LA GRAMMATICA ITALIANA

Una Storia Bellissima!

Autobiografia della Grammatica Italiana

Parole catturate in rete

La mia nascita non fu facile. In realtà i miei genitori non avevano le idee molto chiare. Credo che non mi volessero e forse è questo il problema che mi accompagna da sempre. Per anni si son semplificate le cose, sostenendo che avevo a che fare con un lombardo finito a Firenze per sciacquare i panni in Arno. Mi riconosco nel Lombardo e mi rispecchio nell’Arno, ma non è ciò che sono. Magari tu capisci. Andrei avanti, non fosse tardi…hai ancora voglia d’ascoltarmi?
Affettuosamente
Grammatica Italiana

Andrò piano, con scritti brevi, messere, per non turbare la nostra quiete. Se non le spiace a me piace. Detesto tutto ciò che è prolisso. Sono un essere semplice, fatto di soggetto, predicato verbale e complementi. Che siano oggetti o quant’altro, pur sempre complementi sono. Nasco così per permettere a tutte le parole, provengano esse dal latino (o prima ancora dal greco), dal germanico, dallo slavo di trovare quell’attimo di respiro per restare con me. Io le amo. E lei, messere?
Nessuna parola nacque per caso. Ognuna porta con sé una storia, dolce, terribile, struggente, violenta, languida. Dietro ognuna non c’è l’uomo che la proferisce, ma la storia di persone che l’hanno voluta, plasmata, adattata. Dietro ogni parola c’è un mondo, una cultura, l’essenza stessa della nostra vita.
Ma quanto sto scrivendole vale per tutte le lingue, non solo per la mia. Quindi devo spiegarle, messere, perché amo la mia.
Non fu facile per me esistere. Le parole, sin da piccina, mi mancavano. Avevo, in fondo, rubato tutto ai miei avi greci e latini, sottratto quanto possibile ai barbari dell’est, slavi e germanici, avevo tutte le parole per dire. Ma l’avventura, la vera avventura, non poteva essere fatta solo di parole…
Ero appena adolescente quando capii che dovevo articolarmi. Articolare le parole! Facile per il tedesco o lo slavo, che del tempo e dello spazio hanno un’idea barbara , che si limitano a circoscriversi in un presente da passare o in un presente da consegnare al futuro. E’ un modo d’esistere, comprensibile e facilmente accettabile, ma io volevo di più. Io, nella mia storia, conservavo l’idea di un passato remoto, di un imperfetto, di un futuro prossimo e di un futuro remoto. L’idea di un qualcosa che avrebbe potuto condizionarmi, quella di qualcosa che avrebbe potuto congiungermi finalmente agli altri. E ancora…imperativi e infiniti… io ero capace di darmi alla pienezza della vita.
Io, messere, non solo sono o ero (non fraintenda, per cortesia) o sarò, ma ambivo al fui, all’ero stata, al fui stata, al sarò stata, al sarei, al fossi a milioni di possibilità di essere, avere, andare, venire, guardare. All’essere e al sei!Io volevo tutto, forse troppo, probabilmente di più…La mia storia è molto triste, messere. Ce la fai ad ascoltarmi?
Certo, c’erano anche i gerundi e i gerundivi. Nel mio immenso mondo c’era tutto. Un patrimonio immenso, un’eredità indetassabile. Per me, un tempo, una pésca non era una pèsca…ma sto parlando di un tempo dimenticato. Con me, quelli che mi amavano (quelli che potevano amarmi, quelli che aspiravano a me per poter raccontarsi, tutti quelli che, permettendomi di far da tramite tra isole, tacchi e punte dello stivale e creste montane, potevano raccontare e raccontarsi) entravano in qualche modo in contatto tra loro: comunicavano, si scambiavano le migliaia di parole da dire. Perché, se non hai qualcosa da dire, allora è meglio tacere.
Non a caso, nella notte, ho lasciato l’ultima parola al silenzio. In musica il silenzio è ‘suono’. Anche io nel silenzio esisto. Sono quella pausa che permette al cuore e alla testa di raccogliersi prima di farsi voce o scrittura. E’ questa la mia vera essenza. Nasco dal silenzio e da esso mi disvelo. Le mie note sono infinite, sono parole. Le accetto, da sempre, tutte. Non è necessario siano quelle classiche: ogni apporto, dal dialetto o da altre lingue, fa parte del mio bagaglio di diesis o bemolle.
Conosco pause. Brevi e incisive -una virgola-, più lunghe e enunciative- due punti-, lunghe e definitive – un punto-, di ampio respiro- un punto esclamativo-, sconsolatamente interrogative- punto di domanda. Conosco sospensioni senza risposta –tre puntini- e, solo in casi eccezionali, l’orrore normativo degli elenchi, punto e virgola. Conosco parentesi e trattini…la vita è questa, anche questa.
Ma, oltre alla punteggiatura, oltre ai dizionari, oltre alle parole io sono armonia. E’ questa la vera essenza della lingua italiana. ‘Terra dove il sì suona’. Non è quel sissignore che ignora il silenzio del pensare, coprendolo col rumore di un fare meccanico. E’ il sì di un caos che si fa armonia nella compiutezza di un congiuntivo, di un condizionale, di un passato remoto. (Si ringrazia il signor red. cac. per la cortese segnalazione di questo gioiello, nell’ormai lontano settembre del 2006)

