QUELLA POVERA SCUOLA FATTA DI COPERTONI

E i soliti cattivi israeliani che la vogliono distruggere. Solo che le cose non stanno esattamente come ce le raccontano i nostri mass media, sempre tanto simpatetici con i peggiori soggetti e le peggiori cause. E per chiarirci un po’ le idee su come stanno, lo faccio spiegare da Ugo Volli.

Il senso dello scontro intorno a un villaggio di qualche decina di beduini in un posto assai speciale

La storia della cosiddetta “scuola di gomme” esempio classico della disinformazione in chiave antisraeliana

Khan al-Ahmar. Israele combatte tre guerre contemporanee sul suo territorio e nei dintorni – oltre alla grande guerra politico-diplomatica che si svolge sui media, nelle assemblee internazionali, in molti parlamenti e università occidentali, in definitiva nelle menti e nei cuori dei cittadini dell’Occidente che dovrebbero essere naturalmente alleati e solidali con un paese democratico che lotta da settant’anni contro forze barbariche preponderanti, e invece subisce un continuo lavaggio del cervello per essergli ostile, che risveglia i vecchi demoni dell’antisemitismo europeo.
Le tre guerre territoriali ma indipendenti sono legate fra di loro, com’è naturale, ma anche diverse per protagonisti e metodi. La più nota è quella di Gaza, dove Hamas usa tutti i mezzi che trova (rapimenti, attacchi terroristici diretti, tunnel, missili, da ultimo assalti di massa contro la frontiera e palloni o aquiloni incendiari. Israele cerca di bloccarle questi assalti anche con la forza, ma non vuole un’escalation, che sarebbe costosa in termini di vittime arabe e di immagine per Israele, senza essere risolutiva.
La seconda guerra, quella vera, si svolge al nord, soprattutto in Siria ma potenzialmente anche in Libano, contro l’Iran e i suoi satelliti, prima di tutto Hizbollah. Israele sta cercando di evitare che queste forze portino ai suoi confini armi tecnologiche e missili moderni e per farlo usa l’aviazione contro convogli militari e depositi di armi in tutto il territorio siriano. Ma usa anche i suoi rapporti politici con Trump e soprattutto con Putin per tentare di evitare una guerra regionale che è in grado di vincere ma non vuole, perché sarebbe assai dolorosa, con molte vittime civili.
Della terza guerra si parla poco, perché fa poche vittime ed è combattuta soprattutto nelle decisioni del governo e nelle aule di tribunale. E’ lo scontro per il controllo del territorio conteso in Giudea e Samaria. Non si tratta solo del terrorismo a “bassa intensità” (ma mortale, solo che colpisce con coltelli e veicoli più che con bombe). Ma anche della gestione fisica del territorio. Qui i nemici non solo solo gli arabi dell’autorità palestinese, ma altri meno sospettati. Ci sono le Ong antisioniste finanziate dall’estero, che si danno assai da fare, con l’appoggio di parte della stampa (innanzitutto Haaretz), delle forze politiche e intellettuali di estrema sinistra che in Israele non hanno peso elettorale ma strepitano molto e talvolta di parte della magistratura. Ma il nemico principale, in questa guerra, è all’estero. Non solo i vari movimenti Bds e di estrema sinistra, e non tanto più gli stati arabi ma diversi stati e l’Unione Europea in prima persona si impegnano in questa guerra.
