CARBONE E I SUOI FRATELLI

Il futuro è fossile. Il libro di Alex Epstein per cambiare approccio su energia e clima

“Lo sviluppo umano richiede più petrolio, gas e carbone, non meno”. Ecco l’approccio più efficace per contrastare le false premesse e le aberrazioni della narrazione green

Alex Epstein non fa un lavoro qualunque. Il suo è un lavoro inusuale, che certamente molti considerano inutile: Alex Epstein è un filosofo. Un filosofo “pratico”, come ama definirsi, qualcuno che di lavoro pensa al modo in cui si pensa, e a come questo pensiero si applica alla vita pratica.

Da Rockfeller ad oggi
Nel 2007, ad Alex viene chiesto di scrivere un lungo articolo sulla storia dell’antitrust nel suo Paese, gli Stati Uniti, e nelle sue ricerche si imbatte nella figura di John D. Rockefeller e ne rimane folgorato, comprendendo il ruolo eroico che il magnate ebbe per la società americana della seconda metà del XIX secolo.
Nel giro di pochi anni, infatti, “la società agraria rurale di tutti gli Stati Uniti passò dal buio alla luce” grazie al petrolio bianco di Standard Oil, che permise di migliorare l’illuminazione delle case in quel periodo in cui l’elettricità e la lampadina non erano ancora state inventate.
Epstein è diventato un esperto nel campo dell’energia iniziando a studiare un vero eroe della società moderna e come questo eroe sia stato poi gettato nel fango e dipinto come un criminale.
È passato più di un secolo da allora e oggi ai piedi del patibolo ci sono i combustibili fossili, che a detta di molti stanno distruggendo il mondo e la società in cui viviamo. Dunque, prima ce ne sbarazziamo, meglio sarà per tutti.
Epstein non concorda con questa visione e nel suo ultimo libro “Fossil Future” (Penguin Random House, 2022) usa la filosofia come chiave di lettura – in aggiunta a scienza, tecnologia, economia e tanto buon senso – per confutarla.
Già nel 2014, Alex Epstein, con la pubblicazione del suo best-seller “The Moral Case for Fossil Fuels” guadagnò una certa popolarità proponendo un titolo quasi sacrilego: come è possibile, infatti, che qualcuno osi mettere nella stessa frase “moralità” e “combustibili fossili”?
Nel nuovo libro “Fossil Future”, forte di anni di esperienza e studio del contesto in cui opera il movimento anti-combustibili fossili, Epstein ci offre nuove interpretazioni molto più approfondite e convincenti per comprendere uno dei miracoli dell’ingegno umano, il vero sangue che nutre la nostra moderna società libera e produttiva, e cioè lo sfruttamento delle fonti fossili: carbone, petrolio e gas.

L’importanza del contesto
Da filosofo qual è, il suo è un approccio radicalmente differente nel modo di pensare. Innanzitutto, si preoccupa di chiarire il “framework”, cioè la struttura logica dalla quale si sviluppa il pensiero, dato che nella stragrande maggioranza dei casi è questo il fattore che influenza in modo importante ogni discussione.
Per Epstein il contesto è fondamentale e la questione si può riassumere così: quando facciamo delle considerazioni su qualunque cosa, l’uso dei combustibili fossili ad esempio, o l’utilità delle “rinnovabili verdi”, siamo sicuri di avere considerato il contesto nella sua completezza?
La sua tesi è che in questo specifico ambito ciò non avvenga mai. E lo dimostra il fatto che carbone, petrolio e gas siano accusati di ogni possibile malefatta, senza che gli venga mai riconosciuto di dare alla società alcunché di buono, di positivo. Al massimo qualcuno molto raramente concede che “in passato i combustibili fossili hanno permesso alla società di migliorare”.
Un ottimo esempio di come il contesto non venga considerato in maniera completa è il libro del famoso scienziato Michael E. Mann, che nel suo libro “La Terra Brucia” (2017) elenca una serie di scenari drammatici legati all’agricoltura ed evidenzia il contributo a suo avviso tragico dei combustibili fossili nel fenomeno del riscaldamento globale.
Ebbene, Mann non dedica nemmeno una parola al ruolo fondamentale che la meccanizzazione e l’uso di fertilizzanti sintetici, grazie ai combustibili fossili, hanno avuto in un settore chiave come l’agricoltura negli ultimi 50 anni in tutto il mondo.
Solo considerando il contesto nella sua completezza, cioè valutando gli effetti positivi come quelli negativi, quando paragoniamo diversi modi di produrre energia, possiamo arrivare ad un confronto ragionevole ed esaustivo. Eppure questo non avviene praticamente mai. Perché?

