UNA SBIRCIATA DIETRO LE QUINTE

Finalmente gli audio esclusivi di Biden, Kerry e Poroshenko: una linea diretta criminale tra Kiev e Washington

Visto che nessuno si aspettava che Hillary Clinton perdesse le elezioni presidenziali del 2016, nessuno si era mai premurato di mettere a posto gli affarucci sporchi che erano al momento del voto in essere tra il Vice Presidente USA Joe Biden e l’Ucraina di Poroshenko, quando Barack Obama, ormai al suo secondo mandato, lasciò il posto alla Casa Bianca e cedette il potere a Donald Trump.
Oggi, dopo anni, quei legami mal(celati) e bollati come complottismo o propaganda russa da quattro soldi dai democratici, dai globalisti e da tutti i media della comunità internazionale, tornano prepotentemente protagonisti con ore di registrazioni audio di telefonate intercorse tra Biden e l’allora presidente ucraino Poroshenko, quello stesso presidente messo in carica proprio all’indomani della rivoluzione colorata del 2014 dal peggiore deep state americano.
Gli audio incriminati sono stati messi in onda dal canale Tv americano OAN in uno special in due puntate, e mostrano inequivocabilmente la lunga ed intricata storia che legava l’Ucraina alla famiglia Biden.
OAN dedica il primo dei due episodi al legame di corruzione esistente tra l’ex Vice Presidente Joe Biden, John Kerry e le istituzioni ucraine, esponendo con audio, documenti e video la quantità folli di denaro dei contribuenti americani che lasciavano gli Stati Uniti per essere trasferite sui conti (e nella villa) di Poroshenko & Co.
Nessuno poteva o doveva opporsi a questo tipo di schema. Chi lo faceva, doveva essere immediatamente allontanato e rimpiazzato con un pari grado compiacente.
Quando ad esempio un pubblico ministero, tale Shokin, volle far luce su Burisma e sul fatto che la compagnia pagava Hunter Biden migliaia di dollari al mese per non far assolutamente niente se non esserne il presidente, John Kerry su mandato di Joe Biden pagò Poroshenko 1 miliardo di dollari per ottenere un cambio di magistrato che si mostrasse compiacente nei confronti dell’establishment statunitense, del figlio e dei suoi amici, e ripristinasse lo status quo pre-Shokin.
Poroshenko dichiarò di essere consapevole che Shokin aveva solo fatto il  suo dovere e che non aveva commesso alcun reato, tuttavia, confermò di voler onorare l’accordo e proseguì con lo schema. I soldi che vennero girati a Poroshenko non erano ovviamente il frutto di un sudato lavoro di diplomazia volto ad aiutare la propria patria a crescere e prosperare, ma come disse Rudy Giuliani:
“(…)Poroshenko era milionario. Voleva divenire miliardario. Ecco perché era così corrotto. Era sempre geloso di chi aveva più soldi di lui” (…) “una conoscente mi disse che non si era mai mosso denaro in Ucraina di cui Poroshenko non avesse preso almeno una parte(…)”.
Hunter Biden non aveva esperienza, non aveva diplomi o lauree nel campo, perché mai Burisma lo avrebbe dovuto pagare per mantenerlo in quella così ambita e ben pagata posizione? Così come altri che come Hunter condividevano il lauto stipendio con mansioni assolutamente similari. Cosa dovevano coprire? Erano queste le domande che giustamente il magistrato Shokin si fece quando aprì le investigazioni, prima che le stesse furono chiuse e allo stesso tempo gli fu chiesto di allontanarsi volontariamente presentando con una lettera di dimissioni.
Shokin, dunque, il pubblico ministero che aveva temporaneamente (ed incautamente) bloccato gli asset della Burisma venne sostituito, e al contempo dipinto, in special modo al pubblico statunitense, come un magistrato terribilmente corrotto che non poteva continuare a lavorare su un caso in cui poteva essere coinvolto il Vice Presidente degli Stati Uniti e quindi che richiedeva assoluta onestà, rettitudine e soprattutto serietà.
E mentre quindi Poroshenko si impegnava a scegliere dal catalogo un nuovo burattino da mettere al posto di Shokin, non importa se capace, non importa se con esperienza, ma l’importante era che fosse abbastanza obbediente da fare quel che gli viene richiesto, Biden, che si definisce letteralmente “uomo di parola“, promette a Poroshenko che il miliardo di dollari accordato potrà raggiungere le sue tasche.
Ecco che quindi l’intero teorema dem che narrava dell’assoluta estraneità ai fatti di Biden e famiglia, sorretto da nulla se non dal silenzio obbligato dei media indipendenti censurati ed intimiditi, si smonta miseramente e si mostra in tutte le sue contraddizioni attraverso le inequivocabili parole di Joe Biden e degli altri che compaiono nell’audio.
E quindi proprio come è crollata la narrativa secondo cui nessuno della famiglia Biden ha mai avuto niente a che fare con l’Ucraina, non è mai esistito alcun laptop di proprietà del figlio di Joe, ora cade anche quella secondo cui  lo stesso Biden padre non era coinvolto direttamente ed attivamente nei (mal)affari di famiglia. 
Tutti erano coinvolti, tutti sapevano, tutti fremevano per non essere scoperti nei loro giri di affari all’arrivo di un presidente che non faceva parte del loro stesso giro
Questi legami così profondi, come profondo è lo stato che li ha negli anni creati, traspaiono anche dall’attuale conflitto perché non si può negare che una delle ragioni per cui gli Stati Uniti e in particolare Biden, nella doppia veste di Presidente USA e di figura di riferimento del patto atlantista, spinga tanto per allontanare  gli occhi russi dagli interessi maturati nell’area in anni di politica marcia e compromessa, è per non essere personalmente e direttamente compromesso.
La giornalista di OAN contatta Joe Biden tramite il suo staff al fine di avere un confronto diretto con il Presidente o almeno una sua dichiarazione in merito alle ore di audio in possesso della testata. Invece di ricevere una risposta dalla Casa Bianca o comunque da altra istituzione, la donna viene contattata da un giornalista del The Atlantic, una testata assimilabile alle voci più globaliste e liberal, un fact checker a tutti gli effetti, la quale afferma che tutto ciò di cui OAN è in possesso è sicuramente da riferirsi a manipolazione russa e propaganda del Cremlino.
In risposta al contatto mail, The Atlantic pubblica un articolo non sugli audio di Bidenbensì su OAN e sul fatto che l’emittente sarebbe niente meno che una pedina di Mosca il cui ruolo sarebbe quello di diffondere la disinformazione e la propaganda russa. Da quando The Atlantic lavorerebbe per il governo degli Stati Uniti?
Nel secondo episodio viene infine semplicemente mostrato il tragitto del miliardo di dollari dei contribuenti statunitensi, da Washington a Kiev fino alle tasche di Poroshenko, raccontando anche di chi era fattivamente coinvolto.
L’incredibile avidità di Poroshenko fa sì che tutto il denaro ricevuto dagli Stati Uniti venga pompato all’interno delle proprie compagnie, in maniera tale da farlo fruttare al meglio, costruendo e rinforzando un vero e proprio impero nei cui punti chiave posizionare amici e parenti per evitare tradimenti e problemi con la giustizia ed il sistema in generale.
Immaginate, dicevamo all’inizio, la compiacentissima Hillary Clinton che perde le elezioni e un ignaro Donald Trump che si siede alla Casa Bianca al posto di Barack Obama. Letteralmente un incubo divenuto realtà per Joe che deve coprire non solo i suoi affari ma anche quelli del figlio per il quale ha rubato soldi pubblici e per il quale ha interferito in maniera pesante nel governo ucraino .
Poroshenko viene avvisato da Biden di tenere la bocca chiusa e mai, nemmeno per sbaglio, chiedere soldi direttamente a Trump. Avrebbero provveduto in maniera diversa, destinando sempre e comunque fondi pubblici all’Ucraina.
Chanel Rion, la giornalista di OAN, ammette che le ore di registrazione di cui l’emittente è in possesso, circa 10, sono così tante e aprono la strada a verità così intricate che sarebbe necessaria una investigazione che proseguisse oltre l’estate affinché le informazioni contenute nel resto dei nastri siano verificate e dettagliatamente contestualizzate. Cosa che OAN si impegna a fare per andare oltre ciò che la Rion ritiene essere solo il coperchio di un vero e proprio vaso di Pandora.
I crimini che si prefigurano dal materiale per ora visionati sono diversi, non uno meno grave dell’altro. Alto tradimento, corruzione, frode, interferenza in governo straniero, etc.
Ve n’è per ogni gusto. Seguiremo l’investigazione ed il dossier di OAN con un augurio: che vi sia almeno un magistrato tra Kiev e Washington disposto a fare il suo dovere e far chiarezza una volta per tutte sulla faccenda.
Al contempo dovrà togliere di mezzo una volta per tutte lo spauracchio della propaganda russa, senza il quale, diciamolo pure, il castello di carte dei dem è destinato a vita molto breve.
MARTINA GIUNTOLI, qui.

Non che in linea di massima non si sapesse, ma saperlo anche nei dettagli è sicuramente interessante, e rende ancora più chiaro il motivo per cui nessun broglio era di troppo per impedire a Trump di essere eletto.
E ora diamo un’altra sbirciata dietro altre quinte.

“Andiamo a salvare bimbi ucraini”. Ma sono un gruppo di pedofili

Sono partiti dal Regno Unito in nome del volontariato e dell’aiuto umanitario per tutti quei bambini rifugiati in Polonia dopo l’attacco russo in Ucraina ma, erano – e sono tutt’ora – pregiudicati inglesi mascherati da benefattori. Si scopre, infatti, come titolano tutti i principali giornali britannici, che i protagonisti sono 10 uomini – già noti alle forze dell’ordine per reati sessuali – che, con la scusa dei bambini sfollati dalla guerra sono arrivati al confine polacco per altri scopi, decisamente tremendi.
“I pedofili britannici si sono recati in Polonia sostenendo di fornire assistenza umanitaria ai rifugiati in fuga dall’Ucraina” si legge in una nota de La National Crime Agency. Il grande esodo dopo l’invasione russa in Ucraina ha infatti riguardato per la maggior parte donne e bambini, in quanto i padri e mariti sono dovuti rimanere in patria a combattere, e fin dall’inizio gli enti di beneficenza per i rifugiati avevano avvertito che questi potevano essere presi di mira da uomini predatori.
Si apprende dal The Guardian che “5000 bambini non accompagnati sono stati sfollati dall’Ucraina e assicurarsi che siano al sicuro è assolutamente fondamentale”. Come sarebbe fondamentale – aggiungiamo noi – capire come questi pregiudicati abbiano avuto la possibilità di uscire dal Regno Unito senza nessun controllo e recarsi in Polonia. “Gli autori di reato avrebbero dovuto informare la polizia britannica della loro intenzione di viaggiare – si legge ancora sul quotidiano inglese – e dichiarare eventuali condanne all’arrivo”. “Scopriamo, ovviamente, che non l’hanno fatto” riporta un portavoce a Reuters.
Già a marzo l’Onu aveva affrontato il problema dei bambini senza genitori scappati dal conflitto, esprimendo la preoccupazione per lo sfruttamento di essi da parte di sospetti protettori e trafficanti di sesso. A seguito del richiamo nelle Nazioni Unite, il Ministro degli Esteri inglese, Liz Truss, ad aprile aveva annunciato che avrebbe inviato investigatori in Ucraina proprio per raccogliere le prove di eventuali crimini di guerra, compresa la violenza sessuale.
Curioso come, i dieci uomini che si sono intrufolati nelle aree umanitarie, con il pretesto del volontariato, nelle prime sei settimane di guerra – quindi prima delle dichiarazioni e presunte azioni istituzionali inglesi – vengano scoperti solo in questi giorni.
Al momento non si sa dove siano queste persone. Il The Guardian racconta infatti che, dopo svariato tempo, durante un colloquio con l’immigrazione polacca, le forze dell’ordine polacche hanno chiesto agli autori dei reati di andarsene. I malviventi, come molti altri – probabilmente – si trovano quindi a piede libero nonostante le presunte indagini della Corte internazionale de L’Aja che, non ci è dato sapere, a che punto siano.
Bianca Leonardi, 23 luglio 2022, qui.