La settimana scorsa c’è stata una scaramuccia importante. La posta in gioco è Khan al-Ahmar, un piccolo villaggio abusivo di qualche decina  di beduini che i diplomatici europei hanno aiutato ad istallare e che dopo una lunga battaglia giudiziaria arrivata fino alla corte suprema il governo ha ottenuto di far demolire (ma all’ultimo momento è venuta fuori ancora una sospensiva di qualche giorno). Si tratta di un caso importante. Innanzitutto perché è un esempio della sfacciata interferenza dell’Europa, che ha finanziato le costruzioni e ora pretende di impedire l’esecuzione di una sentenza. Chi immaginerebbe che l’UNASUR (l’organizzazione degli stati latinoamericani) finanzi la costruzione di case abusive per gli immigranti irregolari o proibisca all’Italia di abbattere quelle già costruite?
Ma la cosa più importante è la collocazione di questo villaggio. Si trova in una zona compresa nell’Area C degli accordi di Oslo, cioè sotto il controllo legale totale di Israele. Non tutti sanno che gli accordi firmati da Arafat per l’OLP dividevano Giudea e Samaria in tre zone: la “A” sotto totale controllo dell’Autorità Palestinese, comprendente città e villaggi dove vivono oltre il 90% dei residenti arabi, la “B” sotto controllo condiviso e la “C” che è interamente amministrata da Israele anche sul piano urbanistico.  Khan al-Ahmar sta in area “C” è dunque è giuridicamente incontestabile che i regolamenti urbanistici sono quelli israeliani, che non hanno mai consentito la costruzione di questo insediamento. Dunque l’Unione Europea, in maniera assolutamente coloniale, ritiene che la sua volontà politica di favorire gli insediamenti arabi superi non solo la legge israeliana ma anche gli accordi di Oslo, che pure ha sottoscritto.
Ma c’è di più.  Khan al-Ahmar si trova in un piccolo territorio chiamato E1, incuneato nei 5 chilometri in linea d’aria che separano Gerusalemme dal più popoloso insediamento ebraico in Samaria, Ma’alè Adumim. sulla strada per la valle del Giordano. Se questi campi diverranno villaggi arabi si conserverà l’accerchiamento virtuale della capitale israeliana che è stato il tema costante del conflitto con le forze arabe a partire dalla guerra del 1948. E’ ciò che i nemici di Israele chiamano “continuità del territorio palestinese. Se E1 sarà invece dell’ampliamento di  Ma’alè Adumim, unificandola al territorio municipale di Gerusalemme, l’assedio sarà rotto perché anche la strada per la Valle del Giordano, strategicamente essenziale, sarà interamente sotto controllo israeliano. Questo è il tema strategico della battaglia di  Khan al-Ahmar, non le stupidaggini propagandistiche sulla “scuola di gomme”, con cui le Ong antisraeliane hanno ottenuto anche finanziamenti del ministero degli esteri italiani, la cui utilità in quella posizione è scarsa anche se il villaggio fosse legale e destinato a restare lì. Israele del resto si è impegnato a fornire ai beduini dell’insediamento un’altra collocazione a pochi chilometri di distanza, completa di un vero edificio scolastico e di tutti gli impianti elettrici, l’acqua e le fognature che mancano a  Khan al-Ahmar. Ma non sarebbe dentro E1, che peraltro non è affatto il luogo di origine dei beduini, che anzi vi si sono insediati poco tempo fa. E gli interessati, influenzati dai diplomatici europei, si sono rifiutati anche di discuterne.
Il fatto è che l’Unione Europea e anche alcuni stati (innanzitutto la Francia, ma anche l’Italia fa la sua parte) e i diplomatici dei consolati a Gerusalemme, che fanno una politica diversa e più esplicitamente filoaraba delle ambasciate, ragionano in termini geopolitici e operano strategicamente come alleati dei nemici di Israele per trasferire il predominio sulla zona “C” all’Autorità Palestinese. E’ questo che intendono per “appoggio alla soluzione dei due stati”.  Peccato che questa non sia una soluzione del conflitto (gli arabi l’hanno sempre rifiutata), ma nelle loro intenzioni molte volte dichiarate, solo un passo della lunga guerra per la distruzione di Israele.

