e riguardiamoci anche questa straordinaria panoramica di occhi
barbara
e riguardiamoci anche questa straordinaria panoramica di occhi
barbara
Al momento non sto troppo bene in salute, niente di grave ma fastidioso sì (che palle). Poi ci sono stati per un intero mese fino a venerdì i martelli pneumatici, la carriola coi cingoli e altro sopra la mia testa (che palle), a cui negli ultimi giorni si è aggiunta la demolizione della casa qui a fianco (che palle) che poi, suppongo, verrà ricostruita (che palle). Poi ieri sono andata a dormire verso le undici (di mattina, non di sera) e finalmente, senza lavori ultrarumorosi in testa e di fianco, ho fatto una meravigliosa dormita fino alle sei e un quarto. L’ultima cosa che avevo fatto prima di andare a dormire era stato guardare un video su youtube, che a metà si era impallato perché la connessione aveva cominciato a scricchiolare. Appena alzata vengo a vedere, e due lucine su quattro sono spente (che palle). Ho chiamato la Vodafone e per prima cosa la voce registrata ha detto “Siamo a conoscenza del disservizio in atto nell’Italia centrale”. Ha detto anche che “i nostri tecnici stanno lavorando per ripristinare il servizio al più presto” ma col piffero che stavano lavorando, e infatti la connessione è tornata oggi pomeriggio (che palle) – o almeno in tarda mattinata, perché verso le otto e mezzo, quando ho spento, ancora non c’era. Vabbè. Oggi pomeriggio sono andata dall’oculista. Da quando ho scritto questo la situazione è ulteriormente peggiorata: adesso in presenza di una luce, è comparsa una sorta di leggero velo, come un appannamento, che prima non c’era, e che rende meno nitida la visione. L’estensione e la luminosità dei raggi sono inversamente proporzionali alla distanza della fonte di luce; il faro di un’auto sufficientemente vicina mi riempie praticamente l’intero campo visivo, con conseguenti problemi facilmente immaginabili, oltre all’insopportabile fastidio provocato da questo abbagliamento moltiplicato per l’infinito numero di fonti di luce presenti sulla strada quando cala il buio. Col passare dei giorni e delle settimane, inoltre, la raggiera si va facendo sempre più estesa e sempre più luminosa, fino a rendere il fenomeno molto più vicino al vero e proprio handicap che al semplice disturbo. Di conseguenza avevo già deciso di scaricare l’oculista; non so se troverò qualcuno disposto a prendere in mano la paziente insoddisfatta dell’oculista più importante dell’intero circondario, ma non essendo più disposta a mettermi nelle sue mani, questo è tutto sommato ininfluente. L’avevo già deciso, dicevo, ma se anche avessi avuto ancora qualche dubbio, avrebbe provveduto lui a togliermeli: dopo avere congruamente arricchito la già nutrita serie di diagnosi fantasiose e terapie a cazzo, oltre ad avermi detto, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo, che questa cosa me la dovrò tenere a vita, quando gli ho chiesto perché, se il difetto, secondo lui, sta nella mia cornea ed è rimasto identico da prima dell’intervento a oggi, la situazione è peggiorata dopo l’intervento e ulteriormente peggiorata dopo il laser, la sua incredibile risposta è stata: “Non lo so, me lo dica lei”. Quelle cose che uno resta lì come un ebete, letteralmente senza parole. Quando le ho ritrovate ho detto “l’oculista è lei, non io” e lui ha risposto che una cosa come questa non gli era mai capitata. Cosa già di per sé strana per uno che fa l’oculista da trentacinque anni, e che comunque potrebbe al massimo giustificare la prima parte della risposta, ma la seconda parte mette a nudo il cazzaro che è. E io davvero non mi capacito che un simile cialtrone sia potuto diventare primario. Adesso devo valutare se non sia il caso di trovarmi un perito e un avvocato e fargli causa. Il problema è che quelle cose le vedo solo io, e non esiste modo di dimostrarlo, né che ci siano, né che siano peggiorate dopo i suoi due interventi successivi. Devo valutare bene la cosa.
Comunque, per restare in tema, questo è il Babbo Natale delle teste di cazzo.
barbara
Ovvero la lunga e dolorosa storia dei miei occhi.
La storia è cominciata quando avevo tre anni, e in seguito a una febbre – stando almeno a quanto mi è stato raccontato – sono diventata strabica (febbre. All’epoca non c’erano le vaccinazioni infantili, quindi nessuno tenti di incolparne qualche vaccino come hanno fatto per l’autismo e mille altre cose). Un lunga serie di esercizi di ginnastica oculare mi hanno trasformato uno strabismo unilaterale in strabismo bilaterale alternato; il perché mi è stato spiegato solo recentissimamente: lo strabico in genere usa un occhio solo; io, grazie al risultato della ginnastica, uso un solo occhio per volta, però alternati, e quindi ho evitato di perderne uno, come succede quando uno non viene mai usato. A dieci anni sono stata operata; un oculista specializzato in strabismo, che non operava ma programmava dettagliatamente gli interventi degli altri, aveva programmato tre interventi: due, a distanza di qualche mese uno dall’altro, un occhio per volta, tagliando un po’ meno del necessario, poi aspettare un anno per l’accomodamento e infine dare l’ultimo piccolo ritocco per portare tutto alla perfezione, e non avrei mai più dovuto portare gli occhiali. Poi lui si è trasferito, mi hanno operata in due (Moro e Chinaglia, che siano stramaledetti) contemporaneamente, un occhio per ciascuno, e hanno tagliato più del dovuto, trasformando uno strabismo convergente in strabismo divergente e non più rimediabile. E dunque sono rimasta strabica per sempre, e sempre di più col passare degli anni e dei decenni.