Vorrei fare una piccola aggiunta all’ineffabile poesia offertaci dalla Signora Grammatica Italiana.
La Grammatica è per la Lingua ciò che la pelle è per la donna. Se prima non la contempli, lungamente e con passione, se prima non l’accarezzi, con amore e con sapienza, con devozione e con ardore, non la potrai mai penetrare, non potrai mai indurla a lasciarsi guidare là dove tu vuoi, non potrai mai persuaderla a seguirti nei tuoi giochi e inventarne a sua volta di nuovi, non potrai mai convincerla a farsi tua complice nelle tue lotte e nelle tue battaglie. Se non impari a conoscerla, in ogni minimo dettaglio, non sarà mai la tua amante. Potrà essere, forse, la controparte di una botta e via, mai una compagna di vita, mai qualcuno con cui condividere le gioie e da cui farsi consolare nel dolore, mai la bandiera dei tuoi ideali. Mai. Ne avrai, forse, un momentaneo sollievo nello scaricare le tue urgenze ma il piacere, eh, è ben altra cosa, il piacere.

Ah, stavo quasi per dimenticare: «In musica il silenzio è ‘suono’». Verità sacrosanta, come inconfutabilmente si dimostra qui.

barbara

DATEMI UNA STELLA GIALLA

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Una tetra toppa di panno cucita a forma di una stella di David che ogni ebreo è stato costretto a indossare nella Germania nazista così come in ogni paese conquistato dai tedeschi; ogni paese alleato con la Germania; ogni cultura desiderosa di rendere distinguibile l’odiato ebreo.
L’ebreo colpevole. Lo sporco ebreo. L’ebreo ladro. L’ebreo disgustoso. L’ebreo di meno-che-umano. L’ebreo che può solo sbagliare – per tutto ciò che facciamo noi, naturalmente.
Eravamo obbligati a portare la stella gialla. Ce l’hanno fatta ingoiare. Significava disonore ed era associata con l’antisemitismo, come probabilmente sapete. Doveva essere un distintivo di vergogna come la lettera scarlatta di Hawthorne. Ma 6 milioni di volte peggio.
Oggi? Basta vergogna. Dammi una stella gialla. Trovane una e dammela, presto.
Voglio indossare una stella gialla sul petto a sinistra, dove ogni vittima dell’Olocausto era costretta a portarne una. Voglio andare in giro con una stella gialla su ogni singolo pezzo di vestiario che possiedo. Sulla mia American Apparel scollata a V, la mia felpa Nike, il maglione Ralph Lauren, la mia felpa Champion, la mia Diesel button-down, la giacca H&M, la maglia Adidas e il blazer Gap. Sulla spiaggia me ne metterò una sul petto nudo se occorre.
Voglio camminare per le strade di Parigi e affrontare gente come questa. Affrontare un ex-marine fuori dalla Casa Bianca vicino a questi amichevoli odiatori. A Bruxelles, nei Paesi Bassi, nelle moschee di Berlino, nelle strade del Canada – e Inghilterra soprattutto – per incontrare questo idiota. Vorrei andare nei campus negli Stati Uniti, come questo all’Università di California, San Diego a parlare con questa ragazza qui – indosserò la mia stella gialla.
Voglio che tutti mi vedano con quella e sentirli dire quando entro
‘Ehi, arriva l’ebreo, è proprio come tutti gli altri.
Pensa di essere così eccezionale e diverso.
Ma è solo uno sporco ebreo.
Un omicida di massa.
Uccide i bambini cristiani e musulmani e poi usa il loro sangue per le matzot, come tutti gli ebrei.
Quelli bombardano a tappeto sulla gente.
Pensano di essere così grandi, con i loro studi e il loro successo.
Uccidono i bambini, quegli ebrei.
Non lo sai? Sono gli ebrei che possiedono Hollywood, i media, le banche.
Sono la feccia della terra. Rubano le cose.
