Forze di interposizione russe schierate lungo il confine e a protezione di antichissime chiese come Dadivank, fondata da un allievo dell’apostolo Taddeo. Quasi 100.000 dei 150.000 abitanti armeni fuggiti dai combattimenti.
Davit Babayan è a colloquio in esclusiva con la mia newsletter.
Quale trauma avete vissuto voi armeni nella guerra dell’Artsakh? Demograficamente, religiosamente, storicamente… Per far capire la tragedia e i rischi che vi attendono…
La guerra del 2020 contro l’Artsakh è stata la terza scatenata dall’Azerbaigian. La prima ha avuto luogo nel 1991-1994, la seconda nel 2016. Prima di allora l’Azerbaigian ha scatenato una semi-guerra contro l’Artsakh e il popolo armeno dell’ex Repubblica socialista sovietica azerbaigiana a seguito della quale circa 700.000 armeni furono deportati dalle loro terre storiche, migliaia di persone furono uccise, le loro proprietà saccheggiate e distrutte, il patrimonio culturale armeno annientato. La guerra del 2020 ha avuto le sue particolarità, è stata un’aggressione lanciata contro l’Artsakh da Azerbaigian, Turchia e terroristi internazionali, un’alleanza molto pericolosa di elementi statali e terroristici, che rappresenta una seria minaccia per il mondo civile in generale. Se il mondo non reagisce a tali minacce e non mette in atto misure adeguate, altri paesi dovranno affrontare le stesse sfide. Sarà solo questione di tempo. Noi siamo stati i primi, voi sarete i prossimi. Quando sarà, tra uno, cinque o dieci anni, è secondario. A causa dell’attacco azerbaigiano-turco-terrorista, l’Artsakh ha sofferto molto. La perdita più irreversibile è stata la vita di 5.000 giovani. Abbiamo perso l’80 per cento del nostro territorio, la maggior parte delle infrastrutture economiche e delle risorse naturali. Abbiamo decine di migliaia di rifugiati. L’Azerbaigian, insieme alla Turchia e ai terroristi, stanno portando avanti la politica di genocidio culturale nei territori occupati distruggendo il patrimonio culturale armeno. E questo sta accadendo nel XXI secolo. Sì, il nostro corpo è gravemente ferito, ma la nostra volontà e la nostra fede sono incrollabili. Questo è il motivo per cui il nostro popolo è deciso a vivere sul suo suolo storico, lottare per i propri diritti e libertà. Non faremo mai parte dell’Azerbaigian. Questa è la linea rossa per noi.
Nella “guerra dei 44 giorni” contro gli armeni diplomatici americani ed europei si sono distinti per assenza o pusillanimità, troppo impegnati nella lotta al Covid, alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e alla Brexit, poco o per nulla interessati a una regione a geostrategicità limitata (niente petrolio, niente gas, niente accesso al mare e qualche rara miniera)… Soltanto un popolo con la sua fede millenaria.
Ci sono molte ragioni. Geopolitica, interessi economici, attività di lobbying (o meglio corruttrici) dell’Azerbaigian e della Turchia. Tuttavia, tutti questi sono fattori derivati da un fenomeno molto pericoloso: il degrado dei valori. Sfortunatamente, i valori sono stati ampiamente sostituiti dai prezzi. Questo erode il sistema immunitario delle società e degli stati. Molte civiltà sono scomparse proprio per questo.
Cosa rappresenta l’Armenia per la coscienza e la civiltà occidentale? Per me è un’isola di antichissima fede e cultura sopravvissuta per duemila anni a invasioni, genocidi, assimilazione…E che ancora resiste. Un esempio bellissimo per l’Occidente che va nella direzione opposta.
L’Armenia è una delle civiltà più antiche del mondo. Sì, è il primo stato cristiano della storia. Abbiamo affrontato, ha assolutamente ragione, genocidi, deportazioni, massacri, distruzioni e altre prove per millenni. Ma questo destino non ha cambiato lo spirito e l’anima del nostro popolo, non c’è odio verso nessuna nazione, religione o razza tra gli armeni. E questa è la base più importante per il recupero. Giulio Meotti
Tutt’altro discorso, tutt’altra sensibilità, tutt’altra partecipazione invece per le vittime di moda del momento, che sembrano – solo per il momento, non illudiamoci – avere addirittura superato i palestinesi. Onorare quei morti lì è un’autentica passione, un piacere, una gioia, al punto che se i russi non ne ammazzano abbastanza, se ne inventa qualcuno in più, giusto per non rovinare il divertimento
come i palestinesi – ve li ricordate? – che durante il trasporto verso il cimitero cascano dalla barella, si rialzano e ci risalgono sopra, o che proprio nel momento preciso in cui il fotografo scatta si stufano di fare il morto e si tirano su a sedere. Come ho detto fin dall’inizio, dai palestinesi hanno imparato tutto.