Lo strabismo non è solo un problema estetico: è anche un problema relazionale, tanto per cominciare (tipo: scolaro che fa casino, io lo guardo con aria feroce, lui continua a fare i fatti suoi mentre quello due banchi più in là schizza su strillando “Beh, cosa ho fatto adesso?!”); è poi un problema tecnico, perché usando un solo occhio per volta il campo visivo è ridotto, e perché senza l’aggiustamento dato dalla visione bioculare non ho la capacità di calcolare le distanze (per parcheggiare per esempio devo sempre fare almeno una manovra in più per la paura di andare a toccare, perché fra 5 e 50 centimetri non percepisco alcuna differenza, per cui, per non rischiare disastri, devo necessariamente fare conto che siano 5. Tranne la volta che in garage mi sono detta dai basta con questa storia, lo sai benissimo che c’è almeno mezzo me-SBAM!)
Qualche anno fa sono arrivate le cataratte, quasi sicuramente di origine traumatica per via del mio famoso incontro intimo con una Ford Focus (nota per i lettori recenti: centrata in pieno sulle righe senza neanche toccare i freni, volo di diversi metri e infine scaraventata di faccia sull’asfalto). Insieme alla visione offuscata è comparsa, ed è andata via via aumentando, questa cosa qui
quando avevo davanti una fonte di luce (solo, con i raggi più filiformi). Quando l’ho spiegato all’oculista, ha confermato che era una conseguenza della frantumazione del cristallino, che ovviamente sarebbe sparita con l’intervento e la sostituzione del cristallino frantumato e difettato con quello artificiale nuovo di zecca. Sono stata operata lo scorso gennaio, e la mia visione in presenza di una fonte di luce è diventata questa
Col passare dei mesi quel raggio centrale di uno o due gradi in cui era concentrata la maggior parte della luminosità si è andato aprendo come un ventaglio e ha aumentato l’ampiezza dell’angolo e il raggio del cerchio fino a tornare alla stessa situazione di prima dell’intervento. Sia lui che un’altra oculista che ho consultato hanno detto che la cosa migliore era un trattamento laser (rigorosamente privato, e abbastanza costoso) per “pulire”. Vabbè, martedì scorso l’ho fatto e adesso, in presenza di una fonte di luce, il mio occhio destro vede questo
Non così totalmente coprente, ma la distribuzione dei raggi luminosi è sostanzialmente questa. I singoli raggi, essendo meno numerosi, sono più luminosi, perché la luminosità totale è sempre la stessa. E mentre prima i raggi di luce erano bianchi, ora sono iridati. Si tenga presente che in questa zona le luci stradali sono dei piatti con quattro basi costituite ognuna da 20 lucine led, vale a dire 80 per ogni lampione, moltiplicate per alcune decine che arrivo a vedere in un rettilineo, moltiplicate per due per i due lati della strada, più le luci delle molte decine di auto che mi vengono incontro (doppie quando le luci di posizione sono separate), più i fanalini di quelle che vanno nella mia direzione, più le luci esterne delle case più le insegne e le vetrine dei negozi più i semafori e più, fra poco, le luminarie di Natale. Il tutto moltiplicato per due in caso di pioggia. E per ogni singola luce io vedo questa cosa qui.
Fine.
barbara
Oggi pomeriggio devo andare a fare un intervento laser all’occhio destro per tentare di risolvere, o almeno di attenuare, il disastro provocato dall’intervento di cataratta, nove mesi fa. Non so se e quali precauzioni dovrò poi prendere, e quindi se potrò usare il computer. Quindi se non mi vedete comparire non preoccupatevi, non sono morta. A meno che il treno non deragli. O il taxi vada fuori strada. O l’oculista sbagli la mira col laser e mi bruci il cervello.
barbara
barbara
Stavolta parto dalle disgrazie
così almeno ce ne liberiamo e non se ne parla più.
Fin dal primo giorno ho cominciato a coprirmi di lividi, grandi e dolenti, alle braccia e alle gambe, senza riuscire a immaginare da che cosa fossero stati causati.
