Perché i giornalisti, con tutte le dovute protezioni, possono entrare negli ospedali per documentare quello che succede, e i parenti non possono dare un ultimo saluto ai propri cari? Nessuno è riuscito a trovare una risposta valida; in compenso qualcuno ha trovato valida la domanda, e l’ha presa in seria considerazione. Naturalmente siamo in Israele, e questo è il risultato
This may be hard to watch, but it's important: Corona patients are mostly dying alone, but in Israel, several hospitals have begun allowing short visits under strict controls. On Sunday, Rinat Zita-Dishlo visited her mother, Batsheva Zita, 74, at Tel Aviv's Sourasky Medical Ctr. pic.twitter.com/vrbyxt0NX8
perché in Israele l’umanità finisce sempre per prevalere, in qualunque circostanza.
In questo articolo (chi ha difficoltà con l’inglese può sempre metterlo in un traduttore automatico: ne vale la pena) potete vedere il video con i sottotitoli in inglese. E si spiega, nell’articolo, che l’iniziativa di lasciar avvicinare i parenti per un ultimo saluto si è dimostrata un grandissimo regalo non solo per i pazienti, non più condannati a morire soli e lontani da ogni affetto, non solo per i famigliari, prima costretti a vedere i loro cari uscire di casa e scomparire per sempre dalla propria vita, ma anche per tutto il personale sanitario, oppresso dalla sofferenza umana di pazienti e famiglie. E naturalmente in Israele i funerali sono molto ristretti, con solo i parenti stretti autorizzati ad accompagnare le salme al cimitero, ma non sono mai esistiti seppellimenti senza funerale e senza presenze. Perché Israele, qualunque cosa accada, resta sempre Israele.
E in Italia? In Italia il 22 aprile, quarantacinquesimo giorno di quarantena, abbiamo avuto 437 morti e il 23 aprile 464. E un tale Luca Foresti, che non ho la più pallida idea di chi possa essere ma forse riuscirò a sopravvivere lo stesso, si chiede come mai la curva scenda così lentamente. E dopo che lo stato con la sua impreparazione, con le sue improvvisazioni, con la sua cialtroneria ha lasciato i suoi cittadini morire come mosche, dopo che li ha lasciati morire soli come cani, dopo che ha lasciato le famiglie fuori dalla porta, dopo che li ha fatti portare via coi camion militari perché nelle loro città non c’era più posto per seppellirli, dopo che li ha fatti cremare, senza preoccuparsi di chiedere se lo desiderassero o no, voi pensate che potesse bastare? Sì? Beh, siete poveri di fantasia, gente. No che non poteva bastare: adesso ha mandato alle famiglie il conto da pagare per il trasporto delle salme fuori città e per la cremazione. Comunque voi sorridete, che siamo lo stato migliore del mondo e tutti ci prendono a modello.
E anche se oggi non è il 12 dicembre mi sembra che ci stia bene, in questa Italia di oggi, presa a tradimento, assassinata dai giornali, colpita al cuore, dimenticata da chi la dovrebbe governare, solo galera senza più giardino, e che ha sempre più paura:
Che io ancora non ho mica capito perché ad un certo momento hanno preso a chiamarli migranti: scrivente è quello che sta scrivendo in questo momento, urlante è quello che sta urlando in questo momento, il mese corrente è quello che sta correndo adesso e fra venti giorni non correrà più, il dormiente sta dormendo adesso, poi fra un po’ si sveglia e non dorme più; quelli invece col piffero che sono in fase di migrazione: loro sono IMmigraTI e da qui non li schioda neanche un uragano. Forse hanno deciso di chiamarli così per tenerci buoni con l’illusione che prima o poi se ne andranno. Ma veniamo al fatto che non sono loro il problema, che deve essere sicuramente vero dal momento che lo dicono tutte le persone giuste, quelle buone, quelle aperte e progressiste, quelle che stanno dalla parte giusta della politica. E parto da questo video, girato a Parigi
e se Parigi piange, sicuramente Caserta non ride
Impressioni? Casi isolati? Non si direbbe, a giudicare da questa tabella, di fonte assolutamente insospettabile, ossia il Ministero dell’Interno, che di tutto potrà essere accusato tranne che di essere allarmista.
