MA COME POTETE STARE DALLA PARTE DELLA RUSSIA?!

A voi, proprio non è ancora suonato un campanello d’allarme? Due domandine non ve le volete porre?

Ucraina: Tass, notte di attacchi forze Kiev su Donetsk

‘Solo ieri una cinquantina di violazioni della tregua a Lugansk’

(ANSA) – ROMA, 20 FEB – Le truppe ucraine hanno continuano a bombardare per tutta la notte il territorio della Repubblica popolare di Donetsk (DPR) inclusa la città principale dell’autoproclamata repubblica: lo afferma, riferisce la Tass, la missione della DPR presso il Centro congiunto per il controllo e il coordinamento (JCCC).
Gli attacchi sono iniziati alle 2.16 ora di Mosca (0,16 in Italia) e hanno preso di mira l’insediamento di Staromikhailovka, alla periferia occidentale di Donetsk, ed è stato il sesto bombardamento nell’area dalla mezzanotte russa.
Colpiti anche gli insediamenti di Zaytsevo Yuzhnoye e Spartak, bersagli di colpi di mortaio.
Dopo le 3 ora di Mosca, secondo la missione, ci sarebbero stati altri sei bombardamenti, e altri due attacchi avrebbero colpito Dokuchayevsk e Yelenkovka alle 4.25 e alle 4.37 ora locale.
Ieri l’altra repubblica separatista, quella di Lugansk, avrebbe subito una cinquantina di attacchi da parte delle truppe di Kiev in violazione del cessate il fuoco, secondo la missione locale presso il Centro congiunto per il controllo e il coordinamento (JCCC). Gli attacchi hanno preso di mira – riferisce la Tass – 27 aree residenziali. (ANSA, qui).

RUSSIA UKRAINE DONETSK EVACUATION

20 febbraio: non stavano rispondendo ad attacchi russi, non stavano reagendo all’«invasione» russa: stavano bombardando i civili del Donbass, come stavano facendo da otto anni, con attacchi che, come da più parti testimoniato e documentato, negli ultimi giorni si erano ulteriormente e fortemente intensificati in preparazione dell’attacco finale. Quello che Putin, con il suo provvidenziale (anche se in ritardo di otto anni) intervento ha sventato. Qui un’altra documentazione:

E veniamo a oggi.

Il massacro di Kherson

Ieri le forze armate ucraine hanno lanciato un attacco missilistico sul deposito di nitrato di potassio (fertilizzante) di Novaya Kakhovka, nel distretto di Kherson.
A causa del carattere altamente infiammabile del prodotto, l’esplosione è stata catastrofica.
Gli edifici circostanti sono stati rasi al suolo nel raggio di trecento metri e danneggiati nel raggio di due chilometri (edifici residenziali, tra cui un ospedale). Il numero dei morti (tutti civili) è imprecisato, visto che si è appena iniziato a scavare sotto le macerie.
Siccome non guardo più i telegiornali non ho idea di quale eco riceverà un fatto del genere, se ne avrà.
Ad occhio e croce è il più grave attacco esplicitamente diretto su un’area civile nel corso della guerra ad oggi (e ce ne sono stati già molti).
Beninteso, il fatto che formalmente la Russia miri sempre ad obiettivi militari non significa affatto che i “danni collaterali” in forma di vite civili siano meno morte per questo, o che i loro cari le piangano di meno.
La Russia ha rinunciato oramai a cercare di vincere la battaglia sul piano del soft power mediatico in occidente, in quanto si dà per scontato che le notizie non arriveranno o arriveranno manipolate. SI ritiene che questa come altre notizie relative a bombardamenti ucraini mirati alle popolazioni civili (i bombardamenti su Donetsk sono quasi quotidiani) o non passerà o passerà in modo distorto.
Tuttavia, come si vede frequentando qualcuno dei canali russi ancora accessibili, queste notizie circolano eccome in Russia e nell’Ucraina russa, e il livello di odio allo stato puro, di desiderio di vendetta, che viene così suscitato rimane completamente al di fuori dai radar occidentali.
E questo doppio registro intorno alle informazioni che arrivano alle rispettive popolazioni, come sempre accade in guerra, è il segreto di tutte le escalation, perché ciascuna parte si percepisce come vittimizzata.
Bugie e distorsioni (le nostre come quelle altrui) non sono crimini senza vittime, sono ciò che arma le mani che poi uccideranno.
Andrea Zhok, qui

Qualche ulteriore dettaglio trovato in rete:

Danni ricevuti: ospedale, mercatino e edifici residenziali. Le finestre sono volate via nel raggio di due chilometri.
Questo è stato dichiarato a Izvestia dal capo di Novaya Kakhovka, Vladimir Leontiev. Secondo lui, i magazzini con fertilizzanti minerali sono stati sparati usando MLRS HIMARS americana.

Qui il momento dell’esplosione

A proposito di esplosioni, vi ricordate quella spaventosa e catastrofica del porto di Beirut due anni fa (4 agosto 2020, per la precisione)? Ecco…

Di queste mastodontiche e pacchiane (palestinian-style) appropriazione di disastri altrui ne ho documentate a dozzine fin dal primo giorno di guerra, ma questa credo le superi tutte. Aspettiamoci prima o poi di veder pubblicate quelle famose immagini delle gigantesche fosse comuni di Bergen Belsen quando sono arrivati gli inglesi spacciate come opera dei russi: dalla spudoratezza di quella gente possiamo davvero aspettarci qualunque cosa. Sempre restando a questi giorni, ci sono queste documentazioni e queste testimonianze dei quotidiani e sistematici bombardamenti di civili ucraini russofoni da parte dell’esercito ucraino:

Ma i nodi delle gigantesche balle della NATO generosamente diffuse dai mass media di mezzo mondo, stanno ormai venendo al pettine.