Ugo Volli su Progetto Dreyfus, 9 luglio 2018

Insomma, bruciati o no, i copertoni servono sempre per distruggere Israele.

barbara

L’OCCHIO ONESTO DI SINGAPORE

Le autorità di Singapore vietano un documentario su due giovani attiviste palestinesi

Per la sua ‘trama sbilanciata’
radiance-resistance
Il documentario ”Radiance of Resistance’ (La radiosità della resistenza) è stato prodotto nel 2016. Un documentario, incentrato sulla vita di due attiviste palestinesi adolescenti, è stato vietato dal governo di Singapore perché esplorerebbe il conflitto israelo-palestinese “in modo sbilanciato”.
Pubblicato nel 2016, “Radiance of Resistance” (La radiosità della resistenza) è stato diretto dal regista americano Jesse Roberts e avrebbe dovuto essere proiettato in occasione del Festival del Cinema Palestinese di Singapore, durante la prima settimana del gennaio 2018, ma è stato rimosso dal programma dopo che l’IMDA (L’autorità per lo sviluppo di informazione, comunicazione e media) lo ha giudicato “inadatto a tutte le categorie di pubblico”.
In base alla sintesi dell’opera, nel documentario si racconta la storia di Ahed al-Tamimi, allora quattordicenne, e della sua amica di nove anni Janna Ayyad:

L’intenzione di questo film era quella di gettare un sguardo intimo sulla vita quotidiana di queste due adolescenti e sulla loro importanza, in quanto nuova generazione di giovani palestinesi che si oppongono alla violenza.

Tamimi fece notizia nel dicembre 2017, quando fu accusata di aver schiaffeggiato un soldato israeliano. Il gesto fu filmato e il video trasmesso in rete diventò subito virale.
Non è chiaro se la decisione dell’IMDA sia stata in parte condizionata dal fatto che si trattasse di un caso di alto profilo, ma nella dichiarazione in cui spiegava la sua decisione di vietare la visione del documentario, l’ente sottolinea che ritiene “provocatoria la trama” del film:

La trama distorta del documentario è provocatoria e potrebbe causare disaccordi tra i rappresentanti delle diverse razze e religioni che vivono a Singapore […]
Presentando le due ragazze come modelli da emulare in un conflitto in corso, il film incita gli attivisti a continuare ad opporsi ai presunti [quale conforto vedere qualcuno chiamarli “presunti”! ndb] oppressori.  

Singapore e Israele hanno buone relazioni bilaterali, anche se Singapore mantiene rapporti amichevoli anche con l’Autorità Nazionale Palestinese. Nel 2017, il Primo Ministro di Singapore, Lee Hsien Loong, ha affermato che il conflitto israelo-palestinese è un “problema emotivo” soprattutto per i musulmani, facendo presente che i vicini di Singapore nel sud-est asiatico hanno popolazioni a maggioranza musulmana e che anche a Singapore vivono molti musulmani. Uno dei principi su cui si fonda Singapore è quello di mirare a creare una società multi-razziale armoniosa.

(Global Voices in italiano, via Notizie su Israele, 21 gennaio 2018)

Che ci sia ancora qualcuno capace di distinguere fra arte e propaganda, per giunta provocatoria, è cosa che ci regala un momento di graditissima tregua dai miasmi che tocca quotidianamente respirare.
Per chi fosse nuovo di queste parti e di queste tematiche, questa è l’attivista palestinese adolescente Ahed Tamini in una delle sue migliori interpretazioni, cinque anni fa (e si noti la folla di telecamere. Si noti la ragazzina che mette le mani sul mitra – che cosa sarebbe successo se fosse partito un colpo? A chi attribuita la colpa?- Si notino le persone adulte che spingono i bambini addosso ai corpi dei soldati).

Quest’altra invece è l’ultima della numerosa serie, poche settimane fa, quella per la quale ha finito per essere arrestata.

E non ci si lasci ingannare dai benevoli mass media che la fanno passare per una bambina o poco più: il mese prossimo la “piccola Ahed Tamimi” compie 19 anni.

E questa è sua sorella zia, Ahlam Tamimi, corresponsabile dell’attentato terroristico alla pizzeria Sbarro, 15 morti, fra cui sette bambini e una donna incinta – quindi in pratica 16 morti fra cui otto bambini – e 130 feriti,

liberata insieme a oltre mille altri terroristi dalle mani sporche di sangue (se il cannocchiale funziona, se no tornate a cliccare più tardi) in cambio della liberazione di Gilad Shalit, uno scambio talmente atroce da indurre una madre a rallegrarsi che gli assassini di suo figlio non siano stati trovati. Qui un breve spezzone di un’altra intervista con un altro “interessante” dettaglio.

barbara

CHI È CIECO E CHI È SORDO

Questo lavoro di dodici anni fa che ho trovato in rete mi sembra interessante per molti motivi, e perciò ve lo propongo. Interessanti le prime due parti in quanto utili a rinfrescare la memoria, e interessante in particolar modo la parte finale con le sue considerazioni cliniche.

