OGGI RIPOSO (QUASI)

con un po’ di (quasi) cazzeggio. E comincio con

E magari anche

Poi vi mostro un confronto Israele-Palestina non convenzionale ma non per questo meno carico di sofferenza

A proposito, avete mai visto “il volto della sofferenza”? Bene, ora ve ne mostro uno:

È l’inno nazionale della Malaysia suonato dalla banda militare degli UAE.

Ora una spettacolare pubblicità per l’eolico

che accompagno con un delizioso commento lasciato su YT:

I love how this ad campaign completely backfired by making people feel sorry for cooling towers

E concludo con un bellissimo e coloratissimo balletto russo

(Sì, lo so, è uno schifosissimo patriarcato tossico…)

barbara

ED ERA LUI STESSO SPETTACOLO

Spiccava tra questi, ed era lui stesso spettacolo, un vecchio mal vissuto, che, spalancando due occhi affossati e infocati, contraendo le grinze a un sogghigno di compiacenza diabolica, con le mani alzate sopra una canizie vituperosa, agitava in aria un martello, una corda, quattro gran chiodi, con che diceva di volere attaccare il vicario a un battente della sua porta, ammazzato che fosse.
Roger-Waters
Alcune fra le sue principali interpretazioni
r.w. palflag
r.w. pig
roger-waters-fence 1
roger-waters-fence 2
roger-waters-fence 3
e guardate che spettacolo queste due immagini a confronto!
bandiere 1
bandiere 2
Non crediate però che la sua politica si limiti alla pur amatissima Palestina: no no! Il ragazzo ha il cuore grande, ed è capace di guardare anche altrove.

barbara

L’ODISSEA DELLA AQUARIUS

Rimasta per otto giorni in balìa delle onde, otto lunghissimi, interminabili giorni, col suo tragico carico di vite umane sofferenti, affamate, incerte del proprio futuro. Poi, arrivata a Valenza, scarica il carico e in un giorno ritorna in Libia. Un giorno? Un giorno. E adesso voi, lo so, voi che siete maligni e perfidi e malvagi e tanto altro ancora che adesso non sto a scrivere se no ci faccio mattina, voi, dicevo, penserete male: perché ci ha messo così tanto? Avrà mica perso tempo apposta per creare l’emergenza? Per alzare la temperatura del dramma? Per dare tempo a qualche passeggero di crepare in modo da fare contento il signor Edoardo Albinati, di professione “buono”? NOOO!! Niente di tutto questo! Ve l’ho detto che siete cattivi e poi ancora cattivi e malpensanti! E adesso vi faccio sbugiardare di brutto dal signor David Puente, di professione sbufalatore, che abbiamo già avuto l’onore di incontrare.

«Perché la nave Aquarius ha impiegato diversi giorni ad arrivare a Valencia? Il motivo principale era maltempo, il quale ha imposto ad una nave con a bordo centinaia di vite di seguire una rotta più sicura costeggiato la Sardegna, la Corsica e la Francia meridionale. Il 14 giugno si parlava di “onde fino a 4 metri e vento a 35 nodi“.» [che meraviglia quel “centinaia di vite”, eh? Che umanità! Che poesia!]

Ecco perché, razza di delinquenti che non siete altro, che vedete il male perché avete il male negli occhi: c’era maltempo! C’erano le onde! Ha dovuto cambiare rotta! Tipo che devo andare da Rimini a Milano ma fra Modena e Parma l’autostrada è inagibile e anche la strada statale e anche tutte le strade intorno perché c’è nebbia, e allora vado su fino a Verona e poi da lì a Milano, e invece che 3 ore e 12 ci metto 25 ore e 36 (sì, lo so, Percorsi Michelin dice che ci dovrei mettere 5 ore e 02, ma Michelin è pagata da Salvini e dalle multinazionali e dai Poteri Forti e dalle Banche – e non fatemi dire chi c’è dietro alle banche). Dice, ma che onde erano? Onde teribbbili, ve l’ho già scritto là sopra, da tre a quattro metri, dice, e vento a 35 nodi, ossia un po’ meno di 65 chilometri all’ora, ossia mare forza 5. Questo per esempio è un mare forza 10, con onde alte 15 metri e oltre e vento oltre i 100 Km/h