Ucraina: la propaganda della Nato è alla corda

Gli obiettivi dichiarati dalla Russia nella sua invasione dell’Ucraina rimangono il cambio di regime a Kiev e la fine della sovranità ucraina in qualsiasi forma essa sopravviva all’attacco russo, nonostante le battute d’arresto dei militari russi e la retorica che allude a una riduzione degli obiettivi della guerra dopo tali sconfitte”. Questo sarebbe il significato delle dichiarazioni rese ieri dal segretario del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev, secondo l’Institute for the Study of War, il think tank dal quale i media mainstream Usa, e a ricasco quelli europei, dipendono per le loro notizie e analisi di guerra.
La nota dell’ISW, fedele al suo obiettivo guerrafondaio, conclude così la sua analisi: “La dichiarazione di Patrushev aumenta notevolmente l’onere per coloro che suggeriscono che sia possibile un cessate il fuoco tramite compromesso o addirittura una pace basata su limitati guadagni territoriali russi, anche se fosse accettabile per l’Ucraina o desiderabile per l’Occidente (e non è questo il caso)”. Così, quindi, il think tank guidato dai noti guerrafondai neocon sotto la guida di Kimberly e Frederick Kagan, Bill Kristol e i loro compagni di merende.
In realtà, alla notizia della conquista di Severodonetsk, Putin ha dichiarato esplicitamente che l’obiettivo della campagna russa è il Donbass (AdnKronos), facendo seguire a tali parole il ritiro da Snake Island, la porta di Odessa, confermando con i fatti le parole.
Ma alla follia neocon non c’è limite, né si riscontra un limite, se non in via eccezionale, nella dipendenza dei media mainstream dalle loro direttive (a proposito di autoritarismi e democrazie).
Si può riscontrare tale dipendenza da un particolare: per mesi i media hanno accusato la Russia di bloccare il grano ucraino nei porti del Mar Nero (con riferimento specifico a quello di Odessa) e, in tal modo, di essere responsabili del dilagare della fame nel mondo.
Dopo il ritiro da Snake Island, cioè la liberazione del porto di Odessa, questo tema è stato semplicemente rimosso dalla narrazione, nulla importando che, nonostante lo sblocco della situazione, nessuna nave ucraina sia partita col suo carico di grano dal porto in questione per sfamare il mondo; né si hanno notizie di uno sminamento da parte degli ucraini delle acque antistanti, che loro stessi hanno disseminato di tali ordigni… Tant’è.
Intanto, la Russia annuncia che ha distrutto due batterie di lanciamissili HIMARS nella regione di Lugansk… La Nato aveva assicurato, tramite politici e media, che tali sistemi d’arma avrebbero ribaltato le sorti del conflitto (vedi ad esempio AdnKrons: “Lanciarazzi Himars in Ucraina: perché possono cambiare la guerra”).
E su tale assunto hanno fondato la necessità di continuare questa guerra che, se invece è persa, sarebbe inutile, anzi controproducente, proseguire (inutile strage, inutili le sofferenze globali causate delle sanzioni, sprecati i soldi dati alle industrie delle armi).
Ad oggi pare siano stati inviati in Ucraina una decina di HIMARS, otto americani e due britannici (almeno stando agli annunci, troppo spesso caotici). Ma alcuni di essi potrebbero non essere ancora arrivati o, se giunti, non ancora pervenuti al fronte, da cui la possibilità che siano distrutti prima ancora di essere usati in battaglia, come capita ad altri armamenti Nato,
D’altronde era ovvio immaginare che, se anche fossero stati risparmiati dal fuoco preventivo, una volta che fossero giunti destinazione e avessero iniziato a sparare venissero subito individuati, diventando così il target più rilevante per i missili russi.
Invano abbiamo cercato la notizia della distruzione di tali armamenti su fonti d’Occidente, essendo stata rilanciata solo dall’ignoto bulgarianmilitary.com.
Tale oblio può essere spiegato facilmente: non si tratta solo di un rovescio sul piano militare, ma del crollo dell’intera narrativa sulle magnifiche sorti e progressive di questa guerra per procura, che gli HIMARS hanno rilanciato.
Se vera la notizia (e tale sembra), c’è da inventarsi un’altra narrativa sulla vittoria ucraina, ma dopo mesi passati a contrabbandare quella legata all’invio dei magici lanciarazzi, è davvero arduo.
Così trattare col nemico resta l’unica via per evitare un’inutile ulteriore distruzione dell’Ucraina e che la frustrazione di neocon e compagni spinga la Nato a interventi più diretti e incisivi, cioè all’escalation. Non si tratta di essere pacifisti a oltranza, ma semplicemente realisti, come nel caso di Henry Kissinger*. (Qui)

*Tenendo però presente, come già ricordato, che Kissinger, come ha precisato il giorno successivo a quell’intervento, intende che il completo ritiro della Russia sia condizione preliminare al negoziato.

E vedo con piacere che sempre più gente sta aprendo gli occhi, sempre più gente ha smesso e sta smettendo di bersi come acqua fresca l’infame propaganda di regime. Certo, lo zoccolo duro, simile a coloro che fino alla fine e anche oltre la fine hanno continuato a credere alla bontà di Stalin e del regime sovietico, o a quella di Hitler e degli ideali nazisti, continueranno fino alla fine e oltre la fine a credere nel loro Messia, e quando saranno costretti a sbattere il naso contro il muro, ne daranno la colpa al muro, non al naso, però ad avere male sarà il naso, non il muro. A proposito,. probabilmente avrete visto in molti quell’oscena e orrida vignetta con Hitler e Stalin in veste di padre e madre che si chinano teneramente su Putin in veste di figlia (sì, con abiti e lineamenti da bambina: come dire che fa talmente schifo che deve per forza essere una femmina), per indicare che ha ereditato difetti e crimini di entrambi. E tutti sappiamo che agli oppositori di Putin capita a volte di sparire. Ecco…

Il governo ucraino ha organizzato l’eliminazione dei ‘collaborazionisti’

Ma Il metodo dell’eliminazione fisica degli oppositori non è iniziato con l’invasione russa.

Varie fonti rivelano – alcune con corredo fotografico – che in Ucraina sono in corso omicidi extragiudiziali ordinati dal governo centrale verso ucraini che nelle città occupate dalla Russia stanno collaborando alla gestione della vita pubblica, ma anche blogger e addirittura poeti che auspicano la pace, sono detenuti.