E per commentare questi numeri vi invito a leggere il solito Grande Saggio Giovanni.
IMPRESSIONI E NUMERI TORTURATI
Se ne incontrano tanti. Sono quelli che non giudicano in base a vaghe impressioni, che non si lasciano ingannare dalle apparenze. Loro si rapportano “scientificamente” al reale, sulla base di inoppugnabili dati statistici. Ho avuto una discussione con uno di questi signori. Val la pena di parlare degli “argomenti” che ha tirato fuori dal cilindro; non perché abbiano una qualche dignità intellettuale, semplicemente perché sono un campione abbastanza rappresentativo dei sofismi da quattro soldi che in tanti usano per cercare di convincere la gente normale che non esiste alcuna relazione fra incremento della criminalità ed immigrazione fuori controllo.
Numeri torturati.
Il signore in oggetto ha iniziato presentando un grafico che relaziona il numero degli omicidi volontari con quello dei migranti. I migranti crescono e gli omicidi decrescono. L’immigrazione irregolare non c’entra nulla con la criminalità è stata la conclusione di questo sapientone. Non approfondisco le ricerche sul grafico, non mi chiedo in base a quali criteri gli omicidi vengano o meno definiti “volontari”. Non serve perché in realtà il grafico non dimostra assolutamente NULLA. Prendiamo due serie di fenomeni, la serie X e quella Y. X aumenta ed Y diminuisce. La domanda da farsi è: Y diminuisce GRAZIE o MALGRADO l’aumento di X? Il numero degli omicidi volontari è diminuito grazie o malgrado l’aumento della immigrazione clandestina? In Italia le persone nate all’estero sono circa l’8% della popolazione globale, ma costituiscono quasi un terzo della popolazione carceraria. Si noti che nell’otto per cento di cui stiamo parlando sono compresi anche gli stranieri regolari. Se si restringesse il campo ai soli irregolari la sproporzione fra il loro numero e quello della popolazione carceraria sarebbe ancora più clamorosa. In particolare nel 2016 c’erano in Italia 2028 stranieri e 6781 italiani in carcere per omicidio volontario (quello del grafico) Insomma, l’8% circa della popolazione commette quasi un terzo degli omicidi! Con tutta evidenza la diminuzione nel numero degli omicidi è avvenuta malgrado, non grazie all’incremento della immigrazione irregolare. Se questa dovesse diminuire avremmo un calo più che proporzionale degli omicidi. Considerazioni simili, basate su cifre simili, possono farsi per i furti, le rapine, gli scippi e gli stupri. Non contento di questo exploit il signore in oggetto ha tirato fuori un altro numero. Il tasso di criminalità per 100.000 stranieri è inferiore a quello per 100.000 italiani. Su ogni centomila italiani ci sono più delitti che su ogni centomila stranieri. Un dato davvero impressionante! Che però non vale nulla. In questo caso bisogna infatti porsi due domande:
Prima domanda. Da quale campione sono estratti i famosi centomila? Se volessimo analizzare quanti delitti si commettono in Italia ogni centomila abitanti ed escludessimo dal campione gli abitanti delle regioni col più alto tasso di criminalità avremmo un risultato significativo? Se i centomila su cui conteggiare i delitti abitassero tutti nel centro di Milano il dato avrebbe un minimo di credibilità? NO, ovviamente. Parlare di “stranieri” è fuorviante perché esclude dal calcolo i clandestini che, appunto perché tali, sono difficilmente censibili, o non lo sono affatto. Se si paragonano con gli italiani gli stranieri regolari non stupisce che non ci siano variazioni importanti nei tassi di criminalità. Infatti il problema sono i clandestini. Elementare Watson!