L’imbarcazione tiene botta, nonostante le onde alte quattro volte tanto e il vento a velocità quasi doppia, e nonostante sembri, da quello che si può vedere, ben altra cosa che una rompighiaccio di 70 metri, ma se vi dico che il mare era impossibile vuol dire che era impossibile, e smettetela di tentare di contraddirmi, per la miseria! Che poi c’era anche la benemerita Medici Senza Frontiere, quella che generosamente cura gli ultimi della terra in ogni parte del mondo (come? In cambio chiedono sesso? Dai, non ci posso credere! Loro?! Proprio loro così per bene da avere sposato in toto la causa palestinese – MEDICI SENZA FRONTIERE – e dichiarato guerra a Israele?! No, non ci posso davvero credere. Poi comunque la ONG ha detto che ha bisogno di maggiori informazioni per avviare indagini: e io ingenua che credevo che le indagini servissero per raccogliere informazioni, vedete un po’ che torda che sono!) e anche loro dicono che c’era un mare spaventoso, e quindi smettetela di fare del complottismo da quattro soldi. Che poi per smentire le vostre subdole ipotesi basta dare un’occhiata al tragitto di ritorno della Aquarius:
ritorno Aquarius
da Valenza alla Libia è tutta discesa! Eccerto che ci mette molto meno che all’andata tutta in salita, razza di allocchi che non siete altro!

barbara

HEBRON, PATRIMONIO PALESTINESE

storico, artistico, religioso eccetera eccetera, da mettere sotto la protezione dell’UNESCO in quanto sito in pericolo. Messo in pericolo da Israele, beninteso.

Hebron nella Bibbia

Esempi:
– Allora Abramo levò le sue tende e venne ad abitare alle querce di Mamre, che sono a Hebron; e là costruì un altare all’Eterno. (Genesi 13:18)
– E Sara morì a Kirjath-Arba, (che è Hebron), nel paese di Canaan; e Abrahamo entrò a far lutto per Sara e a piangerla. (Genesi 23:2)
– Poi Giacobbe venne da Isacco suo padre a Mamre, a Kirjath-Arba, (cioè Hebron), dove Abrahamo e Isacco avevano soggiornato. (Genesi 35:27)
– Allora Giosuè lo benedisse e diede Hebron in eredità a Caleb, figlio di Jefunneh. Per questo Hebron è rimasta proprietà di Caleb, figlio di Jefunneh, il Kenizeo, fino al giorno d’oggi, perché aveva pienamente seguito l’Eterno, il Dio d’Israele. (Giosuè 14:13-14)
– Davide condusse anche gli uomini che erano con lui, ognuno con la propria famiglia, e si stabilirono nelle città di Hebron. (2 Samuele 2:3)
– Il tempo che Davide regnò a Hebron sulla casa di Giuda fu di sette anni e sei mesi. (2 Samuele 2:11)
– In Hebron a Davide nacquero dei figli… Questi nacquero a Davide in Hebron. (2 Samuele 3:2,5)
– Allora tutte le tribù d’Israele vennero da Davide a Hebron e gli dissero: Ecco, noi siamo tue ossa e tua carne. Già in passato, quando Saul regnava su di noi, eri tu che guidavi e riconducevi Israele. L’Eterno ti ha detto: Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai principe sopra Israele. Così tutti gli anziani d’Israele vennero dal re a Hebron e il re Davide fece alleanza con loro a Hebron davanti all’Eterno, ed essi unsero Davide re sopra Israele. Davide aveva trent’anni quando cominciò a regnare e regnò quarant’anni. Hebron regnò su Giuda sette anni e sei mesi; e a Gerusalemme regnò trentatré anni su tutto Israele e Giuda. (2 Samuele 5:1-5)
– Allora tutto Israele si radunò presso Davide a Hebron e gli disse: Ecco noi siamo tue ossa e tua carne; … Così tutti gli anziani d’Israele vennero dal re a Hebron, e Davide fece alleanza con loro a Hebron davanti all’Eterno; quindi essi unsero Davide re sopra Israele, secondo la parola dell’Eterno pronunciata per mezzo di Samuele. (1 Cronache 11:1,3).

*

Hebron nel Corano

Esempi:

 

 

Marcello Cicchese su http://www.ilvangelo-israele.it/

L’amico David Pacifici mi fa notare che in questa interessante carrellata di citazioni bibliche della città di Hebron manca quella che è forse la più importante di tutte: l’acquisto in contanti, da parte di Abramo, della Grotta di Machpelà per seppellirvi la moglie Sarah, come si può leggere qui.

