“E’ vietato dire che solo le donne possono avere figli?”
E nello stupido terrore intellettuale in cui siamo piombati una deputata inglese del Labour finisce alla gogna. Ma se le femmine non esistono, i maschi Talebani chi cancellano?

La deputata laburista Rosie Duffield ha vinto il suo seggio a Canterbury nel 2017. Era stato un feudo Conservatore per un secolo. Ora, scrive il Telegraph, si scopre che Duffield non può partecipare alla conferenza del Partito Laburista alla fine di questo mese, “a causa delle minacce alla sua sicurezza”. Il suo “crimine”, o sarebbe meglio dire il suo “psicoreato” alla George Orwell? Affermare che solo le donne possono avere figli. Molti ora la vogliono fuori dal partito. Duffield è stata assalita online dopo aver messo un like a chi contestava un post della Cnn che si riferiva a “individui con una cervice”. Duffield ha reagito dicendo: “Sono ‘transfobica’ per sapere che solo le donne hanno una cervice…?”. Lo è per i colleghi di partito. Duffield, racconta il Times, ha ricevuto numerose minacce di morte e ammette di aver iniziato a provare paura camminando per strada. “C’era la foto di un’impiccagione simulata. . . e qualcuno ha detto: ‘Vorrei poter photoshoppare Rosie Duffield in questo’”.
Minacce alle sicurezza a una donna per aver espresso un’idea? Sì, e anche più di una. Selina Todd, professoressa di Storia moderna all’Università di Oxford e femminista critica del gender, deve fare lezione con le guardie del corpo. In Inghilterra, la più antica democrazia al mondo.
J. K. Rowling, minacciata di morte da un anno, ha twittato a sostegno di Duffield e l’hashtag #IStandWithRosieDuffield era di tendenza su Twitter.
La realtà, purtroppo, non sembra essere più di moda. “Anche i trans possono avere le mestruazioni”, ha scritto Alexandria Ocasio-Cortez, la stellina del Partito Democratico americano. In questo ridicolo e spaventoso terrore intellettuale in cui siamo piombati è pericoloso per una donna ricordare che la differenza sessuale è reale.
“Chiunque dica che esistono maschi e femmine è intimidito”, spiega Claude Habib, docente alla Sorbona, saggista e scrittrice, nell’ultimo dossier su Le Débat pubblicato da Gallimard. “La specie umana è composta da due sessi: come mai una posizione così banale, così ragionevole, è stata esclusa dal dibattito? Come spiegare che la maggioranza è stata espropriata senza il diritto di formulare ciò che pensa?”.
E a finire sotto attacco sono tante donne, laiche e cristiane, per lo stesso reato intellettuale.
La celebre biologa di Harvard Carole Hooven è finita sotto attacco dopo aver affermato che il sesso biologico è reale e difeso l’uso di termini come “donne incinte” e “maschio e femmina”. La Royal Academy of Arts in Inghilterra ha censurato e ritirato il lavoro di un’artista nata nella DDR dopo averla accusata di “transofobia”. Jess de Wahls è risultata in “conflitto” con i valori della celebre istituzione britannica a causa della critica all’“ideologia dell’identità di genere”. Päivi Räsänen, ex ministro dell’Interno finlandese, oltre che leader della Democrazia cristiana dal 2004 al 2015, è stato accusata di “crimini d’odio” e dovrà affrontare un processo per aver detto “maschio e femmina li creò”. Anche Lidia Falcón, presidente della Confederazione delle organizzazioni femministe e fondatrice del Partito femminista spagnolo nel 1979, è stata trascinata in tribunale per “transfobia” e ha raccontato: “È così che ci troviamo in questa distopia”.
Quando i giocatori di colore della nazionale di calcio inglese agli Europei sono stati offesi online, tutta la politica britannica ha chiamato all’azione. “Diversità” e “inclusione”, è stato detto. Ma, nel 2021 e nel tempo in cui si dice “segui la scienza”, se una donna dice che solo le donne possono avere figli, finisce nei guai.
Strano tempo, in effetti, in cui le donne afghane ai cancelli dell’aeroporto di Kabul implorano l’Occidente: “Salvate noi donne”. E in Occidente qualcuno risponde: “Tranquilla, ridefiniremo il concetto di ‘donna’ per includere anche gli uomini”.
Giulio Meotti
Mettetela come vi pare, ma da qui non si scappa:
Poi, volendo, ci sarebbe anche quest’altra cosa qui.
