E POI BISOGNA CHE VI RACCONTI ANCHE QUESTA

Al ritorno da Bologna, il fisiatra mi chiede di aspettarlo per un po’ in studio perché si è verificata un’emergenza a casa e deve fare un salto lì. E dunque io entro, mi siedo, prendo il mio libro e mi metto a leggere. Di lì a un po’ esce la mia ineffabile fisioterapista, che ha terminato il trattamento alla vittima di turno. Mi si mette di fianco, mi prende le spalle, mi raddrizza il busto fino a toccare lo schienale della sedia, poi mi mette il libro davanti alla faccia e dice: “Così devi leggere, se no ti viene male alle spalle”. Tesoro, dico, io ho gli occhiali progressivi, così non vedo assolutamente niente. “Sì”, dice, “tutti quelli che hanno gli occhiali progressivi hanno male alle spalle” (io ho una periartrite alla spalla sinistra, comparsa trentuno anni fa, quando NON portavo le lenti progressive, e una periartrite alla spalla destra, di origine traumatica, venutami vent’anni fa, quando NON portavo le lenti progressive. Ho problemi di rotazione, se nuoto a dorso si sa da dove parto ma il punto di approdo è sempre un’incognita, ma non mi fanno male, tranne in momenti particolari, per esempio quando cambia il tempo. Soprattutto, il dolore non è aumentato da quando porto le lenti progressive). “Dovresti usare un leggio”, dice (certo: ogni volta che vado da un medico, alla posta, in treno, mi metto il leggio in spalla e mi avvio). Forse, anche se parla disinvoltamente di lenti progressive, non ha le idee molto chiare su cosa siano e come funzionino, e quindi le spiego: vedi, ogni singolo millimetro di lente mi permette di vedere nitidamente a una determinata distanza. Quando leggo da un libro a trenta centimetri dai miei occhi, bisogna che la posizione della mia testa rispetto al libro sia tale che i miei occhi attraversino le lenti in un punto preciso posto molto in basso e che il libro sia perpendicolare alla linea che va dai miei occhi alle lenti. “E se ti metti a una scrivania?” Mantengo la calma: ho insegnato per trentasei anni, non tutti i miei alunni sono stati particolarmente intelligenti; qualcuno era anche pesantemente ritardato, so come si tratta con queste persone. E quindi ricomincio da capo: le lenti progressive sono fatte in modo tale che al centro vedo bene lontano, il che mi serve per esempio quando cammino e tengo la testa dritta e guardo davanti a me, o quando guido. In basso le lenti permettono di vedere vicino, come quando scrivo sulla tastiera del computer, o quando leggo. Quindi per poter leggere un libro devo guardare in basso e tenere il libro in basso. Se il libro è su una scrivania, la posizione reciproca testa-libro rimane la stessa, solo che io devo stare più incurvata (naturalmente in casa non succede niente di tutto questo: per leggere e stare al computer ho un paio di occhiali da vicino che mi permettono di stare in posizione normale). “Ma se fai così…” e con l’indice spinge il ponte fra le due lenti. Sono riuscita appena in tempo a chiudere gli occhi, evitando che mi sbattesse le lenti sulle pupille; in compenso me le ha spiaccicate sulle palpebre e si sono tutte imbrattate. “Dovrebbero” dice “fare degli occhiali progressivi a metà”. Ero intenta a pulire gli occhiali, sicché forse non ha visto lo sguardo sbarrato. Progressivi a metà come? Chiedo. “Sì, destra e sinistra, metà normali e metà progressivi”. Non le ho chiesto di spiegare che cosa sarebbero degli occhiali normali, o che cosa succede quando gli occhi sono al centro, come sono praticamente sempre quando si cammina, quando si guida, quando si parla con qualcuno, perché non è bello sparare sulla Croce Rossa.

barbara