Avete presente l’antisemita classico che nega di esserlo? “Io non sono antisemita: ho un sacco di amici ebrei, io!” Ecco, il novax che nega a gran voce di esserlo, lui no, un novax che dichiari di avere un sacco (alcuni, un paio, uno) amici vaccinati, non lo trovate neanche col lanternino. Covidioti, ci chiamano. All’inizio chiamavamo covidioti quelli che negavano l‘esistenza dell’epidemia, anzi addirittura del virus; adesso chiamano covidioti i vaccinati, e chi mai andrebbe in giro a vantarsi “io ho un sacco di amici idioti”? Bene, da covidiota dichiarata e documentata, oggi mi occuperò dei covintelligenti. Cominciando col Grande Complotto.
Magari per tutto il resto sono atei, ma il Regno di Satana che sta dentro il vaccino e ti viene infilato nelle vene, quello è assolutamente autentico. Passando per il complesso del perseguitato
e le reazioni avverse
E a proposito di tutti quei miliardi di reazioni avverse e montagne di morti di cui quotidianamente leggiamo nei social, questa è di qualche giorno fa
Quando ho dato l’indirizzo al tassista, ha detto: “Ah, va a fare il vaccino! Ne ho già portati diversi oggi. Ne ho dovuto portare anche qualcuno all’ospedale dopo il vaccino, una signora anche poco fa: CROLLO TOTALE DELLE PIASTRINE” (pronunciato esattamente così). E se uno ha appena appena un po’ di capacità di ragionare si chiede: faccio il vaccino, so in partenza che potrebbero verificarsi effetti negativi, mi sento male, così male da ritenere opportuno andare all’ospedale, e invece di chiedere a uno dei medici, a un’infermiera, a un volontario, a un pompiere (eravamo nella loro palestra), a un carabiniere di chiamarmi un’ambulanza, o di portarmi con uno dei loro automezzi, chiamo un taxi?! In secondo luogo, non dico un tassista, ma anche un medico, faccio il vaccino, dopo due minuti dico mi sento male e quello sentenzia: “Crollo totale delle piastrine”?! Ma quanti bachi nel cervello devono avere quelli che sui social riferiscono i miliardi di reazioni avverse apprese in questa maniera? In ogni caso qualche giorno dopo, quando sono andata a fare l’infiltrazione, l’ho raccontato all’anestesista, che ha detto: “Abbiamo otto ricoverati con covid in reparto, due ricoverati con covid in rianimazione, zero ricoverati per reazioni al vaccino, e zero sono stati da quando sono iniziate le vaccinazioni”. Giusto per puntualizzare un po’. E passiamo a un po’ di sano “a pensar male si fa peccato ma”
e al ricordo dei bei tempi in cui non c’era tutta questa diffidenza e tutto questo denunciare “chissà cosa ci mettono dentro”
E ora passiamo alle cose serie.
L’effetto dei vaccini sui contagi e sui sintomi del COVID-19: nessun miracolo, ma i benefici sono concreti
Spesso chi non si vuole vaccinare si giustifica con affermazioni del tipo: “tanto ci si può ammalare lo stesso”, “anche i vaccinati possono trasmettere il virus”, eccetera. In questo articolo vedremo perché, anche se queste affermazioni hanno un fondo di verità, è comunque fondamentale vaccinarsi contro il COVID-19.
