ANCORA UN PAIO DI COSE SULLA COMMISSIONE ORWELLIANA PER GLI PSICOREATI 4

Riepilogando: la sinistra, usando una signora anziana, con un drammatico passato sulle spalle, molto ingenua e totalmente digiuna di politica, decide di istituire una sorta di psicopolizia per gli psicoreati, che consistono nel non essere d’accordo con la suddetta sinistra. Nonostante il nome della signora, cinicamente trasformata ormai in un santino, la decisione non raccoglie unanime consenso. A questo punto qualcuno si inventa che la signora – che non è presente in alcun tipo di social – riceverebbe 200 messaggi di insulti e minacce al giorno. Nonostante la signora dichiari di non saperne niente, si decide di “prendere sul serio” le minacce inventate, e le viene assegnata una scorta – con grande gioia dei criminali, che hanno un po’ di carabinieri in meno a dare loro la caccia – e a questo punto il gioco è completato: il fatto che la signora abbia bisogno della scorta è la prova evidente della necessità della psicopolizia che persegue gli psicoreati. Ma adesso ve lo faccio dire meglio da Nicola Porro, da 06:09 a 08:30:

Poi abbiamo un Emanuele Fiano in grande spolvero:

“La Meloni racconta panzane. Nel dispositivo di mozione non c’è scritto da nessuna parte che si voglia perseguire chi parla di nazionalismo e sovranismo.” (qui, grazie a Simone per la segnalazione)

Evidentemente un po’ distratto, il ragazzo, a cui è sfuggito questo passaggio:

“…più in generale l’intolleranza, ma anche i nazionalismi e gli etnocentrismi, gli abusi e le molestie, gli epiteti, i pregiudizi, gli stereotipi e le ingiurie che stigmatizzano e insultano…”

Ignorante, propenso a parlare a vanvera e sommamente maleducato: guardiamolo qui come interrompe Capezzone mentre sta parlando e come schizza su istericamente appena si nominano le aggressioni alla Brigata ebraica. Atteggiamento abbondantemente condiviso, del resto, se qualcuno ha ritenuto di dovergli dedicare una vignetta:
dubbio
Restando in casa comunista, cedo la parola al Manifesto

… con la guerra dei sei giorni e con l’ascesa al governo delle destre dopo il conflitto del Kippur [ma se il “problema” comincia con la guerra dei sei giorni, come la mettiamo con i due successivi governi di sinistra, il secondo dei quali durato per altri quattro anni dopo la guerra del kippur? E degli altri quattro governi di sinistra successivi alla guerra del kippur? Siamo sicuri di sapere di che cosa stiamo parlando?], Israele, con qualche interludio, ha cominciato a essere governato da destre ultra sioniste [sicuri di sapere che cosa significa “sionista”? Studiare e informarsi prima di sparare cazzate no, eh?] reazionarie alleate con il fanatismo religioso che lo ha progressivamente portato a diventare la nazione segregazionista, colonialista e razzista che è ora. Israele facendosi campione di violenza e rappresaglia ha trovato sempre più amici fra gli ex fascisti, i neo fascisti, i populisti della peggior specie.

A noi che siamo incorruttibilmente democratici [posso farmi una grassa risata? E comunque fareste bene a non dimenticare “l’Incorruttibile” per antonomasia] non resta che porci [senza offesa (per loro, beninteso), “porci” mi sembra effettivamente la parola giusta] una terribile domanda. Ma se gli ebrei del tempo di Hitler fossero stati come gli israeliani alla Nethanyahu, i nazisti avrebbero progettato la Endlösung? La mia risposta è: non credo. I nazisti odiavano l’ebreo ubiquo, apatrida, cosmopolita, dall’intelletto critico, attivatore di rivoluzioni, distruttore di idolatrie.