Nella città di Veliky Burluk, nella regione di Kharkiv, una squadra di killer ucraini hanno ucciso il capo dell’amministrazione militare-civile Yevgeny Yunakov con un’autobomba (https://t.me/rybar/35321).
Serhiy Bratchuk, portavoce dell’amministrazione militare regionale di Odessa, ha rivelato l’attentato. Successivamente, l’attentato è stato confermato dal deputato della Verkhovna Rada dell’European Solidarity Oleksiy Goncharenko.
Il vice capo della direzione principale del ministero degli Affari interni nella regione di Zaporozhye, Alexei Selivanov, ha affermato che è stato fatto un tentativo per eliminare il capo del distretto di Melitopol della regione di Zaporozhye, ma egli è uscito indenne dall’attentato.
In precedenza, il consigliere del ministro degli affari interni dell’Ucraina Anton Gerashchenko e altri alti funzionari delle autorità di Kiev hanno affermato che in Ucraina opera un servizio speciale, che si occupa degli omicidi di persone discutibili.
Gerashchenko, in una conversazione con la giornalista Natalia Vlashchenko, ha affermato che in Ucraina è stato creato un “Mossad ucraino”, un servizio speciale che opera nei territori occupati dalle forze armate della Federazione Russa e uccide militari e “traditori” russi senza processo o indagine: “Chi è morto nei territori occupati è opera delle nostre agenzie di intelligence . Gerashchenko ha anche minacciato altri leader, dicendo che “il sindaco di Balakliya è un traditore, il sindaco di Kupyansk è un traditore… Non potranno più vivere”.
Ricordo che l’esercito russo hanno appena arrestato i membri delle forze operative speciali dell’Ucraina Vitaliy Rostetsky e Oleksiy Bandera, che hanno ricevuto l’ordine di uccidere il capo dell’amministrazione statale regionale di Kherson Volodymyr Saldo e il suo vice Kirill Stremousov.“Per questo è stata acquistata un’auto usata, che avrebbe dovuto essere estratta e consegnata su ordinazione al momento giusto e nel posto giusto “, hanno detto i terroristi detenuti.
Ecco una cronaca degli atti terroristici del regime di Kiev nei territori liberati dalle Forze armate di RF:
01.03.2022 – Nella Regione di Lugansk controllata da Kiev, il sindaco di paese ucciso perché ha invitato a collaborare con la Russia. Anton Gerashchenko , consigliere del ministro degli Interni d’Ucraina, ha annunciato via social la morte di Vladimir Struk, sindaco di Kremennaya, paesino nella regione di Lugansk sotto il controllo ucraino. «In Ucraina c’è un traditore in meno. Nel 2014 ha sostenuto la “LNR” – scrive Gerashenko. (https://t.me/vn_rangeloni)
– Il 2 marzo 2022 è stato ucciso il sindaco della città di Kremennaya Vladimir Struk, che sosteneva la pace e il dialogo, è stato preso e giustiziato in modo dimostrativo, e prima sottoposto a tortura (https://t.me/radioradionotizie/431220 );
–  5 marzo – Denis Kireev un parlamentare e giornalista ucraino è stato ucciso da agenti della SBU, il servizio di sicurezza ucraino, durante un tentativo di arresto. Stava partecipando ai negoziati, ma era accusato di cercare un accordo con i russi.
– Il 20 marzo è stato ucciso a Kherson un assistente dell’ex sindaco Pavel Slobodchikov;
– Il 24 marzo sono state rapite le figlie del sindaco di Kupyansk, Gennady Matsegora, nonché un deputato del consiglio comunale di Kupyansk;
– Il 20 aprile, il blogger Valery Kuleshov è stato ucciso a Kherson (https://t.me/radioradionotizie/473426);
– Il 29 aprile, nella città di Novoaidar, è stato trovato il corpo con molte ferite di un personaggio pubblico locale Pavel Sharogradsky;
– Il 19 maggio sono ricomparsi a Kherson volantini che minacciavano di uccidere Kirill Stremousov, vice capo della nuova amministrazione della regione di Kherson, e la sua famiglia, compresi i bambini;
– Il 22 maggio è stato fatto un attentato alla vita del sindaco di Energodar Andrey Shevchik. A seguito dell’esplosione, lo stesso Shevchik e due delle sue guardie sono rimasti feriti;
– Il 30 maggio si è verificata una potente esplosione nel centro della città di Melitopol. Tre civili sono rimasti feriti;
– Il 3 giugno, un ufficiale della Milizia popolare della Repubblica popolare di Donetsk, Volodymyr Demchenko, ha riferito che rappresentanti delle forze di sicurezza ucraine avevano rapito sua figlia e suo genero a Kharkiv;
– Il 7 giugno c’è stata un’esplosione in un bar nel centro di Kherson. Inizialmente, alcuni rappresentanti delle autorità di Kiev hanno riferito che i soldati russi erano stati uccisi, ma si è scoperto che una cameriera era rimasta ferita;
– Il 12 giugno, nella città di Melitopol, un ordigno esplosivo è stato depositato in un bidone della spazzatura vicino ai locali della polizia locale. Nessuno degli agenti di polizia è rimasto ferito nell’esplosione. I civili di Melitopol furono gravemente feriti: una ragazza e un uomo;
– Il 18 giugno si è verificata un’esplosione nel parcheggio dell’auto del capo del dipartimento di Kherson del servizio penitenziario Yevgeny Sobolev. Sobolev è in ospedale con ferite;
– Il 21 giugno 2022 l’auto del capo della nuova amministrazione del villaggio di Chernobaevka, Yury Turulev, è stata fatta saltare in aria. Lo stesso Turulev è leggermente ferito (https://www.facebook.com/thedailybeast/posts/10160548003079203);
– Il 22 giugno, un’auto è stata fatta saltare in aria a Kherson da un membro della Verkhovna Rada dell’Ucraina Oleksiy Kovalyov, membro del partito al governo del Servo del popolo in Ucraina, che collabora con le autorità russe;
– Il 24 giugno, a Kherson, a seguito di un atto terroristico, è stato ucciso il capo del dipartimento della famiglia, della gioventù e dello sport dell’amministrazione locale Dmitry Savluchenko (https://t.me/sputnik/7276);
– Il 26 giugno, l’auto di Irina Makhneva, capo del dipartimento di istruzione e cultura dell’amministrazione locale, è stata fatta saltare in aria nella città di Kakhovka. La stessa Makhneva non è stata ferita (https://t.me/lamiarussia/11493).
Molti di coloro che invocavano la pace sono scomparsi senza lasciare traccia. Ad esempio il poeta 70enne Jan Taksyur, che ha scritto molte poesie contro la guerra, è stato sequestrato dai servizi di sicurezza, derubato e ora si trova nel centro di detenzione preventiva Lukyanovsky a Kiev (https://t.me/radioradionotizie/431220).
Gli autori del canale Telegram Resident affermano che Zelensky “ha organizzato più di 50 atti di terrorismo, il cui scopo è intimidire l’élite locale e minare l’influenza delle autorità russe”.
Il metodo dell’eliminazione fisica degli oppositori non è iniziato con l’invasione russa. Ad esempio nel 2015 fu ucciso il capo negoziatore delle Repubbliche indipendentiste per gli accordi di Minsk.
“La nostra fonte nell’OP ha affermato che il GUR ha organizzato più di 50 atti di terrore, il cui scopo è intimidire l’élite locale e minare l’influenza delle autorità russe nella regione. Per l’Ufficio del Presidente, l’organizzazione della guerriglia è il lavoro principale in quest’area”, dice il messaggio.
… tutto bene, vero?
Patrizio Ricci, VPNews, qui.

Sì, lo so, Putin ne ha fatti sparire da 5 a 6 volte di più: ma in 22 anni, non in quattro mesi!

E ora una piccola sorpresa: ho scoperto il segreto delle ballerine russe che scivolano sul pavimento! L’ho scoperto grazie a un video in cui i vestiti non arrivano fino a terra e si vedono i piedi: scivolano perché camminano in punta di piedi! Ci pensate? Balletti di cinque minuti, dieci minuti o anche più, sempre con tutto il peso del corpo su una base di non più di quattro-cinque centimetri! E voi vorreste far perdere la guerra a questa gente qui?! Pazzi siete.

barbara


GUERRA: DISTRUZIONI, PROFUGHI, MORTI

di cui il mondo intero si fotte.
“Hanno ucciso 5.000 ragazzi, preso le nostre chiese e terre, ma noi armeni non ci arrendiamo”

Intervista per la newsletter a Davit Babayan, ministro degli Esteri dell’Artsakh. “Siamo i primi cristiani della storia. Ma l’Europa che ha perso i suoi valori è stata indifferente alla guerra turca”

Davit Babayan è un ministro degli Esteri molto speciale. Rappresenta nel mondo una repubblica che ha perso l’80 per cento del suo territorio in una guerra terribile. La Repubblica dell’Artsakh, enclave che i sovietici arbitrariamente attribuirono all’Azerbaijan nonostante fosse la culla della storia armena, indipendente dal 1992 dopo la guerra fra armeni e azeri, infine al centro di un’altra guerra terribile nell’autunno 2020. Secondo un rapporto del Caucasus Heritage Watch – composto da accademici americani – dozzine fra chiese armene, pietre sacre, cimiteri e altri beni culturali sono stati distrutti dall’Azerbaigian. 5.000 i morti da parte armena, l’80 per cento dei quali di appena 20 anni, prefigurazione di un disastro demografico. Due terzi del territorio, compresa la storica città di Shushi che sovrasta la capitale Stepanakert, passato nelle mani degli azeri. Forze di interposizione russe schierate lungo il confine e a protezione di antichissime chiese come Dadivank, fondata da un allievo dell’apostolo Taddeo. Quasi 100.000 dei 150.000 abitanti armeni fuggiti dai combattimenti.

Davit Babayan è a colloquio in esclusiva con la mia newsletter.

Quale trauma avete vissuto voi armeni nella guerra dell’Artsakh? Demograficamente, religiosamente, storicamente… Per far capire la tragedia e i rischi che vi attendono…

La guerra del 2020 contro l’Artsakh è stata la terza scatenata dall’Azerbaigian. La prima ha avuto luogo nel 1991-1994, la seconda nel 2016. Prima di allora l’Azerbaigian ha scatenato una semi-guerra contro l’Artsakh e il popolo armeno dell’ex Repubblica socialista sovietica azerbaigiana a seguito della quale circa 700.000 armeni furono deportati dalle loro terre storiche, migliaia di persone furono uccise, le loro proprietà saccheggiate e distrutte, il patrimonio culturale armeno annientato. La guerra del 2020 ha avuto le sue particolarità, è stata un’aggressione lanciata contro l’Artsakh da Azerbaigian, Turchia e terroristi internazionali, un’alleanza molto pericolosa di elementi statali e terroristici, che rappresenta una seria minaccia per il mondo civile in generale. Se il mondo non reagisce a tali minacce e non mette in atto misure adeguate, altri paesi dovranno affrontare le stesse sfide. Sarà solo questione di tempo. Noi siamo stati i primi, voi sarete i prossimi. Quando sarà, tra uno, cinque o dieci anni, è secondario. A causa dell’attacco azerbaigiano-turco-terrorista, l’Artsakh ha sofferto molto. La perdita più irreversibile è stata la vita di 5.000 giovani. Abbiamo perso l’80 per cento del nostro territorio, la maggior parte delle infrastrutture economiche e delle risorse naturali. Abbiamo decine di migliaia di rifugiati. L’Azerbaigian, insieme alla Turchia e ai terroristi, stanno portando avanti la politica di genocidio culturale nei territori occupati distruggendo il patrimonio culturale armeno. E questo sta accadendo nel XXI secolo. Sì, il nostro corpo è gravemente ferito, ma la nostra volontà e la nostra fede sono incrollabili. Questo è il motivo per cui il nostro popolo è deciso a vivere sul suo suolo storico, lottare per i propri diritti e libertà. Non faremo mai parte dell’Azerbaigian. Questa è la linea rossa per noi.