I vaccini prevengono l’insorgere di nuove varianti del virus
Il fatto che, di tanto in tanto, emerga una nuova variante del virus SARS-CoV-2 non deve sorprendere, in quanto si tratta di una caratteristica comune a tutti i virus. Semplicemente, maggiore è la capacità di diffusione di un virus, maggiore è la probabilità che ne emergano nuove varianti: queste sono infatti una conseguenza dalla replicazione del virus, e in una popolazione non completamente vaccinata contro di esso, il suo tasso di replicazione è molto elevato. A sostegno di ciò, gli studi più recenti mostrano come l’insorgenza di nuove varianti sia più elevata in Paesi con una copertura vaccinale più bassa. In conclusione, quando la maggior parte della popolazione mondiale sarà vaccinata, l’insorgenza di nuove varianti smetterà di essere uno spauracchio.
L’efficacia dei vaccini nel prevenire i contagi
Tutti i vaccini per il COVID-19 attualmente autorizzati hanno dimostrato un’efficacia significativa nel prevenire i contagi, in particolare, un numero crescente di evidenze indica che le persone completamente vaccinate con un vaccino ad mRNA (Moderna o Pfizer/BioNTech) hanno meno probabilità delle persone non vaccinate di essere infettate dal virus SARS-CoV-2 o di trasmetterlo ad altri. Tuttavia, il rischio di infezione nelle persone vaccinate non può essere completamente eliminato finché vi è una trasmissione del virus nella comunità.
Ora vediamo qualche numero sull’efficacia dei vaccini nel prevenire le infezioni.
Vaccino
Variante Alpha
Variante Beta
Variante Gamma
Variante Delta
Pfizer/BioNTech
85-90%
75%
80-85%
64-79%
Moderna
100%
96%
80-85%
64-79%
Come si evince dalla tabella, nessun vaccino offre una protezione del 100% (la percentuale si abbassa notevolmente quando si tratta della variante Delta), perciò non possiamo stupirci se si contano casi di COVID-19 anche tra le persone completamente vaccinate. In relazione a ciò, bisogna imparare un nuovo concetto, quello delle infezioni “rivoluzionarie”: queste si verificano quando una persona completamente vaccinata viene infettata dal virus. È difficile conoscere l’intera portata dei casi “rivoluzionari” perché le infezioni tra le persone vaccinate tendono ad essere lievi o asintomatiche e potrebbero passare inosservate. Stando però ai dati raccolti, almeno 125.682 americani completamente vaccinati sono risultati positivi al Covid e di questi 1400 sono morti. Anche se questi numeri sembrano elevati, bisogna guardarli in prospettiva: i casi rivoluzionari negli USA rappresentano meno dello 0,08% degli oltre 164,2 milioni di persone che sono state completamente vaccinate nel Paese dall’inizio dell’anno, ovvero circa 1 caso ogni 1300 abitanti (che diventano 1 morto ogni 120.000 persone).
Quindi sì, le persone vaccinate possono infettarsi, ma ad un tasso decisamente inferiore rispetto alle persone non vaccinate. Proprio perché l’efficacia non è assoluta, è necessario che il maggior numero possibile di persone si vaccini.
Le persone vaccinate, possono trasmettere il virus?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo focalizzarci sulla variante Delta, la più pericolosa. I dati dei test COVID-19 negli Stati Uniti e a Singapore mostrano che le persone vaccinate che vengono infettate dalla variante Delta e sviluppano la malattia sintomatica possono trasportare tanto virus nel naso quanto le persone non vaccinate. Ciò significa che, nonostante la protezione offerta dai vaccini, una piccola percentuale delle persone vaccinate può trasmettere la variante Delta, eventualmente favorendone la diffusione. Un’analisi massiccia sulla trasmissione della variante Delta proviene dal programma REACT-1 del Regno Unito. In questo caso, i risultati suggeriscono che tra le persone risultate positive al virus, quelle che erano state vaccinate avevano in media una carica virale inferiore rispetto alle persone non vaccinate. La spiegazione sarebbe dovuta al fatto che questo studio ha campionato la popolazione in modo casuale e pertanto ha incluso persone che sono risultate positive al virus senza sviluppare i sintomi della malattia. Inoltre uno studio condotto a Singapore suggerisce che le persone vaccinate rimangano infette con la variante Delta per un periodo più breve, rispetto a chi non è vaccinato, suggerendo, anche in questo caso, che il vaccino sia utile anche contro questa variante.
L’efficacia dei vaccini sui sintomi gravi
Spesso la gente confonde la suscettibilità all’infezione con il decorso della malattia. Invece si tratta di due aspetti ben diversi: anche se i vaccini non sono infallibili nel prevenire le infezioni (specialmente quando si tratta della variante Delta), le persone completamente vaccinate che vengono infettate del virus hanno altissime possibilità di andare incontro ad un decorso asintomatico.