La struttura logica
È qui che entra in gioco un altro fattore fondamentale, che Epstein chiama “framework”, e cioè la struttura logica dalla quale muove qualsiasi ragionamento. Ogni struttura logica parte da determinati assunti, ma molto spesso questi assunti sono impliciti, anziché essere resi espliciti e condivisi tra coloro che intendono discutere di uno specifico tema, ed influenzano anche inconsapevolmente il modo in cui si ragiona e si discute.
Epstein ritiene questo aspetto così importante da dedicargli la prima parte del libro, i primi tre capitoli. La mancanza di chiarezza sulla struttura logica rende possibili aberrazioni del pensiero comune che vediamo regolarmente in ogni discussione su clima, ambiente ed energia.
Come, appunto, la negazione di ogni ruolo benefico dei combustibili fossili, o rappresentare con tinte fosche, addirittura catastrofiste, qualsiasi effetto che il “cambiamento climatico” – che Epstein non nega affatto – sta avendo sul pianeta e sulla società nella quale viviamo, tralasciando qualsiasi potenziale effetto neutro, o finanche positivo.

La falsa premessa del “pianeta perfetto”
La sua tesi è che il “sistema di conoscenza” dal quale la stragrande maggioranza della popolazione riceve informazioni è composto da entità tutte allineate secondo una medesima struttura di ragionamento, la quale dà per scontato che l’essere umano stia avendo un impatto negativo sul pianeta e che il pianeta, per essere mantenuto “come si deve” dagli esseri umani, dev’essere assolutamente intoccato, perché perfetto così com’è, senza che l’uomo abbia mai fatto nulla di buono.
Emerge quindi una falsa dicotomia tra l’impatto negativo dell’uomo, da eliminare ad ogni costo, e la “premessa del pianeta perfetto” come pietra angolare di ogni discorso legato al clima e all’ambiente. In buona sostanza, il pianeta è perfetto così com’è ed ogni cosa che l’uomo può fare avrebbe un impatto negativo e va quindi rigettata.
Il problema è che questa “premessa del pianeta perfetto” è talmente radicata nella visione comune – basti pensare all’identificazione del pianeta come se fosse un essere umano “con la febbre”, oppure alla definizione del nostro pianeta come “madre Terra” – e instillata nelle menti dei nostri figli sin dai primi giorni di scuola, o già in famiglia, che diventa molto difficile da mettere in discussione, perché data per scontata.

Una diversa prospettiva
Eppure, in “Fossil Future” Alex Epstein riesce a metterla in discussione in modo molto convincente proprio perché parte da una diversa struttura di idee, che mette l’uomo ed il suo benessere al primo posto.
Una struttura che egli definisce “human flourishing framework”, cioè quell’insieme di idee e di comportamenti che hanno permesso lo sviluppo della società umana da quella tribale ed agraria, che per millenni ha permesso ai pochi uomini sul pianeta di sopravvivere, fino a quella dei giorni nostri, con un pianeta reso sempre più ospitale grazie alla collaborazione, al commercio, alla scienza, alla tecnologia, alla compassione, e all’energia che come esseri umani sappiamo dedicare alle idee nelle quali crediamo.
“Human flourishing” è quindi lo sviluppo umano ed Epstein chiarisce molto bene quanto sia direttamente legato all’uso di energia sempre più densa ed affidabile, ma anche meno costosa e facilmente disponibile per tutti, in modo che ogni essere umano possa beneficiare del lavoro di macchine che lo aiutino a fare ogni cosa.
Macchine che funzionano tutte grazie all’energia che sappiamo trovare, estrarre, lavorare e convogliare verso le case, gli uffici, le fabbriche, gli ospedali, i centri di ricerca, gli stadi, i musei, ed ogni costruzione che ci permette di vivere meglio e più a lungo.
Se questa prima parte del libro può apparire distante dal tema energia e clima, ben presto si comprende come sia fondamentale per fissare con chiarezza proprio quella struttura logica di idee e di valori fondamentali per scendere poi nel dettaglio delle questioni più controverse.

