BASTA STARE CHIUSO IN CASA!

Basta computer! Basta videogiochi! Dai, vieni, che ti porto a prendere una boccata d’aria.
gaza aria
E dal momento che siamo fuori, approfittiamone per dare un’occhiata intorno.

E dopo avere guardato, facciamo qualche riflessione.

Confine

Tutto quello che ci divide è un lungo cancello guardato giorno e notte dai nostri soldati. Da una parte noi, i nostri campi coltivati, strade che disegnano arzigogoli di terra chiara in mezzo agli aranceti, agli avocadi, ai filari nuovi di ceci; dall’altro lato Gaza. Se non avessero scelto Hamas, ora di oggi gli abitanti di Gaza potrebbero probabilmente entrare ed uscire dalla striscia quotidianamente, lavorerebbero probabilmente nelle terre e nelle fabbriche della zona tutto intorno, in territorio israeliano, come un tempo.
E invece.
Hamas chiama a raccolta manifestanti, infiltra le file dei ragazzini scalmanati ma in maggioranza disarmati con militanti pronti a tutto piuttosto che a cantare “we shall overcome”, li arma di fionde e armi vere, pianifica i punti in cui far salire al cielo fumo nero di pneumatici dati a fuoco, incita al passaggio del confine, all’invasione di Israele. Se potessimo fermarci un attimo a ragionare su questa immane bestialità ci accorgeremmo di quanto è goffa: Hamas ci vuole invadere. Si immagina di poter avanzare attraverso le nostre campagne proprio nella stagione in cui sono così verdi, combattendo vittorioso e arrivando fino a Gerusalemme. È una fantasia talmente surreale, talmente fuori da ogni possibile scenario militare, che sembra provenire da un universo parallelo. Eppure, a vedere la stampa straniera Hamas sta vincendo come sempre la battaglia dei media, tutta pensata e impacchettata per regalarla all’Occidente, con una bella carta regalo istoriata con il nome del giornalista palestinese colpito dai nostri sembra mentre (forse, o forse no [forse molto probabilmente sì, ndb]) faceva volare un drone a cavallo del confine infuocato. Poi possiamo discutere del perché permettiamo che Hamas usi i nostri soldati e le loro armi per i suoi scopi, ma sia ben chiaro: tutti i morti di questi ultimi fine settimana, nessuno escluso, sono palestinesi ammazzati da Hamas. Poco importa se per mezzo di fuoco israeliano. È Hamas a volere i morti, perché con i morti palestinesi, specie se civili, figuriamoci quando membri della “Press”, si riempiono le prime pagine dei giornali. E purtroppo, noi glieli diamo.
Daniela Fubini, Pagine ebraiche 9 aprile 2018

Aggiungerei qualche considerazione su quei conti che non tornano, che proprio, con tutta la buona volontà, non si riesce a far tornare.

Dario Calimani è abitualmente severo con Israele, molto più severo di quanto io consideri ragionevole. E nutre una manifesta e dichiarata antipatia, condita a sfiducia, per Benyamin Netanyahu, antipatia e sfiducia per me assolutamente incomprensibili. Proprio per questo, proprio perché Calimani non può essere sospettato di faziosità cieca a favore di Israele, ritengo utile pubblicare questo suo articolo.