Seconda domanda. A quali delitti si riferisce la cifra? Questo è il punto fondamentale. E’ infatti fin troppo evidente che ci sono crimini che la maggioranza degli stranieri e la totalità degli irregolari non possono commettere. Penso ai reati finanziari, alla corruzione, alla concussione o a tutta quella vastissima area di reati che presuppongono la buona conoscenza della lingua italiana (i vari tipi di truffa) o un buon inserimento in certi tessuti sociali (i reati di mafia). Confrontare i delitti per centomila stranieri con quelli per centomila italiani ha poco senso se non si depura il numero dei delitti da quelli che sono preclusi o quasi a molti stranieri ed alla totalità degli irregolari.
Sempre per puntellare le sue tesi questo signore ha poi sottolineato che le denunce nei confronti di crimini commessi da stranieri sono diminuite (ci credo, per quello che servono) o che gli stranieri irregolari ricorrono meno alle misure alternative al carcere, dimenticando che queste misure, a mio avviso molto criticabili, riguardano persone considerate “recuperabili”. Evidentemente molti irregolari non sono giudicati tali. Infine ha esposto un “argomento” davvero persuasivo: per i reati che prevedono pene più brevi gli stranieri detenuti sono in numero maggiore degli Italiani. La percentuale di stranieri detenuti cala invece per i reati che prevedono pene più lunghe. Questo dimostrerebbe che il peso degli stranieri sul tasso di criminalità è scarsamente rilevante. Dunque, per i reati che prevedono pene fino a 5 anni gli stranieri incarcerati sono in numero maggiore rispetto agli italiani, per gli altri sono invece in testa gli italiani. Ad esempio per i reati punibili da 10 a 20 anni di reclusione il 10,3% dei detenuti sono stranieri mentre il 17,2% sono italiani. Dati molto interessanti che vanno letti però partendo dalla premessa che la popolazione straniera è pari all’otto per cento della popolazione globale! Gli stranieri che scontano pene dai 10 ai 20 anni sono oltre la metà degli italiani pur essendo l’otto per cento della popolazione globale e questo avallerebbe la tesi che non esiste rapporto fra immigrazione e criminalità! E’ proprio vero che se torturi i numeri questi ti dicono quello che vuoi! Ma quello che vorrei sottolineare è un altro aspetto della questione. Per i reati puniti con lunghe pene detentive la percentuale della popolazione carceraria italiana rispetto a quella straniera è gonfiata dal fatto che ad oggi sono in carcere italiani che hanno iniziato a scontare la loro pena dieci, venti o più anni fa, quando ancora non c’era il boom della immigrazione clandestina. Oggi gli stranieri sono l’otto per cento della popolazione totale; dieci, venti o trenta anni fa erano molto meno, quindi non potevano andare ad ingrossare di molto le fila dei condannati a 20, 30 anni o all’ergastolo. La cosa davvero clamorosa è che, malgrado questo evidente fattore attenuante, il peso degli stranieri in carcere sia pari a circa un terzo del totale dei carcerati
Percezioni e sensazioni.
