Chi ha un po’ di anni sulle spalle ricorderà sicuramente le famose marce per il Vietnam in tutto il mondo, America compresa: i cartelli, gli slogan, yankee go home, non è casa vostra… Magari ricorderà anche questa canzone appassionata e bruttina, come quasi sempre le canzoni “impegnate”:
Beh, ora la musica è cambiata. In questo specifico momento il pacifismo non è più di moda, in questa stagione non si porta, il yankee stay home non suona bene alle orecchie politicamente corrette in questo primo quarto dell’anno sotto il regno di quel famoso nonno giovanile di cui ha bisogno l’America – e il mondo ancor di più.
Lauren Chen – Se sei americano e ti opponi alla guerra con la Russia, aspettati di essere bollato come “antipatriottico”
I falchi pro-guerra in Occidente hanno fatto ricorso a tutta la loro ostilità nei confronti di coloro che si oppongono ad un conflitto in Ucraina.
Tratto e tradotto da un articolo di Lauren Chen e pubblicato sul sito Russia Today che spiega come i “falchi” (da lei definiti anche Neo-Con) definiscano “antipatriottici” colore che non vogliono un confronto armato con la Russia, che siano essi Democratici o Repubblicani.
Martedì scorso, dopo settimane di incertezza internazionale e di timori di un conflitto, la Russia aveva annunciato che avrebbe ritirato le sue truppe dal confine con l’Ucraina. Questa notizia era arrivata dopo ripetute rassicurazioni da parte del presidente Vladimir Putin e dei suoi funzionari, secondo cui Mosca non avesse alcun desiderio di guerra e che i movimenti e lo schieramento delle truppe fossero “solo esercitazioni”.
I mercati avevano immediatamente risposto a questo sviluppo con un rinnovato ottimismo, poiché il Dow Jones era balzato di 400 punti, le azioni europee avevano chiuso in positivo ed i prezzi del gas naturale e dell’energia erano scesi. Tuttavia, un gruppo rimasto curiosamente silenzioso alla luce di quella svolta apparentemente positiva degli eventi è stato quello dei “falchi della guerra“, stimolati dai media occidentali (qui e qui), dall’intelligence e dai politici, che nelle ore precedenti avevano quasi assicurato all’opinione pubblica che un’invasione ed un conflitto armato fossero ormai “imminenti” ed “inevitabili“.
Ma anche se i Neo-Con e i Neo-Liberals dell’establishment potranno sempre dire che i loro avvertimenti fossero semplicemente la “conclusione logica” – date le informazioni disponibili in quel momento – è importante ricordare che durante tutta questa recente isteria ci sono state delle voci che hanno tentato di rigettare indietro le crescenti richieste di una guerra.
Tuttavia, piuttosto che affrontare i loro ragionamenti, il campo di quelli favorevoli ad una guerra ha fatto ricorso a diffamazioni per giustificare il loro peculiare bisogno di alimentare le tensioni con un’altra superpotenza globale.
In particolare, in un tentativo di contestualizzare le rassicurazioni delle Comunità dell’Intelligence che le azioni delle truppe russe fossero una preparazione all’aggressione contro l’Ucraina, il membro del Partito dei Verdi ed ex-candidato presidenziale Jill Stein ha ricordato ai suoi seguaci sui social media come i funzionari non solo si siano già sbagliati sui conflitti precedenti, ma che avessero anche ed effettivamente mentito al pubblico per ottenere il sostegno all’azione, sia in Vietnam che in Iraq. Allo stesso modo, molti di questi stessi addetti ai lavori sono stati tutt’altro che sinceri sulle recenti storie che coinvolgono Julian Assange ed il Russiagate.
La risposta generale al post di Jill Stein è stata complessivamente positiva, in linea con i sondaggi che suggeriscono come il pubblico americano non abbia interesse a coinvolgere il proprio paese in nuovi impegni all’estero. Tuttavia, la reazione del campo favorevole ad una guerra è stata quella di accusare la dottoressa Stein di essere una “filo-russa“. Perché, ovviamente, quale altra ragione potrebbe esserci dietro a qualcuno che si oppone ad un costosissimo intervento militare basato su di un’intelligence traballante, se non la slealtà verso il proprio paese?
E su questa stessa linea, Tulsi Gabbard, un’altra sostenitrice del movimento che si oppone agli interventi militari all’estero degli Stati Uniti e che ha più volte e ferocemente criticato la politica estera americana, ha passato settimane a mettere in guardia sugli interessi contrastanti che motivano coloro che suonano i tamburi della guerra. Spesso, come la Gabbard ha sottolineato, i funzionari che sono più favorevoli all’azione militare americana all’estero, sono poi anche quelli che si trovano a guadagnare monetariamente attraverso contratti e spese per la difesa.
Per di più, la Gabbard è arrivata a suggerire che, incoraggiando l’Ucraina ad unirsi alla NATO, alcuni attori americani potrebbero voler effettivamente cercare di innescare una “nuova Guerra Fredda“, non per beneficiare gli interessi alla sicurezza degli Stati Uniti, ma piuttosto per il suo complesso industriale militare.