Poi, già che ci siamo guardiamoci anche questo video

e leggiamo il solito, imprescindibile, Ugo Volli.
E prossimamente su questi schermi:
baccalà
barbara

AMORE PATERNO

Il bimbo palestinese costretto dal papà a provocare i soldati

La combinazione telecamera+bambino in avanscoperta, tanto cara ai palestinesi, si è rivelata un boomerang.
Come si può vedere dal video, il tentativo consisteva nell’usare un bambino come scudo, sperando di provocare una reazione sbagliata da parte delle guardie di frontiera israeliane in modo da diffondere l’ennesimo video propagandistico.
Alle spalle del bambino ci sono uomini adulti, tra cui presumibilmente il padre che lo fomenta. Potrebbero essere loro ad affrontare gli uomini in divisa. Invece no, viene mandato avanti il bambino, istruito e redarguito, a scopo propagandistico. Un bambino che, quindi, è costretto a rischiare sulla sua pelle.
Qualcosa va storto. Mentre alcuni membri delle Ong “pacifiste” urlano ai megafoni, quello che appare come il padre del piccolo spinge il figlio verso i militari, urlando “Sparategli”. Alto concetto del valore della vita del proprio figlio.
Il bambino però non risponde alle speranze dell’affettuoso papà, si avvicina al soldato e ricambia il “cinque” che quest’ultimo gli offre.
A quel punto scatta il piano b: il padre ordina al piccolo di lanciare sassi, il bimbo senza capire è costretto ad eseguire l’ordine impartito, liberando peraltro la strada dagli ostacoli.
Un video che dice tutto: la propaganda palestinese, lo scarso rispetto per la vita persino dei bambini, la vigliaccheria, le telecamere nascoste a riprendere scene studiate a tavolino (provocazioni nei confronti dei soldati, bambini usati come scudi).
(Sostenitori.info, 30 luglio 2016)
http://www.ilvangelo-israele.it/

Di solito funziona. Nel senso che è chiaro come il sole che si tratta di messinscene – a volte addirittura grottesche, come quella del bambino che zoppica perché lo hanno colpito alla gamba, poi si siede perché gli viene da vomitare, poi si alza e si dimentica di zoppicare, poi se ne ricorda e zoppica con l’altra gamba, poi arriva l’ambulanza e gli fasciano il braccio – ma riescono almeno a produrre un fotogramma da ritagliare accuratamente con cui “documentare” la violenza israeliana sui bambini. Stavolta invece gli è proprio andata buca, ma talmente buca che la Fossa delle Marianne in confronto è un buchetto scavato con un ditale.

barbara

ASILI

Questo è un asilo israeliano.
asilo Israele
La scritta in ebraico dice: “Intorno al mondo, i bambini si danno la mano”. I bambini della classe hanno un tamburo tradizionale arabo chiamato dabuka, e sono fieri di mostrare che sanno contare in arabo. I simboli di varie città del mondo sono visti come centri di cultura e storia.
Questo invece è un asilo di Gaza.
asilo Gaza
Altre interessanti immagini le potete trovare qui, qui e qui. E non mancate di guardare – riguardare per gli amici di più vecchia data – quest’altra bellissima festa di fine anno in un asilo di Gaza festa Gaza.

barbara

ANCORA DACIA VALENT

Ancora sugli ebrei

[And the winner is…| 06/03/2006 | 11:26 ]