Il bias del “sistema di conoscenza”
La seconda parte del libro è infatti dedicata ai benefici dell’uso delle fonti fossili nella nostra vita quotidiana da ormai oltre un centinaio di anni. Tale uso è talmente integrato nelle nostre vite che non ce ne accorgiamo praticamente mai, tranne forse quando facciamo rifornimento o paghiamo le bollette.
Ma le fonti fossili giocano un ruolo fondamentale in ogni ambito e attività nella nostra moderna società. E qui Alex Epstein punta il dito contro un “sistema di conoscenza” che chiaramente si prefigge di mettere in cattiva luce ogni aspetto dei combustibili fossili (dal ruolo negativo di “Big Oil” all’inquinamento, con gli sversamenti accidentali di petrolio in mare, fino all’aumento dei prezzi e ad una presunta scarsità di carbone, petrolio e gas – tutti aspetti che dovrebbero convincerci a “lasciarli sotto terra”) e, invece, di occultarne qualsiasi beneficio.
Epstein dedica molta attenzione al “sistema di conoscenza”, descrivendo come è composto e come lavora contro il nostro stesso interesse. Pur riconoscendo il ruolo fondamentale degli esperti e della libera ricerca, i problemi emergono nella fase di sintesi, quando enti come l’IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite), o le tante università e centri di ricerca che vivono di fondi di ricerca assegnati dai governi, troppo spesso compiono gli stessi identici errori di “framework” già descritti.
Com’è possibile che in un rapporto IPCC di svariate migliaia di pagine non venga mai menzionato un effetto positivo dell’uso dei combustibili fossili, né un miglioramento della condizione umana? Per esempio, negli ultimi cento anni il numero di morti causate da eventi climatici è crollato del 98 per cento (dato elaborato da fonte EMDAT-CRED, Université catholique de Louvain), ma nessun documento dell’IPCC ne prende nota.

Se a livello di ricerca e di sintesi vengono omessi fattori importanti come questo, non ci dobbiamo poi stupire se i media di massa, come giornali e televisione, non riportano mai notizie positive su clima e ambiente, né propongono approfondimenti mirati ad accrescere la conoscenza su questi temi, ma si dispongono ad essere strumenti di una propaganda volta a terrorizzare chi ne sa poco, in particolare i giovani.
Se non si adotta un sistema di valori di riferimento favorevole allo sviluppo umano, nella fase di valutazione tutto può prendere una piega anti-umana, proprio a causa della “premessa del pianeta perfetto”, secondo cui l’essere umano può solo distruggere il pianeta, qualunque cosa faccia.

CO2 solo negativa?
Nella terza parte del libro Epstein si concentra sugli effetti, presunti o reali, delle fonti fossili sul clima e sull’ambiente, sottolineando come proprio grazie ad essi oggi siamo in grado di limitare e affrontare meglio anche l’impatto negativo del loro uso.
È in questa parte, sugli effetti della CO2, che troviamo fatti in controtendenza rispetto alla narrazione mainstream, contestati più da un punto di vista ideologico che tecnico o scientifico. Siamo sicuri, si chiede Epstein, che l’aumento della CO2 in atmosfera abbia solo aspetti negativi? È possibile che ci siano effetti tutto sommato neutri, o magari anche positivi?