Nella “guerra dei 44 giorni” contro gli armeni diplomatici americani ed europei si sono distinti per assenza o pusillanimità, troppo impegnati nella lotta al Covid, alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e alla Brexit, poco o per nulla interessati a una regione a geostrategicità limitata (niente petrolio, niente gas, niente accesso al mare e qualche rara miniera)… Soltanto un popolo con la sua fede millenaria.

Ci sono molte ragioni. Geopolitica, interessi economici, attività di lobbying (o meglio corruttrici) dell’Azerbaigian e della Turchia. Tuttavia, tutti questi sono fattori derivati da un fenomeno molto pericoloso: il degrado dei valori. Sfortunatamente, i valori sono stati ampiamente sostituiti dai prezzi. Questo erode il sistema immunitario delle società e degli stati. Molte civiltà sono scomparse proprio per questo.

Cosa rappresenta l’Armenia per la coscienza e la civiltà occidentale? Per me è un’isola di antichissima fede e cultura sopravvissuta per duemila anni a invasioni, genocidi, assimilazione…E che ancora resiste. Un esempio bellissimo per l’Occidente che va nella direzione opposta.

L’Armenia è una delle civiltà più antiche del mondo. Sì, è il primo stato cristiano della storia. Abbiamo affrontato, ha assolutamente ragione, genocidi, deportazioni, massacri, distruzioni e altre prove per millenni. Ma questo destino non ha cambiato lo spirito e l’anima del nostro popolo, non c’è odio verso nessuna nazione, religione o razza tra gli armeni. E questa è la base più importante per il recupero.
Giulio Meotti

Tutt’altro discorso, tutt’altra sensibilità, tutt’altra partecipazione invece per le vittime di moda del momento, che sembrano – solo per il momento, non illudiamoci – avere addirittura superato i palestinesi. Onorare quei morti lì è un’autentica passione, un piacere, una gioia, al punto che se i russi non ne ammazzano abbastanza, se ne inventa qualcuno in più, giusto per non rovinare il divertimento

come i palestinesi – ve li ricordate? – che durante il trasporto verso il cimitero cascano dalla barella, si rialzano e ci risalgono sopra, o che proprio nel momento preciso in cui il fotografo scatta si stufano di fare il morto e si tirano su a sedere. Come ho detto fin dall’inizio, dai palestinesi hanno imparato tutto.

barbara

GEOPOLITICA E DISTORSIONE DELLA REALTÀ

maggio 17, 2021

In seguito alla pubblicazione dell’articolo di Piero Fassino pubblicato il 15 maggio su Atlante, pubblichiamo, l’attenta analisi di Emanuel Segre Amar e Barbara Mella. 

https://www.pierofassino.it/150521SAE.html

di Emanuel Segre Amar e Barbara Mella –

Piero Fassino è considerato, nelle file del PD, uno tra i politici più vicini a Israele, ed esperto di questioni mediorientali avendo spesso avuto incarichi legati alla politica estera (anche attualmente è il presidente della Commissione Esteri). Quando parla del conflitto tra arabo-palestinesi ed israeliani non perde l’occasione di affermare che “sono d’accordo su tutto, manca solo la fiducia reciproca”.

– “la diplomazia internazionale a lungo colpevolmente distratta”: Sì, questo è vero: infinite condanne per ogni singolo gesto di Israele e zero prese di posizione contro il terrorismo palestinese: molto distratta e molto colpevole

– “in quella terra… ci sono due diritti ugualmente legittimi”: Il diritto che rivendicano sia Hamas che l’OLP (rappresentato dall’Autorità Palestinese, guidata da Abu Mazen), è la distruzione di Israele e l’espulsione (per Hamas l’eliminazione fisica) di tutti gli ebrei: il signor Fassino riconosce tale pretesa come un diritto legittimo? A parte questo, nel pieno della guerra attualmente in corso, alla luce anche di quanto segue, andrei cauto prima di mettere sullo stesso piano i due diritti, uno dei quali, rivendicato dalle cancellerie europee ma non – se non come pretesto per le azioni terroristiche – dai palestinesi, è quello “del popolo palestinese ad avere una propria patria”: se si guarda al Diritto Internazionale, i palestinesi dovrebbero accontentarsi della patria ottenuta in Transgiordania, oggi regno di Giordania. Ottenuta, non dimentichiamolo, tramite la sottrazione, perpetrata dalla Gran Bretagna, del 78% della terra assegnata agli ebrei come “Focolare nazionale” dalla Dichiarazione Balfour.

– “accordi di Oslo… fondati sul principio: Due popoli. Due Stati”: negli accordi di Oslo non si parla specificatamente di Due Stati.

– “lo Stato Palestinese avrebbe dovuto nascere sui territori della Cisgiordania”: ripeto, questo non sta scritto da nessuna parte, e qui Fassino dimentica anche la suddivisione dei “territori” in 3 zone, A, B e C, con l’accordo che nella zona C Israele avrebbe mantenuto il controllo militare e amministrativo.

-“soprattutto il percorso di pace è stato minato dai settori radicali ebraici e palestinesi che non hanno mai accettato la legittimità di due diritti”: Ancora e sempre la vergognosa equiparazione fra chi vuole distruggere e chi vuole costruire, fra chi vuole sterminare e chi tenta di difendersi, per non parlare di questi “settori radicali ebraici” che tanto ricordano quei famigerati “circoli ebraici internazionali che controllano la finanza per dominare il mondo” di protocollare memoria

– “le sette religiose ebraiche, i coloni e la destra israeliana non hanno mai riconosciuto gli accordi di Oslo”: In Israele la politica estera la decide il parlamento, non le “sette religiose”, e sfido il signor Fassino a ricordare un solo accordo internazionale preso da Israele e non rispettato, al contrario della controparte, che, forte del suo regime dittatoriale che non rende conto ad alcuna legge e ad alcun parlamento, non ne ha mai rispettato uno. E vale la pena di ricordare che lo stesso Arafat da un lato ha sempre evitato che l’OLP riconoscesse il Diritto di esistere di Israele, disattendendo quanto si era ufficialmente impegnato a fare, e dall’altro lo stesso giorno in cui firmò la “Declaration of Principles” nel giardino della Casa Bianca nel 1993, spiegò la sua azione alla TV giordana con queste parole: “Visto che non possiamo sconfiggere Israele con la guerra, dobbiamo farlo in diverse tappe. Prenderemo tutti i territori della Palestina che riusciremo a prendere, vi stabiliremo la sovranità, e li useremo come punto di partenza per prendere di più. Quando verrà il tempo, potremo unirci alle altre nazioni arabe per l’attacco finale contro Israele”.

– “Netanyahu… autorizza continui illegittimi insediamenti ebraici sui Territori palestinesi”: secondo il Diritto Internazionale (Conferenza di Sanremo del 1920, conferma alla Società delle Nazioni nel 1922 e ripreso dall’ONU con l’art. 80 nel 1945), gli insediamenti sono legittimi, e si trovano tutti nella zona C che si trova sotto il controllo amministrativo di Israele.

– “Netanyahu…persegue la giudaizzazione di Gerusalemme”: Giudaizzazione di Gerusalemme?! Di grazia, chi è che l’ha fondata oltre tremila anni fa? Chi è che per oltre tremila anni non ha mai smesso di risiedervi? Chi è che da tremila anni la ricorda costantemente nelle proprie preghiere? Di chi sono le tombe antiche di millenni che vi si trovano? Ma si rende conto il signor Fassino delle oscenità che va dicendo?