Io direi che la risposta non dipende da come erano gli ebrei dell’epoca e come è Netanyahu, bensì dall’esistenza o no di Israele: se Israele ci fosse stato, a mettere in atto la soluzione finale probabilmente avrebbe provato, ma non ci sarebbe riuscito perché Israele gli avrebbe fatto il culo, tutto qui. I nazisti odiavano “l’ebreo ubiquo, apatrida, cosmopolita, dall’intelletto critico, attivatore di rivoluzioni, distruttore di idolatrie”? I nazisti odiavano l’ebreo, punto, in gas ci sono finiti ebrei non solo talmente assimilati da ignorare quasi di essere ebrei, ma anche ebrei decorati della prima guerra mondiale. Come dice il pur non amato Sgarbi: CAPRE CAPRE CAPRE! E come commenta l’amico “Parsifal”:

I nazisti avranno odiato l’ebreo cosmopolita, i comunisti oggi odiano l’ebreo a casa sua.

La domanda, in ogni caso, non è “terribile”: è semplicemente idiota, formulata da una persona idiota, ignorante, e soprattutto antisemita fino alle budella.

Magnifico anche Riotta su Twitter:

Prima si chiamarono sovranisti.
Poi nazionalisti.
Infine apparve chiaro che erano razzisti antisemiti.
Si stupisce solo chi non conosce, o dimentica, la Storia.

Dove impariamo che Hitler e Mussolini hanno iniziato la loro carriera politica facendosi chiamare sovranisti e riciclandosi in seguito come sovranisti, e che presto Salvini farà costruire delle camere a gas. Vedi un po’ come ci si accultura a girare per la rete! (Manifesto e Riotta citati nei commenti qui)

L’articolo che segue mostra invece le dirette conseguenze del pesante clima che si sta sempre più diffondendo.

L’odio dei “buoni”

di Max Del Papa , 3 Novembre 2019

Se c’è una cosa che i regimi autoritari e totalitari ci hanno insegnato è che le parole risuonano. Hanno una eco, il più delle volte (di) sinistra. Prendiamo “commissione”, ad esempio: già evoca foschi scenari, controlli, guardie in divisa che ti bussano alla porta, ti portano via, verso un processo kafkiano. Se poi una commissione la si battezza col nome di chi queste esperienze ha vissuto davvero, la faccenda si fa oltremodo sgradevole: “Commissione Segre”, davvero non si può sentire, almeno per chi certi spettri li rispetta, non li inflaziona, non si tira per il lenzuolo. È troppo lugubre, è perfino offensiva – quella sì.

Per cui salviamoci con un pizzico di ironia, che non fa mai male, buttiamola in ridere, tanto per alleggerire, e chiamiamola “Kommissione Doubtfire”, dal personaggio del film che secondo qualcuno somiglia irresistibilmente alla senatrice a vita; per scherzo, non per odio, sia chiaro. Ebbene, la Kommissione Doubtfire appena inaugurata è sembrata sdoganare una sorta di furioso furore per chi non si è affrettato a votarla all’unanimità, scetticismo rimarcato dall’interessata con una frase inconsapevolmente agghiacciante: “Sono rimasta stupita, io facevo una operazione etica”. Ecco, già l’etica per via parlamentare è qualcosa di preoccupante, specie se ad incarnarla è uno solo.

Ma andiamo avanti. Chi non ha fatto la ola a Liliana subito in fama di nazista, inchiodato dai giornali dell’amore, messo all’indice (a senso di marcia invertito, si potrebbe parlare tranquillamente di odio, ma si sa che odiare un “fascista” non è reato, anzi è doveroso in quanto tutela democratica). Tra gli effetti collaterali: il vignettista Vauro, strenuo difensore delle frange palestinesi più esagitate contro Israele, che con gli occhi fuor dalle orbite ordina a un parlamentare leghista di alzarsi in piedi al nome della Segre; blocchi e censure sui social per quanti in odore di sovranismo o di critica alla Kommissione, come l’editore Francesco Giubilei, misteriosamente bloccato su Facebook, e la giornalista del Primato Nazionale Francesca Totolo, bersaglio di una virulenta campagna su Report, un cui sgradevole consulente si vanta su Twitter, tra un insulto e l’altro, di poter censurare chi vuole; sempre la Totolo subisce ambigue situazioni di boicottaggio telematico, con il profilo semioscurato e la perdita arbitraria di follower; stessa sorte per il sito satirico Arsenale K.