Energia e libertà
Nell’ultima parte del libro Epstein sottolinea l’importanza del legame tra energia e libertà. Da una parte, la disponibilità di energia in assenza di libertà permette ai tiranni al potere di arricchirsi, tenendo la cittadinanza schiava e in povertà energetica.
Dall’altra, godere della libertà ma trovarsi in una condizione di povertà energetica porta poco lontano, perché l’unica prospettiva in questo caso diventa la mera sussistenza. Nella nostra civiltà occidentale nemmeno ci accorgiamo di quanto la disponibilità di tanta energia a basso costo sia fondamentale per il mantenimento del livello di vita e di libertà di cui beneficiamo oggi.

Un approccio pro-umano
L’ultimo capitolo, interessante per comprendere la forza di volontà e la convinzione che muove Epstein, è dedicato alla sua metodologia di persuasione, applicabile da chiunque per intavolare discussioni su qualsiasi tema. Epstein offre a tutti la ricetta per approcciare problemi complessi, ragionando in modo corretto e completo, e inserendo nel giusto contesto, quello pro-sviluppo umano, ogni informazione.
Qui Epstein torna a parlare di “framework”: è fondamentale reimpostare ogni discussione cambiando la struttura di idee che è sempre implicita, mai dichiarata. Se si ammette che il pianeta deve rimanere intoccato dall’uomo, e che ogni impatto è da evitare, si parte già in salita, si concede una superiorità morale a coloro i quali in realtà partono da una premessa anti-umana.
Se, al contrario, si riesce a impostare un approccio pro-umano in maniera esplicita, si vedrà che la stragrande maggioranza delle persone si troverà d’accordo. Se non si parte da un sistema di valori di riferimento condiviso tra chi sta argomentando su qualsiasi tema, la comunicazione diventa molto difficile, se non impossibile.
Ecco perché “Fossil Future” è a nostro parere un libro che insegna molto più a discutere in modo corretto di energia e clima. Anche se già arrivare ad avere una discussione basata su logica e ragione su questi temi sarebbe un immenso passo avanti.
Luca Bertagnolio, qui.

Probabilmente queste cose le sanno anche le vestali del pianeta da salvare, i Mosè della transizione energetica, i messia della regressione felice: molto semplicemente il loro obiettivo non è salvare il pianeta, che non ha alcun bisogno di essere salvato, meno che mai da degli idioti, ma semplicemente di distruggere noi. Poi ovviamente c’è il solito branco di topi lobotomizzati che seguono il pifferaio magico senza accorgersi dell’abisso verso cui li sta trascinando.
Ogni tanto si legge che la terra “è stata progettata per tre miliardi di persone”. Ora, le possibilità sono due:
1: la terra – come tutto il resto – è stata progettata e creata da Dio, il quale ha detto “Prolificate e moltiplicatevi” e non ha aggiunto “e arrivati a tre miliardi fermatevi”, e quindi la storia della terra progettata per tre miliardi di persone è una colossale puttanata;
2: la terra – come tutto il resto – non deriva da nessun progetto, è frutto del caso, della casuale combinazione di atomi con tutto quel che segue, e la vita sulla terra, è a sua volta frutto del caso, della casuale combinazione di aminoacidi eccetera eccetera, e quindi la storia della terra progettata per tre miliardi di persone è una colossale puttanata. Tertium non datur: fatevene una ragione. E il carbone, intenzionalmente creato o frutto del caso che sia, è uno dei doni più benefici che ci siano stati dati.

barbara

FRIDAY FOR FUTURE

Si è dunque svolto lo sciopero per la terra, per il nostro futuro, per la nostra casa che è in fiamme, sciopero di protesta contro l’intero establishment che ci sta mandando a morte senza muovere un dito, per commentare la quale rubo le parole a Giuliano Guzzo:

UNA DOMANDA

Cari studenti, cari giovani, cari ragazzi che avete riempito 180 piazze italiane (così recitano i titoloni, che pigramente prendo per buoni), una domanda. Una sola. Forse non ve ne siete accorti, ma oggi avete manifestato con l’indiscutibile favore, nell’ordine: dei media – che da settimane ci rompono gli zebedei con i Fridays for future -, del governo – che ha inauditamente intimato alle scuole di ritenervi assenti giustificati – e di larghissima parte dei cosiddetti opinionisti, che così vengono chiamati, vien da pensare, non perché esprimono un’opinione ma perché ripetono tutti la stessa.
Avete quindi sfilato, dicevamo, con questi appoggi immensi e sulla scia della figlia di una cantante e di un attore, una in odore di premio Nobel, un’amica di prìncipi monegaschi pronti a ospitarla in barca, una accolta con baci e abbracci nelle cancellerie di mezzo mondo. Ora, ecco la domanda: in tutto ciò dove sarebbe la ribellione? Dov’è finito il vostro anticonformismo? Non vi puzza che ad appoggiare il vostro cambiamento del mondo sia chi già lo comanda? Siete quindi proprio sicuri che, anziché cogliere un’occasione, non stiate seguito un copione? Non saranno belli come i sogni di cui vi hanno derubato ma spero possiate comunque apprezzarli, questi dubbi.
Giuliano Guzzo (qui)

E come si è svolta questa manifestazione contro l’inquinamento in nome della coscienza ambientalista? Una testimonianza arriva da “Erasmo”:

Oggi, Milano bloccata dalla manifestazione per il clima. Suppongo anche le altre città. Migliaia di macchine ferme in coda, col motore acceso. I gretini inquinano [sì, lo dice anche Sallusti]. Poi ho visto il filmato di piazza Duomo. Tutti arrampicati sul monumento (incivili) mentre davano fuoco a una palla di cartapesta (incivili).
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E chissà com’era la piazza dopo che sono andati via.

Questo te lo faccio vedere io
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Sbaglia però chi crede che questi giovani abbiano da proporre solo critiche e non soluzioni: ne hanno parecchie, invece, di idee su come salvare la Terra:
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Ne aggiungo due, di cui manca la documentazione fotografica, riferite da Giulio Meotti:

Ci piace il buco ma non dell’ozono, ride dicks not cars (per i non anglofoni: cavalcate i cazzi, non le auto. Ma vale anche per i signori? Tutti tutti senza eccezione?)

Oltre ai preziosi suggerimenti, impariamo, ad osservare le immagini di questa memorabile giornata, altre cose interessanti, per esempio che Homo Sapiens non è stato il primo essere pensante del pianeta,
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(ma se avessero pensato diversamente, avrebbero trovato il modo per evitare il meteorite?), o che il tempo corre maledettamente veloce: pensate, appena cinque mesi fa avevamo ancora 12 anni, e adesso siamo già scesi a 11!
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Qualcuno ha anche provveduto a ricordare ai ragazzi una quisquilia a cui forse non avevano fatto caso
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Io comunque darei il Nobel per l’onestà (come? Non esiste? E inventatelo, per la miseria!) al ragazzino che portava un cartello con su scritto:
“Greta mi sta sul cazzo ma avevo 2 ore di matematica”.

Passo a due prese di posizione decisamente serie

Voi siete la prima generazione che ha preteso l’aria condizionata in ogni sala d’aula; le vostre lezioni sono tutte fatte al computer; avete un televisore in ogni stanza; passate tutta la giornata a usare mezzi elettronici; invece di camminare a scuola prendete una flotta di mezzi privati che intasano le vie pubbliche; siete i maggiori consumatori di beni di consumo di tutta la storia, comperando in continuazione i più costosi capi di abbigliamento per essere ‘trendy’; la vostra protesta è pubblicizzata con mezzi digitali e elettronici.
Ragazzi, prima di protestare, spegnete l’aria condizionata, andate a scuola a piedi, spegnete i vostri telefonini e leggete un libro, fattevi un panino invece di acquistare cibo confezionato.
“Niente di ciò accadrà, perché siete egoisti, mal educati, manipolati da persone che vi usano, proclamando di avere una causa nobile mentre vi trastullate nel lusso occidentale più sfrenato. Svegliatevi, maturate e chiudete la bocca. Informatevi dei fatti prima di protestare”. un giornalista di SkyNews Australia (per la verità mi disturba un po’ che l’autore non sia identificato, ma le osservazioni mi sembrano comunque condivisibili