E ancora una sbirciatina dietro le quinte della salute di Putin, che come tutti sappiamo ha praticamente un piede nella fossa

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Ancora una dietro le quinte del missile russo sul porto di Odessa che secondo i nazisti avrebbe centrato un deposito di grano; le immagini dell’incendio sembrerebbero invece suggerire che abbiano ragione i russi, secondo cui sarebbero invece state colpite delle imbarcazioni militari

https://t.me/letteradamosca/8123

Dal grano bruciato infatti il fumo esce chiaro

Non c’è invece bisogno di andar dietro le quinte, dato che è tutto evidente sulla scena, per vedere i danni provocati IN UCRAINA dalle armi NATO

E infine una sbirciata a Bojo che, non più impegnato a fare il primo ministro, si diletta a tirare bombe insieme agli istruttori degli ucraini:

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E concludiamo con l’ennesimo omaggio russo al grande cinema italiano e alla grande musica italiana

barbara

QUANDO LA MORALE È COME L’ORIZZONTE:

più tu avanzi, più lui retrocede, e il confine non arriva mai, il limite non si raggiunge mai, il segnale di stop non esiste più.

Boom di bambole gonfiabili bambine, pedofilia di massa

In Australia la polizia di frontiera ha bloccato l’importazione illegale di una bambola gonfiabile, per uso sessuale, che riproduce il corpo di una bambina. Al di là del caso singolo, l’aumento della vendita di questi strumenti è spia di un fenomeno più grave. Il boom di una vera pedofilia di massa. Questo in Australia. Ma da noi?

Se non proprio tabù l’argomento continua comunque a restare marginale, e ciò non migliora ma aggrava una situazione già di per sé preoccupante. Stiamo parlando dell’ombra della pedofilia, che continua ad allungarsi in una società che davanti ad essa chiude gli occhi, salvo quando non è, per forza di cose, costretta ad aprirli. Così, per esempio, è avvenuto in Australia negli scorsi giorni, con l’Australian Border Force – la Polizia di frontiera aerea – che ha intercettato un pacco sospetto.

Si trattava di uno scatolone contrassegnato come contenente un manichino di abbigliamento ma, siccome qualcosa non tornava – verosimilmente le dimensioni – sono scattati dei controlli. Ebbene, aprendolo gli agenti hanno scoperto che esso conteneva una «childlike sex doll», una bambola per giochi sessuali riproducente bambina. A quel punto, le autorità si sono tempestivamente messe sulle tracce dell’acquirente di quell’oggetto disgustoso – la cui importazione, peraltro, è illegale -, individuandolo in un giovane di 23 anni residente a Heckenberg,  un sobborgo nel sud-ovest di Sydney,

La vicenda in questione si è quindi conclusa con una perquisizione e con l’arresto dell’uomo. Ora, perché essa è significativa? Semplice: perché non si tratta affatto, purtroppo, di un caso isolato. Basti pensare che il Sidney Morning Herald, nel ricostruire questa storia, ha riportato il dato dell’aumento dei sequestri di queste bambole, ed è qualcosa di semplicemente spaventoso: + 653% negli ultimi due anni. Molto di questo boom – con consegne, almeno per quanto riguarda l’Australia, che partono dalla Cina, dal Giappone e da Hong Kong – si ipotizza sia collegato alla pandemia e alla conseguente impossibilità, per soggetti disturbati, di praticare del turismo sessuale. Questo però non attenua in nulla la gravità del fenomeno, che è molto vasto.

«Stiamo vedendo solo la punta di un iceberg in crescita», affermava ancora un anno fa, in proposito, Jürgen Stock, segretario generale dell’Interpol. E c’è da immaginare che avesse purtroppo ragione. Da parte sua, Justin Bathurst, ufficiale dell’Australian Border Force, nel ricordare che il commercio di questi oggetti è illegale, ne evidenzia la pericolosità: «Queste bambole sessualizzano i bambini. Non sono innocue e non impediscono che gli acquirenti possano in futuro di rendersi responsabili di violenze». A suffragio delle parole di Bathurst, secondo quanto conferma Hilda Sirec, comandante della polizia federale australiana, c’è un aumento delle denunce di sfruttamento sessuale di minori online, che nel 2020 sono state 22mila. Un numero già significativo di suo (sono oltre 60 denunce al giorno) e che lo diventa ancor più se si considera che esso ha fatto segnare un aumento del 57% rispetto all’anno precedente; il che conferma come l’aumento di certi acquisti non sia affatto socialmente neutrale, anzi. Va letta una spia, un segnale che non può né deve essere ignorato.

A proposito di segnali da non ignorare, alla luce di quanto fin qui riportato sorgono  spontanei almeno un paio di interrogativi, ambedue assai urgenti. Il primo: al di là della professionalità e della buona volontà degli agenti, che cosa si sta facendo, nel concreto, per contrastare più efficacemente questo mostruoso fenomeno? E ancora: se quella che abbiamo visto fin qui è la drammatica situazione australiana, qual è quella europea e, soprattutto, quella italiana? Sappiamo che, eccettuato l’inossidabile impegno di don Fortunato Di Noto e della sua associazione Meter, ben poco si muove per contrastare la piaga degli orchi.

Per carità, la polizia e le forze dell’ordine fanno il loro lavoro. Ma se il mercato che gravita attorno all’universo pedofilo è davvero in aumento, è anche perché non si sono messi a punto strumenti adeguati. E viene seriamente da chiedersi perché.
Giuliano Guzzo, qui.

Non troppo lontano da questo, un altro abominio continua a guadagnare sempre più spazio.

Liz Cheney appoggia l’agenda radicale transgender, ed incassa anche l’appoggio di Occupy Democrats.

La rappresentante repubblicana del Wyoming Liz Cheney ha appoggiato l’agenda radicale dei transgender domenica, dicendo a “60 Minutes” della CBS che la riluttanza dei suoi colleghi del GOP a sostenere l’ideologia gender-fluid è pericolosa.
“Dobbiamo lavorare contro le discriminazioni di tutti i tipi“, ha detto la Cheney a Lesley Stahl della CBS. “Eravamo ad un evento qualche sera fa e c’era una giovane donna che ha detto che a volte non si sente sicura perché è transgender. E nessuno dovrebbe sentirsi insicuro. Libertà significa libertà per tutti“.
Liz Cheney sarebbe già solo in difficoltà a trovare dei Repubblicani che desiderino fare veramente del male alle persone che si identificano come transgender, ma la cosiddetta libertà di negare il proprio sesso e di vivere la disforia di genere in maniera disinibita, a volte includendo anche la mutilazione dei propri organi genitalicomporta gravi conseguenze.
In un lungo saggio dell’ex scrittrice del New York Times Bari Weiss Substack, la giornalista indipendente Katie Herzog ha delineato le ramificazioni degli standard della cancellazione del sesso biologico nel sistema sanitario. L’affermazione aggressiva di volere cambiare genere a tutti i costi, ha scritto la Herzog, ha cominciato a rendere ciechi i fornitori dei servizi agli individui, poiché certi disturbi hanno più probabilità di colpire gli uomini che le donne, e viceversa.
Questa ipersensibilità sta minando la formazione medica“, ha riferito la Herzog, dopo aver condiviso il triste racconto di una paziente, identificatasi come transgender, il cui dolore addominale è stato attribuito all’obesità invece che alla gravidanza. Ma quando che gli operatori ospedalieri hanno scoperto la vera causa del disturbo, il bambino era già morto.

Altre patologie che si presentano in modo diverso e con tassi diversi tra maschi e femmine includono ernie, artrite reumatoide, lupus, sclerosi multipla ed asma, tra molti altri. Maschi e femmine hanno anche diversi intervalli per la funzione renale, il che ha un impatto sul dosaggio dei farmaci. Maschi e femmine hanno sintomi diversi anche durante gli attacchi di cuore: i maschi si lamentano del dolore al petto, mentre le donne sperimentano stanchezza, vertigini e indigestione. In altre parole: il sesso biologico è un fattore enormemente importante per sapere che cosa affligge i pazienti e come trattarli correttamente.

Fuori dagli ospedali, la concezione che esista una “libertà” dal sesso binario, che è ora sostenuta dalla deputata del Wyoming, si è diffusa nelle classi K-12 dove i bambini dai 3 ai 5 anni vengono indottrinati con i concetti del transgenderismo già prima che si manifesti la pubertà. I bambini cresciuti in un mondo in cui il genere è stato trasmesso come un’astrazione dell’immaginazione stanno crescendo confusi, con una disforia di genere che rapidamente sta insorgendo come un’epidemia sociale. []

Ce li portano via da piccoli per impedirci di salvarli dal lavaggio del cervello. Esattamente come nella Germania nazista, nell’Unione Sovietica e più ancora nella Cina di Mao (in realtà ignoro totalmente se e cosa sia cambiato, sotto questo aspetto, da quei tempi).

barbara

OBIETTIVO DI TUTTA LA MANOVRA: METTERE LE MANI SUI BAMBINI

I segni sono ormai talmente tanti che chiudere gli occhi, a questo punto, è una scelta criminale.

La Sinistra ha un problema con la pedofilia, e ormai è uscito allo scoperto

La sinistra sta continuando la sua tradizione di distruggere la moralità sessuale della società, e ora sta facendo campagna su più fronti per normalizzare la pedofilia.

Come molti altri, ho dei bei ricordi della mia infanzia. Sia che marciassi ad una parata per il Giorno dell’Indipendenza, sia che guardassi i Power Rangers o che facessi omini di pan di zenzero per Natale con la mia famiglia, ho avuto la possibilità di godere di un’infanzia che ha preservato la mia innocenza, un’innocenza che è unica per i bambini e che, una volta persa, non ritorna.
Un sottoinsieme dei bambini che crescono oggi probabilmente ricorderà certi aspetti della propria infanzia in modo molto diverso. La Sinistra, con sorprendente successo, si è sforzata di rimodellare la nostra società inserendo le sue convinzioni nell’esperienza dell’infanzia, mettendo in ombra le parate del 4 luglio con quelle del Gay Pride, innestando la propaganda LGBT negli spettacoli per bambini e sostituendo gli omini di pan di zenzero con la “gli omini gender di zenzero“.
Se isolate, ognuna di queste specifiche incidenze sarebbe a dir poco sconvolgente, ma vedendole in un contesto più ampio si arriva a una conclusione che è tanto inconcepibile quanto inevitabile. Non si tratta solo del fatto che credenze controverse vengono sospinte nelle esperienze dell’infanzia, ma che la naturale curiosità, apertura ed ingenuità che è la disposizione intrinseca dei giovani viene dirottata per normalizzare un’etica sessuale divergente.
Questo interesse per i bambini non è puramente ideologico, tuttavia. Con sempre maggiore frequenza, l’ovvio è diventato innegabile. Coloro che hanno un’ossessione raccapricciante nel coinvolgere i bambini nei propri gusti sessuali, e che usano qualsiasi strada a loro disposizione per farlo, o hanno un interesse sessuale diretto nei bambini oppure vogliono coprire quelli che lo hanno. La Sinistra ha un problema con la pedofilia, e sta solo peggiorando.
Mi sono minuziosamente reso conto di questo fatto quando ho partecipato alla parata del San Francisco Pride nel 2019 per intervistare i partecipanti per il mio Canale YouTube, che co-conduco con un amico. Un partecipante particolarmente onesto ha detto al mio co-conduttore che è “interessato al kink con i bambini“, menzionando poi che credeva che “l’età è un costrutto”.
Un altro manifestante mi ha informato che il coinvolgimento dei bambini nel drag è “così figo” e che “ci dovrebbero essere più bambini che fanno drag” prima di dire che l’affermazione “l’amore non ha età” è “vera al 100%” e lasciandosi sfuggire un lapsus freudiano quando ha ammesso che una drag queen bambina che si esibiva in un night club gay veniva pagata nello stesso modo “che si fa con le spogliarelliste”.
Nel caso abbiate l’impressione che questo sia un incidente isolato, date un’occhiata a questo mashup di titoli di Vice, che in diversi casi tentano di generare simpatia per i pedofili, offuscare la definizione di pedofilia, e conferire legittimità ai pedofili “non colpevoli”, tra cui uno pseudonimo chiamato Ian il cui lavoro “ha coinvolto direttamente dei bambini” ed un altro chiamato Gary, un uomo che “ha sviluppato sentimenti per una bambina di tre anni” ma si definisce un pedofilo “virtuoso” che presumibilmente non agisce sulla sua attrazione. Gary era anche un genitore affidatario di tre bambini ed è stato successivamente accusato di aver aggredito sessualmente una delle bambine.