Vediamo nel dettaglio le percentuali della protezione dei vaccini dai sintomi gravi del COVID-19:
Vaccino
Variante Alpha
Variante Beta
Variante Delta
Pfizer/BioNTech
96-100%
96-100%
79-88%
Moderna
96-100%
96-100%
Johnson&Johnson
73-82%
73-82%
Ora è doveroso approfondire un aspetto riguardante la variante Delta. I dati raccolti in Israele sembrano mostrare una diminuzione dell’efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech nel corso del tempo: tra le persone vaccinate a gennaio 2021 con due dosi, il vaccino si è dimostrato efficace solo per il 16% contro l’infezione sintomatica, ma per le persone che avevano ricevuto due dosi entro aprile, il tasso di efficacia (contro l’infezione sintomatica) era del 79%. I dati israeliani sono in contrasto con uno studio inglese condotto tra aprile a maggio che ha rilevato che, dopo due dosi, il vaccino Pfizer-BioNTech era efficace all’88% contro la malattia sintomatica causata dalla variante Delta. I dati raccolti sono contrastanti, sia perché molto recenti, sia perché i programmi vaccinali variano da Paese a Paese. Ad esempio, Israele ha somministrato a tutta la sua popolazione adulta il vaccino Pfizer, mentre nel Regno Unito sono in uso diversi vaccini, con quello Pfizer-BioNTech somministrato prevalentemente ai più giovani; inoltre vi sono differenze nel periodo dello studio, nelle fasce di età e nella strategia prescelta per eseguire i test. Analogamente ai dati israeliani, anche i dati inglesi hanno concluso che, dopo due dosi, il vaccino Pfizer-BioNTech Covid è altamente efficace contro l’ospedalizzazione dalla variante Delta (i dati inglesi hanno riscontrato che il vaccino è efficace al 96% nel prevenire i ricoveri in ospedale, quelli israeliani all’88%).
Negli Stati Uniti, più del 90% dei ricoveri per COVID-19 sono di persone non vaccinate o non ancora completamente vaccinate. Inoltre, il 97%-99,9% dei pazienti deceduti con il COVID-19 non erano vaccinati, o avevano ricevuto solo una dose.
Questi dati sostengono oltre ogni dubbio l’efficacia dei vaccini nel proteggere le persone completamente vaccinate dai sintomi gravi della malattia.
Conclusioni
In conclusione, è importante tenere a mente tre cose:
I vaccini rimangono altamente efficaci nel prevenire i sintomi gravi della malattia, anche quelli causati dalla variante Delta.
Le infezioni rivoluzionarie tra gli individui vaccinati sono rare e diminuiranno sempre più man mano che più persone si vaccinano.
La maggior parte delle nuove infezioni, dei ricoveri e dei decessi legati al COVID-19 si verificano tra le persone non vaccinate.
Here’s a paradox: A new drug for Alzheimer’s disease, aducanumab, gets approved by the Food and Drug Administration through an accelerated process without sufficient data, although there was limited evidence that it works, leading three advisory board members to resign in protest. Meanwhile, mRNA coronavirus vaccines are not yet fully licensed despite massive evidence of their benefits. In December 2020, the F.D.A. approved the distribution of mRNA coronavirus vaccines made by Pfizer and Moderna under the agency’s emergency use authorization provision, which permits an accelerated approval process for medications and treatments during a public health emergency. The approvals were granted after the agency reviewed the results of clinical trials that involved more than 70,000 participants. Until the coronavirus pandemic, the agency had never given an E.U.A. to a new vaccine. Now more than 180 million doses of the Pfizer vaccine and 133 million of Moderna’s have been administered in the United States, with millions more doses distributed worldwide. In the history of medicine, few if any biologics (vaccines, antibodies, molecules) have had their safety and efficacy scrutinized to this degree. First, clinical trials showed the vaccines were 95 percent effective at preventing symptomatic illness. Since then, a number of peer-reviewed reports in leading journals have substantiated the vaccines’ safety and efficacy, using data collected in Israel, Qatar, the United Kingdom, the United States and other countries. In other words, the mRNA vaccines have overwhelmingly been proved safe and effective by clinical trials, independent research and the experience of millions of people around the world who received them. But the vaccines’ approvals remain conditional, and the urgency of full approvals cannot be overstated. By Eric J. Topol
Dr. Topol is a professor of molecular medicine at Scripps Research and has served on multiple F.D.A. advisory committees. (qui)
E naturalmente arriva il furbo di turno a fare le pulci all’articolo
E poi ci sono le brave figlioline che rifiutano di far fare una trasfusione al padre perché esigono che il sangue sia di un donatore non vaccinato, e non esiste la possibilità di verificare se il sangue di una determinata sacca sia di un vaccinato o no. E quindi niente trasfusione, che il vecchio si arrangi.
