Sempre più numerosi i segnali che suggeriscono che l’obiettivo sembra proprio essere quello, dal generale inglese fortemente intenzionato a far combattere l’esercito in Europa alla pesantissima provocazione lituana su Kaliningrad: provocazione con tutta probabilità messa in atto non per iniziativa propria bensì per ordini “superiori”: a quanto pare gli stati sotto l’ala “protettrice” statunitense non sono più sovrani di quanto lo fossero quelli a suo tempo sotto l’ala sovietica. La mia impressione è che il trauma subito dai Paesi dell’ex Patto di Varsavia ad opera dell’Unione Sovietica sia stato tale da rendere loro difficile distinguere lucidamente fra la vecchia Unione Sovietica e l’attuale Russia, in particolare la Russia che Putin, dopo averne raccattato i brandelli a cui l’aveva ridotta Yeltsin, ha rimesso in piedi facendone qualcosa di sensibilmente diverso dalla vecchia Unione Sovietica. Per questo motivo non mi riesce facile immaginare che uno stato dell’ex orbita sovietica possa pensare, di propria iniziativa, a sfidare la Russia con una provocazione gravissima come il blocco degli approvvigionamenti, che rappresenta un autentico atto di guerra. E chiaramente l’obiettivo dei padroni della Lituania è proprio quello di scatenare da parte della Russia l’unica logica risposta in una situazione del genere, ossia la guerra. E dato che la Lituania fa parte della NATO, se Putin risponde, il resto diventa storia scritta – alla fine della quale chissà se noi ci saremo. Forse i prossimi giorni ci porteranno la risposta.
E ora vediamo un po’ di cose, cominciando con l’assedio di Azot.
Ucraina: l’assedio delle Azot e la cattura di due soldati Usa
Resistono gli ucraini assediati nell’impianto di Azot, a Severodonetsk, dove si sta ripetendo il copione già visto alle Azovstal di Mariupol, con miliziani e soldati ucraini assediati nell’impianto industriale insieme a un numero imprecisato di civili (che è davvero arduo pensare che vi si siano barricati volontariamente, ma tant’è).
I russi stanno tentando di chiudere la morsa sui resistenti, sia a Severodonesk che nella attigua Lysychansk, separata dall’altra cittadina da un fiume, ma le operazioni militari proseguono con estrema lentezza: per i russi si tratta di risparmiare vite al proprio esercito; per gli ucraini di resistere in attesa delle nuove armi Nato.
Nel frattempo, ha avuto grande rilievo la notizia della cattura di due soldati americani, anche perché negli Usa hanno paura che possano subire la stessa sorte dei due britannici catturati dai russi di recente insieme a un marocchino, i quali sono stati condannati a morte da un tribunale di Donetsk.
La Russia aveva dichiarato fin dall’inizio della guerra che i combattenti stranieri catturati non sarebbero stati trattati da prigionieri di guerra e la condanna dei due “volontari” segue quella dichiarazione.
Detto questo, a seguito delle proteste britanniche, Mosca ha invitato Londra a contattare la Repubblica di Donetsk per avviare negoziati per la loro liberazione (BBC), cosa che Londra non vuol fare per una ragione di principio: teme di esser costretta in tal modo a riconoscere de facto la Repubblica indipendente. Per questo, ha contattato il ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba, incaricandolo di risolvere la cosa.
In realtà, trattando con Donestk non riconoscerebbe affatto la Repubblica in questione, riconosciuta finora da Mosca e pochi dei suoi alleati, ché il riconoscimento di un’entità politica come statuale è tutt’altro da un negoziato con un nemico.
La verità è che Londra teme di perdere di prestigio, abbassandosi a chiedere la liberazione dei propri prigionieri, da qui l’incarico all’Ucraina, anche se, sottotraccia, le trattative le sta facendo, eccome (si spera anche per il marocchino…).
Così, la storia dei due soldati britannici – ufficialmente volontari, di fatto forze speciali incognite in servizio attivo – insegna che anche per i due americani non ci sarà una condanna a morte, che avrebbe solo l’effetto di dare nuovi argomenti alla propaganda avversa, ma si avvierà un negoziato.