Clic per ingrandire.

Questi articoli offrono un contesto piuttosto sorprendente per altri articoli di Vice, come quello in cui si pavoneggiano per le “Foto dei favolosi bambini della RuPaul’s Drag Convention“, che la pubblicazione descrive con un emoji di fuoco. Come menzionato prima, uno di questi bambini ha ballato sul palco per soldi in un gay bar di New York City per una folla di uomini adulti, cosa che è stata ripresa in un video che non posso linkare in buona coscienza.
Per non credere che Vice sia sola nel tentativo di normalizzare la pedofilia, potete rivolgere la vostra attenzione all’articolo del New York Times “Qual è il modo migliore per proteggere i lavoratori del sesso?
L’articolo riporta in modo lusinghiero lo stupro pedofilo e seriale di una bambina che si è data alla prostituzione dopo “essere stata costretta a lasciare la sua casa di famiglia” prima di “rifugiarsi presso un gruppo di donne transgender più grandi che sono diventate le sue mentori” e “le hanno insegnato a mantenersi attraverso il sesso”.
Le persone normali penserebbero che questo suoni molto come un gruppo di pervertiti che fanno da papponi ad un bambino senzatetto per il sesso. Si deve riflettere sul perché vengano usati degli eufemismi per cercare di oscurare questa realtàForse è perché la Sinistra ha un problema con la pedofilia.
Questo tipo di perversione non è un incidente isolato nemmeno nei media tradizionali, con il Washington Post che ha recentemente pubblicato un pezzo intitolato “Sì, il kink appartiene al Pride. E voglio che i miei figli lo vedano” che è proprio disgustoso come il titolo lo fa sembrare.
Joe Fischel, professore associato all’Università di Yale, ha fatto eco a questo sentimento nel suo articolo “Keep Pride Nude“, dove si chiede: “Qual è il presunto danno se un bambino… vede le chiappe di un adulto, o anche i genitali o il seno di un adulto? Fischel continua poi a sostenere che i bambini siano esposti a tutta una serie di altre perversioni e parla il linguaggio degli adescatori, cercando persino di giustificare la sua perversione quando dice che “ai bambini potrebbe piacere“.
Il New York Times, il Washington Post e la facoltà di Yale non sono gli unici attori potenti che tentano di normalizzare la pedofiliaFlora Gill, un editorialista bisettimanale su “sesso e relazioni” che scrive per GQ.co.uk, ha chiesto la creazione di “porno per bambini“, che lei chiama “porno entry level“, in un tweet poi cancellato.
Come si può dimenticare il famigerato programma Drag Queen Story Hour, che è stato inizialmente sostenuto dal ceto più abbiente di San Francisco ed è stato sorpreso ad ospitare criminali sessuali condannati in tre diverse occasioni? Uno degli eventi del programma è stato anche ospitato da un uomo che è stato accusato di ben sette capi d’accusa per possesso di pornografia infantile.
C’è anche Netflix con il suo straziante film “Cuties, che un guidice del Texas ha incriminato come pedopornografia.
La popolare personalità di Sinistra Vaush ha anche una storia di difesa della pedofilia, dicendo in un video che i pedofili che comprano pornografia infantile non dovrebbero essere ritenuti responsabili. La figura “antifascista” si interessa anche alle “dinamiche sessuali della civiltà hawaiana pre-coloniale”, dove la gente presumibilmente faceva sesso con i bambini, nonostante non ci fosse “nessuna cultura dell’abuso dei bambini”, il che implica che la pedofilia non è apparentemente una forma di abuso dei bambini.
Le aperture della sinistra al prendere di mira i bambini sono diventate ancora più audaci di recente, con il San Francisco Gay Men’s Chorus che ha eseguito una canzone con il testo “Pensi che corromperemo i tuoi figli se la nostra agenda non verrà tenuta sotto controllo. Bene, solo per questa volta hai ragione” prima di seguire con “Convertiremo i tuoi figli, succede poco a poco, in silenzio e sottilmente e te ne accorgerai a malapena“.
Cantano anche “Sarete disgustati quando cominceranno a trovare online cose che avete tenuto lontano dalla loro vista” in un apparente riferimento non troppo sottile alla pornografia.
Anche se il gruppo ha rilasciato una dichiarazione in cui sostiene che la canzone fosse solo uno “scherzo” e che fosse stata fatta solo per “insegnare ai giovani a parlare contro l’odio anti-LGBTQ”, sembra che lo scetticismo sia giustificato, se non altro perché la Sinistra ha un problema con la pedofilia. Come si è scoperto, un inchiesta del Western Journal ha scoperto che diversi nomi tra quelli degli interpreti erano anche elencati nel registro dei criminali sessuali della California, alcuni per atti di pedofilia, anche se è possibile che queste corrispondenze siano casuali.
Quei cantanti potrebbero non essere gli unici di questa performance con una fedina penale losca. Gli autori della canzone, Charlie Sohne e Tim Rosser, hanno precedentemente scritto un musical tutto sulla pratica pedofila del “bacha bazi“, o “boy play“, che persino il New York Times ha trovato disgustoso.
La sinistra ha un problema con la pedofilia, e continuerà a peggiorare a meno che la Destra non sia completamente libera da insinceri appelli alla “tolleranza”, frasi senza senso come “l’amore è amore”, o insulti vuoti come “omofobo”. Tali espedienti retorici non sono usati in buona fede, e trattarli come se fossero altro che manovre ben congegnate per minare qualsiasi etica sessuale che lasci intatta l’innocenza dell’infanzia è il massimo dell’ingenuità.
Tangocommando, qui.

Nel caso qualcuno si sentisse disturbato dall’attribuzione della parte politica, non dimentichiamo che Simone de Beauvoir ha firmato, insieme a tutto l’intellettualume di sinistra, il manifesto per la legalizzazione della pedofilia – e chissà come sarà riuscita a conciliare la sua intera vita di militante a sinistra con l’avere diretto, durante l’occupazione tedesca, la radio collaborazionista di Vichy.
Se invece andiamo oltre oceano, a destra abbiamo Trump (forse) puttaniere, a sinistra Biden pedofilo. E sia di qua che di là dell’oceano è tutta a sinistra la campagna – altamente remunerativa – per mettere le mani sui bambini fin dalla nascita. Fate un po’ voi.

barbara

ABBIAMO UNA NUOVA EMERGENZA

E ringrazio l’amico Fulvio Del Deo che me l’ha segnalata.
Da quando è stata inventata l’idea e fabbricata la moda del gender fluid, della disforia di genere, del sesso “assegnato” alla nascita, delle persone che a un anno e mezzo “manifestano chiaramente” di sentirsi di un sesso diverso da quello biologico; da quando si è cominciato a trattare questi temi anche a scuola – in Italia ancora abbastanza in sordina, altrove nel modo più esplicito e sfacciato; da quando in diversi stati è stato stabilito che le “transizioni di genere” devono obbligatoriamente essere “accompagnate”, ossia che non appena un bambino o ragazzino fa qualcosa che tradizionalmente viene considerato come pertinente all’altro sesso (scelta di colori e giocattoli, atteggiamenti – appena un pelino effeminati da parte di un ragazzo, da maschiaccio in una ragazza) viene immediatamente sottoposto a terapia ormonale per bloccare la pubertà e affidato a uno “psicologo” che lo aiuta a compiere armoniosamente il trapasso, e se un genitore tenta di opporsi ritenendo che a 14 anni non si possano prendere simili decisioni che modificheranno irreversibilmente il proprio corpo, per non parlare della psiche, viene pesantemente multato e sbattuto in galera; da quando è iniziato tutto questo immondo bordello, dicevo, si è affacciata alla ribalta una nuova specie di influencer: quelli che hanno fatto la “transizione” e spiegano agli aspiranti transituri quali sono i passi da compiere – uno lo potete trovare qui (nota: le due persone che compaiono nei video in evidenza sono biologicamente donne; lo preciso perché ci vuole un po’ prima di arrivare a capirlo). Come potete vedere, questi video non possono essere considerati come delle vere e proprie istigazioni in senso stretto, ma colpisce il modo in cui se ne parla, come di qualcosa di estremamente semplice e tutto sommato banale, un po’ come io potrei spiegare come faccio la salsa con gli scarti dei carciofi: faccio bollire le foglie scartate, con un coltello raschio via la polpa, aggiungo un bel battuto di aglio prezzemolo olive capperi e acciughe… Tutto molto semplice, tutto molto delicato, non abbiate paura, è bellissimo e facilissimo. Come non prevedere che qualche ragazzino toccato dai normali dubbi adolescenziali e in cerca di informazioni che la rete offre in quantità, incappando in questi canali, si lasci adescare e prenda troppo frettolosamente decisioni gravi e irreparabili?
Diversi anni fa Fulvio, toccato dalla morte per anoressia di una ragazzina di 16 anni amica dei suoi figli, si è messo a perlustrare la rete, trovandovi un sacco di blog “proana” in cui ragazzine anoressiche promuovevano l’anoressia spiegando quanto sia bello avere il controllo totale sul proprio corpo, dominandone le necessità fino a non sentirle più, fino a cancellarle… fino alla morte. Trasformatosi in cacciatore di siti “proana”, ogni volta che ne trovava uno nuovo lo segnalava alla Polizia Postale, che provvedeva ad eliminare quelle pagine, cosa giustificata dal fatto che si trattava di vere e proprie istigazioni al suicidio. Adesso invece ha scoperto che questi blog, canali youtube ecc. di influencer che illustrano passo passo la loro “transizione” mostrando quanto è semplice, questa roba, dannosissima per gli adolescenti che navigano in rete, non può essere cancellata, e non potrà esserlo finché non avremo anche in Italia una legge come quella di cui si è finalmente dotata l’Ungheria – che, ricordiamolo, NON è una legge omofoba, NON è una legge transofoba, ma unicamente una legge contro la pedofilia, una legge intesa a tenere i bambini fuori dalle mire delle varie lobby dalle losche trame.

Aggiungo un’altra cosa. C’era una volta Ellen Page: carina, dolce, sorridente, dallo sguardo luminoso.

Poi ha deciso di diventare Elliot, che dichiara: “Sono pienamente ciò che sono“, vale a dire ora sono finalmente realizzato, sono ciò che volevo essere. Ecco, guardatelo:

guardate quelle spalle leggermente curve, guardate quelle braccia abbandonate lungo il corpo, guardate quelle mani semichiuse, e soprattutto guardate il viso,

guardate la piega della bocca. Guardate lo sguardo. Riuscite a immaginare qualcosa di più triste? E stiamo parlando di una persona che ha fatto “il salto” a trent’anni suonati: non credo serva molta fantasia per immaginare le conseguenze di decisioni prese, sotto l’impulso di un momento critico, a quindici anni, dodici anni, dieci anni…
Infine ascoltiamo questa testimonianza di una bambina italo-americana, decisa a fuggire dalla scuola americana dopo l’esperienza vissuta durante la prima media.

