FINCHÉ LE STELLE SARANNO IN CIELO

Rimango immobile mentre lo guardo esaminare in fretta i libri. Ne estrae uno, legge qualcosa all’interno e poi lo rimette a posto.
«Quando mi sono reso conto che i miei cari non sarebbero più tornati a casa, ho cominciato a pensare all’immane tragedia rappresentata non solo dalla loro morte ma dalla perdita del loro retaggio», continua. «Perché quando porti via un’intera famiglia, e muoiono tutti, chi racconterà le loro storie?»
«Nessuno», mormoro.
«Précisément. E quando questo succede è come se le loro vite fossero andate perse due volte. È così che ho cominciato a creare i miei archivi.» Prende un altro volume e stavolta gli si illuminano gli occhi. Sfoglia in fretta alcune pagine e si ferma su una. Rimane in silenzio per un attimo mentre legge.
«I suoi archivi?» domando.
Annuisce e mi mostra la pagina su cui si è fermato. Vedo una grafia quasi illeggibile su ordinate pagine a righe dai margini ingialliti. «I miei elenchi dei perduti. E dei ritrovati. E delle storie che li accompagnano.»
Indietreggio di un passo e osservo con timore reverenziale le sue librerie. «Tutti questi volumi sono i suoi elenchi?»
«Sì.»
«Li ha compilati personalmente?» Mi guardo intorno, incredula.
«In quei primi giorni mi hanno tenuto occupato», spiega. «È così che ho smesso di vivere nell’angoscia. Ho cominciato a visitare le sinagoghe, esaminandone i registri e parlando con tutte le persone che incontravo.»
«Ma com’è riuscito a raccogliere così tante informazioni?»
«A chiunque incontrassi chiedevo se conosceva qualcuno disperso o che era sopravvissuto. Familiari, amici, vicini, non aveva importanza. Nessuna informazione era secondaria o insignifiante. Rappresentavano tutte una vita perduta o una vita salvata. Nel corso degli anni ho scritto e riscritto i loro ricordi, li ho organizzati in volumi, ho seguito le tracce che mi hanno dato e trovato coloro che erano sopravvissuti.»
«Mio Dio», mormoro.
«Ogni persona sopravvissuta a un campo», continua lui, «ha molte storie da raccontare. Queste persone rappresentano spesso la chiave per risolvere il mistero di chi era disperso. Per altri, l’unico indizio che abbiamo è che non sono mai tornati. Ma i loro nomi sono qui, insieme ai dettagli che conosciamo.»

È un romanzo, Finché le stelle saranno in cielo, e tuttavia contiene tali elementi di verità da poter essere accomunato, sotto certi aspetti, a questo, o a questo, che raccontano storie autentiche, autentiche ricerche delle proprie radici, come quella che sta conducendo, nel romanzo, Hope, per conto della nonna che per settant’anni ha taciuto, per settant’anni ha nascosto a tutti la propria identità – e neppure questa è finzione letteraria: anche queste sono cose che realmente accadono, di persone che anno dopo anno, decennio dopo decennio, hanno continuato a celare la propria identità, un’identità che tuttavia, al termine della vita, reclama prepotentemente di essere rivelata, come è accaduto a lei, e questa è storia autentica, ed è di questi giorni (e poi ci sono persone che, pur non nascondendosi, tacciono tuttavia per tutta la vita, incapaci di buttare fuori l’inferno che hanno vissuto e che continuano a portare dentro di sé – e io lo so).
Finché le stelle saranno in cielo è un libro bellissimo, che dovreste davvero leggere (sì, ho pianto un sacco, ma questo lo sapevate già)

Kristin Harmel, Finché le stelle saranno in cielo, Garzanti
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barbara