Anche se da una parte mi verrebbe anche da dire che è impossibile che siamo nella merda, perché tutta quella disponibile è finita dentro un sacco di cervelli che vedo in giro.
Il modello | La seconda ondata di cialtronismo e la chiusura della mente italiana
Chi avrebbe mai detto che la più sgangherata classe dirigente che la Repubblica abbia mai conosciuto ci trascinasse, nove mesi dopo l’attacco del virus, verso un altro lockdown? Noi sì, purtroppo
Chi l’avrebbe mai detto? Stiamo andando dritti verso il lockdown, il secondo del 2020, nove mesi dopo il primo, con la curva dei contagi che sale, con i record dei positivi, con la perentoria aritmetica dell’epidemia, con i bollettini quotidiani, con le sirene delle ambulanze. È tornato perfino Brusaferro, seguiranno anche le task force e altre fregnacce buone per le passerelle televisive della più imbarazzante classe dirigente della storia della Repubblica italiana. Eppure ci avevano detto che eravamo dei fighi pazzeschi, che il modello italiano era invidiato in tutto il mondo e altre balle casaliniane che troppi giornali si sono bevuti come acqua brillante trasformandola poi in droplet infetti per tutti, anche per gli apoti. Sappiamo tutti che cosa sta succedendo, ma pare che non interessi a nessuno, a meno di pensare che gli italiani siano diventati un popolo di masochisti, oltre tutto il resto. La pandemia è un meteorite difficile da evitare, ma nove mesi dopo l’attacco del virus corona la corresponsabilità di quanto ci circonda è anche di questo governo di incapaci, se non di più, che non ha predisposto nessuna rete di protezione, nulla di nulla, per i cittadini italiani, cui ha fornito il solito predicozzo paternalista dopo averli turlupinati con un ennesimo «tutto sotto controllo» come a febbraio, e poi caos e confusione di ogni tipo, sia sul fronte degli aiuti economici sia su quello sanitario (avete provato a fare richiesta dell’ecobonus? È più facile trovare un tampone). Siamo a ottobre 2020 e nessun italiano sa che cosa fare di fronte alla seconda ondata o a questa coda della prima, come è più corretto definirla. Il sistema dei test varia da regione a regione, certo per colpa del maledetto Titolo V riformato da D’Alema e Prodi per inseguire Bossi, ma soprattutto perché Conte e i suoi non sono stati in grado di elaborare un piano di emergenza nazionale, competenza prevista dall’ordinamento, perché altrimenti non avrebbero potuto scaricare le colpe su altri. Immuni è una sòla, in Veneto non funziona [logico: lì hanno la app Immona], ma nonostante le campagne da “app alla patria” non può funzionare da nessuna parte senza un sistema serio di tracciamento e di contenimento del contagio e di tamponamento dei soggetti a rischio. Ormai i numeri suggeriscono che sia troppo tardi. Oggi un italiano con i sintomi del Covid – febbre, tosse, sapore metallico in bocca – prova a chiamare il medico di famiglia, il quale giustamente dice di non avvicinarsi allo studio altrimenti chiama i carabinieri, quelli fortunatamente liberati dall’incombenza di andare a contare il numero dei commensali nelle case private secondo quanto aveva auspicato Roberto Speranza, evidentemente un congiunto di quel noto comico americano degli anni Quaranta che si chiamava Bob Hope. Un italiano sintomatico oggi è costretto ad avventurarsi nel mondo di fuori alla ricerca del tampone, in alcune regioni sapendo di dover affrontare anche code di ore e ore, in drive in da terzo mondo più che da Canale 5, oppure andandoci di notte, rasente i muri come i ladri, almeno fin quando non scatterà anche da noi il coprifuoco come in Francia. Questi geni che tutto il mondo ci invidia non sono riusciti nemmeno a predisporre un numero sufficiente di vaccini contro l’influenza di stagione, che prima del Covid c’erano e ora sono introvabili, con il