Interessante notare la storia di uno dei due americani catturati. Sul New York Post, un’intervista drammatica della madre del soldato, che spiega che il figlio si era arruolato come volontario per “salvare vite ucraine e non solo ucraine” (?) ed era pronto a morire (non sembra: certe cose si dicono, poi…).
La mamma, che è sempre la mamma, racconta che non era andato per combattere, ma solo “per addestrare i soldati ucraini’”. Fin qui la donna, che siamo alquanto certi che prima o poi rivedrà l proprio ragazzo, al contrario di tanti altri che stanno morendo in questa stupida guerra.
C’è un passaggio obbligatorio da fare, cioè il ragazzo deve dichiarare alle telecamere russe che è contro la guerra e che ha sbagliato ad andare in Ucraina, come hanno fatto i due britannici e come ha fatto anche lui.
Come si legge su Oda Tv, appena catturati, i soldati stranieri che combattono in Ucraina “in un solo giorno si trasformano in ‘figli dei fiori’, dichiarandosi contro la guerra”. Se citiamo questa Tv turca non è tanto per questa ironia, cinica eppur vera, quanto perché ci ha colpito una rivelazione di tale emittente.
In un articolo, infatti, Oda Tv spiega che il simbolo che campeggia sull’uniforme di uno dei due soldati americani catturati, Alexander John-Robert Drueke, lo rivela come membro dell’US Armed Forces Chemical Warfare Corps, cioè la forza militare Usa dedicata alle armi chimiche.
Infatti, il distintivo dorato, all’interno del quale si distinguono un tronco d’albero e un drago, è inequivocabile, Non avremmo creduto alla notizia, se non fosse che la stessa foto, e lo stesso distintivo, illustra il servizio dell’articolo del Nyp succitato.

Se si ingrandisce la fotografia in questione, si vede perfettamente che il distintivo è quello indicato, come si riscontra anche su un sito specializzato delle forze armate Usa (https://www.usamm.com).
Nel presentare il militare, il Nyp spiega che Drueke era andato due volte in missione in Iraq, forse alla ricerca delle famose armi di distruzione di massa di Saddam. Ma che ci è andato a fare in Ucraina? Non ha competenze in fatto di addestramento per una battaglia di terra, dato che le sue competenze sono le armi chimiche.
Oda Tv ricorda che solo alcuni giorni fa il Pentagono ha rivelato di aver supportato 46 biolaboratori sparsi sul territorio ucraino, ma questo non spiega granché, dal momento che il ragazzo è partito da poco per la guerra. Così resta la domanda: che diavolo ci è andato a fare? Resterà inevasa. (Qui)
Ho idea che a metterle in fila, le domande che resteranno per sempre inevase, facciamo da qui al sole e ritorno. E ora ascoltiamo una voce particolarmente interessante.
La guerra Usa – Russia in Ucraina vista da un ex dirigente della Cia
“Contrariamente alle dichiarazioni trionfalistiche di Washington, la Russia sta vincendo la guerra e l’Ucraina ha perso la guerra. Sui danni a lungo termine prodotti alla Russia il dibattito è aperto”. Così Graham E. Fuller, ex vicepresidente del National Intelligence Council presso la CIA, il quale dettaglia le conseguenze di questa “guerra americano-russa combattuta per procura fino all’ultimo ucraino”.
Nella nota, Fuller spiega che “le sanzioni americane contro la Russia si sono rivelate molto più devastanti per l’Europa che per la Russia stessa. L’economia globale ha subito un rallentamento e molte nazioni in via di sviluppo devono affrontare gravi carenze alimentari e il rischio di una fame dilagante”.
La devastazione subita dall’Europa sta creando criticità nel rapporto tra questa e Washington, che sta costringendo i propri clienti a supportare a proprie spese la sua linea di “politica estera erratica e ipocrita, basata sul disperato bisogno di preservare la ‘leadership americana’ nel mondo”. Ed è da vedere se acconsentirà a intrupparsi senza riserve anche nella guerra “ideologica” contro la Cina, dalla quale il Vecchio Continente dipende più che dalla Russia.