Ci sono momenti nei quali si sente che qualcosa è definitivamente cambiato. Certo, c’è la novità dei fratelli di Hamas al governo della Palestina liberanda, e la loro testarda difesa del diritto di dire di no al trito e ritrito ricatto della Shoah e del riconoscimento di quell’OGM coloniale innestato nella terra dei loro padri e delle loro madri, dei loro figli e delle loro figlie.
Come si fa a chiedere – a chi sta vivendo quotidianamente sulla propria pelle e su quella del proprio popolo il tentativo di distruzione, di annientamento di intere generazioni con le deportazioni, con le uccisioni, con l’isolamento – di riconoscere l’umanità dei propri aguzzini? È inconcepibile, inaccettabile. Sono disumani, sono dei mostri, brutti e cattivi. Le madri, imprigionate dalle catene del terrore imposto dalla pseudodemocrazia ebraica, sussurrano ai figli – mentre nelle notti lunghe dei coprifuoco l’unico rumore che sentono sono le pale degli elicotteri che guatano la preda palestinese, lo scoppio assordante del Mach 4 che annichilisce i feti nei grembi e ammutolisce i bambini nelle culle e il rumore crudele degli anfibi sull’acciottolato delle strade che furono di Gesù e dei profeti – che devono tacere, sennò l’ebreo cattivo li verrà a prendere.
Si, l’ebreo cattivo.
Perché non tutti gli israeliani sono ebrei. Sempre meno israeliani lo sono. Gli israeliani musulmani condividono la discriminazione ed il razzismo ebraico con il loro fratello palestinese, così come lo fanno gli israeliani cristiani, così come le fanno i milioni di ebrei contro l’occupazione. Perché in sono milioni a rinnegare la catena dell’odio che attanaglia l’intelligenza, rendendole piccoli sospiri abortiti nel vuoto lasciato dalla compassione uccisa dalle dite febbrili di chi sa di non avere ragione.
In quella terra, la terra più amata del mondo, amata anche da chi non ci è nato e da chi non ci morirà, esiste un unico aguzzino che per meglio guardare l’orrore che sta seminando, accende un candelabro a sette braccia e il suo cielo ha solo stelle a sei punte.
Dicono che dal deserto l’infame boia ha ricavato dei giardini. Non è vero, ma anche se fosse, ma le sue piante sarebbero marcite prima ancora di crescere, i suoi fiori appesterebbero l’aria ed i suoi frutti sarebbero avvelenati dall’odio di chi ha imparato a bere dalle acque sapide della negazione dell’altro. Queste bestie crudeli, capaci solo di odiare, senza cuore e senza pietà, che strappano gli occhi delle madri e si abbeverano delle lacrime dei bambini, mi fanno orrore, mi fanno pietà.
Hanno costruito un muro di odio che li circonda, e circondando loro circonda anche quelli di loro che provano il nostro medesimo orrore quando li vediamo e quando li pensiamo e quando il brivido di paura e disgusto ci graffia la pelle, quella vicina al cuore.
Volete che riconosciamo un vostro presunto diritto all’esistenza dello staterello sintetico che vi hanno regalato sulla nostra terra?
Ne parleremo quando avrete dato corso alle centinaia di risoluzioni delle Nazioni Unite che avete disatteso fino ad oggi, quando smetterete con le vostre incursioni omicide sulla nostra terra, quando i nostri figli potranno camminare senza temere di essere uccisi “per sbaglio” da qualche “bastardo eletto”, quando le nostre case non verranno demolite, quando non ruberete più i nostri soldi dalle nostre banche o quelli delle tasse e dei dazi che riscuotete in nostro nome, quando non profanerete più le Chiese cristiane e le Moschee musulmane, quando i nostri fratelli palestinesi – cristiani e musulmani – di cittadinanza israeliana avranno gli stessi diritti degli ebrei, quando i nostri figli potranno fare ritorno sulla terra che è la loro, quando smantellerete il vostro esercito e disarmerete i silos nucleari, quando chiederete perdono per questi anni di orrore che avete inflitto al mondo intero..
Il giorno in cui mostrerete rispetto lo otterrete, quando darete pace, l’avrete, quando smetterete di essere delle bestie assetate di morte e distruzione, vi tratteremo da persone umane, quando chiederete perdono, ci penseremo.
Solo allora, forse, potrete chiederci di vivere con noi, in pace. E forse, ma solo forse, vi diremo di si. E quando avremo guardato negli occhi dei vostri bambini, che sono come i nostri, allora diremo che è arrivato il momento di perdonare, perché è negli occhi dei nostri figli che si leggono le parola non ancora scritte ed è dalle loro mani che la musica che vorremmo ascoltare viene suonata.
Ma non era questo ciò di cui volevo parlare. Come al solito divago. Era un’altra cosa. Volevo parlare della scenografia che è cambiata e che vi svela per ciò che siete: non più povere vittime ma orrendi carnefici, e le vostre false lacrime, la vostre fasulle grida di allarme, giungono fievoli e fastidiose alle orecchie di un mondo che si è stancato di sentire le vostre puttanate e che ormai ha capito cosa siete e cosa volete. Questa notte, il Red Carpet del Kodak Theatre era un sentiero di Nablus, era una piazzola di Jenin, era un piccolo parco di Qibya e, contro ogni velleità di far valere la Shoah come cartellino rosso per espellere la Palestina dalla notte degli Oscar, malgrado le vostre raccolte di firme e la vostra presunzione di riuscire, noi eravamo li, in tasca un biglietto per l’Oscar già obliterato da un Golden Globe.
Il premio – quello più dolce – è stato sentire quel nome amato, caro nome amato, Palestina, sussurrato al microfono, ed urlato negli incubi di chi la Palestina vorrebbe vederla annientata e scordata.
Ed invece stanno dimenticando voi. E so che di quello che siete diventati non sentiremo affatto nostalgia.
Dacia Valent

Quelli che seguono sono alcuni passi salienti del sopra riportato geniale pezzo della signora Valent, commentati da un amico.