Hitler aveva ragione. Cos’era quel hashtag?
#Hitleravevaragione.
Andiamo a dipingere svastiche sulle tombe dei suoi nonni.
Andiamo a picchiarlo.
Uccidiamolo. Ammazziamo un rabbino a Miami.
Questo gli insegnerà — ad esistere’.
Voglio quel distintivo giallo così cattivo, il mio sangue sta bollendo.
Porca puttana, per me quella stella gialla è un simbolo di tutto ciò che è buono. Non solo per me, ma per il mondo.
È un simbolo del male superstite. È patrimonio e conoscenza. Tolleranza e ottimismo. È forza e fiducia a fronte della debolezza e insicurezza di coloro a cui non viene insegnato abbastanza bene ciò che le loro buone mamme avrebbero dovuto insegnare loro. Quella stella gialla è il coraggio. È educazione. Resistenza. È la ragione che sconfigge il torto. È coraggio e sacrificio, convinzione, ed è vita.
È testimonianza a tutti coloro che sono tragicamente morti indossandola, sia benedetta la loro memoria, affinché in futuro i loro fratelli e sorelle sopravvissuti imparino a non avere mai paura di ciò che sono. A non restare mai più in silenzio. A non chiedere scusa, ebreo o israeliano, per essere sopravvissuto. Grazie a loro e, anzi, per loro, da molto tempo questo distintivo giallo ha cessato di essere un distintivo di vergogna.
Per me, è una emblema giallo di vaffanculo-io-sono-qui-per-restare.
È una stella che oscura qualsiasi altro emblema che predica odio. Fa sparire forma e colore delle svastiche, delle bandiere nere dell’ISIS e di Al Qaeda, quelle verdi di Hamas o le gialle di Hezbollah.
Spero di riuscire a incontrare ogni bugiardo che mi chiama assassino di bambini o mi accusa di genocidio o di massacri. Gli sbatterò in faccia la mia stella gialla, gliela sbatterò per bene. Gli farò vedere e ricordare che cos’è un vero genocidio. Che cos’è un reale assassinio di bambini. Come sono per davvero la pulizia etnica e l’omicidio di massa. Che cosa significa realmente (tentare di) cancellare una razza. E dove vi porteranno l’ignoranza e l’odio e le bugie che avete scelto di seguire. Quegli accusatori non avranno bisogno di guardare la storia. Perché sta accadendo intorno a noi. Adesso. In tutto il mondo, non c’è luogo dove si possa evitare di vederlo.
Prima di essere ammassati fuori alle camere a gas circa 70 anni fa gli ebrei che indossavano la loro stella gialla udivano ‘Uccidete gli ebrei’, ‘Heil Hitler’, ‘L’unico ebreo buono è un ebreo morto’, ‘Ebreo ladro!’ – e tutto ciò che prima di essere ostracizzato dalla loro comunità, spogliati dei loro averi, proprietà, identità, umanità e alla fine, la loro vita. Sentivano parole. È successo anche in molti altri Paesi. Come nel paese di mio padre – l’Iraq. Un paese da cui è stato espulso perché era ebreo. Perché era uno sporco ebreo.
Comincia. Sempre. Con. Le Parole.
Lo stesso tipo di parole che sentiamo ora qui sui social media. Alle dimostrazioni. Nelle conversazioni. Parole che non hanno nulla a che fare con Israele. Palestina. Politica. Il Medio Oriente o qualunque altra cosa. Potete anche non essere solidali con ISIS e Hamas, ma se non cercate 24 ore su 24 sette giorni su sette di denunciarli per quello che sono, allora non siete parte della soluzione per liberare il mondo da loro.
Il mondo, proprio ora, è agitato da parole anti-Israele e antisemite. Parole antisemite a cui gli ebrei come me sono abituati. Sto parlando con te, Dieudonné. Mel Gibson. Roger Waters. E sto parlando con voi, leader islamici radicali, che dai vostri pulpiti predicate menzogne e odio e divisione in nome di Allah.