Non è il caso di continuare. Ho dedicato spazio agli argomenti di questa persona solo perché, lo ripeto, sono un campione dell’armamentario propagandistico con cui i media ci martellano tutti i giorni. Parlando di cose serie, è vero o non è vero che non bisogna affidarsi alle sensazioni? Che le impressioni sbagliano? Che la statistica deve sostituire l’esperienza? Che impressioni e sensazioni possano sbagliare, che occorra un approccio più attento al reale è di certo vero. Ma è menzognero affermare che le impressioni siano sempre o quasi ingannevoli! La scienza spiega il reale a livelli profondi, ma non elimina la realtà. La teoria della gravitazione spiega perché la mela cade, non arriva alla conclusione che la mela è irreale! La fisica dei quanti cerca di scoprire cosa c’è sotto e dietro al mondo macroscopico, ma non dice che il mondo in cui esistono i tavoli ed i gatti sia un teatro di menzogne. Soprattutto, nel campo del sociale, questa contrapposizione fra approccio “scientifico” e impressioni empiriche è completamente errata. Se esiste ed è estremamente diffusa la percezione empirica di un certo fenomeno questo fenomeno esiste. Le statistiche potranno quantificarlo, aiutarci a meglio comprenderlo, ma, se oneste, non potranno eliminarlo. Oggi esiste la diffusissima percezione di un incremento della insicurezza. Su cosa si basa questa percezione? Forse sulla propaganda dei “seminatori di odio”? Non diciamo idiozie! La propaganda va oggi, tutta, in direzione opposta. Dal papa al capo dello stato, dal presidente della repubblica ai presidenti di camera e senato, passando per il presidente dell’INPS, dai TG alla quasi totalità della carta stampata è tutto un coro di rassicurazioni. Non esiste alcun rapporto fra immigrazione irregolare, terrorismo e criminalità; i migranti sono preziose risorse che ci pagano le pensioni eccetera. Però la gente non ci crede. Chi deve attraversare certe zone delle periferie, o viaggiare in treno o in metro non è tranquillo, e di certo non perché plagiato da Salvini. La percezione che le cose non vanno si basa non sulla propaganda, ma sulla esperienza diretta di milioni di esseri umani. Persone normali che spesso neppure guardano in TV le trasmissioni politiche, ma che hanno paura e notano il fatto “strano” che da un po’ di tempo a questa parte le chiese sono presidiate e le piazze circondate da barriere di cemento. Una cosa che gli pseudo intellettuali amanti delle statistiche non vedono è che è proprio questa percezione veritiera del reale ad influenzare le statistiche e a spiegare certi dati apparentemente rassicuranti. La gente vede che la situazione peggiora e si comporta di conseguenza. Esce meno di casa, munisce gli appartamenti di nuove serrature, porte blindate o allarmi elettronici. Le ragazze non girano da sole dopo una certa ora, si prende meno il treno o il metrò, i bambini escono solo accompagnati e tutto questo provoca una moderata contrazione dei reati. Succede per la criminalità qualcosa di simile a quello che succede per il terrosismo. Si ha la percezione del pericolo terrorista, si prendono contromisure e questo attenua la portata del fenomeno. Per il progressista con le statistiche alla mano tutto questo però dimostrerebbe che “la percezione è sbagliata”. Patetico. Le persone normali non sbagliano quando percepiscono il deteriorarsi della sicurezza. Per convincersi delle loro ragioni non occorrono statistiche, basta vivere. VIVERE la vita reale, qualcosa che i pseudo intellettuali “progressisti” disprezzano profondamente. Preferiscono i numeri (torturati) e le statistiche (taroccate). (qui)
Soluzioni? Qualcuno un’idea ce l’ha, come Filippo Facci, politicamente scorrettissimo, come sempre, come è inevitabile essere quando si vogliono usare cervello, logica e buon senso contro la dilagante e paralizzante melma del buonismo a manetta.
E poi vi invito a vedere anche Giorgia Meloni nel 2015, a confronto con un’educatissima nonché rispettosissima (come sono sempre i buoni di professione) controparte.
E chiudo con un’esternazione di Kawtar Barghout, marocchina residente in Italia.
Mettiamo pure che Salvini sia la causa del male, ma io ho delle domande: Chi è il mandante del magrebino spacciatore che un pò di anni fa è entrato nel mio condominio per rubare i nostri beni ? L’hanno rimandato a casa dopo innumerevoli processi, intanto girava ubriaco per le Piazze. Chi è il mandante dei clandestini che alle 21 hanno terrorizzato mia madre alla fermata dell’autobus ? Chi sono i mandanti di quelli che mi obbligano a girare impaurita in stazione pure di giorno ? Vorrei una risposta, grazie e pure in fretta. Il 4 Marzo non è lontano e il vittimismo non paga.