“Strane femministe, chiamate fascista chi critica il gender ma non i Talebani”
Una famosa scrittrice pakistana irride Judith Butler e compagne. “Come traducete ‘genere’ e ‘femminilità percepita’ a una donna afghana picchiata per strada?”
In Afghanistan, i Talebani ieri hanno eliminato il “Ministero per gli Affari femminili” per sostituirlo con il “Ministero per la prevenzione del Vizio e la promozione della Virtù”, hanno riaperto le scuole superiori per i maschi ma non per le femmine e, affermando che le donne non possono lavorare al fianco degli uomini, si apprestano a bandire il lavoro femminile in tutti gli uffici. Tre esempi di come gli “studenti coranici”, dopo vent’anni di tenue ma sostanziale libertà sotto l’egida occidentale, vogliono far sparire le donne dalla vita pubblica (quando non le uccidono per strada). Bina Shah è una famosa scrittrice pakistana tradotta in tutto il mondo. Pubblico questo suo saggio che sta facendo molto discutere e che irride le neofemministe occidentali come Judith Butler, la madrina del gender che insegna a Berkeley, che ha criticato il tentativo di liberare le donne afghane e che sul Guardian ha appena affermato che “la categoria di donna va ridefinita” per includervi chi “si percepisce” tale. Ma le afghane, accusa Shah, sono oppresse proprio a causa del loro corpo femminile reale, non percepito. Bina Shah sembra avere un contatto con la realtà più forte di tante occidentali.
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Ho scritto un tweet arrabbiato: “Ho solo bisogno di sapere come si applica la definizione di donna di Judith Butler alle afgane che vengono picchiate per strada dai talebani. Ha mai considerato che le sue idee non si adattano alla vita delle donne nel Sud del mondo?”.
Ho pubblicato il tweet dopo aver letto dell’ormai famigerata intervista al Guardian in cui Butler ha affermato che le TERF (femministe radicali trans escludenti) si alleano con i ‘fascisti’. Questo dibattito sui diritti trans e sull’identità di genere sembra così lontano dalla realtà vissuta da me e da milioni di donne.
Ma è stata l’affermazione di Judith Butler che ‘dobbiamo ripensare alla categoria delle donne’ che mi ha fatto andare avanti. E arriva nel momento in cui ho visto donne afghane picchiate dai talebani mentre protestavano per i loro diritti, per la sicurezza e per la libertà di lavorare e studiare.
In Afghanistan (esempio estremo) ma anche in Pakistan, dove vivo, in India, Nepal, Bangladesh, paesi del Medio Oriente, Nord Africa, le donne (o le ‘persone con corpi femminili’) vengono maltrattate, vessate, aggredite e uccise non solo perché hanno corpi femminili, ma perché si rifiutano di consegnare quei corpi agli uomini per farne ciò che vogliono.
Poiché questo possesso di corpi femminili è assolutamente legato alla biologia femminile, alla produzione di bambini e al conforto sessuale per quegli uomini, separare il sesso dal genere nega completamente questa forma di oppressione che è enormemente offensiva per tutte noi che stiamo ancora lottando per porre fine alla discriminazione basata sul sesso nei nostri paesi.
Immaginate una donna musulmana nel Regno Unito che sfugge a un matrimonio violento e alle minacce di un delitto d’onore. Va in un rifugio dove si sente al sicuro perché è uno spazio per sole donne. Non solo perché è lontana dal regno della violenza maschile, ma perché come donna musulmana non si sente a suo agio nel condividere gli spazi intimi con un uomo.
Ma se una donna trans con un pene si trova nello stesso spazio, all’improvviso quella donna musulmana non è in grado di togliersi l’hijab o spogliarsi perché non può fare quelle cose di fronte a una persona con un corpo maschile che non sia un membro della famiglia. Non è un’ipotesi, ci sono donne musulmane, sikh e indù che ora sono escluse dagli spazi femminili perché la definizione di ‘donna’ è cambiata per includere le donne con il pene.
Le ragazze e le donne afgane hanno dovuto travestirsi da uomini per poter uscire di casa, guadagnarsi da vivere o svolgere lavori vitali sotto i talebani. Si chiamerebbe ‘fare il genere’, come dice Judith Butler, o è una strategia di sopravvivenza?
Temo che gli attivisti per i diritti trans si stiano comportando come imperialisti occidentali, imponendoci le loro idee di sessualità. Io non voglio il colonialismo di genere nel XXI secolo. E voi?
Giulio Meotti
Neanche noi lo si vorrebbe, ma al mercato delle vacche, si sa, vende meglio chi grida più forte.
barbara