Le réel n’est jamais une image de la réalité. Le réel est l’enigme. Le mot sanskrit qui dit l’enigme est le mot “brahman”. C’est un présent éternel et prodigiesusement actif. Il présente deux traits: il est incompréhensible, il est hallucinatoire.
(Pascal Quignard, Les Ombres errantes, Grasset, Paris, 2002, pag. 70.)

Cosa ne pensereste voi di questo tipo di situazione? Con la cadenza di circa una o due settimane al massimo, degli attentati terroristici fanno centinaia di morti fra dei civili italiani, fra bambini che vanno a scuola, fra lavoratori che prendono l’autobus, fra giovani che ballano in discoteca, nelle strade più alla moda come Via Montenapoleone a Milano o Piazza di Spagna a Roma… Degli attentati colpiscono gli italiani ovunque si trovino, anche all’estero, in località turistiche le più diverse, con bombe negli alberghi, missili contro aerei civili in volo, lancio di granate nei check-in Alitalia dei più diversi aeroporti… Un gruppo di terroristi, individuato come tale e che ammette di esserlo, per sfuggire alla cattura prende in ostaggio dei civili innocenti, occupa San Pietro a Roma e si asserraglia insieme ai sacerdoti presi anch’essi in ostaggio
per quaranta giorni, minaccia di fare saltare per aria tutto e tutti se non ottiene l’impunità. La nostra polizia scende a patti con loro e tutto si risolve con la loro espulsione all’estero.
Negli ultimi due anni sono morti in attentati terroristici oltre 13.000 (!!!) Italiani. Lo stato italiano ha cercato di risolvere il problema in vari modi, sia politici che militari. Ha richiesto ai suoi interlocutori di isolare i terroristi, di non finanziarli, di controllarli, di creare le basi per una tregua. Con risultati molto modesti, se non addirittura opposti. Lo Stato è anche intervenuto militarmente contro le basi dei terroristi.
Tutte le volte che lo ha fatto, l’opinione pubblica mondiale è stata un coro di riprovazione o di critiche: non bisogna operare delle ritorsioni, la violenza è una spirale senza fine, etc. Naturalmente tutto ciò può apparirci assurdo… Tuttavia non è inventato, anzi, è tutto rigorosamente esatto, praticamente fino alla virgola. Dobbiamo solo sostituire il nome Italia con quello di Israele, la basilica di San Pietro con quella della Natività, i tredicimila morti in attentati suicidi con mille e quattrocento circa (ma Israele ha solo sei milioni di abitanti, dei quali un milione e ducentomila circa sono arabi).
Con questo non vogliamo dire che, necessariamente, i mass media abbiano mentito, nascosto, travisato, censurato (anche se certamente molte volte lo fanno), ma che semplicemente la nostra percezione della realtà è legata solo in parte ai contenuti del messaggio in quanto tale ed in massima parte alla nostra capacità di entrare in contatto affettivamente (e razionalmente) con esso. Alla base dell’ascolto, non solo in psicologia clinica, si trova l’empatia. Non essendoci empatia, capacità di immedesimarsi e di provare reazioni affettive condivise, è come se fossimo ciechi e sordi. Riportiamo un articolo che riguarda un penoso episodio di circa un anno fa, invitando i lettori a chiedersi se corrisponda oppure no ai loro ricordi. Siamo pronti a scommettere di no, nel senso che ad essere ricordata probabilmente è la notizia non vera, la propaganda. A proposito, quanti sanno che il nome Al Fatah è la parola speculare del termine arabo Al Ataf, che significa la Morte? E che nella bandiera dell’OLP l’intero stato di Israele è cancellato ed al suo posto compare (non solo al posto della Cisgiordania e Gaza) la Palestina? E che diversi capi dell’OLP sono anche a capo di Hamas? Che negli uffici di Arafat sono state trovate copie degli assegni da cinquantamila dollari che vengono pagati da Hamas alle famiglie dei terroristi suicidi?