Quanto a Giubilei, contestualmente alla sua ospitata a LineaNotte fioriscono appelli a sfasciargli la testa con una mazza, memori del trattamento riservato a Sergio Ramelli quasi 45 anni fa (pessimo sangue non mente); su Repubblica, d’altro canto, l’altra vignettista organica, ElleKappa, raffigura l’elettore medio di Salvini come un porco, mentre Erri de Luca impartisce lezioni di economia globalista: “La rinuncia all’impiego di manodopera immigrata a basso costo è atto di autolesionismo” (esterrefatti i lettori, o a Erri gli è scappata o era su di giri); fino al parossismo dell’ebreo Franco Bechis, linciato in fama di ebreo dai difensori dell’ebrea Liliana Segre. A contorno, le solite effervescenze all’università di Trento se appena si azzardano a invitare il cronista del Giornale Fausto Biloslavo, le immancabili escandescenze dell’Anpi a 360 gradi, dove c’è casino ci sono gli arzilli nonnetti, tra i quali possiamo annoverare senz’altro Natalia Aspesi, la serena vegliarda di Repubblica che sogna di mitragliare con precisione, come nella canzone di Finardi: “Pian piano, ho maturato la fantasia di sparare a loro (…) Nessuno può più negarmi di imbracciare un kalashnikov. Sono vecchia. Sono sola. Sono gravemente turbata dalla condizione disperata degli italiani. Ho tutto il diritto di fare una strage”. Se non altro a parole, visto che dà della kapò alla Meloni, dei bugiardi patentati ai vari Porro, Capezzone, Belpietro, eccetera.

Il tutto nel giro di pochissime ore dal varo della Kommissione Doubtifre (“Capovaro, vadoooo? Vadi, senatrice, vadiii!”). Di materiale, ce ne sarebbe. Ma, dalla Kommissione, finora neanche un fiato. Forse Mrs Doubtfire non ha saputo niente, non l’hanno informata, del resto lei stessa confessa candidamente di avere appreso per conto terzi dei fatidici “200 insulti al giorno” che la bersagliano sui social: “Nemmeno io lo sapevo, l’ho appreso dai giornali, io non frequento i social”. Ma chi li frequenta, viceversa, si spolmona nel chiedere prova di questi 200 insulti a tassametro e non ottiene risposta. Qualcuno non volendo produce smentite boomerang, ne citiamo uno alla lettera: “Volevo dire a Liliana Segre e ai suoi cialtroni a rimorchio che gli unici che mi hanno attaccato con i bastoni chiamandomi ebreo di merda, mentre sfilavo con la Brigata Ebraica a Roma, sono stati quelli dei centri sociali e dell’Anpi. Quelli che lei difende: gli antifa-propal!”.

Dove facilmente si evince che, tuttalpiù, l’invettiva è non per la Segre, ma per i cialtroni a rimorchio. Ma forse è la sostanza a offendere, e su quella è dubbio che la Kommissione Doubfire interverrà, posto che è stata concepita per tutt’altri motivi: controllo delle idee, di pensieri e parole, messa all’indice di tutto quanto non si allinei al pensiero unico di stampo politicamente corretto progressista. Basta leggerlo, il documento che la insedia, questa insidia per la libertà. All’osso, il varo della Kommissione “sugli stati d’animo”, come la definisce Giancristiano Desiderio, pare avere impresso, come primo effetto, una accelerazione all’amore di chi vuole appendere gli odiatori a testa in giù, ovviamente dopo avergliela spaccata con una mazza. Ma, come si diceva nel ’68, “è solo l’inizio”: come potrà finire, lo scopriremo solo morendo. (qui)

Infine una saggia riflessione del saggio Giovanni.

Non voglio fare programmi, ma ho l’impressione che prima o poi toccherà continuare ancora perché il delirio, lungi dal placarsi con l’approvazione della folle mozione, sembra, nutrendosi di se stesso, montare senza fine. Mettendo in serio pericolo la democrazia e tutte le libertà per le quali le generazioni che ci hanno preceduto hanno combattuto.

barbara

ANCORA UN PAIO DI COSE SULLA COMMISSIONE ORWELLIANA PER GLI PSICOREATI 2

Ho scelto altri tre articoli – scelta non facile, perché vedo in giro una vera sollevazione contro questo attentato alla libertà, costituzionalmente garantita, di pensiero e di parola* – che aiutano a chiarire vari aspetti della questione che potrebbero sfuggire a uno sguardo superficiale e frettoloso.