Gaza

Certamente, la situazione ai confini con Gaza poteva essere affrontata in modo diverso, magari con proiettili di gomma o diffondendo nell’aria una buona dose di spray al peperoncino. Certamente, anche la presenza di richiedenti asilo di origine africana poteva essere affrontata in modo diverso, con più sensibilità, con meno brutale indifferenza, con più consapevolezza della propria storia. Benjamin Netanyahu e il suo governo non si distinguono per misura e saggia lungimiranza. E, tuttavia, quando cerchi di far tornare i conti, mettendo in campo mente, coscienza ed emozioni, ti accorgi che non riesci a trovare la tua collocazione. C’è, in tutto ciò che sta accadendo e nella reazione del mondo, un senso di incommensurabilità. I racconti e i giudizi su quei racconti, da parte della stampa e della politica, sembrano non aver molta relazione con gli eventi reali, e sollevano interrogativi, più di quante non siano le risposte che pretenderebbero di offrire. Non è la prima volta che accade. E non sarà purtroppo l’ultima.
Nessuno, tanto per capirsi, mette in discussione l’azione provocatoria della massa che da Gaza si è riversata bellicosa al confine di Israele. Nessuno fa caso alle grida di battaglia, alla minaccia di distruggere Israele, alle armi che la gente si passa di mano in mano, ad Hamas che spinge i civili palestinesi allo scontro – meglio se donne e ragazzini. E nessuno fa caso al fatto che il grido di guerra non sia ‘morte a Israele’, bensì ‘morte agli ebrei’. Evidentemente, non fa alcuna differenza, o la differenza non la si vuole cogliere. Ma ‘morte agli ebrei’ non è un grido di battaglia politico, è una minaccia antisemita che può risuonare in tutto il Medio Oriente, dove, per fortuna, di ebrei ne sono rimasti assai pochi. Per quei pochi, allora, il pericolo è serio, vista la grande capacità di diffusione che le idee hanno nel mondo arabo. La storia lo ha dimostrato.
Ma quando si gioca con il fuoco si dovrebbe mettere nel conto che si rischia di ustionarsi. Peccato che Hamas non abbia alcun timore di ustionarsi, perché gioca sulla pelle altrui, e sulla vita e sul destino di un popolo che ha tenuto nella miseria per tenere sempre accesa la miccia.
Di tutto ciò, che è, indubbiamente, almeno una parte della verità, non si accorgono le varie Mogherini, che da tempo immemorabile ormai guardano la realtà del Medio Oriente con il capo avvolto nella kefiah. E non se ne accorge Papa Bergoglio, che continua a parlare di ‘Terra Santa’, trovando ostico pronunciare la parola ‘Israele’, perché così facendo riconoscerebbe l’esistenza di uno stato, e questo metterebbe in crisi la sua teologia, in particolare una mal applicata teologia della liberazione.
I conti non tornano, dunque, e c’è una incomprensibile incommensurabilità fra l’attenzione che attira la tensione al confine di Gaza e l’assuefazione con cui si guarda, ad esempio, alla Siria e alle sue centinaia di migliaia di morti. Centinaia di morti ogni giorno, nell’indifferenza dei politici alla Mogherini, che si limitano a ‘stigmatizzare’ per poi tornare a occuparsi, con cura monomaniacale, di Israele .
Per i diciassette morti di Gaza un telegiornale italiano ha parlato di ‘strage’. Ora, in senso metaforico anche un solo morto è una strage del senso di umanità. Ma se strage è quella di Gaza, che termine ci si dovrà inventare per la Siria? E se la concentrazione su Israele pesa un chilo, quanto dovrebbe pesare quella sulla Siria, o sul disastro umanitario in Venezuela?
Netanyahu non mi piace. La sua politica, temo, produrrà solo infelicità, per Israele e per chi le sta intorno e addosso. Ma se una massa di disperati grida ‘morte agli ebrei’, quello non è un grido politico, e non esprime la teologia della liberazione. E chi ne appoggia la ‘lotta di liberazione’, senza capacità e volontà di fare i debiti distinguo, non sta sostenendo una rivendicazione politica. Sta solo ribadendo, e rafforzando, un animus antisemita.
Con questo spirito, anziché spingere le parti a convergere verso una politica di pacificazione, ci si limita a parteggiare e ad approfondire il divario.
Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia, Pagine ebraiche ‍‍03/04/2018