La propaganda palestinese oscura il Natale a Betlemme 18 dicembre 2002
L’anno scorso avevano fatto credere a mezza Italia che Betlemme fosse “oscurata” dalla feroce repressione degli israeliani. Lo stesso Maurizio Costanzo, che in un primo tempo aveva dato credito alla campagna di propaganda palestinese “Una luce per Betlemme”, messo di fronte a inoppugnabili prove filmate si era dovuto ricredere e martedì 11 dicembre 2001 andava in onda annunciando che la raccolta fondi per dare luce a Betlemme era finita, che “chiedeva scusa a Israele” e che “sarebbero stati restituiti i soldi” a tutti coloro che avevano ingenuamente aperto il portafogli (si veda: Bufala palestinese per sottrarre soldi agli italiani). Questa volta i propagandisti palestinesi hanno pensato bene di portarsi avanti per tempo. Secondo quanto rivela al Jerusalem Post un alto funzionario della sicurezza israeliana, i dirigenti dell’Autorità Palestinese hanno deciso di sospendere o impedire tutte le celebrazioni natalizie a Betlemme eccetto la messa di mezzanotte. Ciò nel chiaro intento di sfruttare cinicamente le festività natalizie e la loro enorme risonanza sui media per suscitare indignazione a livello internazionale e far crescere le pressioni su Israele
affinché ritiri le sue truppe dalla città palestinese prima che sia cessato l’allarme attentati. “A differenza degli anni scorsi – dice la fonte – a Betlemme non ci sono decorazioni natalizie e non c’è nemmeno l’albero di Natale che tutti gli anni veniva messo nella Piazza della Mangiatoia”. Già il 28 novembre, d’altra parte, lo stesso presidente dell’Autorità Palestinese Yasser Arafat aveva pubblicamente ordinato di cancellare tutte le celebrazioni del Natale a Betlemme. E questo nonostante le autorità israeliane si fossero impegnate a garantire la normale celebrazione delle feste cristiane, compatibilmente con la necessità di tenere sotto controllo le aree a più alto rischio terrorismo, come i campi palestinesi di Dehaishe e al-Aida alle porte della città. Le Forze di Difesa israeliane hanno spiegato alla popolazione che la loro presenza a Betlemme è dovuta unicamente al fatto che le forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese non hanno fatto nulla per ostacolare le attività terroristiche, lasciando che diversi attentati contro Israele venissero organizzati nella città. Lo scorso agosto Israele aveva restituito il controllo della sicurezza e dell’ordine pubblico a Betlemme al servizio di sicurezza palestinese che fa capo a Haj Ismail, in accordo con i vertici dell’Autorità Palestinese, nel quadro delle misure previste dal piano “Giudea First” per il ritiro dei soldati israeliani dalle aree dove i palestinesi dimostrano la volontà e la capacità di mantenere la calma. “Ma le forze palestinesi non hanno mosso un dito”, accusa il funzionario israeliano. A ottobre Betlemme era già stata nuovamente trasformata in un covo di terroristi palestinesi. “A Betlemme i terroristi trovano rifugio – disse allora Shimshon Arbel, capo dell’unità di coordinamento dell’ufficio per le attività del governo israeliano nei territori – Da qui mandano ordini a terroristi in altre parti della Cisgiordania per commettere attentati”. Il 21 novembre undici israeliani, tra cui molti adolescenti, venivano assassinati su un autobus di Gerusalemme da un attentatore suicida proveniente da Betlemme. Quello stesso giorno le Forze di Difesa israeliane entravano di nuovo nella città palestinese e arrestavano alcune decine di palestinesi ricercati per terrorismo insieme ad almeno tre attentatori suicidi in procinto di colpire.
“A causa dell’ordine dell’Autorità Palestinese di cancellare le feste, l’atmosfera generale nella città è molto triste – aggiunge il funzionario israeliano – soprattutto per quel 30% di cristiani che vi abitano. Ma nonostante le difficoltà economiche, nessuno vi soffre la fame perché Israele fa passare continuamente camion di alimenti, medicinali e altri beni necessari”.
(Jerusalem Post, israele.net, 18.12.02)