E adesso, da bravi, ripetete tutti con me
Il problema non sono gli immigrati
IL PROBLEMA NON SONO GLI IMMIGRATI IL PROBLEMA NON SONO GLI IMMIGRATI
Ancora altre dieci volte, e poi ricominciate da capo, fino al completamento del lavaggio del cervello.
Sopravvissuta alle settimane di ansia. Sopravvissuta alla notte di sveglie per prendere i farmaci antiallergia. Sopravvissuta alle tonnellate di cortisone più tutto il resto. Sopravvissuta – sia pure a prezzo di un impressionante e dolorosissimo ematoma a carico delle mie delicatissime vene (e speriamo di scansare almeno la flebite, sempre in agguato) – alla flebo per somministrarmi il contrasto. Sopravvissuta al contrasto. Sopravvissuta a tutto questo e scongiurato il pericolo di un precoce funerale, eccomi a fare qualche riflessione. Piacerebbe immaginarsi eroi impavidi di fronte al pericolo, di fronte alla sofferenza, di fronte alla morte, ma non tutti lo sono. Io non lo sono. Ma questo lo sapevo già, avendo sperimentato trentacinque anni fa l’attesa di sapere se avevo o no la leucemia. Non mi aveva invece creato ansie l’attesa di sapere se era ancora benigno o no il polipo al retto (lo era), perché ero sicura che a quello si poteva rimediare. Mentre non sapevo affatto – me lo hanno detto solo decenni più tardi – che potesse essere maligno il tumore osseo operato a quattordici anni. Lì l’ansia se la sono beccata tutta i miei genitori, ed è stata lunghissima, perché l’esame istologico non dava risposte chiare e avevano dovuto mandare il reperto in Inghilterra, dove avevano strumenti più precisi, e il referto di negatività era arrivato dopo otto mesi. Quello al seno non si sapeva, prima dell’intervento, di che natura fosse, ma anche quella volta non ero preoccupata più di tanto, tutto sommato. Però stavolta sì, di paura ne ho avuta davvero tanta, esattamente come per la leucemia. Confesso che ad un certo punto sono stata presa da timore superstizioso per avere troppo spavaldamente sfidato la sorte con le mie pretese di immortalità. La ragazza che mi fa le pulizie, tre settimane fa. Arriva; io come al solito sono in camera a sistemare un po’ di cose (la mattina mi alzo, mi metto un vestito, la sera lo tolgo e lo metto per terra di fianco al letto; la mattina dopo mi alzo, mi metto un altro vestito, la sera lo tolgo e lo metto per terra di fianco al letto. Eccetera. Se non tolgo di mezzo un po’ di roba lei non può pulire). Lei come al solito si affaccia alla porta e dice “Buon giorno. Tutto bene?” Io, con la massima naturalezza possibile, rispondo “Sì”. Lei, che già stava uscendo per andare a prendere il secchio e cominciare a pulire, si ferma, si gira, torna indietro e chiede: “Perché? Cosa c’è?” Almeno mi ha messa in pari con chi è venuto qui solo per sputare veleno (ma niente paura: l’anitra all’arancia richiede preparazione lunga, ma prima o poi verrà servita). La settimana scorsa, ad ogni buon conto, mi sono comprata due bellissimi bikini nuovi, uno mini e uno micro. Tanto la cosa più sfasciata sono le cosce – coscie per il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
– che restano fuori con qualunque costume, quindi tanto vale che offra al sole la maggior quantità di pelle possibile. E oggi mi sono goduta il primo tramonto di quiete
– che opportunamente coincide con il solstizio d’estate – fortunatamente senza granchi, che l’altro ieri uno maledettissimo mi ha azzannato un dito facendomi zoppicare per ore e ancora ho la crostina di sangue in corrispondenza del buco che mi ha scavato in quel povero dito. E già che ci sono vi mostro anche la tigre, quella vera cioè la mia, al riparo dai malintenzionati. Hayom yom chadash ve chayim chadashim.