risultato che a ogni starnuto va in quarantena una famiglia, una scuola, un’azienda non potendosi escludere che una normale influenza sia invece il Covid-19. Com’è possibile che questi governanti costretti ad affrontare la più grande crisi dal Dopoguerra non siano riusciti a decuplicare gli sforzi per produrre, distribuire e somministrare il normale vaccino antinfluenzale di stagione né a organizzare uno straordinario sistema nazionale di test e di tamponi semplice ed efficiente e diffuso nel territorio per isolare in tempo i positivi e liberare i negativi? Si sono persi invece in grottesche discussioni sui banchi a rotelle e sulle cene in casa, specchiandosi narcisisticamente sui soffietti pubblicati dai giornali e scaricando le responsabilità sulle Regioni, dove ci sono altri bei ceffi e dove ognuno fa a modo suo (la Campania ha appena chiuso le scuole). Insomma assistiamo a una catastrofe civile, morale e politica, oltre a quella sanitaria ed economica. A un lockdown intellettuale. A una chiusura della mente italiana che sarà difficile riaprire, anche quando il virus sarà neutralizzato.
Già qualche mese fa qualcuno aveva detto “Guarda che questi non li recuperi più. Andati. Per sempre”. Il terrore come strumento politico funziona sempre, ha sempre funzionato sulla maggior parte dei sudditi. Basta procurarsi un nemico comune da agitare come spauracchio perpetuo, si chiami ebrei, Eurasia, tutsi o coronavirus. E se non si hanno sottomano nefandezze del nemico da mostrare al popolino, non c’è problema: basta inventarle.
Ecco la notizia sul nono morto irpino di presunto Covid, citata testualmente da un quotidiano locale. Chi ha piacere ad essere trattato da deficiente continui pure: “Sale purtroppo a 9 il numero delle vittime di covid in Irpinia. È deceduto nella notte tra sabato e domenica, al Covid Hospital dell’Azienda ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino, un 82enne di San Potito Ultra (Av). L’uomo era arrivato al Pronto soccorso della Città ospedaliera il 24 settembre scorso. Risultato negativo alla Sars Cov 2, era stato ricoverato nell’Unità operativa di Oncologia Medica. Il 6 ottobre, quando sono stati effettuati dei controlli sui degenti del reparto, il paziente è risultato positivo al nuovo Coronavirus ed è stato trasferito al Covid Hospital”. Dunque è morto di Covid e non del cancro per cui era stato ricoverato, un mese fa…
Morti inventati dunque? Malati inventati? Sì, esatto: malati inventati
E anche a voler prendere per buoni tutti i morti dichiarati
Poi, visto che non avete niente da fare, date un’occhiatina qua e fatevi una riflessioncina, che male non fa.
Quanto all’app Immuni, di cui parla il primo articolo, guardate un po’ qua:
Per concludere, un paio di cose su cui riflettere,
una domanda al conte Giuseppe,
un consiglio a tutti noi,
e un premio di consolazione
E infine godiamoci l’Ultima Cena al tempo del Coronavirus
E cominciamo coi morti: se diventano troppo pochi per poter terrorizzare la gente, cosa si fa? Ci si organizza, logico!
E siccome i morti saranno anche pochi ma i positivi sono riusciti a farli aumentare, un po’ per il motivo spiegato nel post precedente e un po’ perché li importiamo a rotta di collo,
e poi vengono lasciati girare liberamente e si permette che nelle moschee si ammucchino anche senza mascherina, si coglie l’occasione per un bel giro di vite: chiuse le discoteche, perché si sa che è solo lì che la gente si ammucchia e si ammala
tanto i giornali mica lo scrivono che su 3000 discoteche italiane si è verificato un unico caso di contagio, così come eviteranno accuratamente di dirvi questo:
E poi un bel coprifuoco mascherato, anzi mascherinato, e visto che nessuno scende in piazza coi forconi, la prossima puntata riguarderà le elezioni, quelle già sospese prima e ora previste per settembre.