– si sono “messi in condizione di minorità i partiti israeliani che vogliono la pace e Abu Mazen e la dirigenza palestinese moderata”: è davvero sicuro che sia soltanto l’opposizione di sinistra israeliana a volere la pace, e non la stragrande maggioranza degli israeliani e dei rappresentanti da loro eletti alla Knesset? Quanto alla moderazione di Abu Mazen e della sua dirigenza palestinese, rinvio il lettore paziente al termine di questo commento.

– “Abu Mazen, temendo la vittoria (di Hamas e della Jihad) ha più volte rinviato le elezioni presidenziali e parlamentari”: Cioè Abu Mazen non convoca elezioni da quindici anni per evitare la guerra? E tutte le guerre e tutto il terrorismo perpetrati in questi quindici anni da dove vengono? Potrebbe bastare questo cumulo di assurdità? A noi sì, ma a Fassino a quanto pare no: per lui, infatti, gli eventi di queste settimane sono stati “innescati dalla difficile fase post elettorale israeliana”: difficile trovare una qualche logica in questa affermazione.

– “i radicali nei due campi”: sembra proprio una patologica coazione a ripetere.

– “i religiosi e i coloni si sono mobilitati invadendo le strade di Gerusalemme est con manifestazioni di violenta ostilità verso la popolazione araba”: qui Fassino dimentica di dire che queste manifestazioni sono state innescate da attacchi arabi contro ebrei che si recavano tranquillamente al Kotel per la preghiera.

– per Fassino quanto sta succedendo sarebbe dovuto a questi “scontri” che poi “Hamas e Jihad hanno deciso di radicalizzare”: analisi, se così possiamo chiamarla, che ignora totalmente  la realtà dei fatti e la situazione sul terreno, e sicuramente insufficiente a spiegare quanto sta avvenendo.

– “non può essere concesso nessun spazio o alibi a chi come Hamas e Jihad…né a chi in campo ebraico”: caro Fassino, anche se qualcuno le ha raccontato il contrario, una menzogna non diventa verità continuando a ripeterla.

– “la dirigenza palestinese ricusi nettamente ogni strategia di negazione di Israele”: La “dirigenza palestinese”, esattamente come Hamas, è nata all’unico scopo di cancellare Israele (non dimentichiamo che l’OLP, organizzazione per la liberazione della Palestina, è stata fondata nel 1964: in quel tempo non c’erano “territori occupati”, l’unico territorio occupato da Israele era lo stato di Israele; e nello statuto di AlFatah, che Fassino potrà comodamente consultare in rete dove è reperibile in inglese, sono tuttora presenti ben otto articoli che prevedono la distruzione di Israele come obiettivo primario e irrinunciabile). Il suo appello è pertanto del tutto privo di senso.

“il governo israeliano fermi ulteriori insediamenti illegali in Cisgiordania (abbiamo già visto che non sono illegali per il Diritto Internazionale) e le forzate espulsioni di popolazione araba dalle proprie abitazioni”: Fassino si riferisce evidentemente al procrastinato sfratto di famiglie abusivamente insediatesi in abitazioni di proprietà ebraica (quando nel 1948 la Giordania invase e occupò illegalmente la parte più antica e più profondamente ebraica di Gerusalemme e ne espulse tutti gli ebrei che vi risiedevano), e per giunta morose da anni: un normale, legalissimo sfratto

– “è necessaria una forte azione persuasiva… delle Nazioni Unite,… Stati Uniti, Unione Europea e dei suoi Paesi – a partire dall’Italia”: non sarebbe più utile e proficua una forte azione sui palestinesi, a cominciare dallo smettere di inviare miliardi di dollari che vanno tutti in terrorismo e mega ville per i capi?

– è necessario “un negoziato che richiede reciproco riconoscimento e fiducia”: vecchio mantra di Fassino: per lui manca solo la fiducia per firmare la pace; non sarebbe più realistico perseguire la cessazione del terrorismo, usando ogni mezzo per renderlo meno appetibile, anziché affidarsi a vecchi mantra vuoti e irrealistici?

Ma a questo punto è necessaria una precisazione su colui che Fassino definisce sempre “il mio amico Abu Mazen: codesto signore, che io (Segre Amar) non ho potuto incontrare in una delegazione ufficiale organizzata proprio da Fassino perché rappresentavo, all’epoca, la Comunità Ebraica di Torino – e per questa ragione mi venne impedito di partecipare agli incontri oltre la linea verde (ed è opportuno ricordare che Abu Mazen rifiuta qualsiasi presenza ebraica nel futuro, eventuale stato palestinese) – non è affatto moderato come viene definito in questo articolo sul quale abbiamo qui voluto riflettere. Egli infatti, (Niram Ferretti, Il Sabba intorno a Israele, pag. 19 e segg.) in un discorso pronunciato il 16 settembre 2015, trasmesso anche dalla televisione palestinese, affermava, tra l’altro, “la mancanza di diritto da parte degli ebrei (degli “ebrei”, già, ma non stupiamocene più di tanto visto che è anche un negazionista della Shoah) di contaminare con i loro “piedi sporchi” il suolo della moschea di al-Aqsa; due giorni dopo, il 18 settembre 2015, l’Unione Internazionale degli Studiosi Musulmani invitava a raccolta i palestinesi a difesa della moschea, e si scatenava quell’intifada (ottobre 2015-aprile 2016) che tante vittime causò al popolo israeliano; la stessa tecnica usata fin dal 1929 dal gran Mufti Amin al-Husseini, amico di Hitler e ispiratore delle SS islamiche. Senza dimenticare i lauti stipendi che prodiga a tutti coloro che uccidono civili israeliani, le scuole e sedi sportive intitolate a terroristi e la continua istigazione al terrorismo. In definitiva considerarsi amico di Abu Mazen ed essere obiettivi sulla questione israeliana è un inconciliabile ossimoro. Come questo articolo dimostra oltre ogni dubbio.

Non possiamo chiudere questo nostro intervento senza riprendere un passaggio dell’ultima newsletter di Piero Fassino, in cui, dopo un sommario elenco di vari conflitti in atto nel mondo, da quello in Israele a quelli in Siria, Yemen, Birmania, Tigray, mescolati in un unico calderone come se si trattasse di realtà identiche o comunque paragonabili, conclude: “La tentazione di risolvere i conflitti con la forza è antica quanto la storia del mondo.
Ma è una tentazione illusoria: con le armi si può conquistare un territorio altrui, occupare una nazione vicina, reprimere una minoranza, rovesciare una democrazia. Ma le armi producono distruzioni, vittime innocenti e sofferenze, scavando un solco di odio, rancori, ansie di vendetta che germineranno più atroci conflitti.
Ci sarà pace giusta, stabilità durevole, sicurezza soltanto se sul crepitio delle armi prevarrà il suono della parola, se alla protervia dell’imposizione si sostituirà il dialogo, se l’uso della forza cederà il passo al negoziato.”

Sembra ignorare, il signor Fassino, l’esistenza di un’altra situazione in cui si fa ricorso alle armi: la legittima difesa. La necessità di sopravvivere. La difesa della vita umana. O forse non dovrebbe farvi ricorso neppure la polizia per fermare un aspirante omicida? Quanto al negoziato da preferire alla forza, le dice niente, signor Fassino, la conferenza di Monaco? Quella in cui c’era da scegliere fra la guerra e il disonore e, scegliendo il disonore, si è avuta anche la guerra? Quella in cui a un fulmineo attacco a un Hitler ancora impreparato che sarebbe costato forse qualche migliaio di morti si è preferito un dialogo che ha portato a cinque anni e mezzo di guerra, decine di milioni di morti e un intero continente in macerie?
Concludiamo citando una frase che capita spesso di sentire, ma che forse al signor Fassino, distratto da troppo impegni, può essere sfuggita:

“Khaybar, khaybar ya yahud, jaish Muhammad saya’ud”: “Khaybar, Khaybar, o ebrei, l’armata di Maometto ritornerà”. È un grido di battaglia, che si lancia quando ci si prepara ad attaccare gli ebrei. Si sente spesso, da parte dei musulmani. Si è sentito gridare anche a bordo della prima Flottilla “umanitaria” diretta a Gaza piena di armi di ogni sorta. E si è sentita risuonare anche sulle strade delle nostre città, in occasione di manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese. Non farebbe male ricordarlo. (qui)

E non c’è niente da fare: meno sanno e più si mettono in cattedra.