Bufala palestinese per sottrarre soldi agli italiani 16 dicembre 2001
Maurizio Costanzo ci casca, poi si ravvede, annulla la campagna “Una luce per Betlemme” e chiede scusa a Israele. Tutte le più importanti agenzie di stampa italiane (AGI, ANSA e ADN Kronos) hanno tempestivamente lanciato la notizia, ma giornali e televisioni non l’hanno comunicata agli italiani, salvo poche eccezioni: Radio Radicale, il sito http://www.bresciasera.it, il giornale L’Opinione. Da quest’ultimo riportiamo di seguito l’articolo di Dimitri Buffa.
“Poveri bambini palestinesi della città di Betlemme, ridotti a vivere senza acqua e senza luce dai cattivi israeliani!”, “Una luce per Betlemme”: si intitolava così la più tragicomica (e immotivata, come vedremo) delle raccolte di fondi promossa da Canale 5 tramite il “Maurizio Costanzo Show”. Adesso è stata sospesa, per pudore e carità di patria. E questo dopo che lo stesso Maurizio Costanzo ha potuto visionare un filmato da “candid camera” confezionato dal ministero degli esteri israeliano con una micro telecamera e constatare di persona come l’assunto da cui la raccolta fondi era partita fosse in realtà una bufala grossa come una casa. Si vedevano infatti nel video “pirata” bambini che giocavano in negozi illuminati, alberi addobbati con palline luminose, l’acqua potabile c’era in tutte le case e negli esercizi pubblici, e in nessuna abitazione di Betlemme sembrava mancare alcunché, tanto meno la luce. Più precisamente la bufala era stata confezionata dal rappresentante diplomatico dell’Autorità nazionale palestinese a Roma, l’ormai celebre (almeno in Tv) Nemer Hammad, che era andato al Costanzo Show lo scorso 16 novembre a strappare un po’ di lacrime di circostanza a congiuntive sempre disposte a versarne quando c’è di mezzo qualche bambino palestinese. […] Naturalmente Maurizio Costanzo, con un’onestà intellettuale davvero encomiabile (dato che altri anchorman ci avrebbero pensato due volte ad ammettere l’errore), tre giorni fa ha anche mandato in onda il video verità degli israeliani, dopo averlo visionato lunedì scorso privatamente all’ambasciata di Roma. E ha esordito la puntata di martedì 11 dicembre annunciando che “una luce per Betlemme” era finita, che chiedeva scusa a Israele e che “sarebbero stati restituiti i soldi a tutti i comuni italiani” che ne avevano già spediti a bizzeffe. Insomma un caso di solidarietà male intesa con risvolti comici tipici di un paese che ha fatto del “politically correct” anti israeliano e anti sionista una propria bandiera. Quello che però non si riesce a mandare giù di questa storia non è tanto la leggerezza di chi ha cominciato una campagna stampa e una raccolta di soldi semplicemente fidandosi della parola non veritiera di Nemer Hammad peraltro confermata, sempre da Costanzo una settimana dopo la trasmissione del 19 novembre, anche da quelle altrettanto bugiarde del sindaco di Betlemme Nasser Hanna (altro campione della malafede), quanto il silenzio della stampa italiana su questo episodio che dovrebbe invece fare vergognare tutta la categoria giornalistica e in special modo quella dei giornalisti televisivi. Mercoledì l’ambasciata di Israele aveva fatto visionare la cassetta alle tre principali agenzie di stampa italiane (Agi, Ansa, Adn kronos) e ovviamente erano usciti dei ricchi lanci di agenzia dove tutto veniva spiegato per filo e per segno. Ieri nei giornali quotidiani italiani mancavano quasi del tutto i riscontri a questa che pure è senz’altro una notizia, visto che quando si carpisce la buona fede di chi mette mano al portafoglio molto spesso i giornali scrivono paginate intere. Ma in questo caso l’anima sporca e la cattiva coscienza di un’informazione che odia Israele al limite dell’antisemitismo hanno fatto da freno a mano per la risonanza, strozzandola invece di amplificarla. C’è da giurarci invece che se un video avesse dimostrato che veramente i poveri abitanti di Betlemme rischiavano di passare il Natale senza le luci dell’albero e l’acqua potabile, i titoli di riprovazione anti Sharon si sarebbero sprecati e moltiplicati. Due pesi e due misure quindi. E anche questo episodio contribuisce a convincerci che la battaglia iniziata da L’Opinione (in beata solitudine almeno per ora, se si eccettua la costante presenza di Radio Radicale) per la corretta informazione su Israele era di quelle che andavano combattute a tutti i costi. (Dimitri Buffa su L’Opinione, 13.12.01)