Il Covid è il nuovo spread
L’intuizione fulminante l’ha avuta su Twitter Matteo Brandi (@mat_brandi): “Covid is the new spread”. Sì, è proprio così: come nel 2011 l’operazione di creazione del panico – per conseguire un effetto politico – è avvenuta attraverso un indicatore che fino a qualche tempo prima era pressoché sconosciuto al grande pubblico, e che invece, d’un tratto, veniva sparato dai media in modo ansiogeno e martellante, allo stesso modo adesso (mutatis mutandis, naturalmente) il giochino si ripete con i dati dei contagi da Coronavirus.
Si badi bene: dati spesso non rilevanti, perché il puro e semplice conteggio dei semplici contagi, di per sé, non dice nulla. I dati significativi, invece, vengono regolarmente occultati: i ricoverati in terapia intensiva (secondo i dati costanti di molte settimane, si tratta di non più di 40-50 persone in tutta Italia) e i morti (sono in tutto 3 o 4 al giorno, contro gli oltre 600 morti quotidiani di infarto e gli oltre 500 per cancro).
Eppure il pallottoliere dei contagi gira vorticosamente, creando nuovi incubi e nuovi nemici: chi è andato a fare una vacanza all’estero, chi va in discoteca, i ragazzi della “movida”, che – apprendiamo – è una specie di Sodoma e Gomorra moderna, con inevitabile punizione biblica e imminente distruzione. I toni accalorati sui media, con rare eccezioni, sono gli stessi del 2011: allora lo spread “s’infiammava, s’incendiava, s’impennava”; adesso la medesima funzione è svolta dalla caccia agli untori, agli “irresponsabili”, a chi fa “calare la tensione”.
L’obiettivo politico di allora era far saltare un governo e imporre una giunta tecnocratica (gradita a Bruxelles); l’obiettivo politico di ora è mantenere vivo il pur traballante esecutivo esistente (gradito a Bruxelles). Governa male? L’economia è stata ridotta a pezzi proprio da un lockdown mal gestito? E allora tanto vale prospettare l’incubo della “seconda ondata”, tenere tesa la corda dell’emergenza, non dare mai il senso di un possibile ritorno alla normalità.
Con uno spiegamento di mezzi mediatici così massiccio, è inevitabile che molti italiani ci caschino. Ma tutti – chi la beve e chi non la beve – dovremo fare i conti con gli effetti economici di questo clima: uno tsunami di fallimenti e licenziamenti. Già conosciamo la prossima puntata, il prossimo capitolo del copione: a chi lo farà notare, a noi “cattivi”, si darà dei contabili senza cuore.
Loro, invece, i “buoni”, ci starebbero salvando la vita, dicono e diranno. È sempre più necessario smontare questo racconto falso, artificioso, che sfrutta le comprensibili paure delle persone per assuefarci a un sistema in cui la libertà tout-court, e la libertà economica che ne è il presupposto, sono in una posizione sempre più fragile e precaria.
Caos scuola e Caporetto elettorale: cosa c’è dietro la guerra alle discoteche
Con un’ordinanza scriteriata e passibile d’interpretazioni arbitrarie, il governo ha imposto la serrata delle discoteche e l’uso della mascherina negli orari della movida. Una mossa ridicola, che arriva dopo un’intera stagione – vivaddio – di balli scatenati, di cui a Roma si sono accorti, guarda caso, solo passato il Ferragosto. L’impressione è che l’esecutivo fosse in cerca dell’ennesima arma di distrazione di massa, ora che rischia di andare a schiantarsi su un autunno di clamorosi fallimenti. Insomma, dietro la misura draconiana assunta ieri e per la quale il giornale unico del virus ha preparato accuratamente il terreno, si celano motivi politicamente più subdoli della salute pubblica o del desiderio di «difendere i giovani», come ha dichiarato Roberto Speranza. Ed è proprio il ministro che, evocando il tema della riapertura delle scuole, ci suggerisce il primo.