Il secondo giorno mi sono svegliata con un crampo a un polpaccio, che mi rendeva quasi impossibile affrontare salite, discese, gradini, sentieri con sassi, costringendo il nostro povero capogruppo a farmi praticamente da badante ogni volta che si presentava un percorso di questo genere – ossia quasi ogni volta che ci si muoveva (foto di Carla)
Poi il penultimo giorno, quando ormai l’uso intensivo delle gambe era terminato, misteriosamente come era comparso, il crampo è scomparso.
Un po’ perché ho le caviglie fragilissime per via di tutti gli incidenti che hanno subito, un po’ perché a causa del crampo camminavo male, ho anche preso una storta a una caviglia, che però, per fortuna, non si è gonfiata eccessivamente, e ha fatto male solo per pochi giorni.
In acqua sono inciampata su una grossa pietra – riempiendomi tra l’altro la gamba di escoriazioni, ecchimosi ed ematomi -, sono finita con la testa sott’acqua, ho perso gli occhiali che, in quell’acqua piuttosto torbida, erano impossibili da vedere. Per fortuna c’era il mio solito badante a portata di voce, che si è precipitato e raspando il fondo con i piedi è riuscito a ritrovarmeli. E qui più o meno finiscono le disgrazie mie.
Una compagna di viaggio due giorni prima della partenza è stata colpita da una paresi. Ciononostante ha deciso di partire ugualmente, con mezza faccia morta e l’altra mezza sbilenca, imbottita di cortisone, ed è riuscita a reggere bene per tutto il viaggio.
Un’altra compagna di viaggio, a causa di un disturbo a un occhio, si è persa in cima a una montagna. Per fortuna aveva anche perso la nozione del tempo, sicché non è stata presa dal panico; anzi, non si è neppure accorta di essere rimasta sola, sicché la guida e il capogruppo che erano tornati indietro a cercarla quando, arrivati all’autobus, ci si è accorti che mancava, l’hanno trovata che passeggiava tranquillamente.
In compenso abbiamo beccato solo l’inizio della tempesta di sabbia che in questo momento sta semiparalizzando Israele, godendo, senza effetti collaterali, della visione di paesaggi suggestivi come questo (foto di Carla)
barbara
AGGIORNAMENTO sulla tempesta di sabbia.
Durante le vacanze fra la quarta e la quinta elementare sono stata operata agli occhi – operazione in cui chi ha operato ha deciso di propria iniziativa di fare diversamente da quanto era stato programmato, commettendo errori irreversibili e irreparabili, di cui tuttora porto le conseguenze, ma questa è un’altra storia.
Il primo giorno di scuola, in quinta elementare, mio padre va dalla maestra e le spiega che sono appena stata operata, che in questo momento i miei occhi sono molto delicati, che non devo in alcun modo affaticarli, che potrebbe succedere che qualche volta non riesca a fare tutto (a quel tempo la scuola dell’obbligo si concludeva con la quinta elementare; a quel tempo in quinta elementare era normale che fra compiti scritti e studio si avessero almeno due-tre ore di lavoro al giorno), che, se dovesse succedere, la signora maestra è cortesemente pregata di avere pazienza. La maestra dice che sì, certo, sono sempre stata molto diligente, se non riuscirò a fare tutto lei sa per certo che non è per cattiva volontà.
Un giorno, non molto tempo dopo, interroga sui fiumi della Russia, che avevamo da studiare per quel giorno.
– Paola.
– Volga, Danubio, Ural, Dnepr, Don.
– Al posto. Quattro. Maria Grazia.
– Volga, Danubio, Ural, Dnepr, Don.
– Al posto. Quattro. Daniela.
– Volga, Danubio, Ural, Dnepr, Don.
– Al posto. Quattro. Margherita.
– Volga, Danubio, Ural, Dnepr, Don.
– Al posto. Quattro. Raffaella.
– Volga, Danubio, Ural, Dnepr, Don.
– Al posto. Quattro. Barbara.
– Volga, Danubio, Ural, Dnepr, Don.
– Al posto. Quattro. …
Ha interrogato tutta la classe. Tutte abbiamo detto Volga Danubio Ural Dnepr Don, perché quelli erano in fiumi della Russia scritti nel sussidiario, quelli avevamo studiato e quelli sapevamo. E tutte abbiamo preso quattro perché lei, a quanto pare, voleva qualcos’altro, che non abbiamo mai saputo cosa fosse.
Il giorno dopo mio padre è andato da lei: “Signora maestra… Le avevo spiegato… Le avevo cortesemente chiesto… Ha pianto tutto il pomeriggio, ha gli occhi gonfi che fanno spavento, i suoi occhi non possono sopportare queste cose in questo momento…”
All’uscita di scuola l’ho trovato che mi aspettava, con un sorriso da un orecchio all’altro, impaziente di darmi la lieta novella: “Ha detto che si ricorda benissimo che tu non puoi fare tutto, che il tuo quattro lo ha scritto solo per non far venire fuori storie con le altre bambine, ma poi lo cancella e non ne tiene mica conto!”
Nessuno ha mai capito perché quel giorno abbia pianto ancora più a lungo e più rabbiosamente del giorno prima.
Puttana puttana puttana la maestra.
barbara