A commento di questo articolo aggiungo alcune immagini estremamente realistiche: sulle responsabilità

sui metodi di lavoro palestinesi

su Pallywood sempre in azione

e infine sul senso morale di casa nostra

barbara

EBREI, DISSOCIATEVI!

Sì, lo so, quest’uomo non mi ama. Non ama me e non ama il mio blog, magari adesso scriverà un altro articolo per dire che brutta persona che sono e quanto gli dà fastidio essere associato a questo blog. Ma ogni tanto scrive degli articoli veramente spettacolari e io non ci posso fare niente. E questo È un articolo spettacolare.

…vergogna

Ebrei, ascoltate me, dissociatevi. E fate in fretta.
La settimana scorsa, la trasmissione Prima Pagina, di Rai Radio3, è stata condotta da una giornalista, Sara Menafra, che ha lavorato al Messaggero, al Manifesto, al Secolo XIX e al Sole 24 Ore e, per colmo di ironia, si è occupata di Fosse Ardeatine. E meno male che l’ha fatto. Chissà se non l’avesse fatto.
Le telefona un’ascoltatrice, Vera Pegna, una scrittrice che parla finalmente in buon italiano, per dire la sua sugli insulti parigini al filosofo Finkielkraut: “sporco ebreo, sporco sionista, viva la Palestina”. Per lei Alain Finkielkraut è, innanzitutto, ‘un signore anziano’. Il suo nome non è evidentemente politically correct, per cui decide di non pronunciarlo. Né lo pronuncerà mai la conduttrice. ‘Un anziano signore’. Sorvoliamo.
La signora Pegna non è d’accordo sulle parole ‘sporco ebreo’, però… però se si tiene conto che l’offensore ha chiaramente fatto intendere che il suo era un attacco al sionismo (‘sporco sionista, viva la Palestina’), allora l’offesa la si capisce. Perché si può dire, ‘sporco sionismo’, date tutte le ‘atrocità’ commesse da Israele. E poiché ‘Israele si vuole stato ebraico, cioè si vuole lo stato di tutti gli ebrei del mondo’, ‘sporco sionismo’ lo si può dire, perché in fin dei conti sarebbe come dire sporco Israele. (I virgolettati sono tutti fedelmente ripresi dal podcast della trasmissione.)
Da questa illuminata introduzione, la signora Pegna procede poi a fare la sua richiesta.
‘E’ questo quello che vorremmo noi europei… Vorremmo sentire chi si considera ebreo, sempre legittimamente, protestare, condannare Israele per le sue atrocità… vorremmo sentire gli ebrei fuori da Israele dire ‘Israele è Israele, è il paese dei suoi cittadini, ma non è il nostro paese’ invece questo purtroppo non viene detto’. La signora Pegna, innanzitutto, distingue fra ‘noi europei’ e ‘chi si considera ebreo’ (non ‘chi è ebreo’). Lei è europea pura, io no, sono ebreo. Inoltre, non accetta un’identità ontologica ebraica stabile, quella dell’essere, e preferisce quella del ‘considerarsi’. Oggi mi considero, domani non mi considero più. Così le risolvo il problema del mio essere’, che a lei non piace molto. Lei invece ‘è’ europea.
Ma non basta. La Pegna non si aspetta da noi una condanna di Israele (che sarebbe già pretendere troppo, a dire il vero), si aspetta una dissociazione identitaria, pretende che dichiariamo ‘io sono italiano’. Insomma ci sospetta di dual loyalty. E fin qui niente di grave, da una cui fa comodo non distinguere fra antisionismo e antisemitismo. A questo tipo particolarmente sottile di antisemitismo colto (?) e di sinistra siamo abituati. Ma non basta ancora. Ora ci vuole convincere di un’altra cosa: ‘la parola antisemitismo… oggi si è evoluta perché gli ebrei fuori da Israele non condannano Israele’. Quindi, dice la signora Pegna ricorrendo ad anacoluti logici e a paralogismi tutti suoi, oggi essere antisemiti significa essere anti-sionisti, come a dire: oggi un anti-israeliano non può che essere anti-sionista e quindi non può fare a meno di essere antisemita. Che bello ragionare semplice e alla rovescia!
Tu ascolti terrificato le semplificazioni ignoranti di questa ascoltatrice colta, che potrebbe benissimo iscriversi al partito grillino per quanta banale e preconcetta superficialità sta vomitando alla pubblica radio, e ti aspetti che la giornalista/conduttrice commenti riequilibrando minimamente i giudizi che ha sin qui ascoltato in silenzio. Non ci si aspetta che le dica di studiarsi un po’ più a fondo la storia della ‘controversia’ israelo-palestinese, ma ci si aspetta una visione un po’ più equilibrata del reale.
E invece, la conduttrice/giornalista Sara Menafra, dopo aver precisato che dire ‘sporco ebreo’ a un signore ‘anziano’ non è bello (a un ragazzo, a una signora, a un uomo maturo e non ancora anziano, evidentemente lo si può dire!), ma sul resto si dice d’accordo con la signora Pegna, scrittrice comunista. E soggiunge a conferma: “Una parte di noi ci aspetteremmo che chi è fuori da Israele ma appartiene a questa religione, visto che questo è uno stato che rappresenta… in qualche modo che si ritiene interprete della religione ebraica, prendessero più nettamente le distanze, e questo invece non avviene”.
Anche la Menafra distingue fra ‘noi’, i cittadini regolari – europei, italiani, cristiani – e loro, gli irregolari, i tollerati, – gli ebrei.
‘Ora abbiamo capito bene, anzi meglio, che cosa intendano entrambe le interlocutrici e su che cosa siano così perfettamente d’accordo. Lo riassumiamo per i disattenti, per le menti pazienti, e per chi fosse abituato ad ascoltare o a leggere di fretta. Le due signore dicono: l’antisemitismo è brutto in sé, purché non colpisca ebrei che non si dissociano dallo stato d’Israele, nel qual caso l’antisemitismo è accettabile, anzi, encomiabile, e noi lo approviamo.
Ma le ricadute di questi pensieri malati, spacciati per opinioni culturali al pubblico della radio pubblica, sono ben altre.
Siccome Israele si presenta come ‘interprete della religione ebraica’ (chissà che cosa significa), allora io, ebreo italiano, devo dissociarmi dalla politica e dalle decisioni del suo governo. Forse sono stato troppo generoso nel riassumere, perché le due intellettuali non fanno alcuna differenza fra stato e governo. Ma, dato il pregiudizio e la pochezza del pensiero fra cui ci si muove, oggi va bene la generosità.
Quindi, la mia identità, secondo il Pegna-Manafra pensiero è determinata dalle affermazioni di Israele e dalla sua politica, e io non posso farci nulla. Devo subirla passivo e in silenzio. È Israele a decidere chi io sia. E se non mi ci riconosco in quell’immagine che lo stato di Israele dà di me al mondo, allora devo dissociarmi, come facevano un tempo i brigatisti rossi. Non quelli di Casa Pound, che vanno di moda e la cui sede non si tocca.
Quella ebraica è un’identità che dà fastidio. Ha sempre disturbato la quieta superficie della civiltà europea, e non solo. Un giorno, molto tempo fa, un’amica comunista militante e molto impegnata mi disse: ‘Il mio rispetto per te dipende dal tuo essere uomo, non dal tuo essere ebreo’. Anche a lei non piaceva la mia identità particolare, non la voleva riconoscere, e quindi la negava facendola assorbire dalla mia appartenenza al genere umano. La sua religione comunista non le permetteva di accettare la mia troppo complessa, e specifica, identità di ebreo.
Ritorno al caso Pegna-Manafra. A questa gente di cultura che magari piange lacrime calde davanti a un monumento alla Shoah, a questi intellettuali che passano come verità i cliché di partito a un pubblico che se li beve senza possibilità di critica attiva, verrebbe da chiedere se la storia l’abbiano studiata davvero. E se l’abbiano anche capita. Se la realtà israeliana la apprendano da Youtube, dai filmati di Pallywood coi volti dei bambini imbrattati di vernice rosso carminio. Se quando parlano delle ‘atrocità’ di Israele stiano pensando alla Siria, o alla Cina, o alla Turchia, o alla Russia, o a qualche paese dell’America latina. O magari agli stessi attentati palestinesi e alle loro decapitazioni dopo uno stupro.
Ai cattolici o ai comunisti, o a qualsiasi normale cittadino, qualcuno ha mai chiesto, pretendendolo, di cospargersi il capo di cenere e dissociarsi pubblicamente dalla politica di un Papa, dagli atti odiosi di un prete pedofilo, dai soprusi di una dittatura comunista – o fascista, se del caso? E non è mai passato per la mente di nessuno, invece, di dissociarsi dai suoi stessi pregiudizi razzisti e dalla frettolosità delle sue trancianti sentenze?
Chissà se le due interlocutrici di Prima Pagina si siano mai chieste che cosa sia un ebreo che vive in Europa da cinquecento anni o da duemila anni. Se l’ebreo debba continuamente, e fino alla fine dei secoli, giustificare sé stesso di fronte a una civiltà intellettuale che ancora persegue schemi di pensiero razzista e per la quale l’altro continua a essere ancora e sempre l’estraneo, da allontanare, da respingere, da giudicare. Da distinguere.
Ebbene sì, sono fortemente irritato. Perché mi rendo conto ogni giorno di più che il pregiudizio che cova nell’animo di chi ci vive accanto richiede un’inezia, un pretesto qualsiasi, per trasformarsi in odio conclamato, mascherato sempre, naturalmente, sotto i fronzoli di una ‘nobile causa’, in cui a pagare però sono sempre gli altri.
E sono irritato perché vedo con quanta facilità anche gente che ha ‘studiato’ possa sposare le modalità di pensiero del popolino più becero, quello che si è formato alla fonte dei pregiudizi e degli stereotipi popolari. E allora continuo a dire: evviva chi pensa, chi si interroga, chi concede sempre agli altri beneficio del dubbio, chi sospende il giudizio, in attesa di valide conferme, chi non giudica mai le conseguenze senza aver tenuto debito conto delle cause.
Comunque, ‘l’anziano’ insultato a Parigi, signore Pegna e Manafra, si chiama Alain Finkielkraut, ed è un ebreo francese. Non vergognatevi a pronunciarne il nome.
Vergognatevi invece dei vostri pensieri.