PER FAVORE, SALVIAMO I NOSTRI BAMBINI.

barbara

RITORNO ALL’UNGHERIA, OVVEROSIA È ARRIVATO L’UOMO NERO

Prologo con antefatto
Vi ricordate all’inizio della primavera dell’anno scorso? Orban, per poter fronteggiare l’epidemia e prendere decisioni rapide senza gli impicci della burocrazia e dei percorsi ordinari, chiese al Parlamento – e ne ottenne – i pieni poteri. Grande scandalo e grida d’allarme in tutta Europa: rischio dittatura, anzi piena dittatura, orrore, sgomento… Due mesi e mezzo dopo, terminata l’emergenza, Orban dichiarò chiuso lo stato di emergenza e restituì i pieni poteri. In Italia Conte il 31 gennaio dichiarò lo stato di emergenza e si prese, senza autorizzazione di chicchessia, i pieni poteri per sei mesi. Il 31 luglio, con 675 pazienti covid ricoverati nei reparti ordinari e 41 in terapia intensiva e 9 morti, proroga lo stato di emergenza per altri sei mesi, sempre con pieni poteri. Il 31 dicembre lo proroga per altri sei mesi, sempre conservando i pieni poteri. Ora, con poco più di una dozzina di morti, con le terapie intensive occupate da pazienti covid per il 3,21% e i reparti ordinari per l’1,43%, Draghi sembra fermamente deciso a prorogare ancora lo stato di emergenza fino a fine anno, col solito corollario dei succosi pieni poteri. Ma il dittatore è Orban e lo stato più orrendamente assolutista fascista razzista regressista è naturalmente l’Ungheria – l’unico Paese europeo in cui sinagoghe e istituzioni ebraiche non hanno bisogno della protezione della polizia.
Bene, ora proseguiamo.

Orban, il mascalzone ideale

Legittimo criticarlo, l’Ungheria non è l’Olanda. Ma dire che criminalizza l’omosessualità è da propagandisti in malafede. E la Finlandia che processa chi sostiene la visione cristiana del matrimonio?

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen dice che “nell’Unione europea sei libero di essere chi vuoi essere e di amare chi vuoi”. Come se la legge ungherese, dove ci sono le unioni civili per gli omosessuali, vietasse omosessualità o transgender. Quello che fa è vietare l’educazione Lgbt nelle scuole e nei cartoni animati per bambini. Legittimo criticarla, non sostenere che criminalizza una categoria di persone. 
“Siamo pronti a discutere la legge con coloro che si sono espressi contro di essa”, ha detto alla BBC il governo ungherese. “La legge riguarda rigorosamente la protezione dei bambini. Dice che per i minori di 18 anni l’educazione sessuale deve essere appropriata e quello che non vogliamo è l’intrusione delle ONG di lobby LGBTQ+ e dei gruppi di pressione che entrano negli asili e nelle scuole per spiegare ai bambini perché è una grande idea avere trattamenti ormonali e operazioni per cambiare sesso prima dei 18 anni. Queste non sono pratiche accettabili”. Nelle settimane scorse, anche il più grande ospedale svedese, il Karolinska di Stoccolma, ha bandito i trattamenti ormonali per i minori.
Ma più precisamente, perché i legislatori ungheresi eletti democraticamente non possono decidere cosa è permesso insegnare ai bambini ungheresi? Il disprezzo è mozzafiato. Dovrei preoccuparmi e sentire come un attacco alla democrazia e alla libertà che i bambini magiari debbano andare online per guardare Kermit la rana che tiene un concerto assieme a una drag queen, invece di guardarlo sulla tv ungherese? O che ai bambini magiari di sette anni non venga detto a scuola che avere il pene non significa essere maschi? 
E perché dovrebbe essere meno discriminatoria la legge di un altro paese membro dell’Unione Europea, la Finlandia, dove un vescovo e un ex ministro sono appena finiti sotto processo per “incitamento all’odio”, solo per aver sostenuto la visione cristiana del matrimonio? In Francia hanno appena approvato una legge che cancella la figura del padre come riferimento nella filiazione. In Ungheria pensano che un bambino abbia diritto a un padre e a una madre. Quale paese è più discriminante e oscurantista? La battaglia fra il progresso e la reazione è complicata…
Leggendo oggi il Corriere della Sera su Orban un lettore non informato arrivava a farsi l’idea di un leader che “alimenta l’antisemitismo ad arte”. Ora, questo è il sondaggio ufficiale dell’Unione Europea su dove gli ebrei si sono mentono meno al sicuro in Europa. In testa, la Francia. In fondo, l’Ungheria. Fine della discussione, a meno che non si agiti lo spettro di George Soros, la cui battaglia con Orban non c’entra niente con l’antisemitismo. Nei giorni scorsi Ronald Lauder, presidente del Congresso Ebraico Mondiale, era a Budapest a rendere omaggio a Orban.
E’ vero, l’Ungheria di Orban ha molti difetti e non è l’Olanda o il Massachusetts. Può piacere o meno. Diverso, da bugiardi in malafede, è dire come fa tutta la stampa mainstream che l‘Ungheria è come l’Uganda.
E’ la differenza fra l’Est e l’Ovest europeo spiegata su Le Figaro da una filosofa di fama mondiale come Chantal Delsol: “Ritengono ancora di avere un’identità, una caratteristica specifica, depositata dalla storia, che merita di essere difesa. Mentre l’Europa occidentale, e l’istituzione europea, considerano l’identità una cosa del passato: in una società materialista e libertaria, un’identità culturale non ha più senso. Molti pensano che se non insultiamo questi paesi, allora siamo i loro difensori. E’ il segno di questo mondo manicheo, tagliato col coltello, che io denuncio. Pensano che la libertà abbia dei limiti, che da tempo abbiamo dimenticato. In Europa occidentale, questo è il nostro slogan, crediamo che ‘la mia libertà finisce dove inizia la libertà degli altri’. Ma si può anche pensare, questo è il mio caso, che la mia libertà finisca dove inizia la mia responsabilità. Che è molto diverso. Se gli ungheresi votano per chiamare ‘matrimonio’ il contratto tra un uomo e una donna, proteggendo così il nome e il simbolo, è un limite che mettono e non dovrebbero essere insultati per questo”. 
Se noi diamo di matto su un piccolo paese ricchissimo di storia e di pochi milioni di abitanti è perché non tolleriamo che qualcuno in Europa ci ricordi che c’era anche un’altra strada. Abbiamo la vocazione della terra bruciata. Non tolleriamo più alcun dissenso culturale?
Giulio Meotti

E ora un esempio di censura, in perfetto stile sovietico, cinese, nordcoreano. Dove? Nell’Europa progressista, naturalmente.

“I genitori hanno diritto all’educazione dei figli”

Il ministro della Giustizia ungherese ha scritto un articolo per spiegare all’Europa. Ma in nome della tolleranza è stato censurato da un giornale europeo. Lo ripubblico io. Hanno paura della verità?
“Come può una comunità di libertà (l’Europa istituzionale), che si era diffusa gioiosamente dopo la caduta del comunismo, essere arrivata a imporre così radicalmente una sola visione etica?”, si domanda sul caso ungherese su Le Figaro di oggi la filosofa francese Chantal Delsol, che ha fondato l’Istituto Hannah Arendt nel 1993, membro dell’Accademia di scienze morali e politiche, la famosa “cupola” della cultura francese, allieva di Julien Freund e autrice di Le Crépuscule de l’universel.

Perché l’Unione Europea è impazzita al punto di arrivare anche soltanto a pensare di espellere un piccolo paese di soli 10 milioni, una delle culle della sua millenaria storia e cultura? Il cuore dello scontro, scrive Chantal Delsol, è la fine della distinzione fra tolleranza e legittimità. Adesso tolleriamo soltanto quello che giudichiamo moralmente legittimo. “Posso tollerare la legalizzazione del cambiamento di sesso, perché sono liberale, ma non posso accettare, per ragioni di etica personale, che venga proposto a mio figlio in classe (e alle mie spalle). Per quanto sia necessario, da società liberali nell’Unione Europea, tollerare tutti i comportamenti e rispettare le persone, è normale che ogni corrente, movimento sociale, famiglia, abbia la propria idea di legittimità di questo o quel comportamento. Per questo il governo Orban considera inopportuno che una corrente di pensiero venga imposta nelle scuole. Il giudizio spetta alle famiglie, non spetta a un’ideologia statale educare i bambini. Considerare che tutti i comportamenti sono ugualmente legittimi è un modo libertario di vedere le cose, rispettabile come gli altri perché siamo in una società liberale, ma che non tutti sono obbligati a legittimare e che a fortiori non ha nessuna giustificazione per essere imposto a tutti, tanto meno ai bambini nelle scuole. Il grande fallimento delle élite liberali contemporanee è quello di rifiutare qualsiasi riflessione sui limiti. È disastroso che le persone intelligenti che ci governano si sentano obbligate a gridare alla discriminazione non appena viene emesso un giudizio e a chiamare criminali coloro che pensano esistano dei limiti. Una società non deve relativizzare tutto per essere libera. Ancora più grave: il grande naufragio delle nostre élite è la negazione della coscienza personale, la cui grandezza è quella di poter decidere se legittimare o meno ciò che tollera e poterlo trasmettere ai propri figli. Ma la coscienza personale, nonostante tutte le dichiarazioni magniloquenti, nessuno ce la può togliere”.
E c’è talmente poca tolleranza ormai che il celebre sito Politico si è rifiutato di pubblicare questo articolo del ministro della Giustizia dell’Ungheria, Judit Varga, che voleva spiegare all’Europa la legge in discussione. Lo ripubblico io qui sotto. Di cosa hanno tanta paura? Forse di un po’ di verità? Dopo aver vinto la battaglia culturale vogliono che tutti facciano la genuflessione, come “devono” fare i calciatori in campo prima della partita?