LE RAGIONI PER CUI…

Una commissione “contro l’odio”. Ci sono tanti tipi di odio. C’è chi odia gli ebrei, c’è chi odia i cinesi, c’è chi odia le donne, c’è chi odia i ricchi, c’è chi odia gli omosessuali, c’è chi odia il vicino di casa, c’è chi odia le persone di colore, c’è chi odia i musulmani, c’è chi odia i leghisti, c’è chi odia i piddini, c’è chi odia i cattolici, c’è chi odia il presidente della Repubblica… quanti odi ci sono in circolazione, e quante sono le parole per manifestarli?
E’ dunque necessaria, in Italia, paese dove certo si odia e si litiga, ma non meno che in altri, una commissione presieduta da un presunto gruppo di saggi che avrebbero il compito di indicare certi odi e non altri, come se non ci fossero già, in Italia, leggi che puniscono chi esercita la diffamazione, chi vilipende?
A che scopo istituirla proprio adesso?
Ebbene, c’è un passo del testo della mozione a cui la senatrice Liliana Segre ha prestato il proprio nome, che permette di rispondere chiaramente alla domanda.
“Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa definisce gli hate speech come le forme di espressioni che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o più in generale l’intolleranza, ma anche i nazionalismi e gli etnocentrismi”.
E’ nelle parole finali che si cela la risposta. “Nazionalismo” e “etnocentrismo”, parole sataniche per la UE.
Dalla prima parola, caricata dai burocati europei di un significato eminentemente negativo, discenderebbero per li rami nefaste conseguenze per la convivenza civile e sociale, appunto il razzismo, la xenofobia, l’antisemitismo, ecc.
Oggi, il grande apparato mediatico progressista ha coniato un altro termine ancora più spregiativo di “nazionalista”, lo conosciamo tutti, “sovranista”.
Sei sei “sovranista” sei razzista, sei xenofobo, sei antisemita.
Questa commissione, che il centrodestra non ha votato, dietro la pretesa di volere tutelare minoranze e specifiche soggettività (che, in uno Stato di diritto sono già tutelate dalla legge), ha una precisa e chiara finalità politica indirizzata contro determinate prerogative difese a destra: confini sicuri, immigrazione controllata, tutela di tradizioni culturali depositate nei secoli, rispetto per la propria identità nazionale.
L’ideologia che la informa viene da Bruxelles, di cui essa è la diretta emanazione.
La senatrice Segre, ormai trasformata in un feticcio, e a cui va tutto il mio rispetto per la sua vicenda umana, viene usata ed è usata come portabandiera da agitare per demonizzare chi si oppone alla commisione che prende il suo nome.
Una operazione scaltra, infima, di bassa cucina, addobbata con i panni nobili della lotta all’odio.
Niram Ferretti, qui

* «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, sporgere denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.» Articolo 21 della Costituzione Italiana.

“E’ nelle parole finali che si cela la risposta”: in cauda venenum, come ben sa chi si è trovato ad avere a che fare con gli scorpioni.
Proseguo con questo, che contiene un’informazione, estremamente importante, che non conoscevo.