LIBERTÉ EGALITÉ FRATERNITÉ

Boom di attacchi antisemiti dopo Tolosa. Francia sotto choc

Giulio Meotti

Due giorni fa, vicino alla scuola ebraica Beth Menahem di Villeurbanne, un sobborgo di Lione, tre ebrei con la kippah sono stati aggrediti a sprangate al grido di “sporco ebreo”. I dieci aggressori sono stati poi identificati come maghrebini. Il premier francese, Jean-Marc Ayrault, ha parlato di emergenza antisemita. Nei giorni scorsi un ebreo di Villeurbanne era stato attaccato con proiettili di gomma da un’auto in corsa.
La Francia si risveglia sull’incubo Tolosa, dove lo scorso 19 marzo quattro ebrei (un rabbino e tre bambini) sono stati assassinati da un islamista, Mohammed Merah. Finora non si conosceva l’impatto che l’attentato aveva avuto sul tessuto comunitario francese. Adesso arrivano i dati, in accordo col ministero dell’Interno francese, diffusi dal Service de Protection de la Communauté Juive, l’organismo che gestisce la sicurezza della più grande comunità ebraica d’Europa. Soltanto nei dieci giorni successivi alla strage si sono registrati in Francia 90 attacchi antisemiti.
Nove al giorno. In totale, fra marzo e aprile, 148 attentati, 43 dei quali “gravi”. Oltre agli attacchi a sinagoghe, centri comunitari, cimiteri e scuole ebraiche, ci sono gli affronti che ogni giorno gli ebrei devono subire per strada, o a scuola. Jöel Mergui, presidente del concistoro delle comunità ebraiche, ha detto che “non passa settimana senza che ci siano attacchi antisemiti in Francia”. L’artista Ron Agam ha dato la colpa agli imam: “Le autorità francesi devono fermare il lavaggio del cervello di decine di migliaia di musulmani di Francia. E’ inaccettabile che questa cultura razzista e antisemita sia tollerata da un numero significativo di musulmani”.
Il rabbino capo di Lione, Richard Wertenschlag, dove è avvenuto l’attentato, ha definito la situazione “insostenibile”. Un mese fa, nel presentare il rapporto del Kantor Center for the Study of Contemporary European Jewry all’Università di Tel Aviv, il presidente del Consiglio ebraico europeo Moshe Kantor aveva detto che l’antisemitismo in Europa è una “bomba ad orologeria”, che si tratta di una vera e propria “esplosione” di odio e persecuzione e che “il conflitto mediorientale è stato esportato in Europa”. Il 42 per cento degli attacchi sono individuali, il 20 alle proprietà ebraiche, il 18 alle sinagoghe, il 14 ai cimiteri e l’8 alle scuole ebraiche. Fra le nazioni che spiccano per antisemitismo ci sono Francia e Inghilterra, che assieme al Canada, sono i paesi in cui hanno luogo ben il 63 per cento di tutte le aggressioni antiebraiche nel mondo.
Secondo il ministero per l’Immigrazione israeliano, duemila ebrei francesi ogni anno stanno abbandonando la Francia alla volta dello stato ebraico. Avi Zana, direttore dell’Ami, l’organizzazione che fornisce assistenza a chi lascia la Francia alla volta di Tel Aviv, ha detto che potrebbe innescarsi una “fuga di massa”. Daniel Ben-Simon, parlamentare alla Knesset, ha anche scritto un libro, “French Bite”, per raccontare come gli ebrei francesi non si sentano più al sicuro. Simbolo di questa emigrazione di massa sono le acquisizioni immobiliari compiute in Israele in questi anni dagli ebrei parigini e della Provenza. Schiere di villette e appartamenti vuoti e pronti in caso in Francia la situazione volga al peggio, come a Tolosa. Il maggiore immobiliarista di Tel Aviv, Yitzhak Touitou, allo Spiegel ha rivelato che “un terzo dei miei acquirenti sono francesi”.
Il giornale israeliano Jerusalem Post, citando statistiche governative, parla di un ventisei percento di ebrei francesi pronti a partire per lo stato ebraico, dove già vivono centomila cittadini con passaporto francese. L’ex rappresentante dell’Agenzia ebraica in Francia, Menahem Gourary, parla della partenza probabile di 30- 33.000 ebrei verso Israele. Considerando lo scenario post Tolosa, il numero potrebbe drammaticamente salire.
IL FOGLIO 07/06/2012

La Francia, già, la douce France. La Francia di Dreyfus, la Francia di Vichy, la Francia di Carpentras, la Francia della tecnologia e del materiale nucleare forniti a Saddam Hussein, la Francia in cui una studentessa ebrea viene aggredita dai compagni e condannata a pagare una multa stratosferica per avere denunciato l’aggressione (Ebrea aggredita deve pagare), la Francia di Ilan Halimi, la Francia delle sinagoghe incendiate, devastate, distrutte, degli ebrei aggrediti per strada – ma guai a chiamarlo antisemitismo. La Francia, sì.


barbara