UN PO’ DI ROBE

La bambina. Mamma bianca, papà nero, lei mulattina, sui due anni, un bijou. Veniva verso di me mentre stavo andando a fare colazione; in questi casi io mi fermo, per non mettere il bambino in condizione di venirmi a sbattere addosso, o di dover bruscamente scartare. Arrivata davanti a me si è fermata anche lei, con la testa in su per guardarmi in faccia. Ho allungato le braccia, lei ha alzato le sue e l’ho presa in braccio. Le ho fatto un po’ di coccole e poi l’ho rimessa giù, le ho fatto ciao ciao e mi sono riavviata verso il ristorante. Dopo qualche passo, sentendo i genitori parlottare e ridacchiare, mi sono girata: si era di nuovo allontanata da loro e mi stava seguendo. Allora le ho teso la mano e lei me l’ha saldamente afferrata; ho fatto ancora qualche passo, poi sono tornata indietro fino a suo padre, a cui ha dato l’altra mano, e lentamente ho staccato la mia (con bambini e animali, innocenti e senza malizia, in effetti, sono sempre in perfetta sintonia. È con gli adulti che mi capita, a volte, di avere problemi).

L’acquazzone. Un vero, autentico acquazzone tropicale. Sì, lo so che roba così c’è anche da noi, ne ricordo uno a Roma, nel luglio dell’86, che gli acquazzoni tropicali gli facevano una pippa, e un nubifragio, sempre a Roma nel dicembre dello stesso anno, che ha bloccato Fiumicino per un’ora intera, per non parlare di questo, ma insomma ragazzi, un acquazzone tropicale è pur sempre un acquazzone tropicale, e io me lo sono proprio goduto.
acquazzone 1
acquazzone 2
acquazzone 3
acquazzone 4
Che poi anche lì mi è andata bene da tutti i punti di vista: avevo visto in internet che la media, in quel periodo, è di 7-8 giorni di pioggia al mese, e quindi per due settimane avevo calcolato tre o quattro giorni, e invece ne ho avuti solo due, giusto quello che ci vuole per prendersi un momento di pausa e prendere un paio di foto da esibire.

Le cicatrici. Su raccomandazione della fisioterapista, ci ho schiaffato sopra una tonnellata di sunblock; ciononostante mi sono diventate di un bel color vinaccia. Quella sul ginocchio destro è praticamente un bassorilievo di un cavalluccio marino in grandezza naturale.
gin-dx  cavalluccio marino
Il mistero del WC. Il buco di scarico era molto piccolo, direi meno della metà del nostro, e lo scroscio dello sciacquone durava circa due secondi per la mandata completa e circa uno e mezzo per quella ridotta, e la ricarica non durava più di una dozzina di secondi, a riprova del fatto che l’acqua usata era davvero poca. E, incredibile ma vero, era sufficiente. Anche in un paio di occasioni in cui mi sono resa protagonista di una produzione decisamente sovrabbondante, è stato ugualmente sufficiente. All’arrivo avevo notato con un certo disappunto l’assenza dello scopettino, ma in effetti in due settimane non mi è mai accaduto di sentirne la mancanza.

Poi ho beccato anche un matrimonio
matrimonio
con una sposa che faceva concorrenza a Jennifer Lopez
culo sposa
E poi il mare, col suo oro
oro 1
oro 2
e col suo argento.
argento
barbara

