OPERAZIONE SHYLOCK

Sì, lo so: Philip Roth è uno scrittore grandissimo stupendissimo meravigliosissimo straordinarissimo genialissimo. Criticarlo è peggio che bestemmiare in chiesa, peggio che rapinare un handicappato, peggio che mettere bombe in luoghi affollati. Lo so, e sono pronta a pagare le conseguenze di quanto sto per dire.
Tanti anni fa avevo letto L’orgia di Praga, talmente brutto, talmente insulso, talmente noioso che un secondo dopo avere girato l’ultima pagina non mi ricordavo più – e tuttora non ricordo – di che cosa parlasse. Questo qui non so perché ce l’ho, forse li avevo comprati insieme, raggirata dai proclami sul Grande Genio della letteratura, forse qualcuno mi aveva turlupinata raccontandomi che l’altro effettivamente non era granché ma questo era realmente un capolavoro, e insomma erano più di vent’anni che stava lì a prendere polvere e adesso mi sono decisa ad affrontare l’impresa di leggerlo. Nel corso delle 412 pagine si alternano noia profonda e noia mortale, pagine e pagine di pippe mentali che vorrebbero sembrare profonde e sono solo noiose, pagine e pagine di intrecci che vorrebbero sembrare intriganti e invece sono solo intricati e noiosi, al punto che se alzavo la testa un momento poi non mi ricordavo più dove ero arrivata. Il nome di Shylock, riferito al personaggio shakespeariano, compare per la prima volta a pagina 283, mentre la missione che dà il titolo al libro viene proposta a pagina 357 – oltretutto in maniera così contorta e confusa che solo dopo un bel po’ ti accorgi che gli è stato proposto di partecipare a una missione: le 356 pagine e mezzo precedenti servono da introduzione. Poi a pagina 369 veniamo informati che la missione non ce la può raccontare perché il Mossad gliel’ha caldamente sconsigliato. Seguono altre quarantatre pagine di pallosissime e inconcludenti pippe mentali e poi finalmente il libro finisce. Ad un certo punto ho cominciato a saltare mezze righe, righe intere, paragrafi, mezze pagine perché la noia era davvero impossibile da reggere. Perché sono arrivata fino in fondo? Perché non riuscivo a credere che un libro di oltre quattrocento pagine potesse contenere un tale nulla assoluto, e sono andata avanti nella convinzione che qualcosa dovesse per forza succedere e invece no, non succede niente. Proprio niente di niente. E in più è brutto: non ci sono altri aggettivi adatti a questo libro, è proprio brutto e basta. Con in più il penoso espediente di suggerire che sia una storia inventata che però potrebbe anche essere vera ma potrebbe anche essere tutto un lavoro di fantasia ma potrebbe però anche esserci dentro qualcosa di vero… Ho conosciuto bambini dell’asilo con fantasie molto migliori.
Dice che questo libro ha vinto il PEN/Faulkner Award for Fiction per il 1994. Effettivamente è proprio un libro del pen.

Philip Roth, Operazione Shylock, Mondadori
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barbara

L’ISOLA DEL GIORNO PRIMA

Il troppo stroppia, lo dicevo sempre ai miei scolari: ragazzi, non lasciatevi attrarre dalla tentazione di dire tutto quello che sapete su un argomento per mostrare quanto siete bravi, perché l’unica cosa che ne può venire fuori è una schifezza terrificante. E questo libro di Eco è la prova più lampante di quanto avessi ragione. Qui c’è troppo di tutto: interminabili infilate di parole dotte e inusuali, interminabili infilate di pagine di disquisizioni teoriche praticamente sul nulla, interminabili infilate di pagine di dettagli sui meccanismi degli oggetti via via incontrati (che non riescono, comunque, a far capire come diavolo siano fatti), interminabili infilate di pagine di elucubrazioni che più contorte non si potrebbe immaginare (leggi: seghe mentali), interminabili infilate di pagine che raccontano una storia che non è mai avvenuta ma che il protagonista immagina possa avvenire intorno al suo fratellastro che lui sa benissimo non essere mai esistito… Dove la parola chiave è “interminabili”. Nel senso che proprio non riesci a terminarle, all’inizio ci provi, ti impegni, ti sforzi, ce la metti tutta, ma alla fine ti devi arrendere all’evidenza: non è nelle possibilità umane leggere fino in fondo quella roba, per cui dopo un po’ prevale il senso pratico, e quando arrivi all’inizio di uno di questi brani guaniformi, prendi e salti, mezza pagina, una pagina, quattro pagine… Il tutto per raccontare una specie di storia senza capo né coda, fabbricata (è l’unica spiegazione che si riesce a trovare) come pretesto per mostrare quanto è bravo e quante cose sa.
In una recente occasione, pur lasciandolo chiaramente capire, avevo evitato di usare direttamente l’espressione, ma qui è proprio impossibile evitarla: questo libro è una cagata pazzesca.

Umberto Eco, L’isola del giorno prima, Bompiani
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barbara