Il problema è che, in vista del 14 settembre, data in cui i ragazzi dovrebbero rientrare negli istituti di ogni ordine e grado, il governo teme un flop memorabile. E allora deve cercare un colpevole – i giovani indisciplinati – cui imputarlo. I banchi a rotelle, cavallo di battaglia di Lucia Azzolina, non arriveranno in tempo per l’inizio delle lezioni. Le «aule nuove», promesse dal premier il 3 giugno scorso, rimangono una chimera. Così, il Comitato tecnico-scientifico, che si è capito essere uno specchietto per le allodole del BisConte, è andato in soccorso dei giallorossi, spiegando che, se proprio non si riesce a mantenere il famoso metro di distanza tra le «rime buccali» dei ragazzi, basta far indossare loro la mascherina. Per tutta la giornata scolastica. Cambiandola ogni 4 ore. Non c’è che dire, una soluzione agevole: immaginate che piacere stare stipati nelle solite classi pollaio, respirando per ore da dietro una chirurgica, con gli insegnanti ridotti a poliziotti sanitari, che controllano il corretto utilizzo dei Dpi. Dove gli alunni sono più piccoli e più difficilmente gestibili, si rischia il caos totale.
L’alternativa è la prosecuzione della didattica a distanza, che è sinonimo di nessuna didattica. Ma in quel caso, ai genitori che dovranno tornare a lavoro e si ritroveranno con i figli in casa tutto il giorno, di certo non si riuscirà a vendere la balla della «ripartenza». Il più evocativo simbolo del ritorno alla normalità, che è il rientro in aula, si potrebbe trasformare in una debacle storica per il governo dei peracottari. Perciò, l’esecutivo e la sua grancassa mediatica hanno individuato nel popolo della notte un utilissimo capro espiatorio. Come, in primavera, i morti erano colpa dei runner o di chi allestiva l’arrostata di Pasquetta, adesso, se Giuseppe Conte e l’Azzolina pasticciano con la scuola, la colpa è dei giovinastri festaioli e negazionisti.
La linea l’ha dettata, nel nome dell’indipendenza degli scienziati, Franco Locatelli, numero uno del Consiglio superiore di sanità. Il quale, per prevenire l’obiezione di chi nota che mentre qualcuno prova a rinchiudere di nuovo gli italiani, gli immigrati infetti continuano a sbarcare e fuggire dai centri d’accoglienza, specifica: il 40% dei nuovi casi dipende da italiani rientrati dalle vacanze, mentre agli immigrati si può imputare solo il 3% dei contagi [e il restante 57%?]. Giusto, dottor Locatelli: lasciamo liberi di scorrazzare per il Paese i nostri fratelli clandestini, punendo invece i connazionali che, dopo mesi di domiciliari, hanno ballato nei locali che il governo stesso ha riaperto, o che sono andati in villeggiatura all’estero, approfittando della possibilità di varcare frontiere che sempre il governo ha riaperto.
A questo scenario, va aggiunta la prospettiva che i giallorossi perdano 4-2 le elezioni regionali. Così, otteniamo il ritratto di un governo che rischia la bancarotta. Ci vuole tanta, troppa malizia per immaginare che la farsetta sulle discoteche serva a rinviare la data del voto. Ma di sicuro può essere usata per congelare la campagna elettorale, o per stemperare l’eco di una sconfitta netta alle urne. Bisogna ricreare le condizioni di un’emergenza che per ora, fortunatamente, non esiste, affinché, all’uopo, magari a macchia di leopardo, nelle zone economicamente meno centrali, si possa ricorrere a nuovi lockdown. È l’emergenza preventiva – che, come ripetono illustri giuristi, nel nostro ordinamento non sarebbe contemplata – come premessa dell’emergenza permanente.
Fermo restando che nessuno nega la pericolosità del Covid-19 né la necessità di essere prudenti, l’unica reazione a tale scempio della democrazia liberale sarebbe la disobbedienza civile. Ma a questo punto, va girata ai lettori e a noi tutti italiani una domanda: siamo pronti ad assumerci la responsabilità della resistenza al regimetto sanitario?
Nel frattempo la dittatura più bella del mondo ha provveduto, col favore delle tenebre, zitto zitto quatto quatto, a mettere le mani anche sui servizi segreti. E a ottobre, che cosa succederà a ottobre? Ce lo spiega il dottor Matteo Bassetti
e qui potete leggere l’articolo. Per fortuna c’è chi ha avuto una brillantissima idea per rimediare alla chiusura delle discoteche
E per doppia fortuna abbiamo almeno un premier che, a differenza del Truce che è un buzzurro fatto e finito, è un autentico signore. E con un italiano, un italiano ragazzi…