QUELLO CHE È SUCCESSO DOPO L’ARRIVO

Alle otto e dieci l’aereo si è fermato davanti al cannocchiale. Alle otto e un quarto eravamo scesi tutti, alle otto e venti eravamo davanti al nastro dei bagagli del nostro volo, alle otto e trenta, giusto il tempo di una pisciata, ho preso la mia valigia e sono uscita.
Come forse avevo già detto, avevo prenotato il servizio di trasferimento, per cui al mio arrivo, mi era stato assicurato, avrei trovato qualcuno con un cartello col mio nome che mi avrebbe riportata a casa. Nell’atrio c’erano quattro persone con un cartello (fra cui uno col nome Giladi Eial: infatti subito dopo il nostro volo, ne era atterrato uno da Tel Aviv), ma su nessuno c’era il mio nome. Aspetto un quarto d’ora (un’ora e mezza tra quando avevo dovuto lasciare la stanza e quando era arrivata la navetta per portarmi all’aeroporto, quasi quattro ore tra la partenza dall’albergo e il decollo, dieci ore di volo, notte insonne perché prima non era ora di dormire, poi quando l’ora ci sarebbe stata perché per me era l’una di notte, hanno portato la colazione perché sul fuso di Roma erano le sette di mattina, e naturalmente il classico effetto da jet lag), poi chiamo l’agenzia – e meno male che eravamo in orario di apertura. L’impiegata si dice dispiaciuta per il contrattempo, ovviamente non conosce il motivo del ritardo, dice che si informa e poi mi richiama. Alle nove meno dieci richiama, dice che ha parlato con quelli del trasferimento, e che fra qualche momento arriveranno, arrivi Air Berlin, terminal B. Dice di aspettare pure dentro, che mi vengono a prendere lì, arrivi Air Berlin, terminal B. Alle nove e dieci richiamo. Dice che ha avuto un nuovo contatto, che purtroppo c’è stato un contrattempo, prima di me dovevano andare a prendere un’altra persona, che questa persona aveva dimenticato qualcosa ed erano dovuti tornare indietro e quindi sono in ritardo, verrà una signora, arriverà fra venti minuti, ossia nove e trenta – nove e quaranta, che mi metta pure seduta che la signora poi viene a prendermi dentro, arrivi Air Berlin, terminal B. Ora, l’impiegata è molto giovane, però io non lo so se alla sua età sarebbero riusciti a darmi a bere una storia tanto cretina. Vabbè. Mi siedo e aspetto che arrivino le nove e trenta – nove e quaranta. Alle dieci richiamo. Di nuovo, dichiarandosi ovviamente dispiaciutissima, comprendendo che devo essere stanchissima (in effetti stavo letteralmente stringendo i denti per non svenire), si informa e poi mi richiama: verrà un signore, dice (la signora di prima nel frattempo è scomparsa dagli schermi…), viene subito subito. Alle dieci e mezza prendo in mano il cellulare per informarla che non ce la faccio più, che prendo un taxi e poi mi farò rimborsare da quelli del trasferimento, e in quel preciso momento il cellulare squilla, numero privato. È il tizio del trasferimento. Sono qua fuori, dice, ma non la vedo. Certo, dico, non mi vede perché sono dentro, aspetti che esco, ho un trolley rosso e una borsa da viaggio rossa, ecco, sono fuori. Continuo a non vederla. Sono qui, proprio davanti alla porta del terminal B. Terminal B? Io sono davanti al terminal A…
Poi, appena usciti dall’aeroporto, dice devo fermarmi due minuti; si ferma davanti a un ufficio, scende e torna dopo un quarto d’ora. E poi tre ore e mezza di viaggio fino a casa.
Ovviamente il tizio del trasferimento è crucco.
Prima, comunque, avevo almeno avuto modo di vedere questo.
mare 1
mare 2
tramonto 1
tramonto 2
tramonto 3
tramonto 4
barbara

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Ho preso il sole. Ho sguazzato nell’acqua – e questi sguazzamenti mi hanno ritonificato pancia e cosce di un buon 8-10% e le tette, giuro che non esagero, di almeno uno 0,2-0,3% (ai bei tempi in cui fumavo e portavo la seconda, ossia fino a 11 anni fa, un mese di sguazzamenti in mare era sufficiente a restituirmi due tette venticinquenni. Ma, ahimè, come diceva la grande Alba, nessuno torna indietro: anche se riprendessi a fumare, dubito fortemente che potrei recuperare la mia gloriosa seconda. Vedrò di farmene una ragione). Ho camminato a lungo sulla battigia (si chiama battigia). Ho dormito. Ho letto dieci libri. Ho goduto il caldo (la prima cosa che ho fatto, appena entrata in camera, è stata di chiudere l’aria condizionata: cazzo, era tarata a 15°! Anche se tarato più che altro è chi l’ha messa in quella maniera. Ho spalancato la porta del balcone, ma sei ore dopo era ancora talmente freddo che ho dovuto riattaccarla tarandola a 32°, e finalmente dopo due ore sono riuscita a togliermi la giacca di lana. La testa non so, all’inizio andava bene ma poi ha ripreso a fare i capricci, una volta che ho letto un po’ più a lungo perché il libro era straordinariamente avvincente, poi sono stata malissimo per due giorni di fila. Comunque lunedì ho appuntamento dal neuro-psicologo per una nuova serie di test, staremo a vedere.
Anyway, la vista che mi ha accolta sul balcone è stata questa:
dal balcone 1
dal balcone 2
e, sporgendomi un po’:
dal balcone 3

POST SCRIPTUM: al primo che avrà ancora il coraggio di venirsi a lamentare dei controlli israeliani, giuro che gli sfracello il culo, crucchi di merda, stronzi bastardi figli di puttana.

barbara

ALLORA IO VADO

Purtroppo le conseguenze dell’incidente si sono rivelate molto più pesanti di quanto poteva sembrare all’inizio, e sono ancora abbastanza lontana dall’essermi ripresa. Oltre ai numerosi segni, evidenti e dolorosi, che l’incidente mi ha lasciato in tutto il corpo, i disturbi neurologici in particolare – oggettivamente confermati da una serie di test a cui ho cominciato a sottopormi, provocati dal danno cerebrale che secondo la neurologa, anche se non rilevato dagli strumenti diagnostici, indubbiamente c’è stato – sono piuttosto seri, e tali da impedirmi di svolgere una vita normale. Quindi, con la benedizione della fisioterapista e della neurologa, me ne vado per un po’, per cambiare aria, cambiare clima, cambiare ambiente, cambiare stagione, cambiare tutto. Le prossime due settimane sarò qui, e spero di tornare in condizioni migliori. E dato che fra le tante cose che l’incidente si è portato via, una almeno mi è rimasta, vi lascio con questa.

barbara

AGGIORNAMENTO:
mi sono accorta che il link non funzionava, però Andrea mi pare che abbia visto le immagini del resort, quindi non so in quale momento si sia verificato lo sfasamento. Adesso comunque dovrebbe essere a posto.