***

“Pensavamo che fossero interessati a sentire la nostra versione della storia. Ci sbagliavamo”

di Judit Varga

Da dieci anni, la stampa internazionale pubblica regolarmente dichiarazioni sulla morte della democrazia ungherese. Eppure, nonostante gridino ripetutamente al lupo, non c’è mai stato nessun lupo, anche se sfortunatamente quelli che gridano non sembrano mai stancarsi dell’inganno.
Questa volta si dichiara che l’Ungheria ha adottato una legge discriminatoria e omofoba. A nessuno importa che la dichiarazione firmata da diversi Stati membri contenga false accuse e falsifichi il merito della legge ungherese sopprimendone parti essenziali. A nessuno interessa notare che il fulcro della legge è la protezione dei bambini da qualsiasi tipo di sessualità – quindi non può, per definizione, essere discriminatoria. Gli Stati membri firmatari non si sono nemmeno presi la briga di chiedere spiegazioni ufficiali al governo ungherese prima di emettere la loro lettera congiunta. Le critiche hanno generato un conflitto artificiale tra i diritti dei bambini e i diritti delle persone LGBT. È davvero questa l’incarnazione della leale cooperazione sancita dai Trattati?
La nuova legge si concentra sulla garanzia dei diritti dei genitori e sulla protezione dei minori dall’accesso a contenuti che potrebbero contraddire i principi educativi che i loro genitori hanno scelto di insegnare loro fino a quando non diventeranno essi stessi adulti. Fino a quel momento, tuttavia, tutti gli altri attori – sia lo Stato che le scuole – dovranno rispettare il diritto dei genitori di decidere sull’educazione sessuale dei propri figli. Ecco di cosa tratta la nuova legge ungherese.
Si ricorda che l’articolo 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce che deve essere rispettato il diritto dei genitori di assicurare l’educazione e l’insegnamento dei propri figli in conformità alle proprie convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, conformemente alle leggi nazionali che disciplinano l’esercizio di tali libertà e diritti.
La legge ungherese non si applica alla vita, all’identità sessuale o alle pratiche degli adulti di età superiore ai 18 anni, né al modo in cui tali adulti desiderano esprimersi o presentarsi pubblicamente.
L’orientamento sessuale e l’identità di genere sono soggetti a una rigida protezione costituzionale in Ungheria. Secondo l’Articolo XV paragrafo (2) della Legge Fondamentale, l’Ungheria garantisce i diritti fondamentali a tutti senza discriminazioni. Dal 2004, la legge sulla parità di trattamento ha affermato chiaramente all’articolo 1 che tutte le persone nel territorio dell’Ungheria devono essere trattate con lo stesso rispetto e vieta esplicitamente la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.
Le disposizioni non escludono alcuna attività in classe o altrimenti organizzata per gli studenti relativa alla cultura, al comportamento, allo sviluppo o all’orientamento sessuale, purché non promuova o diffonda tali argomenti. Si aspetta semplicemente che solo esperti qualificati descrivano questi problemi altamente sensibili ai bambini in modo appropriato all’età e basati su prove, contribuendo così alla loro corretta educazione con la direzione e la guida appropriate dei loro genitori e tutori legali.
In Ungheria, ognuno è libero di esprimere la propria identità sessuale come meglio crede, poiché la legislazione ungherese garantisce pienamente i diritti fondamentali per ogni minoranza. Non è una contraddizione che garantisca anche il diritto e l’obbligo dei genitori di educare i propri figli. Non c’è nulla di discriminatorio in questo.
Non è la prima volta, tuttavia, che l’europeità di una legge ungherese venga interpretata da alcuni che scelgono di giudicare anticipatamente senza prima richiedere i fatti. La dichiarazione politica che condanna la nuova legge ungherese è vergognosa, non solo perché va contro la leale cooperazione, ma anche perché la dichiarazione incorpora un’opinione politica faziosa senza un’indagine imparziale precedentemente condotta.
Inoltre, non è la prima volta che la legislazione ungherese viene etichettata come discriminatoria. Tuttavia, la verità è che implicare che questa legge sia anti-UE discrimina esclusivamente quei genitori che, in linea con la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, abbracciano il diritto all’educazione dei propri figli.
Giulio Meotti

E perché tutto questo? Per il solito, eterno motivo che la storia ci ha tragicamente insegnato: fabbricare un nemico comune per poter distrarre il popolo e perseguire in pace i propri sporchi affari.

Niram Ferretti

AL RIPARO DAL VENTO IMPETUOSO DEL PROGRESSO

Per Joseph Goebbles, maestro indiscusso della propaganda, il primo dei principi affinché una propaganda efficace potesse funzionare era quello della semplificazione e del nemico unico: Scegliere un avversario e insistere sull’idea che fosse lui la fonte di tutti i mali. Sappiamo come gli ebrei, durante i dodici anni del regime nazista, incarnassero questo nemico all’ennesima potenza, anche se, ce ne erano anche altri.
Oggi, in un’epoca europea più lieta di allora, e più gaia sotto molteplici aspetti, chi ci spiega che cos’è la democrazia e come funziona, ci dice anche che in Europa, Victor Orban, il putiniano Orban, è un nemico delle magnifiche sorti e progressive, quelle ormai decise e incarnate dall’Unione Europea.
Si dà il caso che l’Ungheria sia stata recentemente messa all’angolo perchè, udite udite, avrebbe promulgato una legge “omofoba”. E, oggi, essere in odore di omofobia è sicuramente peggio che avere la fedina penale sporca per avere rapinato una banca.
Naturalmente, pochissimi si sono sentiti in dovere di leggere la legge in questione, perchè Orban è un reprobo a prescindere, anche se l’Ungheria fa parte della UE; ma se viene fatta una legge per tutelare i minori dalla pedagogia LGBT, si deve dire che si tratta di un “pretesto”.
Il Ministro ungherese della Giustizia Judith Varga, ha scritto una lettera in proposito, nella quale, lamenatando la messa all’indice dell’Ungheria da parte della UE, ha scritto
“La nuova legge si concentra sulla garanzia dei diritti dei genitori e sulla protezione dei minori dall’accesso a contenuti che potrebbero contraddire i principi educativi che i loro genitori hanno scelto di insegnare loro fino a quando non diventeranno essi stessi adulti. Fino a quel momento, tuttavia, tutti gli altri attori – sia lo Stato che le scuole – dovranno rispettare il diritto dei genitori di decidere sull’educazione sessuale dei propri figli. Ecco di cosa tratta la nuova legge ungherese”.
L’Ungheria sa bene cosa significa essere posti sotto tutela dallo Stato orwelliano, lo ha sperimentato a fondo sulla propria pelle cosa significa la sottrazione dell’individualità, anche quella genitoriale, conculcata da un regime che imponeva come bisognava parlare, come bisognava pensare, come bisognava agire, e non è disponibile che questa prassi avvenga nuovamente sotto le mentite spoglie della “democrazia” e della “lotta alla discriminazione”.
Dunque, pur restando in seno alla UE, essa ritiene che il Superstato della medesima non debba decidere le regole a cui tutti dovrebbero attenersi, soprattutto se si tratta dell’educazione da impartire ai minori, che non sono sudditi della UE, ma figli dei loro genitori.
Un principio un po’ all’antica forse, ma ancora attuale fino a quando, Orban o non Orban, ci sarà qualcuno che avrà il coraggio di tenerlo al riparo dal vento impetuoso del Progresso.

Infine una piccola cosa, che mi è piaciuta.

Claudia Premi

Il testo non è mio, ma di una persona che come me ha vissuto gli anni 80.

Concordo e non aggiungo altro.

Vi siete inventati il fluid gender e, di conseguenza, l’omofobia. Io vengo dalla generazione che ascoltava e amava David Bowie, Lou Read e non si è mai posta il problema di che preferenze sessuali avessero, fregava niente, anzi, contenti loro e, in qualche caso, beati loro , Elton John e Freddy Mercury, George Michael. Siamo anche la generazione che amava i Led Zeppelin o i Deep Purple o Neil Young o gli Eagles, senza porsi il problema dei testi che oggi sarebbero giudicati sessisti. Quando arrivò Boy George non ci chiedemmo se gli piacesse il maschio, la femmina o tutti e due, ci godemmo semplicemente la sua musica e quando Jimmy Sommerville ci raccontò la sua storia di ragazzo di una piccola città, ci commuovemmo e cantammo insieme a lui.
E non c’erano leggi a costringerci a essere solidali o quantomeno partecipi. Non c’erano minacciose commissioni o attenti guardiani a censurarci se ci usciva una battuta. C’era Alyson Moyet, allora decisamente oversize ma bellissima e bravissima, e nessuno pensava valesse meno di una Claudia Schiffer. Anzi. Vorrei capire che è successo nel frattempo, perché secondo me tutti questi censori hanno l’unico effetto di creare quello che censurano, di generarlo per reazione. Secondo me eravamo tanto più avanti senza imposizioni, perché le imposizioni, si sa, spesso generano l’effetto contrario.

Sì, lo so, stilisti fotografi attori erano gay mentre operai postini commessi erano recchioni, froci, culattoni, ma negli anni Ottanta, oggettivamente, non c’era granché di gente a considerarli ancora come degli appestati da cui girare alla larga. Meno che mai erano all’ordine del giorno aggressioni e pestaggi. Una grossa parte della cosiddetta emergenza è stata inventata a tavolino, come è ampiamente documentato

E se si fabbrica a tavolino un’emergenza che non esiste, gli scopi sono sempre quanto meno torbidi, di questo possiamo essere sicuri.

barbara

E ORA STATE A SENTIRE QUESTA

che è fenomenale.

La Nuova Zelanda, la strage di Christchurch e il paradosso dell’antirazzismo

Il film “They are us”, che esalta il sostegno di un paese intero alla comunità islamica dopo la strage del 2019, viene criticato dai musulmani: «I bianchi non possono parlare di noi»

Degli incredibili cortocircuiti della nouvelle vague dell’antirazzismo e del politicamente corretto, quello che ha affossato in Nuova Zelanda il progetto di film They are us è forse uno dei più eclatanti. La pellicola, annunciata settimana scorsa, doveva raccontare la strage di Christchurch del marzo 2019, nella quale morirono 51 musulmani per mano del terrorista islamofobo Brenton Harrison Tarrant. L’obiettivo del film, prodotto da FilmNation Entertainment, era quello di raccontare «non tanto l’attentato ma la risposta all’attentato», mostrando come «un atto di odio senza precedenti è stato sommerso da un’ondata di amore e di sostegno», aveva dichiarato il famoso regista neozelandese Andrew Niccol.

«Loro siamo noi»

Per questo, figura centrale del film doveva essere la premier Jacinda Ardern (impersonata da Rose Byrne), celebrata in tutto il mondo per la sua pronta risposta alla strage: condanna del suprematismo bianco, visite ai familiari delle vittime con tanto di hijab in segno di rispetto verso i musulmani, riforma sull’uso delle armi, oltre a un famoso discorso in Parlamento nel quale pronunciò anche la frase utilizzata per il titolo del film:

«Il 15 marzo è stato il giorno in cui un semplice atto di preghiera, di pratica del loro credo musulmano e della loro religione, ha portato alla perdita delle vite dei loro cari. Quei cari erano fratelli, sorelle, padri e bambini. Erano neozelandesi, sono noi. E poiché loro sono noi, noi, come nazione, li piangiamo. Sentiamo un forte obbligo nei loro confronti. E, signor presidente, abbiamo tanto bisogno di dire e di agire».

I «bianchi» devono solo tacere

Tutto si aspettavano gli autori del film tranne che ricevere una valanga di proteste da parte della comunità musulmana neozelandese. L’Associazione giovanile nazionale islamica della Nuova Zelanda ha infatti lanciato una petizione, al momento firmata da 67 mila persone, per chiedere che la pellicola non venga girata. Secondo i musulmani è inaccettabile che «il film si concentri su voci di persone bianche», reinterpretando nell’ottica dei bianchi «la violenza orribile perpetrata contro le comunità musulmane». Lo stesso regista Niccol è colpevole di «whitewashing»: «Un uomo bianco che non ha sperimentato su di sé il razzismo e l’islamofobia non dovrebbe condurre né ricavare profitti dal racconto di una storia che non è la sua». È anche «inappropriato che al centro del film ci sia la premier Jacinda Ardern, una donna bianca».
Insomma, non conta se Niccol è neozelandese, non conta se la tragedia ha toccato lui come tutti gli altri cittadini della Nuova Zelanda, non conta se la premier Ardern ha agito prontamente per onorare e difendere i musulmani, per ricordare che sono cittadini neozelandesi come tutti gli altri, che la differenza di credo non costituisce una linea di demarcazione e che non c’è alcuna divisione tra “noi” e “loro”, ma soltanto “noi”. Secondo i musulmani neozelandesi, la linea di demarcazione c’è: i bianchi parlino delle cose dei bianchi e i musulmani delle cose dei musulmani.

La Ardern sminuisce se stessa

La stessa premier, Ardern, si è affrettata a prendere le distanze dal film che la elogiava per il suo pronto intervento a difesa della comunità islamica con parole incredibili: «Ci sono molte storie sugli eventi del 15 marzo che potrebbero essere raccontate e non penso che la mia sia una di quelle».
Anche la produttrice del film, Philippa Campbell, ha abbandonato la produzione della pellicola: «Non voglio essere coinvolta in un progetto che provoca un tale disagio». Parole che stonano con il lancio del film, durante il quale la produzione aveva dichiarato, come confermato anche dalla petizione, di aver contattato molti musulmani della Nuova Zelanda per scrivere la sceneggiatura.

