e lui ti renderà tutto chiaro.
L’analità si mobilita nell’instaurazione di questa Cosa che ci è propria e insieme impropria. Il melanconico che commemora quel limite in cui il suo io si delinea ma precipita anche nella svalorizzazione non riesce a mobilitare la sua analità per farne un operatore di separazioni e di frontiere, che è poi il modo in cui essa agisce normalmente o in modo sovrabbondante nell’ossessivo. Anzi, è tutto l’io del depresso che s’inabissa in un’analità diserotizzata eppur giubilatoria nella misura in cui è divenuta il vettore di un godimento fusionale con la Cosa arcaica percepita non come oggetto significativo ma come elemento di frontiera dell’io. Per il depresso la Cosa come l’io sono cadute che lo trascinano nell’invisibile e nell’innominabile.
Julia Kristeva, Sole nero, p. 21.
A pagina 22 mi sono arresa e l’ho mollato.
barbara