Dopo tutto, storicamente, anche la politica americana ha considerato le violazioni delle sue sfere di influenza, che si sono verificate anche in paesi a lei vicini, come Cuba, come “atti di aggressione“. Cosa rende l’invasione occidentale in Ucraina diversa?
Come con la dottoressa Jill Stein, tuttavia, purtroppo le critiche a Tulsi Gabbard sono state accolte con le solite accuse di essere un “agente straniero” – con poco o nessun tentativo di affrontare la reale sostanza della sua posizione.
Dall’altra parte dello schieramento della politica, a Destra, una delle voci più prominenti contro la guerra è sicuramente quella di Tucker Carlson, conduttore del programma di punta della rete Fox News, che è stato allo stesso modo attaccato per le sue opinioni. Tucker Carlson ha spesso dedicato del tempo nel suo programma a mettere in discussione se, indipendentemente dalle intenzioni della Russia, coinvolgere gli Stati Uniti negli affari ucraini fosse nell’interesse dell’America stessa, specialmente in un momento in cui i problemi interni abbondano. Inoltre, Tucker Carlson è stato scettico sui tentativi dei politici di dipingere l’Ucraina come una “democrazia in stile occidentale”, al fine di raccogliere il sostegno pubblico per qualsiasi potenziale alleanza od intervento.
Per i suoi sforzi, Tucker Carlson ha ricevuto una condanna particolarmente feroce da persone come David Frum, che nel 2003 ha accusato coloro che erano contrari all’azione militare in Iraq di essere “antipatriottici“. In un feroce articolo su The Atlantic, David Frum ha accusato Tucker Carlson ed altri a Destra contrari ad una guerra di “vomitare i punti di conversazione di Vladimir Putin”, ed ironicamente ha paragonato la sua posizione a quella di “isolazionisti che speravano di trarre un profitto politico da quella passività“.
Il ritiro delle truppe russe poteva aver temporaneamente neutralizzato lo “slancio pro-guerra” che si stava costruendo nel discorso dell’opinione pubblica occidentale. Tuttavia, l’ostilità palese verso coloro che sostengono posizioni contrarie ad un escalation delle tensioni con la Russia può segnalare come sia solo una questione di tempo prima che le forze dell’establishment sostengano, ancora una volta, che non sia solamente benefico, ma piuttosto anche necessario, che i militari occidentali colpiscano prima che le forze russe possano fare lo stesso.
Marco Loriga, qui.
E ora una, saggia come sempre, riflessione di Giovanni Bernardini
PIEDI NEL PIATTO
Mi permetto una considerazione estemporanea.
Le guerre sono orribili, ma hanno almeno un merito: mettono all’ordine del giorno le cose davvero importanti.
Cosa dicevano dai nostri teleschermi tanti “intellettuali” sino a poco tempo fa?
I confini sono inutili, le patrie non esistono. Il mondo è la nostra patria.
Oggi tutti parlano, più o meno bene, di patrie, difesa dei confini, diritto delle nazioni all’autodecisione.
Transizione ecologica! Energie “rinnovabili”! NO carbone, NO petrolio, NO gas, NO nucleare! Lo strillavano in tanti. E molti ne parlavano con aria seria, come se si trattasse cose serie.
Oggi le bollette sono alle stelle e la crisi ucraina le farà alzare ancora di più. E tutti se la fanno sotto pensando a Putin che ci potrebbe chiudere il rubinetto del gas.
E poi, sinceramente, se si pensa ad un possibile guerra in Europa a qualcuno frega qualcosa del “grande centro”? O se Conte continuerà ad essere il leader dei 5 stelle?
E, sempre pensando all’orrore di una guerra, a qualcuno frega qualcosa se negli eserciti ci saranno o meno le quote rosa? O le quote gay?
A volte la realtà mette i piedi nel piatto delle idiozie ideologiche o del chiacchiericcio politico.
Ed allora sono guai…
Aggiungo ancora una riflessione: Francia e Gran Bretagna avevano dei precisi accordi con la Polonia, e quando questa è stata aggredita dall’esercito tedesco, erano formalmente obbligate a intervenire. Nessuno è invece intervenuto in occasione dei massacri d’Ungheria, dei carri armati a Praga, delle sanguinose repressioni nei Paesi baltici e tanto altro ancora, per un motivo molto semplice: non avevamo alcun titolo per farlo, non c’erano trattati con quei Paesi che giustificassero un intervento. Eravamo dispiaciuti per le vittime e furibondi contro l’aggressore, abbiamo pianto per Jan Palach, ma non avevamo alcun titolo per intervenire. Ora chiedo: esiste un trattato che regoli un intervento armato della NATO a difesa di un Paese non appartenente alla NATO che qualcuno sostiene essere in procinto di essere aggredito e che potrebbe forse magari può darsi chissà trovarsi ad avere un contenzioso di tipo militare con un altro Paese non appartenente alla NATO?
barbara