È una trappola politica la mozione sul razzismo

La maggioranza non ha cercato l’accordo per linciare il centrodestra

di Franco Bechis

1 NOVEMBRE 2019

C’è una buona dose di malafede e di ideologia politica (sempre legittima se riconosciuta) nel linciaggio collettivo cui è stato sottoposto ieri il centrodestra per il semplice fatto di essersi astenuto in Senato sulla mozione di maggioranza a prima firma Liliana Segre per proporre «l’istituzione di una commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza». A parte il fatto banale per cui astenersi non è opporsi, al voto del Senato sulla stessa identica questione c’erano non una, ma quattro mozioni diverse. E tre sono state bocciate con il no di tutti quelli che oggi si indignano: una di Forza Italia, una della Lega e una di Fratelli di Italia. Tutte e tre avevano premesse un po’ diverse, ma poi portavano a costituire la stessa identica commissione con qualche avvertenza per altro di buon senso, perché in strumenti-bandiera di questo tipo che di solito contano come un fico secco c’è il rischio però di farsi prendere la mano e con la scusa dell’odio o del razzismo limitare severamente libertà di espressione più che consentite dalla nostra Costituzione.
Ora la libertà di pensiero e politica è così importante, che non si può accettare il linciaggio andato in scena ieri su media e agenzie. Così come è inaccettabile che qualche genio salti su in parlamento apostrofando con insulti stupidi più ancora che razzisti un deputato Pd come Emanuele Fiano che si accusa di essere ebreo. Bene, sono ebreo anche io fiero delle mie origini anche se sono stato educato e sono cresciuto da cattolico osservante. E quindi fischio e darei un bel scappellotto a chi in una giornata così ha avuto la bella idea di dire sciocchezze su Fiano. Ma quel linciaggio scientifico per l’astensione sulle mozioni è ben più grave di qualche scemata urlata anche in aula. Perché questo sì è atto illiberale che getta ombre pesanti su chi ha controfirmato e dato sostegno alla mozione della Segre. Gli slogan anche buonisti che debbono andare bene per tutti esistono nelle dittature, non nelle democrazie liberali, ed è dittatura imporre con tanta violenza il pensiero unico a chicchessia, poi linciandolo perché non vi aderisce. È anche segno di malafede, perché li avesse avuta buona non avrebbe imposto slogan da prendere o lasciare, ma avrebbe cercato un accordo con le minoranze ( si rispettano anche quelle parlamentari) per giungere a un testo condiviso, se questo era l’obiettivo politico. Non è accaduto così, perché c’era un intento muscolare che non vedeva protagonista ovviamente la senatrice a vita Segre, ma chi l’accompagnava. Non volevano una scelta condivisa, ma accusare di razzismo le minoranze impiccate a qualsiasi loro distinguo.
Bene, siccome a me degli uni e degli altri frega assai poco e personalmente di questo tipo di commissioni parlamentari ho la massima storica disistima, vado al sodo: «l’odio» è arma a doppio taglio, che può stralciare zizzania ma anche erba finita lì in mezzo e che semplicemente da fastidio perché non è la tua. Nessun paese del mondo ha definito con esattezza giuridica quello che chiamano «hate speech», perché è impossibile farlo senza mettere a rischio i principi di libertà su cui si fondano le regole e le costituzioni dei nostri paesi. Per questo andrei molto piano a normare questi temi, perché si rischiano danni seri alla libertà, assai più seri di quelli provocati da qualche idiota che dice cose senza senso. Cose è odio e razzismo da punire magari con pene assai elevate (questo sarebbe il lavoro della commissione)? Il codice penale oggi evidenzia già numerose fattispecie, perseguite con severità. Ma se ne vogliono aggiungere altre. E allora, mettiamo nel mirino i cittadini di un quartiere che stufi di essere depredati in casa e per strada ogni giorno chiedono con manifestazioni pubbliche o in gruppi sui social network di spostare da lì quel campo nomadi la cui presenza ha tanto cambiato la loro vita quotidiana? Temo di sì, ed è un rischio che non voglio correre. Perché non è l’odio in sé che si vuole perseguire, ma quello che una parte (oggi maggioranza in Parlamento) definisce odio ed è sicura che sia odio. Io ho visto linciare, tanto per dirne una, con frasi grondanti odio (non importa quanto condiviso) gli organizzatori dei vari family day o pro life, che si vorrebbe non avessero nemmeno diritto di parola ritenendo quella parola non lecita. Mi preoccupa quella commissione perché nasce a colpi di maggioranza con questo cappello ideologico immotivato: vorrei sapere ad esempio perché non hanno votato la mozione di Forza Italia a cui è difficile fare un appunto di qualsiasi tipo. E allora temo che ci sia dietro un’operazione ideologica che si ripara dietro lo schermo falso dell’antisemitismo per limitare libertà di pensiero e di movimento politico altrui: questo si può dire perché sacrosanto, su quello non ti azzardare o ti sbatto dentro. Questo metodo di decidere a maggioranza per eliminare i diritti della minoranza, accusandola pure di illecito pensiero diverso, è da regimi totalitari, non da democrazie liberali. Posso dirlo? Quel linciaggio di ieri è davvero un po’ fascista, nel senso deteriore del termine. Qui.