Le riviste di psicologia si interessano allo studio dei meccanismi mentali, sia come ricerca relativa ai meccanismi delle funzioni mentali superiori e delle basi psicofisiologiche della relazione con l’esterno (percezione, memoria, coordinamento, etc.) che come indagine estesa al campo applicativo (clinica,
diagnostica, psicopedagogia, etc). Lo studio dello psichismo è anche, naturalmente, uno studio che investe l’immagine della realtà, in tutti i sensi di tale termine. Senza volerci troppo avventurare in una disamina filosofica di cosa intendiamo per realtà (ma Wittgenstein ci potrebbe essere di grande aiuto, specie ove confronta le regole nei processi di simulazione della cosiddetta Intelligenza Artificiale con le regole ed i criteri etici introiettati, alla luce del doppio criterio coscienza/libertà), appare chiaro che le ricerche
psicologiche sempre si applicano al mondo, anche quelle che possono apparirci le più astratte e di base.
Così, ad esempio, alcuni splendidi contributi di analisi delle strutture fisiognomiche del linguaggio ci introducono nei meandri dei meccanismi della persuasione attraverso la costruzione di risonanze affettive. Altri rilevanti lavori sulla destrutturazione del Sé nelle esperienze estreme dei Lager possono anche essere letti come esemplificazioni del meccanismo dell’isolamento affettivo e della costruzione di una realtà interiore, scissa e allucinata ma non patologica. Potremmo continuare a lungo con queste esemplificazioni. In breve, possiamo dire che ogni contributo di questa rivista ambisce essere un altro sguardo e un’altra voce sul mondo, una chiave di lettura. Innovativa. Gli esempi precedenti, quelli sul terrorismo contro gli Ebrei, costituiscono un caso limite della costruzione di un pregiudizio. Quello, per intenderci, che gli unici Ebrei positivi sono quelli morti (o convertiti, o assimilati). Ovviamente nessuno (con la sola eccezione del Gran Muftì di Gerusalemme alleato con Hitler, di Bin Laden e pochi altri) afferma tutto questo in modo esplicito. Molto più semplicemente si ribaltano le situazioni (difendersi e cercare di arrestare i terroristi vuol dire essere guerrafondai, uccidere degli innocenti vuol dire essere dei martiri…). Ovvero si presentano le informazioni in modo selettivo, con accostamenti allusivi, con censure, con un uso accorto degli aggettivi e delle immagini. D’altra parte tutto questo non è affatto nuovo: uno fra i dittatori più sanguinari e cinici che la storia umana abbia mai avuto, un uomo che ha fatto scoppiare la seconda guerra mondiale alleandosi con Hitler e che si rese responsabile della morte di oltre ottanta milioni di compatrioti- Joseph Stalin- inventò negli anni cinquanta i Comitati per la Pace… Peraltro anche la perversa ideologia di Hitler si richiamava al socialismo (nazional-socialismo)…
Antonio Godino
Dicembre 2002 (qui)

Dell’uso del linguaggio in relazione a Israele mi ero già occupata io. Noi, comunque, sappiamo perfettamente da che parte stare.

Noi ci vediamo verso la fine della settimana. Ho programmato un post per il periodo in cui non ci sarò: qualcuno, forse, capirà il perché.

barbara