Dario Calimani, Università di Venezia

(26 febbraio 2019)

Piccolo (vabbè, piccolo) dettaglio, da italianista: “Una parte di noi ci aspetteremmo”. Da far venire l’ulcera a un baobab.
Quanto all’articolo di Calimani, posso dirlo? A leggerlo mi sono commossa.

barbara

PALLYWOOD, ENNESIMA FARSA

Questa foto qui sotto è stata scattata nell’aprile del 1945 nel campo di concentramento di Nordhausen.
dawayima original Nordhausen
Bella foto, vero? Pensate, ai pallestinari è talmente piaciuta che hanno deciso di adottarla, sicché adesso fa bella mostra di sé come documentazione di vittime arabe di massacro sionista, come potete leggere qui, e se cliccate sulla foto potrete vedere l’originale ingrandito che mostra, a ulteriore documentazione, le tipiche uniformi a righe in uso fra gli arabi dei villaggi di Giudea.

E che dire di questo strepitoso colossal? Guardate che spettacolo: si piazza un’auto in posizione strategica, si fa saltare in aria, poi arrivano di corsa i feriti che si sistemano abilmente ai loro posti e infine ambulanza e volontari per prestare loro soccorso, il tutto di fronte alle solerti telecamere pronte per l’uso.

Roba da Oscar per scenografia, regia, attori protagonisti, comparse… Tutti, insomma. Dopodiché i diligenti mass media si precipitano a dare conto dell’ennesima efferata strage perpetrata dai perfidi sionisti. E la domanda naturalmente è sempre la stessa: ma con tutte le decine di centinaia di migliaia di milioni di miliardi di massacri perpetrati dai suddetti perfidi sionisti, perché non ce ne fanno vedere qualcuno di vero invece di queste patetiche pagliacciate?

barbara

UN ALTRO MORTO RESUSCITATO

Dopo questo

Per non parlare di questo
miracolo Qana
O di quest’altra gustosissima storia, che i più attenti di noi sicuramente ricordano

MIRACOLO!!
Risorto dopo sole 4 ore il prete ucciso questa mattina all’alba nel convento delle suore svedesi di Santa Brigida durante un attacco di soldati israeliani che inseguivano un gruppo di palestinesi. Durante la giornata, la vittima ha cambiato identità due volte: prima sembrava si trattasse di un salesiano italiano, padre Jacques Amateis, poi di un prete francese, padre Jacques Assad. Ma, poche ore dopo, monsignor Pietro Sambi delegato apostolico della Nunziatura a Gerusalemme ha fatto sapere che padre Amateis
stava bene e che lui stesso l’aveva sentito al telefono. Più tardi, dalla stessa Nunziatura, notizie ancora più confortanti: non ci sarebbe nessun sacerdote morto e anche le suorine (si era parlato di una decina di ferite fra loro) stavano benone. Insomma, un vero record da Guinnes, il precedente primato era di 72 ore… (qui)

Non per niente siamo nella Terra dei Miracoli, no?

barbara

QUANTI SONO?

Quanti sono i civili disarmati indifesi “feriti” dai cecchini* israeliani?
ferito
Poi, oltre a questi che ogni tanto si fanno beccare, ci sono quelli che “vedete” feriti. Funziona così:

*cecchino è un tiratore appostato in luogo coperto che attende non visto il passaggio di un nemico per colpirlo a sorpresa (guerra in Bosnia, per dirne una recente. E i “giornalisti” non di rado si piazzavano accanto a uno di loro, magari pagandolo, per poter filmare o fotografare l’assassinio a sangue freddo della donna che sfidava la morte per andare a comprare un po’ di pane per i propri figli, o il bambino sfuggito al controllo della mamma). I tiratori scelti israeliani sono in uno spazio aperto, perfettamente visibili, e colpiscono nemici che tentano di fare irruzione nel territorio nazionale. Trovo vergognosa questa prostituzione semantica per cui un terrorista suicida che, magari travestito da ebreo ortodosso per non suscitare sospetti e meglio mimetizzarsi, fa strage del maggior numero possibile di civili indifesi, prende il nome di eroici soldati che in una situazione di guerra dichiarata in atto, su aerei militari con insegne militari ben visibili, sacrificavano la propria vita prendendo di mira obiettivi militari – che avevano peraltro una sia pur minima possibilità di difendersene colpendoli in tempo con la contraerea; e dei soldati che, con rigidissime regole d’ingaggio, difendono il proprio territorio nazionale prendono il nome di biechi assassini a tradimento.

Poi ci sono anche i feriti veri, certo. Però anche lì la storia bisogna raccontarla tutta, non solo la parte che fa comodo alla propaganda.