L’antirazzismo vuole dividere

They are us sarà sicuramente ritirato e difficilmente uscirà nelle sale, almeno nella forma in cui era stato progettato. Alla luce della piega che hanno preso gli eventi, fanno sorridere le parole pronunciate da Niccol il giorno della presentazione: «Il film riguarda la nostra comune umanità, è questo il motivo per cui penso che il film parlerà alle persone del mondo intero. È un esempio di come dovremmo rispondere quando c’è un attacco contro altri esseri umani come noi».
Questa visione, forse ingenua, non è aggiornata ai recenti sviluppi del movimento antirazzista, che ha preso le mosse dalle proteste di Black Lives Matter negli Stati Uniti. Non c’è più una «comune umanità», neanche tra persone legate dalla stessa cittadinanza all’interno dello stesso paese. Ci sono i bianchi, i neri, i musulmani, i cristiani. Tutti divisi, uniti soltanto da un rapporto di incomunicabilità reciproca. Tanto che un neozelandese bianco non può permettersi di occuparsi di una tragedia che ha coinvolto neozelandesi musulmani. Alle origini del movimento antirazzista, l’obiettivo era rivendicare la comune cittadinanza e umanità che rende tutti uguali al di là del colore della pelle. Oggi lo stesso movimento antirazzista persegue l’obiettivo opposto. E ai malcapitati di turno, colpevoli senza appello del più grave dei crimini, il “whitewashing”, non resta che cospargersi il capo di cenere. E scusarsi per aver cercato di unire ciò che a molti, anche con una notevole dose di autolesionismo, conviene che resti diviso.
Leone Grotti 16 giugno 2021, qui.

No scusate, datemi pure della cinica, ma a me viene da rotolarmi dalle risate: fratelli i nostri fratelli hanno ucciso i nostri fratelli siamo tutti fratelli, e quelli coosaaa?! Noi purissimi musulmani fratelli di voi pezzi di merda infedeli bianchi? È quello che succede quando ci si ostina a chiudere gli occhi di fronte alla realtà, e quando la realtà gli piomba addosso cosa fanno? Si scusano! Abbiamo sbagliato! Perdonateci! Non lo faremo mai più! Già tutto previsto, del resto (vedi anche il primo commento), non perché qui si abbiano doti profetiche, ma semplicemente perché io non tengo gli occhi chiusi, e quello che ho davanti lo vedo e lo guardo bene in faccia.
La prossima cosa invece mi scatena la voglia di prendere un bazooka. Sempre contro i buoni di professione, beninteso, i progressisti con la menzogna incorporata. Qualche giorno fa avevo letto che in Ungheria, dove regna il fascistissimo Viktor Orban, è stata approvata una legge ferocemente omofoba, e uno si chiede: cosa avrà mai combinato di nuovo il fellone? Froci in galera? Frustate sulla pubblica piazza? Castrazione cruenta senza anestesia? Bene, ha combinato quello che segue.

No a pedofilia e gender, ma i media attaccano l’Ungheria

Il Parlamento ungherese approva una rigorosa legge antipedofilia, con aggravi di pena per pedofili e autori di pornografia infantile. Un emendamento vieta l’indottrinamento Lgbt verso i minorenni e si scatena il finimondo, con articoli-fotocopia da parte del mainstream mediatico globale, dalla Reuters alla Bbc.

L’Ungheria approva una durissima legge antipedofilia, in un paragrafo si vieta indottrinamento gender e transgender sino ai 18 anni e scoppia un imbarazzante finimondo mediatico. Martedì 15 giugno, il Parlamento ungherese ha approvato con una maggioranza schiacciante, con un solo voto contrario (157-1), le nuove norme restrittive contro la pedofilia. Le minoranze, unite in una grande coalizione con l’obiettivo di sconfiggere Orban il prossimo anno, si sono spaccate alla prima prova parlamentare. Le forze democratiche di sinistra e liberali non hanno partecipato al voto, mentre i rappresentanti dell’estrema destra di Jobbik hanno votato a favore del provvedimento.

La maggioranza che guida l’Ungheria da più di un decennio, ne abbiamo parlato altre volte, negli ultimi anni ha moltiplicato le proprie misure per la famiglia e promosso norme che proteggono la natura biologica umana, la genitorialità, il diritto dei bambini di avere una mamma e un papà.

Lo scorso 4 giugno, il Governo Orban presentava in Parlamento la nuova proposta di legge per combattere la pedofilia, introducendo un registro pubblico dei criminali pedofili e incrementando le pene per i reati di pedofilia. Nel dibattito di quel giorno, non si parlava di divieti verso l’indottrinamento Lgbt, eppure già si doveva prendere atto della spaccatura delle opposizioni: Jobbik si diceva favorevole, le sinistre democratiche e liberali erano molto critiche. Le coincidenze sono importanti. L’8 giugno, inopinatamente, l’ex presidente degli Usa, Barack Obama, rilasciava un’intervista alla CNN che faceva il giro del mondo mediatico nei giorni successivi, nella quale si soffermava su Polonia e Ungheria, descrivendo il Governo Orban come un “esempio di distruzione della democrazia”. Il 9 giugno il Governo Orban presentava alcuni emendamenti alla legge antipedofilia, tra essi anche l’emendamento contro l’indottrinamento Lgbt verso i minori. La notizia dell’emendamento infuocava i mass media internazionali, dopo che la Reuters ne dava notizia e la colorava con gli strali delle organizzazioni Lgbt.

Articoli-fotocopia che riprendevano le dichiarazioni delle lobby Lgbt si moltiplicavano per tutta la giornata: Associated Press (l’Ungheria vuol bandire l’omosessualità per i minori di 18 anni), Amnesty International (attacco frontale alle persone Lgbt), BBC (vietata la letteratura Lgbti ai minorenni). Dimenticato il contrasto alla pedofilia, si cavalcava la protesta Lgbt, invocando azioni internazionali in difesa dello “stato di diritto” e il 14 giugno la commissaria per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, invitava, con un comunicato ufficiale, il Parlamento ungherese ad opporsi agli emendamenti che avrebbero “vietato ogni discussione sull’identità di genere e la diversità sessuale” con i ragazzi. Lo stesso giorno, poche migliaia di persone, sostenute da Amnesty International e Human Rights Watch, si riunivano davanti al Parlamento per protestare contro la legge antipedofilia e l’emendamento antindottrinamento. La notizia delle manifestazioni veniva ripresa con enfasi dal tam-tam del politically correct mondiale, dal sito di notizie europee Euractiv a France24, dal Washington Post a USNews, al Times of India… Il mondo doveva conoscere l’unica fake news: l’Ungheria stava per vietare alle persone Lgbt di esser tali, con un legge simile alle norme ‘omofobiche’ approvate in Russia.

Nei giorni in cui i giornali mondiali riportavano le critiche del G7 contro l’autoritarismo di Russia e Cina, la macchina del fango imponeva la somiglianza autoritaria tra Putin e Orban; Orban, il distruttore della democrazia (come descritto da Obama).

Tuttavia, dal voto finale del 15 giugno emergono due verità. Primo, la coalizione delle opposizioni appunto si è spaccata su un tema cruciale per qualunque governo futuro, con i Socialisti contrari e Jobbik che ha votato a favore della legge antipedofilia. Secondo, nonostante la grancassa mediatica, dalla Reuters in giù, si contestano la lotta alla pedofilia e un governo che si oppone ai dogmi innaturali della dottrina Lgbt. La legge approvata cosa dice? Si crea un “database elettronico” pubblico che conterrà i nomi dei pedofili e consentirà ai genitori e altri parenti delle vittime di denunciare; il Codice penale modificato garantisce che gli autori di pornografia infantile ricevano una pena detentiva di 20 anni senza possibilità di libertà vigilata (se le vittime hanno meno di 12 anni di età). Altri aggravi di pena includono gli abusi sessuali sui bambini, le molestie o le violenze commesse da funzionari pubblici o soggetti recidivi. Nei casi di reati gravi di pedofilia, la prescrizione non si applica più. Il divieto permanente di impiego per i pedofili nella sanità o nell’educazione viene esteso ai lavori legati al tempo libero dove potrebbero esserci minori, come spiagge, parchi di divertimento, zoo e associazioni sportive.

I pedofili saranno banditi dai posti di governo o di leadership politica. Per quanto riguarda l’educazione sessuale nelle scuole, il materiale non deve contenere nulla che miri a cambiare genere o a promuovere l’omosessualità. Oltre agli insegnanti della scuola, solo le persone o le organizzazioni incluse in un registro ufficiale, continuamente aggiornato, possono tenere lezioni di educazione sessuale. Inoltre, il diritto di un bambino di identificarsi secondo il suo sesso alla nascita è custodito dalla legge (“…l’Ungheria protegge il diritto dei bambini a un’autoidentità corrispondente al loro sesso alla nascita…”) sotto l’egida del sistema di protezione dell’infanzia. È vietato promuovere materiali rivolti ai giovani al di sotto dei 18 anni che abbiano un contenuto pornografico o che promuovano l’omosessualità o un’identità di genere diversa dal sesso alla nascita. Lo stesso vale per le pubblicità. Le stazioni televisive saranno obbligate a segnalare l’avviso di divieto di visione per gli under 18 per i film e la programmazione con contenuti che si discostano dalle restrizioni della legge, mentre l’Autorità vigilante sui mass media sarà tenuta a vigilare ed eventualmente sanzionare chi commette le violazioni.

Un ottimo provvedimento, quindi. Ma che fanno i paladini dei “diritti umani”? Human Rights Watch chiede che il presidente della Repubblica ungherese ponga il veto e fermi questa legge antipedofilia. Si tenta di falsificare la realtà, ma i vergognosi fatti di questi giorni parlano da soli.
Luca Volonté, qui.

Se solo pensiamo che il più giovane transessuale ha tre anni perché già da quando aveva 18 mesi i genitori hanno notato segni inequivocabili del fatto che si sentiva di un sesso diverso da quello biologico, a quello che la mamma ha “accontentato” trattandolo da bambina perché ha sempre mostrato preferenza per il colore rosa (è noto che la preferenza del rosa per le femmine e dell’azzurro per i maschi è genetica, e chissà che razza di genetica avranno mai i cinesi che usano – o almeno usavano in passato, adesso non so – l’azzurro per le femmine e il rosso per i maschi), i bombardamenti di ormoni per bloccare la pubertà praticati a scuola anche contro la volontà dei genitori, se pensiamo a tutto questo abbiamo davvero il diritto, nonostante qualche possibile esagerazione, di criticare l’Ungheria per questa legge? Senza dimenticare che il dominio assoluto del pensiero unico comunista l’Ungheria, così come tutti gli stati satelliti dell’Unione Sovietica, lo ha conosciuto fin troppo bene sulla propria pelle per interi decenni, per avere voglia di rischiare una ricaduta.(E tenetevi pronti per quello che vi preparo per domani)

barbara

CHIAMAMI…

Chiamami Scanzi, sarò la tua coerenza

Qui

Chiamami Conte, sarò la tua materia grigia

Giovanni Bernardini

SEMANTICA

Lo annunciano fra squilli di tromba i media di regime.
Il giorno di Natale, fermo restando il divieto di spostamento da comune a comune (che si tratti di Milano o Rocca Cannuccia è indifferente), fermo restando, dicevo, tale saggio divieto, si potranno ricevere I CONVIVENTI.
Penso: o sono scemo io o sono scemi loro. Io RICEVO a casa mia i NON conviventi. Convivo con mia moglie ma non la “ricevo” tutte le mattine, né lei tutte le mattina “riceve” me.
Probabilmente la nostra saggia guida Giuseppe Conte ha in mente una riforma della semantica. Lunga vita a lui!
Sempre lui, il nostro saggio e coraggioso condottiero, ha avvisato il popolo bue: “bisogna prevenire la terza ondata” ha detto con voce ferma e virile.
Di nuovo sono perplesso. Si può parlare di prevenzione della “terza ondata” se intanto la seconda è finita. Se una squadra perde due a zero ha senso dire che attacca per segnare il goal del vantaggio? Non mi pare, prima bisogna fare i goal del pareggio, poi quello del vantaggio, mi sembra.
E’ finita la seconda ondata ed ha quindi senso parlare di prevenzione della terza? Non mi pare, stando alle cifre ufficiali.
Egregio dottor Conte, lei ed i suoi compari vi state dimostrando del tutto incapaci di far fronte alla crisi sanitaria. State letteralmente distruggendo l’economia. Avete ridotto la costituzione, da voi definita “la più bella del mondo”, a rotolo di carta igienica. Abbiate almeno un minimo, solo un minimo, di rispetto per la madre lingua e la sua semantica!

