che però non è per mania di protagonismo: il motivo c’è:
e i miei due antidepressivi preferiti, uniti in un unico spettacolo
(quindici anni! Peccato solo quel fastidiosissimo battimani per segnare il tempo, che nella marcia di Radetsky ci sta d’incanto, ma altrove disturba proprio, e quegli imbecilli ormai lo fanno dappertutto, perfino sulla musica classica)
Al CUP per pagare i raggi al ginocchio (pagamento intero, 107 euro, se no andavo a maggio qui o ad aprile in un’altra città). Ad un certo momento nella tasca della signora seduta vicino a me il cellulare si anima e comincia a cantare, in toni sapientemente modulati
L’ha tirato fuori, ha guardato, poi ha respinto la chiamata e l’ha rimesso in tasca (questa mi è piaciuta un sacco, devo dire).
Proseguo con due etti di fatti miei. Ieri discesa dal letto praticamente antelucana per gli esami del sangue, poi visto che ero in giro sono andata in comune per il rinnovo della carta di identità scaduta da un anno, poi in banca a prendere un libretto degli assegni nuovo per pagare il dentista (ottomila euro in tre rate), e poi mi sono fermata in un negozio in cui ho comprato un trolley medio-piccolo perché il mio vecchissimo ormai perde letteralmente i pezzi (che poi a rigor di termini non sarebbe neanche propriamente mio ma lo detengo con tutti i diritti, e questa comunque è un’altra storia), quattro etti in meno, tre centimetri più alto, largo uguale, niente espansione ma un centimetro e mezzo di profondità in più), due anni di garanzia, e poi una bellissima borsa grande per quando si viaggia e oltre a tutta l’ordinaria amministrazione ci vanno anche tutte le altre cose di cui ci si ricorda all’ultimo momento quando la valigia è già chiusa e la borsa da viaggio non è più in grado di ospitare neanche uno spillo, e una bellissima piccina per quando si esce con cellulare chiavi fazzoletti e venti euro nel taschino. Totale 67 euro. Tornata a casa, guardata la posta, mangiato un boccone e ricorsa all’ospedale per i raggi al ginocchio. Tornata a casa, fatto un paio di cose e corsa dal dentista per foto e impronte. Tornata a casa, fatto la doccia e ricorsa all’ospedale per l’infiltrazione alla spalla.
E adesso, per neutralizzare quella robaccia là sopra, metto due cose strepitose: questa meravigliosa vendetta
e poi la cosa più erotica, e quindi peccaminosissima per definizione, che mai sia stata creata
Sì, manca il gran finale, che è la cosa migliore, ed è un vero peccato, ma è tanto carino che ve lo propongo lo stesso.
E già che ci sono – crepi l’avarizia! – vi rimetto anche questo.
E poi questo.
E non poteva mancare questo.
C’è stato qualcuno che, a suo tempo, mi aveva perfino proibito di pronunciare il nome, sia dell’autore che dell’opera, sostenendo che porta sfiga. Bene, mi auguro con tutto il cuore che con questa quadruplice rappresentazione gliene arrivi addosso quanto basta a restituirgli almeno un frammento di ciò che si merita (abbiate pazienza per questa piccola digressione personale, ma bisogna sempre cercare di unire l’utile al dilettevole)