Sto parlando a voi, ciechi seguaci dell’Islam radicale, che vi riunite e cantate odio nelle piazze delle vostre città, alle dimostrazioni cittadine, tramando odio ebraico nelle vostre case o apertamente tra amici, nei media, e in rete – nei paesi democratici sfruttando la libertà di parola che l’Occidente vi ha dato, tra gente che per lo più vi ama.
Sto parlando con voi, persone dalla mentalità presumibilmente liberale – amici miei, anche – che avete speso troppo tempo parlando della mia Israele in lotta per la sua esistenza in una guerra difensiva, ma molto poco delle centinaia di migliaia di assassinati in Siria. In Iraq. Delle persone assassinato per essere seguaci di qualunque religione che non sia l’Islam. Molto poco parlate dell’ISIS che ha invaso il Medio Oriente e mette le teste sulle lance, spara alla gente nei fossati a migliaia. Pochissimo tempo parlate dei siriani gassati e di un vomitevole primo ministro turco che sputa quel genere di antisemitismo virulento che può terminare in un solo modo.
Voi, miei cari liberali di sinistra, state scegliendo il lato dell’odio. Siete decisamente ignoranti. E fate schifo. Sul fatto che la morte e la guerra sono terribili e che si dovrebbe smettere di uccidere non potremmo essere più d’accordo. Ma fino a quando non fornirete una soluzione per ISIS, Hamas, Hezbollah, Al Quaeda e le altre persone a cui inviate le vostre cartoline di Natale virtuali, fate un favore al mondo civile: tornate ai vostri articoli fascisti che a quanto pare sapete scrivere, ma non fate nient’altro. E mentre ve ne occupate, non dimenticate l’11 settembre,, Londra 7/7, gli attentati ferroviari a Madrid in Spagna o la maratona di Boston.
Guardatela bene, la mia stella gialla. Guardate da dove è venuta. Guardate cosa è stato fatto dopo che noi ebrei fummo costretti a indossarla e poi chiedetevi: stiamo facendo la stessa cosa agli altri? Noi ebrei? Noi israeliani? Siamo diabolicamente intenti a sterminare la gente? È davvero questo che vogliamo? O sono altri a fare quello che voi pensate che stiamo facendo noi – altri di cui vi rifiutate di parlare, né di condannare con un semplice post o un clic sul vostro pulsante Like.
Stupidi, io non vado da nessuna parte.
Mai più.
Anche se alcuni potrebbero desiderarlo, MAI PIÙ.
Per chiunque altro legga questo da lontano, e che potrebbe essere d’accordo con quello che sto dicendo, sia ebrei che non ebrei, non siate dispiaciuti per me, la mia famiglia, i miei amici. Non siate dispiaciuti per noi. Noi stiamo bene e non abbiamo paura. Mi piace pensare che conoscete la situazione e che probabilmente siete dalla nostra parte. Non solo perché sapete che non riusciranno a farla finita con noi, ma perché siete sani di mente e non siete ciechi.
Non abbiate paura perché io non sono intenzionato a essere una vittima. Nessuno di noi lo è. E spero che neppure voi lo siate. La mia stella gialla sta guardando in faccia l’estremismo. Tutte le nostre stelle gialle stanno guardando in faccia tutti. Accecando gli estremisti con questa schifosa luce in un mondo che sta diventando sempre più nero.
Sono innamorato della stella gialla?
Hai dannatamente ragione, che lo sono.

Questo articolo è apparso come una lettera al redattore dell’edizione europea del New York Times

Di Eitan Chitayat (qui, traduzione mia)

Già, si comincia sempre con le parole. Come in questo volantino di una decina d’anni fa, per esempio.
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barbara