Chi sono gli ebrei?
Ce lo spiega Dacia Valent
– Gulp! Ritiro tutto quello che ho detto della Valent nella nostra ultima  telefonata… e aggiungo: minkia!

di quell’OGM coloniale innestato nella terra dei loro padri e delle loro  madri, dei loro figli e delle loro figlie.
–  Parlando da biologo, è noto che gli OGM servono a migliore le colture e il  terreno, checché ne dicano gli scemi verdi. Quindi questo è un complimento.

Sono disumani, sono dei mostri, brutti e cattivi.
– E fanno la bua ai palestinesi, oserei dire.

lo scoppio assordante del Mach 4
–  Non si capisce bene cosa sia, ma se è (come penso) il bang di chi infrange  il muro del suono, allora non è che Mach 4 sia più rumoroso di Mach 1, 2 e 3.

che […] ammutolisce i bambini nelle culle
–  Comunque: potrei avere una registrazione, grazie?

e il rumore crudele degli anfibi sull’acciottolato delle strade che furono di Gesù e dei profeti – che devono tacere, sennò l’ebreo cattivo li verrà a prendere.
– Si, l’ebreo cattivo. Sempre quello della bua?

Dicono che dal deserto l’infame boia ha ricavato dei giardini. Non è vero, ma anche se fosse, ma le sue piante sarebbero marcite
–  Non so se si capisce di più dai contenuti o dalla forma, cos’ha in testa la ragazza…

quando li pensiamo e quando il brivido di paura e disgusto ci graffia la pelle, quella vicina al cuore.
–  Se ha la pelle vicino al cuore vuol dire che ha poche tette e QUESTA è la  cosa più imperdonabile di tutte.

Il giorno in cui mostrerete rispetto lo otterrete, quando darete pace, l’avrete, quando smetterete di essere delle bestie assetate di morte e distruzione, vi tratteremo da persone umane, quando chiederete perdono, ci penseremo.
–  “ci penseremo” è f-a-n-t-a-s-t-i-c-o!

Solo allora, forse, potrete chiederci di vivere con noi, in pace. E forse, ma solo forse, vi diremo di si.
–  Appunto, dicevo 🙂

E quando avremo guardato negli occhi dei vostri bambini, che sono come i nostri,
– Bontà sua.

Ma non era questo ciò di cui volevo parlare. Come al solito divago. Era un’altra cosa.
– Ah, ecco. Meno male, va là.

Volevo parlare della scenografia che è cambiata e che vi svela per ciò che siete: non più povere vittime ma orrendi carnefici, e le vostre false lacrime, la vostre fasulle grida di allarme, giungono fievoli e fastidiose alle orecchie di un mondo che si è stancato di sentire le vostre puttanate e che ormai ha capito cosa siete e cosa volete.
– Ah sì, bene bene… tutto diverso, vedo 🙂

Il premio – quello più dolce – è stato sentire quel nome amato, caro nome amato, Palestina, sussurrato al microfono, ed urlato negli incubi di chi la Palestina vorrebbe vederla annientata e scordata.
–  Questa però non è normale, seriamente.

Ed invece stanno dimenticando voi. E so che di quello che siete diventati non sentiremo affatto nostalgia.
Dacia Valent
– Amen. Ma dove scrive? La pagano per questi sproloqui (che sarebbero tali anche se tifasse per gli israeliani, sia chiaro).
Bello, comunque, grazie. Molto divertente 🙂
marco

Di mio aggiungo una sola annotazione: non è comico sentire una signora italo-somala, nata in Somalia da padre italiano e madre somala, residente in Italia, di religione cattolica fino a quando non si è convertita all’islam tre anni prima, parlare di “nostra terra”, “nostri figli”, nostre case”, “nostri soldi”, “nostre banche”?
[segue]

barbara

E PER RESTARE IN TEMA DI MUSEI

Palestinian-Museum
Avrete sicuramente sentito dell’inaugurazione del Museo della Palestina. Quello edificato a Bir Zeit. Quello alla cui costruzione si è lavorato per quasi vent’anni. Quello che è costato 24 milioni di dollari. Quello che ha lo scopo di raccontare la storia, la cultura e l’arte della “Palestina” e dei “palestinesi”. Quello. Volete vedere com’è dentro? Eccolo.
museo palestina
Sì, ok, questa è una vignetta e non una foto, ma rappresenta esattamente l’interno del “museo”. Cioè, l’interno per noi comuni mortali, perché per gli eletti, invece…
Apt-Metaphor
Qui qualche notizia in più, per chi non seguisse da vicino le vicende del “popolo più perseguitato del pianeta”, e poi anche qui.

barbara