Sulla malafede di chi ha messo in piedi questa baracconata, sul suo scopo di chiudere la bocca al dissenso, sui metodi fascisti con cui lo scopo è stato perseguito, non ho mai avuto il minimo dubbio; ciò che apprendo ora, ossia l’esistenza di altre mozioni pressoché identiche, solo un po’ meno vaghe e con obiettivi non ampliabili a piacere, come lo sono in questa, che sono state inesorabilmente bocciate, rende la manovra ancora più grave.

E concludo questa seconda puntata con un’analisi dettagliata di alcuni punti della mozione.

Il centro sinistra non ha voluto l’unanimità sulla mozione Segre

Nessuno più di noi di Forza Italia, e per me è anche un fondamentale impegno personale, è stato costantemente e coerentemente contrario ad ogni forma di antisemitismo, razzismo e istigazione all’odio. Per questo in Senato abbiamo auspicato e ci siamo impegnati per l’approvazione unanime di una commissione per il contrasto di questi fenomeni. Purtroppo, questo non è avvenuto: la mozione a prima firma della senatrice Liliana Segre è stata approvata ma a maggioranza e con molte astensioni, tra cui la nostra, che spiegherò, mentre la mozione di Forza Italia, che avrebbe avuto il medesimo effetto ed era compatibile con essa è stata addirittura bocciata. Dunque, noi non abbiamo votato contro alcuna proposta per istituire la commissione, a differenza dello schieramento di centro sinistra.