Cara Greta, non ti ho rubato proprio niente

Alessandro Sallusti – Mer, 25/09/2019

«Come osate, avete rubato i miei sogni e la mia infanzia, io non vi perdono», ha tuonato ieri l’altro la giovane ecoattivista Greta rivolta ai grandi del mondo, riuniti all’ assemblea dell’ Onu, perché a suo dire «siamo all’inizio di un’estinzione di massa».
In effetti non siamo messi bene, ma tutti gli studi provano che siamo messi molto meglio del passato e che il futuro che ci attende è meglio di quanto si possa pensare.
Qualche esempio. Un milione e ottocentomila bambini muoiono ogni anno nei paesi in via di sviluppo, a causa della diarrea da acqua insalubre e da condizioni igieniche inadeguate. Non è una strage del progresso, è il suo opposto, cioè parliamo di persone ancora non toccate dal progresso, dalle tecnologie, impossibilitate a raggiungere gli ospedali più vicini per mancanza di strade, di auto, di aerei, in sintesi di tutto ciò che Greta vorrebbe mettere all’indice con la sua retorica da professorina.
Ciò nonostante le generazioni che Greta «non perdona» qualcosa hanno fatto. La mortalità infantile in quegli stessi paesi nel 1980 era del 20 per cento, oggi è pressoché dimezzata e la percentuale di persone denutrite dal 1970 a oggi è scesa dal 35 al 15 per cento, prova che è il progresso, con la sua sempre maggiore mobilità di persone e merci che può togliere l’uomo dal degrado ed evitare le catastrofi. Oggi – come documenta una ricerca pubblicata in America da Peter Diamandis – un guerriero masai con un cellulare dispone della stessa connettività con il resto del mondo che il presidente degli Stati Uniti aveva solo pochi anni fa, nel 2005.
Il progresso inquina? Certo, ma le nostre generazioni sono state capaci di passare dal fuoco al carbone ai pannelli solari in cent’anni, dai calessi alle auto a gasolio a quelle elettriche in cinquanta attraverso errori non evitabili. Thomas Edison raccontò di avere inventato la lampadina dopo avere fallito mille volte di fila. E, accusato di questo, rispose: «Io non ho fallito, ho solo scoperto mille modi che non funzionano».
I predecessori di Greta non sono stati – non siamo stati, parlo della mia generazione – «ladri di sogni» ma sognatori che hanno combattuto – e in buona parte sconfitto – la malvagità degli uomini e migliorato il mondo, in una corsa a tappe tuttora in corso. Non sarà Greta a rubarci questi meriti e vediamo se i gretini saranno altrettanto capaci. Occhio, che per farlo più che manifestare serve studiare. (qui)

E per concludere, le immancabili “varie ed eventuali” (se un governo può convocare un consiglio dei ministri con solo le varie ed eventuali come ordine del giorno, non posso metterle io come aggiuntina a un post decisamente corposo?) Comincio coi dentini di Greta,
denti
con la speranza che passi di qui un dentista per dirmi se la mia impressione che siano denti da latte è giusta o sbagliata. Passo al pasto gretinico in treno:
ciboplastica
Qualcuno ha commentato che viaggiando, i cibi industriali confezionati e trasportati in contenitori di plastica non hanno alternative. Cosa sicuramente (quasi) vera per chi viaggia per lavoro, senza il quale non può mantenere la famiglia, non per chi non solo sceglie di viaggiare, ma per farlo disattende anche un preciso dovere. E concludo con due immagini a confronto.
Grant_DeVolson_Wood_-_American_Gothic
Malena-Ernman-Greta-Thunberg
(dove tra l’altro si vede quanto è racchia la mamma senza photoshop)

barbara

RUTH

Eccola
Ruth F
Si muove. Sta in piedi. Cammina col solo aiuto di un bastone e riesce anche a fare le scale. Muove la mano sinistra così agilmente da compensare, almeno in parte, la temporanea (sì, sono sicura che sarà solo temporanea) latitanza della mano destra. E, soprattutto, la sua testa funziona come meglio non potrebbe.

barbara