“Una delle caratteristiche più inquietanti di questa lotta tra USA e Russia in Ucraina è stata l’assoluta corruzione dei media indipendenti. Washington ha vinto a mani basse la guerra dell’informazione e della propaganda, coordinando tutti i media occidentali e costringendoli a cantare lo stesso libro di inni che sta caratterizzando la guerra ucraina. L’Occidente non ha mai assistito a un’imposizione così totale di una prospettiva geopolitica ideologicamente guidata […] Stretti in questa virulenta raffica di propaganda anti-russa, che non ho mai visto neanche durante i miei giorni da Guerriero Freddo, gli analisti seri devono scavare in profondità per avere una comprensione oggettiva di ciò che sta effettivamente accadendo in Ucraina”.
La presa sui media ha avuto l’effetto di tacitare “quasi tutte le voci alternative”. “Ma l’implicazione più pericolosa è che mentre ci dirigiamo verso future crisi globali, assistiamo alla scomparsa di una vera e propria stampa libera e indipendente”, mentre l’opinione pubblica è preda “di media dominati dalle multinazionali vicine ai circoli politici, che godono del supporto dei social media elettronici; tutti attori che manipolano la narrativa secondo propri fini. Mentre andiamo incontro a un’instabilità prevedibilmente più grande e più pericolosa prodotta dal riscaldamento globale, dai flussi di profughi, dai disastri naturali e dalle probabili nuove pandemie, il rigoroso dominio statale e corporativo dei media occidentali diventa davvero molto pericoloso per il futuro della democrazia” (bizzarrie di questa sedicente lotta tra democrazia e autocrazia…).
Per quanto riguarda i cambiamenti geopolitici dettati dalla crisi ucraina, Fuller registra che “le massicce sanzioni statunitensi contro la Russia, tra cui la confisca dei fondi russi nelle banche occidentali, sta inducendo la maggior parte del mondo a riconsiderare l’idea di puntare interamente sul dollaro USA nel futuro. La diversificazione degli strumenti economici internazionali è già in atto e indebolirà la posizione economica un tempo dominante di Washington e la sua ‘arma unilaterale’, il dollaro”.
Inoltre, lo spostamento della Russia verso l’Asia appare ormai destino irreversibile, producendo quell’asse Cina-Russia che Washington da tempo paventa come minaccia esistenziale. Tale processo è arrivato a un punto tale che l’idea di disarticolare tale asse, avanzata da tanti analisti e politici occidentali, è ormai una pura “fantasia”.
“Purtroppo per Washington, quasi tutte le sue aspettative su questa guerra si stanno rivelando errate”, conclude Fuller, secondo il quale in futuro questo tempo potrebbe rivelarsi come il momento in cui l’Occidente ha preso coscienza dell’errore insito nella condiscendenza verso la pretesa americana di “preservare il suo dominio globale”, che inevitabilmente creerà “nuovi confronti, sempre più pericolosi e dannosi con l’Eurasia”. Mentre “la maggior parte del resto del mondo – America Latina, India, Medio Oriente e Africa – non vede alcun interesse nazionale in gioco in questa guerra fondamentalmente americana contro la Russia”.
Se riferiamo tali opinioni, non nuove per questo sito, è perché sono enunciate da una fonte autorevole e non certo tacciabile di filo-putinismo, accusa peraltro abusata durante le guerre infinite dalla propaganda occidentale, che di volta in volta ha tacciato le voci critiche di essere filo-Saddam, filo-Assad. filo-iraniani, filo-terroristi e quanto altro. Nihil sub sole novum.
L’unica novità è che in passato, durante i precedenti passi di questa guerra infinita – che necessariamente doveva rivolgersi contro Russia e Cina (e contro l’Europa, in maniera più o meno indiretta) -, è che mentre morivano gli arabi e gli africani non importava nulla a nessuno (come nulla importa ora dello Yemen). Ora che la guerra incide sul prezzo della benzina e degli alimenti, interessa, eccome. Anche sotto questo profilo, nihil… (Qui)
E se vuoi comunque dire la verità,occhio a non fare la fine di Alina Lipp:
E chiudiamo con un bel tango.
barbara