Per ottenere l’auspicata unanimità la mozione, onorata dalla prima firma della senatrice Segre, avrebbe dovuto essere preparata coinvolgendo fin dall’inizio tutti i gruppi del Senato, invece è stata scritta e firmata nell’ambito dell’attuale maggioranza di governo, pur essendo stata depositata nel giugno scorso, e il testo ne risente ampiamente. In essa si parte dall’antisemitismo, ma poi si estende enormemente l’ambito dei fenomeni “da contrastare” con sanzioni penali o “sociali”.
Ad esempio, vengono inclusi nell’incitamento all’odio “ ‘argomenti’ quali la superiorità della propria razza, etnia, nazione o gruppo: e uno pensa alla criminale ideologia nazista che prevede lo sterminio di chi è inferiore. Ma se io dico che le nazioni come l’Italia – o Israele – dove vigono lo stato di diritto, la libertà di espressione, l’eguaglianza fra uomo e donna e la libertà religiosa sono superiori a quelle dove una religione è imposta dallo Stato con la violenza, la conversione ad altra religione è punita con la morte, la libertà non c’è, le donne sono segregate, legalmente picchiate e lapidate e i gay precipitati dai palazzi, devo essere perseguito, ed equiparato a Hitler?
Si cita anche l’incitamento “a commettere atti di discriminazione”: questa espressione include chi è contrario alle adozioni per le coppie omosessuali o all’imposizione delle teorie gender nelle scuole? Ancora, nella mozione si sostiene che “andrebbero perseguite penalmente espressioni dannose, offensive o sgradite”. Ma la legge deve essere oggettiva, non soggettiva.
Si apre così la strada a una limitazione arbitraria della libertà d’espressione! Abbiamo già sentito teorizzare che i simboli cristiani “offendono” i fedeli di talune altre religioni e dunque andrebbero nascosti. Noi non la pensiamo così! Qui, poi, si va oltre: anche se un tal gruppo – bontà sua – non si offende, basta che “non gradisca” un’espressione perché certe parole diventino reato! Che dire poi di chi afferma di ritenere la propria religione superiore alle altre? Bisogna obbligarlo a dire che le religioni sono tutte uguali, magari anche ai propri figli?
Del resto, un altro passaggio della mozione dice che è uno va “incriminato a titolo di pericolo presunto quando il pregiudizio razziale, etnico, nazionale o religioso si trasforma da pensiero intimo del singolo a pensiero da diffondere in qualunque modo”.
Si arriva, insomma, a specificare che il solo pensiero non va incriminato, ma la sua espressione sì! Non basta, si definisce lo hate speech, “un intenso ed estremo sentimento di avversione, rifiuto, ripugnanza, livore, astio e malanimo verso qualcuno”, che include “i nazionalismi e gli etnocentrismi, gli abusi e le molestie, gli epiteti, i pregiudizi, gli stereotipi”. Cose che vanno benissimo come definizione da dizionario, ma è tutt’altra cosa se delineano un reato. Definizioni troppo vaghe distruggono la certezza del diritto e danno luogo all’arbitrio.
Su queste scivolose basi, la mozione conclude dicendo che “la Commissione può segnalare agli organi di stampa ed ai gestori dei siti internet casi di fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche, quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche, richiedendo la rimozione dal web dei relativi contenuti ovvero la loro deindicizzazione dai motori di ricerca”.
Insomma, una Commissione politica, che fin dall’inizio ha una origine di parte, eccetto la firma della stimatissima senatrice Segre, avrebbe il potere di escludere dal più potente mezzo di comunicazione di oggi, il web, chiunque cadesse o venisse fatto rientrare in queste definizioni vaghe e arbitrarie. Noi non vogliamo una cosa del genere, né per questa legislatura, in cui si è formata l’attuale maggioranza, né in un’altra, dove fossimo noi ad avere questo potere.
Insomma, in questa mozione, il contrasto all’antisemitismo è solo una piccola parte, usata per cercare di introdurre tutt’altro e noi non ci siamo stati. Su di essa, dopo che la nostra richiesta di un testo più essenziale e non divisivo è caduta nel nulla, ci siamo tuttavia rispettosamente astenuti, manifestando grande apprezzamento, stima e rispetto per la collega Liliana Segre.
La maggioranza invece ha bocciato la nostra mozione, e – attraverso il capogruppo di Italia Viva – ha avuto anche toni provocatori e accuse disoneste, arrivando a parlare di negazionismo a proposito di chi avrebbe osato non votare a favore.
Coloro che – nella maggioranza che comprende chi troppo a lungo ha tollerato le ingiurie all’eroica Brigata Ebraica il 25 aprile e chi pochi mesi fa prendeva per buoni i Protocolli dei Savi di Sion – tentano di far passare la nostra posizione come non sufficientemente severa sull’antisemitismo, mente spudoratamente. Li metteremo alla prova quando si tratterà di vedere le posizioni su Israele, bersaglio principale oggi dell’antisemitismo e rifugio per tanti ebrei che lasciano un’Europa sempre più ostile, sul boicottaggio dei suoi prodotti, sull’Iran che promette ogni settimana di distruggerlo, sulle votazioni alle Nazioni Unite. Solleciterò subito la risposta alla mia interrogazione del luglio scorso sui fondi della cooperazione internazionale che finiscono ad associazioni contigue al terrorismo palestinese o promuovono campagne di odio contro gli Ebrei in Israele.
Ultimo dettaglio: è falso che solo i senatori della maggioranza abbiano applaudito e si siano alzati in piedi. L’abbiamo fatto anche noi, quando tutti ci si è volti verso la collega Segre. Era normale che iniziasse chi aveva votato la mozione. Dovevamo forse applaudire la bocciatura della nostra mozione che chiedeva anch’essa la commissione?
Lucio Malan, Senatore di Forza italia, 1 novembre 2019 (qui)

Avete presente 1984? Il più ambizioso programma del partito, ormai quasi giunto in porto, è il rifacimento del vocabolario per eliminare ogni parola e ogni espressione mediante la quale si possa esprimere dissenso, in modo da togliere materialmente la possibilità di dissentire perché non ci saranno più le parole con cui farlo. Ecco, questa è la strada imboccata. Qui, diversamente che in Oceania, le parole non saranno cancellate, ma essendo vietate per legge, cadranno in disuso e alla fine nessuno le ricorderà più, così come oggi difficilmente qualcuno avrà l’idea di dire sagittabondo o sgarzigliona – che infatti word mi segnala come errate perché non le conosce. Praticamente l’obiettivo dei nostri amatissimi governanti (“amo il Grande Fratello”, dirà alla fine Winston Smith, dopo le inenarrabili torture culminate con la stanza 101) è di arrivare ad avere una satira così
polcorr
e testi critici così
word
continua

barbara