Chiamami Zingaretti, sarò il tuo luminoso sol dell’avvenir

Giovanni Bernardini

UN INCUBO

Sono sempre più numerosi i sottili intellettuali che, parlando del “dopo pandemia”, affermano, scuotendo gravemente la testa possente: “una volta che tutto sarà finito non si può tornare alla situazione pre covid”. Uno degli ultimi a fare simili dichiarazioni è stato Zingaretti, giustamente considerato un gigante del pensiero e dell’azione.
Mi permetto di chiedere umilmente a queste menti eccelse: cosa intendono dire con precisione? Forse si riferiscono alla necessità di avere un miglior sistema sanitario? Se è così non si può che concordare, ma non credo che fosse necessario il covid per rendersene conto.
O si riferiscono ad altro? E a cosa, in questo caso?
Perché non si dovrebbe tornare alla situazione pre covid? Forse che la pandemia è da addebitarsi a ristoratori e proprietari di palestre? Sono loro e non il governo comunista cinese i “cattivoni”? Ce lo dicano, per favore.
Cosa sognano i coltissimi ed intelligentissimi personaggi che non vogliono che “tutto torni come prima”? Forse un mondo senza piccole e medie imprese, senza commercio al minuto, bar, ristoranti e pizzerie? Sognano città con i centri storici semi deserti? Vagheggiano una società perfetta in cui la gente se ne stia tappata in casa per gran parte del suo tempo, i contatti faccia a faccia siano sempre più rari e l’unica forma di socialità sia quella virtuale? Vogliono una “democrazia” in cui i parlamenti eletti dai popoli non contino più nulla e tutto il potere sia concentrato nelle mani di grandi organismi internazionali non eletti da nessuno e responsabili solo di fronte a se stessi?
Ho il vago sospetto che sia questo il mondo che agognano: atomizzazione e potere assoluto. Contrazione delle relazioni sociali volontarie ed imposizione a tutti di una socialità coatta, con i governi che decidono sin nei dettagli la vita degli esseri umani. Una prospettiva degna di Orwell. Un incubo, non un sogno
Che in molti cercano di trasformare in realtà.

Chiamami Bertolaso, sarò la coscienza nera del governo

Guido Bertolaso

Ecco fatto: segregati in casa per tutte le feste, anziani abbandonati, turismo demolito, nazioni confinanti strapiene di sciatori, decessi fra i più alti del mondo, e lo saranno ancora per settimane.
Strillate per i morti negli USA? Il rapporto di popolazione fra noi e gli americani è di 5,5. I nostri 993 che abbiamo perso ieri fanno in proporzione 5.461 poco più del 50% degli USA!! Lo sapete quanti giorni di scuola hanno fatto i liceali della Campania dal 4 marzo scorso ad oggi? 14.
Tutto questo perché il Governo non è stato in grado di gestire la seconda ondata che loro stessi avevano previsto. Continuano a chiamarla EMERGENZA, a quasi un anno dall’inizio della pandemia. Chiamiamola con il giusto nome: INCOMPETENZA. I Covid hospital della Fiera di Milano e di Civitanova Marche sono pieni da settimane (purtroppo) ma erano inutili giusto?
Il Presidente del Consiglio continua a fare conferenze a reti unificate senza contraddittorio, ignorando l’esistenza del Parlamento e omettendo di usare l’unica parola che dovrebbe pronunciare: SCUSATECI

Chiamami Golia, sarò la tua caramella

(ma voi l’avevate capito che quella intorno al nome è una stella di David?)

Chiamami Zaia, sarò il tuo condizionale

Chiamami covid, sarò il tuo controllore

Chiamami Biden, sarò l’amico dei tuoi bambini

barbara

INSALATA MISTA

De governeide

Emanuel Segre Amar

Lettera aperta al presidente Conte Giuseppe.

Oggetto: cassa integrazione

Signor presidente,

le scrivo questa mia dopo aver letto che lei ha affermato, in proposito: “Ammetto ritardi, non rispondo su carenze strutturali (?)”.
Le chiedo, signor presidente come giustifica che una operatrice sanitaria, messa in cassa integrazione il 7 marzo, ha ricevuto una comunicazione che la sua cassa integrazione sarebbe stata pagata in settembre.
Le chiedo, signor presidente, come giustifica che un’impiegata romana con 20 anni di anzianità ha ricevuto una cassa integrazione di € 480.- (quattrocentoottanta). Le faccio osservare, signor presidente Conte Giuseppe, che questa italiana deve vivere per un mese, comprendendo tutte le spese, con quanto viene dato in 12 (dodici) giorni come argent de poche ai migranti che, loro, sono mantenuti in alberghi e strutture apposite.
Mi permetta, signor presidente, ma io vedo grosse carenze strutturali.

Con ossequio

Emanuel Segre Amar

Emanuel Segre Amar

Lettera aperta al ministro della Giustizia Bonafede

Gentile signor Ministro,

mi permetto qui di portare alla sua attenzione la necessità che, per il tramite della burocrazia che la circonda, lei si preoccupi di far funzionare i tribunali anche a beneficio del cittadino comune.
Dopo code estenuanti, iniziate ore prima dell’apertura degli uffici del tribunale di Torino (è normale che gli uffici aprano al pubblico alle ore 9.30?) rese necessarie per la disponibilità di ricevere inizialmente solo 10 cittadini, poi cresciuti a 40, sempre troppi pochi, con code organizzate da personale che non conosce gli uffici (sono infatti appartenenti all’arma dei carabinieri), io mi sono sentito rispondere che, per avere una semplice postilla su un documento rilasciatomi in precedenza dallo stesso tribunale, ma che, per essere riconosciuto valido, ha bisogno anche di questo ulteriore timbro, dovevo rivolgermi ad un altro ufficio (gentilmente mi è stato indicato il numero di telefono), al quale non potevo comunque accedere direttamente.
Dopo aver dunque parlato telefonicamente con un’impiegata di questo ufficio, che mi ha detto di chiamare un altro numero, mi sono sentito rispondere: ma chi le ha dato il mio numero? Lei deve inviare una mail e le fisseremo un appuntamento. Lo stesso mi sarà fissato… a fine luglio.
Signor ministro, capisco che questo genere di inconvenienti siano da classificare tra i minori, ma, siccome la Giustizia dovrebbe essere al servizio di noi cittadini, le invio questa mia lettera aperta per invitarla ad utilizzare i suoi ispettori non soltanto per controllare chi libera pericolosi malavitosi con motivazioni non sempre chiare, ma anche a chi non rispetta i diritti di noi cittadini.

La ringrazio per la sua attenzione e le invio distinti saluti

Emanuel Segre Amar

Torino

Rebecca Mieli

Israele è una minaccia nucleare?

No, non l’hanno detto a Teheran, ma a Roma. E non l’hanno detto degli studenti, ma in Senato, contro L’Ambasciatore di Israele.
Il movimento cinque stelle continua imperterrito a collezionare figure di mer*a.
Sarebbe da chiedersi se l’onorevole Petrocelli ha mai avuto la possibilità di apprendere qualche elemento di storia e-o strategia nucleare, o se invece – proprio come la gaffe su Pinochet, o quella su Matera in Basilicata – sia proprio un format dei grillini quello di non sapere assolutamente niente su nessuna area geografica, di ignorare qualsiasi regola del dialogo internazionale, di essere totalmente incredibilmente inetti e inadatti a qualsiasi tipo di ruolo istituzionale.
Speriamo si dimetta. Per la poca credibilità che é rimasta a questo paese.

“In Commissione Affari Esteri al Senato il M5S ha messo in imbarazzo il Paese di fronte a Israele: ieri – nel corso dell’audizione in teleconferenza con l’ambasciatore israeliano – il presidente della Commissione Vito Rosario Petrocelli, forse convinto di non essere sentito, ha ironizzato contro l’ambasciatore perché non aveva risposto ad una domanda provocatoria sul fatto che Israele possa essere o meno una ‘minaccia nucleare’, scatenando le comprensibili ire dello stesso ambasciatore. Purtroppo per lui e anche per i membri della Commissione, visibilmente in imbarazzo per l’accaduto, la teleconferenza era ancora aperta e tutti hanno sentito le parole sgradevoli del presidente Petrocelli. ‘Lasciamo questo incontro senza sapere se Israele è una minaccia nucleare’ – ha chiosato il davvero poco diplomatico presidente 5 Stelle. ‘Questo è il problema dell’Italia – ha risposto l’ambasciatore israeliano -: che deve capire qual è la realtà del medioriente, non è questa la domanda giusta, noi dobbiamo difenderci, questo è il punto, ottanta anni dopo l’Olocausto’. “L’evidente visione ideologica e di parte di Petrocelli – dice Stefano Lucidi, capogruppo della Lega in Commissione Esteri – non può mettere in imbarazzo l’intero parlamento, con una gestione faziosa e antagonista della Commissione. Il M5S si scusi con il governo israeliano e Petrocelli rassegni le dimissioni”. “Siamo stanchi delle gaffe in politica estera dei Cinque Stelle, che guarda a regimi dittatoriali come Cina e Venezuela e che genera continue fratture con partner importanti come Israele”

 

 

De statueide

Giacomo Manzoli

Vorrei lanciare una petizione per una modifica di tutte le statue che raffigurano la cosiddetta “lupa capitolina”. Vorrei fosse chiaro che si tratta di una proposta ragionevole e moderata: non intendo distruggere queste statue, anche perché il messaggio di una lupa che allatta un umano mi pare vada incontro a istanze animaliste senz’altro condivisibili. La proposta è modificare queste statue, rimuovendo uno dei due gemelli, segnatamente Romolo.
lupa
Trovo infatti inaccettabile che si renda omaggio ad un bieco figuro, imperialista, fratricida e predatore sessuale seriale (il ratto delle sabine). Propongo quindi di lasciare la lupa ad allattare il solo Remo, prototipo della vittima innocente. E in questa saggia damnatio memoriae, si potrebbe approfittarne per modificare il nome della Capitale, troppo vicino alla radice del nome Romolo. Basta cambiare una vocale e chiamarla Rema, per ricondurla ad una più consona vicinanza col gemello buono.

De pedo-statueide

Marina Erroi

Quando scopriranno che Jean-Paul Sartre nel 1977 firmò una petizione per legalizzare i rapporti sessuali con ragazzini di 12 anni (petizione che firmò assieme alla sua compagna femminista [Simone de Beauvoir] e a decine di intellettuali progressisti francesi da sempre osannati dalla sinistra) questa statua parigina sarà a rischio?
Sartre
[di aspetto talmente ripugnante che non sono riusciti a ridurne la repellenza neppure nel monumento]
(Tra l’altro, la petizione non fu fine a sé stessa. L’intento principale era quello di salvare il culo ad alcuni amici pedofili in carcere). Grazie a David Barra

De Antirazzisteide

Lorenzo Capellini Mion

Il momento dell’aggressione non provocata alla povera signora Geraldine di 92 anni, per le strade di una New York abbandonata a se stessa.
aggressione
Per la cronaca il criminale è stato identificato, nel passato è stato arrestato 103 volte, a partire dal 2005, per reati minori e violenze sessuali.