CHI SPARA E DIFENDE LA NOSTRA LIBERTÀ

Sta circolando da ieri un video in cui viene mostrato un palestinese che si avvicina alla barriera che separa il confine di Gaza da quello di Israele, e a cui un soldato israeliano spara. Il video, girato alla buona è corredato da un audio, in cui il soldato che riprende l’accaduto esprime esultanza quando il palestinese viene colpito.
“Wow! Che video! Sì! Figlio di p…Che video! Guardate stanno correndo per portarlo via!”.
Il palestinese, colpito in una gamba, si stava avvicinando alla barriera nonostante gli fosse stato intimato di fermarsi. Si trattava di un facinoroso il quale, insieme ad altri facinorosi, lanciava pietre e bottiglie molotov. Nulla di questo appare nel video, in quanto accade fuori di esso. Il video, infatti, rappresenta solo un frammento della realtà.
Ed è questo frammento che, nelle mani della propaganda anti-israeliana diventa l’ennesima prova contro Israele accusato di addestrare i suoi soldati a sparare a ogni bersaglio che si muove dietro la barriera di confine tra Gaza e Israele.
Questa è stata la narrativa che è stata propagata in questi giorni sulla gran parte dei media in relazione alle vittime del cecchini israeliani durante la cosiddetta Marcia del Ritorno. Miliziani di Hamas, Fatah, la Jihad Islamica. Miliziani difesi da ONG israeliane come B’Tselem e Breaking The Silence, perché, a loro avviso, “inermi”. Stiamo parlando di due delle quinte colonne del nemico che operano in territorio israeliano.
Ma torniamo al video.
Il video in questione è stato girato il 22 dicembre scorso vicino al kibbutz Kissufim che si trova a poche centinaia di metri dalla barriera, e che è una delle realtà difese dai soldati dell’IDF.
La diffusione dei video ha suscitato anche in Israele commenti indignati, soprattutto a sinistra, dove si stracciano sempre le vesti quando un terrorista palestinese viene ucciso.
Ha riportato i fatti alla loro giusta proporzione il Ministro della Difesa, Avigdor Liberman, il quale ha elogiato il soldato che ha sparato per avere fatto il suo dovere. Prima di lui era intervenuto Naftali Bennet con queste parole:
“Stiamo cominciando a giudicare i nostri soldati sulla base della qualità dei loro discorsi e se suona piacevole o meno al nostro orecchio? Davvero?”
Sì, l’esultanza del soldato che riprende l’accaduto non è di buon gusto, ma non siamo alla Royal Enclosure di Ascot prima dell’inizio del Derby, tra gentlemen in tight e gentildonne dai cappelli estrosi che bevono champagne millesimato. Ci troviamo in una delle zone più politicamente calde del pianeta, dove l’esercito israeliano difende la popolazione dai barbari che dipingono sulla barriera palestinese la svastica e incitano alla morte degli ebrei intonando un canto jihadista che risale al VII secolo.
Niram Ferretti

E, ricordiamolo, il palestinese non è stato ucciso: è stato colpito a una gamba, con una precisione davvero degna della qualifica “tiratore scelto”.

E per concludere, propongo di rivedere questo video creato insieme al compianto Lorenzo Fuà.

barbara

AGGIORNAMENTO: qui.

AMORE PATERNO

Il bimbo palestinese costretto dal papà a provocare i soldati

La combinazione telecamera+bambino in avanscoperta, tanto cara ai palestinesi, si è rivelata un boomerang.
Come si può vedere dal video, il tentativo consisteva nell’usare un bambino come scudo, sperando di provocare una reazione sbagliata da parte delle guardie di frontiera israeliane in modo da diffondere l’ennesimo video propagandistico.
Alle spalle del bambino ci sono uomini adulti, tra cui presumibilmente il padre che lo fomenta. Potrebbero essere loro ad affrontare gli uomini in divisa. Invece no, viene mandato avanti il bambino, istruito e redarguito, a scopo propagandistico. Un bambino che, quindi, è costretto a rischiare sulla sua pelle.
Qualcosa va storto. Mentre alcuni membri delle Ong “pacifiste” urlano ai megafoni, quello che appare come il padre del piccolo spinge il figlio verso i militari, urlando “Sparategli”. Alto concetto del valore della vita del proprio figlio.
Il bambino però non risponde alle speranze dell’affettuoso papà, si avvicina al soldato e ricambia il “cinque” che quest’ultimo gli offre.
A quel punto scatta il piano b: il padre ordina al piccolo di lanciare sassi, il bimbo senza capire è costretto ad eseguire l’ordine impartito, liberando peraltro la strada dagli ostacoli.
Un video che dice tutto: la propaganda palestinese, lo scarso rispetto per la vita persino dei bambini, la vigliaccheria, le telecamere nascoste a riprendere scene studiate a tavolino (provocazioni nei confronti dei soldati, bambini usati come scudi).
(Sostenitori.info, 30 luglio 2016)
http://www.ilvangelo-israele.it/

Di solito funziona. Nel senso che è chiaro come il sole che si tratta di messinscene – a volte addirittura grottesche, come quella del bambino che zoppica perché lo hanno colpito alla gamba, poi si siede perché gli viene da vomitare, poi si alza e si dimentica di zoppicare, poi se ne ricorda e zoppica con l’altra gamba, poi arriva l’ambulanza e gli fasciano il braccio – ma riescono almeno a produrre un fotogramma da ritagliare accuratamente con cui “documentare” la violenza israeliana sui bambini. Stavolta invece gli è proprio andata buca, ma talmente buca che la Fossa delle Marianne in confronto è un buchetto scavato con un ditale.

barbara

DUE PAROLE, GIUSTO PER CHIARIRE

1. Arriva qua il fesso di turno e dice ah, tu posti una foto falsa per dimostrare che tutte quelle che circolano sarebbero false.
No, posto una foto falsa per dimostrare che quella foto è falsa (non facciamo confusione, bimbo: quello fesso sei tu, non io).
2. Arriva il solito fesso e dice questo è il primo articolo della costituzione di Hamas e non parla di ammazzare gli ebrei (e qui devo chiederti scusa, mi ero sbagliata: tanto mi ero fissata sull’idea che tu fossi un fesso al quadrato che non sono stata capace di accorgermi subito che invece sei un fesso al cubo). Quindi io leggo L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e dico fantastico! In Italia non è vietato rubare ammazzare spacciare droga affiliarsi alla mafia fare denaro falso…
3. Quando uno non è proprio proprio completamente fesso si chiede: ma se ci sono centinaia di migliaia di milioni di miliardi di mostruosi crimini commessi dagli israeliani e documentati da foto e video AUTENTICI, perché non mandano in giro quelli invece di quelle ridicole puttanate taroccate? Se ci sono centinaia di migliaia di milioni di miliardi di poveri bambini palestinesi maltrattati torturati assassinati dagli israeliani, il tutto documentato da foto e video AUTENTICI, perché continuano a pubblicare foto di bambini siriani, bambini iracheni, bambini turchi morti nel terremoto, bambini di Gaza feriti in un incidente domestico, bambini di Gaza ammazzati dai familiari, certe volte addirittura bambini israeliani? Non farebbero prima a pubblicare qualcuno di quelle centinaia di migliaia di milioni di miliardi di documenti AUTENTICI in loro possesso?
4. Dice: perché non hai il coraggio di pubblicare foto di israeliani che torturano palestinesi?
Non tentiamo di ribaltare le frittate, per favore: VOI dite che questa roba esiste, e a VOI tocca dimostrarlo, non a noi, eccheccazzo.

A proposito, la sapete quella divertentissima barzelletta della povera donna palestinese aggredita da un branco di fanatici coloni ebrei? E quella dei poveri bambini palestinesi in lacrime?
I quattro uccisi sulla spiaggia di Gaza invece sì, sono proprio morti, ed erano proprio palestinesi. Solo che la storia non è andata esattamente come ve l’hanno raccontata, ma proprio per niente.
E non dimenticatevi le bambole, mi raccomando.

E per concludere, rivediamoci questa strepitosa interpretazione di attori degni come minimo di un Oscar. E prestate attenzione a tutti i particolari.

Shabbat shalom

barbara