E per concludere, prima di rientrare (siamo sempre – ricordate? – lì fuori a prendere una boccata d’aria fresca), voglio mostrarvi questo splendido monumento:
monumento Gaza
è una
mano che impugna la placca del militare israeliano Oron Shaul,
oron-shaul.jpg
ucciso da Hamas nella guerra del 2014, il cui corpo non è mai stato restituito dai terroristi palestinesi. E non dite che non hanno senso artistico.

barbara

SE NON SI TRATTASSE DI UNA TRAGEDIA

sembrerebbe una scena di teatro comico, un po’ come quella canzone di Monica Vitti che faceva Ricordo una sera a Varazze, che venivo giù da Savona, no, non era Varazze, e non era neanche Savona, poi non era nemmeno quella volta lì. La notizia, tragica e grottesca al tempo stesso, la riprendo da Progetto Dreyfus.

LA DISINFORMAZIONE NON HA RISPETTO NEMMENO PER I MORTI

Il 22 ottobre scorso l’agenzia stampa iraniana Fars News, batte questa notizia. “Le forze di sicurezza hanno catturato un colonnello israeliano”, afferma un comandante delle forze popolari irachene che aggiunge “l’ufficiale sionista è un colonnello e ha partecipato alle azioni terroristiche per conto di Daesh (Isis). Il suo nome è Yusi Oulen Shahak, fa parte della Brigata Golani dell’esercito del regime sionista e il suo numero di matricola è Re34356578765az231434.”
Il comunicato termina affermando che il colonnello è stato arrestato con altri militanti dell’Isis e saranno sottoposti ad un interrogatorio. Mettono on line la foto che abbiamo pubblicato con una didascalia che successivamente cancelleranno sostituendola con un’altra con persone, quasi tutte di spalle, che festeggiano sollevando i loro i fucili.
Così la velina iraniana comincia a planare nel web, passa qualche giorno e oggi Rai News pubblica questa notizia: “La sicurezza irachena ha arrestato nei giorni scorsi un colonnello israeliano della Brigata del Golan insieme ad un gruppo di terroristi dell’Isis”.
La notizia è stata diffusa dall’agenzia iraniana Fars. Il colonnello arrestato si chiama Yusi Oulen Shahak e l’agenzia fornisce anche il suo numero di matricola. Le forze di sicurezza irachene lo stanno interrogando per capire le ragioni della sua presenza fra i combattenti dell’Isis.

Ma quello nella foto non è un colonnello ma un sergente maggiore.
Ma quello nella foto non si chiama Yusi Oulen Shahak ma Oron Shaul.
Ma quello nella foto non è stato arrestato perché è stato ucciso il 20 luglio 2014 da Hamas
durante l’Operazione Margine di Protezione e il suo corpo è ancora in mano ai terroristi che governano la Striscia di Gaza in attesa di scambiarlo con decine o magari centinaia di galeotti vivi e vegeti che occupano le carceri israeliane.

Anche questo genere di (dis)informazione contribuisce ad aumentare l’odio verso gli ebrei, gli israeliani e Israele. Per gli iraniani, l’Isis e Israele sono due nemici da demonizzare e questo genere di invenzioni rappresentano il classico detto “due piccioni con una fava” a differenza di certa stampa italiana di cui non si può fare a meno di notare la leggerezza con la quale controllano la veridicità delle veline informative.

Fonti > http://english.farsnews.com/newstext.aspx?nn=13940730000210
Fonti > http://www.rainews.it/…/ContentItem-70366234-7bfa-4e06-9e67…
(nei commenti si possono trovare altre informazioni importanti)
Oron Shaul
Io, che di informazione su Israele mi occupo praticamente a tempo pieno da quindici anni, sono abituata alle notizie manipolate, sono abituata alle notizie strategicamente tagliate, sono abituata alle notizie addomesticate, e sono abituata anche alle notizie fabbricate di sana pianta. Sono abituata, e tuttavia non ci ho ancora fatto il callo, e ogni volta non manco di stupirmi del livello di spudoratezza che questa gente riesce a raggiungere.

barbara