Ora invertite il colore della pelle dei due protagonisti e avrete la foto in prima pagina del Giornale Unico, le accuse all’uomo arancione cattivo di alimentare l’odio e la rivolta per le strade.
No, non cambierò idea.

De virus-cineide

Niram Ferretti

SALMONE DI GIUGNO

La nuova strategia di disinformatia cinese a proposito dei casi di Covid-19 a Pechino e del rischio di una nuova ondata epidemica è dare la colpa al salmone norvegese.
Si cerca di sostenere che il virus sia stato importato, così come, ci provarono ad attribuirlo agli USA quando cercarono senza molto successo, di sostenere che fosse da attribuire ai soldati americani di stanza in Cina.
Adesso tocca al salmone. Bisogna fare di tutto per salvaguardarsi affinché non si possa dire che il virus, “the Chinese virus” come lo ha definito Donald Trump, sia autoctono.
Il salmone viaggia dalla Norvegia alla Cina contenendo il virus che resta intatto, dormiente, lungo il tragitto e poi, di incanto, si sprigiona guarda caso proprio sul bancone di un mercato di Xinfadi dove lo si tagliava.

De Trumpeide
Black-Trump
«A rivelare cosa pensa davvero la sinistra Usa della minoranza afroamericana è stato proprio il candidato alla presidenza Democratico, Joe Biden, che ha detto testuali parole: “Se un americano di colore vota per Trump allora vuol dire che non è un vero afroamericano”.» [cioè, non è degno del colore che porta, ndb] (leggi il seguito, e anche qui)

De nonsenepuòpiùeide

Arriva una nuova task force, un nuovo branco di esperti. Sì, lo so, sembra un’esagerazione, ma questa è veramente necessaria. Perché voi, non offendetevi, ma bisogna proprio che ve lo dica, non sapete scopare come si deve, e quindi loro vi spiegheranno tutto per benino. No, non è Lercio, è il governo italiano (dovete assolutamente leggerlo).

Lo sapete che cos’è la soluzione finale? Sì, lo so, siete tutti convinti di saperlo, ma la verità è che non sapete un accidente non sapete! E allora ve lo dico io: la soluzione finale è mandare i professori a scuola senza che si sia raggiunto il rischio zero, e magari addirittura senza che gli alunni siano obbligati a portare la mascherina costringendo i poveri insegnanti a passare tutta la mattina in mezzo a gente che sputacchia da tutte le parti: leggere qui nei commenti per credere. Altre perle, sempre nei commenti:

“Non vado in una classe di alunni che mi respirano addosso.”
[a proposito della proposta di chiedere agli alunni di portarla almeno nelle proprie ore] “nelle mie ore??? e nelle altre hanno infettato banchi e cattedra e aria e tutto il resto??? ma sai come si trasmette il virus?”
“Ridotti a cavie”

Gente che finora è entrata in classi con alunni che tossivano a tutto spiano, con influenze che giravano, anche piuttosto toste come la suina, l’aviaria, la SARS, senza battere ciglio. Gente che da sempre usa l’auto, prende l’aereo, attraversa strade, scia magari fuori pista, nuota in mare, prende il sole, fa l’amore – magari anche in rapporti occasionali e non sempre protetti, beve alcol, caffè, fuma, mangia fritti, carni rosse, insaccati, frutti potenzialmente allergenici, si sottopone a interventi chirurgici, prende farmaci… e potrei continuare fino a domani – e improvvisamente qualcuno lancia la delirante moda del rischio zero e di colpo tutti lì bloccati, se non si arriva al rischio zero io non mi muovo. E allora tiratevi una bella pallottola in testa, e lì potete stare tranquilli che da quel momento in poi di rischi non ne correte più.

De sconforteide

Qui. E qui tutti i brani.

barbara

NEL CASO QUALCUNO FOSSE ANCORA INDECISO

fra Biden e Trump

Vi ricordate di come Trump è stato messo in croce per un’unica frase pronunciata vent’anni prima? Vi ricordate la macchina del fango messa in moto contro di lui? Le marce di protesta? La vera e propria guerra scatenata contro di lui? E organizzata e promossa da queste caste e pudibonde signore:
donne-vs-trump
madonna-vs-trump
miley cyrus 2
miley cyrus 1
miley cyrus 3
Avverrà qualcosa del genere per il bravo democratico Joe Biden, difeso perfino dal padre delle ragazzine molestate? Perché se qualcuno avesse dubbi se si tratti di carezze affettuose o palpate oscene e moleste, credo che le facce e le reazioni del corpo delle donne, delle ragazze, delle bambine vittime delle sue attenzioni siano più che sufficienti a fornire la risposta. Ma nessuno farà niente, vedrete. Ed è esattamente lo stesso spettacolo che sta andando in scena ora con la gente in ginocchio di fronte a un criminale che, fra le sue varie imprese, poteva vantare anche quella di avere puntato la pistola contro la pancia di una donna incinta nella cui casa aveva fatto irruzione. Leggete un po’ qua.

“Quando le persone usano il piede di porco e iniziano a buttare giù porte per saccheggiare, non stanno protestando, non stanno facendo una dichiarazione: stanno rubando. Quando bruciano un edificio, commettono un incendio doloso. E stanno distruggendo e minando le imprese e le opportunità nelle loro stesse comunità. Quindi è del tutto appropriato che il sindaco e il governatore, con cui ho parlato ieri, lavorino per fermare questo tipo di violenza e di distruzione senza senso. Questa non è una protesta. Questa non è una affermazione. Sono teppisti che approfittano di una situazione per i propri scopi e devono essere trattati come criminali”.

Barack Obama, 28 aprile 2015, all’indomani delle violenze esplose a Baltimora e altrove dopo la morte in seguito all’arresto da parte della polizia dell’afroamericano Freddie Gray, nel suo ruolo di presidente degli Stati Uniti.

Il governatore del Maryland, in base a queste parole in totale accordo con Obama, chiese e ottenne l’intervento nelle strade della Guardia Nazionale. Ovvero, di un corpo militare.

“Parlo ai milioni di americani che sono scesi in strada e hanno fatto sentire la loro voce, un’ondata di proteste che nascono da una legittima frustrazione. C’è un cambio di mentalità in atto, una maggiore consapevolezza che possiamo fare meglio. E questa non è conseguenza dei discorsi dei politici, ma il risultato diretto della capacità di così tanti giovani di mobilitarsi. La spinta dei giovani fa ben sperare per il futuro. Voglio che sappiate che voi contate, che le vostre vite contano, che i vostri sogni contano”.

Obama Barack, 3 giugno 2020, all’indomani delle violenze esplose a Minneapolis e altrove per l’uccisione da parte della polizia dell’afroamericano George Floyd.

Giovanni Sallusti, 6 giugno 2020, qui l’articolo completo.

Poco importa che del comportamento del poliziotto debba rispondere il capo della polizia, che è nero. Poco importa che sopra il capo della polizia ci sia il sindaco, democratico, e che tutta la trafila di comando del Minnesota sia democratica, poco importa che tutto dipenda dal governo dello stato e non da quello centrale: superior stabat lupus, ma l’acqua l’ha sporcata Trump.

E concludo con una illuminante sintesi di

Angelo Michele Imbriani

In due anni: sono corsi a Lampedusa e hanno messo le magliette rosse; le hanno tolte; sono diventati gretini con le borraccette di alluminio; hanno gettato le borraccette di alluminio; si sono ammassati in piazza come sardine; dalla piazza sono andati al bar e hanno abbracciato cinesi durante gli aperitivi; sono usciti dal bar e hanno messo al bando lo spritz; hanno smesso di assembrarsi e hanno praticato il “distanziamento sociale”. Hanno cantato Bella ciao dal balcone. Infine, si sono messi in ginocchio. Penso per vedere dove gli fosse caduto il cervello. Non l’hanno trovato.

In una cosa, caro Angelo Michele Imbriani, ti sbagli: il cervello non può essergli caduto. Confermano, comunque, di appartenere a pieno titolo al XXI secolo
offended
barbara

2084

Che prende chiaramente le mosse dall’antenato orwelliano nel dipingere l’incubo di un totalitarismo che incatena anche il pensiero. E se nel primo il modello era il comunismo staliniano, qui è chiaramente l’islam, con un dio che si chiama Yölah e il suo delegato che fabbrica le leggi man mano che servono e la Giusta Fraternità. Anche qui abbiamo una nuova lingua che ha cancellato la precedente, e abbiamo una guerra perenne, in cui “noi” siamo perennemente vincitori – ma se abbiamo vinto com’è che la guerra continua? Il popolo non se lo domanda, come non si domanda perché sia vietatissimo avvicinarsi al confine (quale confine, se il mondo è tutto nostro?), ma anche qui, come nell’altro, una mente che sfugge alla dittatura del pensiero unico obbligato e nota le crepe e si pone domande, c’è. È un libro bello e potente, tanto quanto il predecessore, con una forse ancora più accurata indagine psicologica nel seguire i pensieri di una mente semplice ma, grazie anche alle circostanze, non ottusa. Forse, chissà, a mantenere non del tutto inerte la sua mente ha giocato anche il fatto di essere stato di aspetto piacevole, con la conseguente necessità di ingegnarsi in tutti i modi per sfuggire alle grinfie di uomini vogliosi – senza peraltro grande successo.

Quando raddrizzava le spalle, chiudeva le labbra sui denti guasti e si concedeva un sorriso, poteva passare per un bell’uomo. Di sicuro lo era stato, ancora ricordava quanto ciò lo avvilisse perché la bellezza fisica è una tara, gradita al Rinnegato, attira irrisioni e violenze.
Nascoste dietro gli spessi veli e i burniqab, compresse dai bendaggi e sempre ben custodite nei loro spazi, le donne non soffrivano troppo, ma per gli uomini dotati di una certa avvenenza era un supplizio continuo. Una barba incolta imbruttisce, modi rozzi e un abito da spaventapasseri risultano sgradevoli, ma purtroppo per Ati quelli della sua razza erano glabri di pelle e gentili di modi, e lui lo era particolarmente, con in più una timidezza da giovincello che faceva venire l’acquolina in bocca ai tizi grandi, grossi e sanguigni. Ati rammentava la propria infanzia come un incubo. Non ci pensava più, la vergogna aveva innalzato un muro. Solo in sanatorio, dove gli ammalati abbandonati a se stessi davano libero sfogo agli istinti più bassi, gli era tornata in mente. Soffriva vedendo i poveri ragazzini scappare e divincolarsi, ma tale era la persecuzione che finivano per cedere, non potevano resistere alla brutalità degli aggressori e alle loro astuzie. Di notte li si sentiva gemere da spezzare il cuore. Ati aveva perso la speranza di capire come mai il vizio proliferi proporzionalmente alla perfezione del mondo.

Tuttavia una differenza rispetto al precedente c’è: se lì la cupezza disperata pervade tutto, senza una possibilità, neppure teorica, di sfuggire, senza un dove in cui sfuggire e alla fine il sistema riesce a saldare tutte le crepe e spegnere fino all’ultima scintilla di pensiero, qui, se non proprio una speranza, almeno la speranza di una speranza rimane. Non sappiamo se quel dove esista, e nel caso esista se sia possibile raggiungerlo, e nel caso sia possibile raggiungerlo, se il nostro eroe ci sia riuscito, ma la possibilità non è esclusa. Certo, per non far morire quel barlume di speranza, bisogna lottare, lottare tanto, con tutte le proprie forze, essendo pronti a mettere in gioco tutto. (Noi siamo pronti a farlo?)

Boualem Sansal, 2084 La fine del mondo, Neri Pozza
2084
barbara